LA PAGLIACCIATA DEL VOTO SU ROUSSEAU (CHE NESSUNO CONTROLLA) SULLA ALLEANZA CON IL PD
ISCRITTI CHE NON SI CONOSCONO, VOTA UN TERZO DEI PRESUNTI AVENTI DIRITTO, NON ESISTE CONTROLLO DI ORGANISMI TERZI SULLA REGOLARITA’ DEL VOTO… UN PARTITO CHE HA MILIONI DI ELETTORI FA DECIDERE LA LINEA A 30.000 PERSONE (AMMESSO CHE IL VOTO SIA REGOLARE)?… MA UNO NORMALE DOVREBBE TRATTARE CON DI MAIO PER VEDERSI SMENTITO DA ROUSSEAU IL GIORNO DOPO?
Luigi Di Maio tace, Gianluigi Paragone e Massimo Bugani parlano.
Il primo, si sa, rema contro l’accordo con il Partito democratico: “È un’operazione che serve al Pd”, ha spiegato al Corriere della sera. Non c’e’ da stupirsi visto che è stato direttore della Padania ed è entrato in Rai in quota Lega, prima di infiltrarsi nel M5S.
Ma a fare rumore sono le parole del secondo, storico volto del grillismo delle origini, nello staff del ministro del Lavoro e socio fondatore di Rousseau.
L’uomo organico a Casaleggio rompe il silenzio in un lungo post su Facebook: “Quello con i Democratici sarebbe un governo della paura”, spiega.
E aggiunge: “Se qualcuno ripone le speranze di un nuovo governo nel Pd di oggi, come al solito il Pd è sempre pronto a deluderle tutte”.
I bene informati spiegano che l’uomo vicinissimo a Davide Casaleggio pende assai più per l’opzione ritorno alle urne, che non per quella che vedrebbe riscaldare la minestra leghista. Ma la sostanza non cambia.
Ecco un uomo che conosce bene gli ambienti milanesi intorno al figlio del fondatore: “Luigi è in una loose-loose situation: se fa l’accordo con il Pd la base esplode, se ritorna da Salvini non tiene i parlamentari”. Una polveriera.
Ed è dal cuore di Rousseau che arriva la conferma: qualunque tipo di strada, qualunque tipo di nuovo accordo, verrà sottoposto al voto della base.
Una ulteriore zeppa che si incunea nelle crepe già apertesi tra i rispettivi fronti. Perchè tra le condizioni poste dal segretario Pd vi è anche quella della centralità della democrazia rappresentativa e parlamentare. E sottoporre un’eventuale intesa alle forche caudine del voto sul blog è una trappola alla quale i Democratici non hanno intenzione di sottoporsi.
E c’è una considerazione di Di Maio che frena mosse azzardate e imprudenti, nonostante con Bugani si ingrossi l’ala di pezzi da novanta (oltre a Paragone anche Paola Taverna, Alessandro Di Battista e lo stesso Casaleggio) che spinge per un ritorno all’antico o per la strada delle urne.
Chiudere il forno con il Pd significherebbe riaprire un’interlocuzione con il Carroccio praticamente da zero. Concedendogli la possibilità , in qualunque momento, di far saltare il banco con la scusa che “i no non sono diventati sì”, e tornare al voto come desiderato. Con l’ala vicina a Roberto Fico che si infuria per ogni fuga in avanti che non preveda un accordo a sinistra. Ieri era il turno di Luigi Gallo, oggi è Giuseppe Brescia a tuonare: “Bugani e Paragone facciano silenzio, rispettino il mandato dell’assemblea”.
Nel caos la variabile Conte, con il capo politico restio ad abbandonarlo al suo destino anche in caso di nuovo accordo con la Lega.
Perchè in quel caso i peones ribollirebbero e l’avvocato del popolo potrebbe essere l’unico calmiere in grado di non far debordare la pentola. “Conte ha il 60% dei consensi nel paese — dice un esponente di governo all’Huffpost — Se ne trovi un altro fammi un fischio”. In casa 5 stelle, finora, tutte le labbra sono rimaste serrate.
(da agenzie)
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