LA CULTURA FA OCCUPAZIONE: NEL 2012 ASSUNTI 32.000 ADDETTI
IN CINQUE ANNI CREATI 55.000 POSTI DI LAVORO, CON UNA CRESCITA ANNUA DELLO 0,8%… IL PROFILO RICERCATO E’ ALTAMENTE SPECIALIZZATO CON TITOLI DI STUDIO TECNICO-SCIENTIFICO E TANTA ESPERIENZA
Buone notizie per chi lavora nella cultura.
Nel 2012 sono previste 32250 assunzioni, dopo un quinquennio che ha visto il settore in espansione, con una media dello 0,8% annuo, nonostante la crisi e una crescita economica nazionale media dello 0,4%.
Tra il 2007 e il 2011 infatti, i posti di lavoro creati nell’industria culturale sono stati 55mila. Questo il quadro disegnato dall’indagine Excelsior – curata da Unioncamere e ministero del Lavoro – e presentata da Ferruccio Dardanello, presidente dell’ente che rappresenta le camere di commercio, al meeting di Rimini.
Di questi nuovi posti, 22.880 sono stabili e 9.370 stagionali, pari al 5,6% del totale delle assunzioni che verranno realizzate dalle imprese di industria e servizi.
Nonostante la contrazione dello 0,7% dei dipendenti rispetto al 2011, 4.900 in meno, il dato è positivo se confrontato con le altre imprese, che nello stesso periodo hanno perso l’1,2%, 125600 posti di lavoro in meno.
Le industrie culturali cercano personale altamente specializzato: quasi la metà delle assunzioni non stagionali programmate quest’anno riguardano professioni high-skill, mentre nel caso delle altre imprese dell’industria e dei servizi non si va oltre un quinto del totale.
Questo perchè si presta particolare attenzione al titolo di studio, con una grande richiesta di laureati , il 30% nel 2012.
A dispetto di ciò che si potrebbe pensare, non sono però i titoli umanistici quelli più richiesti. La ricerca è per profili scientifici, tecnologici o strettamente tecnici.
Tra i primi cinque indirizzi di laurea richiesti, ben tre sono legati all’ingegneria, insieme a quello scientifico-matematico ed economico.
Fondamentale però resta l’esperienza: per lavorare nel mondo della cultura ne serve decisamente di più rispetto agli altri tipi di imprese: la ritiene importante al momento dell’assunzione il 63,6 contro 53,4% della media delle imprese, con un picco del 71% per le professioni strettamente culturali.
“Sembra un paradosso – ha detto Dardanello – ma in Italia manca un quadro organico di politiche economiche basate sul potenziale produttivo del settore culturale. Gli italiani devono recuperare non soltanto il senso economico della cultura, ma anche in una certa misura il suo senso sociale, di elemento alla base delle sue produzioni di eccellenza e occasione per dare opportunità di lavoro a tanti giovani che hanno capacità e qualità da vendere. Purtroppo è ancora diffusa l’idea che con la cultura non si mangi, ma i successi del Made in Italy, di cui tanta parte discende proprio dalla nostra cultura del fare e del vivere, vengono da questo patrimonio inesauribile. Che va messo a frutto con politiche che devono partire fin dai banchi di scuola, per mettere in condizione i nostri giovani e le loro famiglie di cogliere le tante opportunità che vengono dall’industria culturale, e maturare presto quell’esperienza indispensabile per conseguire un lavoro di qualità “.
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply