LA FRONDA DEI 45 PARLAMENTARI TRA INCONTRI SEGRETI E RACCOLTA DI FIRME
MOLTI CHIEDONO “UN ATTO DI DISCONTINUITA'”…. SCAJOLA: “BOSSI SEMINA UNA PAURA CHE PUO’ PORTARE ALTRI VERSO DI NOI”
I contatti che erano quotidiani, sono diventati febbrili, incessanti, continui.
Trenta deputati, quindici senatori della maggioranza. E un progetto comune.
Nelle ultime ore è maturata la scelta di uscire allo scoperto, alla luce del sole, con un documento, firme nero su bianco, da portare al Cavaliere invocando “discontinuità “.
“Non vogliamo fare i ribaltonisti”, bocciata l’idea di approfittare del prossimo voto segreto a Montecitorio, magari sulle intercettazioni, per mandare per aria il governo.
Invece no, niente “operazione Valkiria”.
Delle due opzioni si è discusso a lungo due sere fa in un ristorante romano, quando attorno a Claudio Scajola si sono ritrovati deputati (Da Berruti e ad Abrignani, da Cassinelli a Cicu, Scandroglio, Antonione, Gava) e senatori (Orsi, Lauro, Scarpa Bonazza).
Hanno prevalso i moderati sui falchi.
Questo stesso giorno, mercoledì pomeriggio, sul da farsi ad horas si erano interrogati nello studio del presidente della Camera, con Gianfranco Fini, anche il senatore Pdl Beppe Pisanu, e gli altri leader del terzo polo Casini e Rutelli.
Il gabinetto di guerra è ormai permanente.
Non si è discusso d’altro anche ieri.
E l’uscita di Bossi sul voto anticipato al 2012, come commentava in serata Scajola con i suoi, diventa un’insperata mano d’aiuto per coinvolgere nel progetto le decine di deputati che non hanno alcuna intenzione di andare a casa un anno prima.
Le firme, nei loro auspici, potrebbero diventare 50 e più.
Dunque, un documento, per invitare il premier ad accettare la svolta, intestarsela perfino, indicando una figura di spessore in grado di guidare un nuovo esecutivo d’emergenza con due finalità : approvare misure anticrisi e una riforma elettorale, nello scorcio di legislatura.
E il tam tam tra Montecitorio e Palazzo Madama rimbalza con insistenza anche i nomi dei due candidati per l’operazione.
Figure di peso e soprattutto di massima fiducia per il Cavaliere. Il più autorevole, il presidente del Senato Renato Schifani, e il braccio destro di sempre Gianni Letta.
Una “svolta”, comunque, perchè questo esecutivo non è in grado di affrontare la crisi, dice ormai apertamente Pisanu.
Lo chiama “un governo dei migliori”, Scajola.
La settimana scorsa sedevano assieme a Casini e Roberto Formigoni nel salotto del banchiere ed economista cattolico Pellegrino Capaldo.
Anche lui tra gli invitati all’appuntamento che quella fetta dell’establishment cattolico si è già dato per il 17 ottobre a Todi, alla presenza del presidente della Cei Angelo Bagnasco.
In agenda non c’è la costituzione di un partito dei cattolici, che d’altronde nemmeno la Conferenza episcopale ha auspicato.
Quel che è certo è invece che dai rami secchi del Pdl sta per nascere qualcosa di nuovo.
Sotto la regia dei due pezzi da novanta Pisanu e Scajola – ex diccì e grandi catalizzatori di voti – starebbero lavorando a una nuova formazione “Liberal democratica” da lanciare a breve. Comunque alternativa a quel Pdl di Alfano, esordito come “partito degli onesti” e ormai quasi fagocitato dal “forza gnocca” berlusconiano.
Nelle intenzioni di chi è all’opera, dovrebbe essere una forza in grado di aggregare laici e cattolici e alla quale oltre ai due big e ai parlamentari a loro vicini guarderebbero con interesse in tanti, da Pera a Dini.
Un soggetto nuovo di zecca destinato fin dagli esordi a dialogare con Casini e Fini e dunque con il terzo polo già esistente.
Ma le elezioni sono lontane, nei disegni di chi si appresta intanto a invocare per iscritto una svolta in tre punti: no a “dannose elezioni anticipate”, un governo di larghe intese (fosse pure esteso al solo terzo polo) per gestire l’emergenza della crisi, legge elettorale con preferenze. Non solo Scajola e Pisanu, in fermento nella maggioranza.
Ieri il cristiano popolare Baccini (con lui Galati e Soglia) ha suggerito al premier di non ricorrere alla fiducia sulle intercettazioni.
Un invito a non rischiare.
Perfino l’ex generale Roberto Speciale si dichiara “a disagio”. Versace ha già lasciato, i “responsabili” Sardelli, Milo e Iannaccone chiedono “aperture”.
Per non dire di Miccichè coi suoi sudisti.
Berlusconi i tamburi di guerra li avverte eccome.
Continua a ripetere che i suoi, scajoliani compresi, non lo “tradiranno”.
Intanto, ieri mattina si è materializzato di buon’ora alla Camera nonostante ci fossero normali votazioni sul ddl intercettazioni.
Una presenza per “rassicurare”, spiegano dall’entourage.
“Per mettere in guardia chi cospira” a sentire chi lavora già al dopo-Cavaliere.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply