LA CHIUSURA DEGLI ENTI INUTILI
CALDEROLI E BRUNETTA HANNO SPARATO A SALVE… SLITTA AL 2009 IL PROGETTO DI CHIUDERE GLI ENTI INUTILI…TROPPI CONTENZIOSI IN CORSO, COME SE NON SI FOSSE SAPUTO GIA’ PRIMA…SE FACESSERO MENO ANNUNCI NON SAREBBE MEGLIO?
Tra il dire e il fare una volta c’era di mezzo il mare, secondo un proverbio popolare. Nei tempi moderni, in cui il mare viene trapassato rapidamente, forse rimane, come unico ostacolo, la politica italiana, sempre più facile alle promesse e agli annunci e un po’ meno ai fatti concreti. Una riprova l’abbiamo avuta in questi giorni in Parlamento, con l’approvazione della Finanziaria, dove nella prima bozza, quella del 25 giugno, veniva inserito un articolo sulla soppressione degli enti inutili. Si diceva infatti che “gli enti pubblici non economici con meno di 50 dipendenti sarebbero stati soppressi 60 giorni dopo l’entrata in vigore della norma, ad eccezione di ordini professionali, federazioni sportive, enti parco ed enti di ricerca, oltre a quelli eventualmente salvati per decisione ministeriale”.
Si faceva poi un esplicito riferimento agli 11 indicati dal centrosinistra di Prodi, con l’aggiunta di altri 3, che sarebbero dovuti scomparire in ogni caso e subito. Per gli altri, quelli sopra i 50 dipendenti che non avrebbero provveduto a mettersi in ordine, la chiusura era prevista per il 31 dicembre. Senonchè dalla politica degli annunci facili e generalizzati si è dovuti passare alle lamentele ed emendamenti vari, fino a stabilire una istruttoria per capire dove e come procedere, fino al testo definito, approvato due giorni fa e che di fatto rimanda tutto, come era prevedibile.
Il termine passa infatti da 60 a 90 giorni, per la maggior parte slitta fino a marzo 2009. Esentate dalla soppressione le Autorità portuali che continueranno ad esistere, cosi come gli enti “la cui funzione consiste nella conservazione e nella memoria della resistenza e delle deportazioni”. Scomparsa anche la eliminazione promessa dei 14 Enti ormai condannati, slittano pure loro.
Li ricordiamo, per capire quanto siano “attuali”: l’Unione nazionale ufficiali in congedo, l’Opera nazionale per i figli degli aviatori, il Pio Istituto elemosiniere, il Comitato per la partecipazione italiana alla stabilizzazione dei Balcani, l’Unione Accademica nazionale, l’Istituto agronomico per l’oltremare, l’Ente opere laiche palatine pugliesi, l’Unione italiana tiro a segno, l’Ente italiano Montagna, la Fondazione Vittoriale degli italiani, l’Ente irriguo umbro-toscano, l’Istituto di beneficenza Vittorio Emanuele III, l’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente, l’Ente per l’irrigazione in Puglia, Basilicata e Irpinia.
Non dimentichiamo che questa storia degli enti inutili non è certo una scoperta di Brunetta e Calderoli, sono strutture sopravvissute a decenni di inconcludenza e ancora finanziate con denaro pubblico, alcune con debiti pesanti sulle spalle. La prima legge per cancellarli risale al 1956 e Padoa Schioppa, nella precedente legislatura, ne aveva individuato 130 come da chiudere.
Quello che emerge in realtà è che il vero problema sono le pendenze, ovvero i contenziosi che questi Enti inutili hanno ancora in corso. Con una causa ancora in atto, infatti, la loro soppressione non è possibile e la giustizia italiana è noto per la sua “velocità ”. Secondo la Corte dei Conti, nel 2006, erano ancora 20mila le pratiche di questo tipo irrisolte. Basti l’esempio dell’Inam, sciolto nel 1977 con la nascita del Servizi Sanitario nazionale e il passaggio di competenze all’Inps: dopo 29 anni il fascicolo di liquidazione non si è ancora riuscito a chiudere.
Per questo sarebbe opportuno maggiore realismo da parte di Calderoli: meglio lavorare in silenzio, invece che praticare la politica degli annunci e delle autocelebrazioni da “smargiassi”, che alla lunga non paga. Se poi qualcuno deve giustificare l’esistenza del proprio Ministero … in effetti, l’impresa diventa difficile.
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