LA REPLICA DI DI MAIO E’ UNA TOPPA PEGGIORE DEL BUCO
DI MAIO CHIAMA IN CAUSA LA PROCURA PER NON AVER GARANTITO NULLA SULLA CORRETTEZZA DI MARRA
Rendendo pubblico un sms inviato a Raggi il 10 agosto 2016 e di cui, con la sindaca, era il solo in possesso, Luigi Di Maio prova a rovesciare il tavolo convinto di dimostrare, senza fornire alcuna prova, di essere vittima di una persecuzione odiosa.
Perchè consumata da “Repubblica” attraverso la consapevole manipolazione dei fatti (vale a dire con un lavoro “selettivo” delle chat che in quell’estate dello scorso anno decisero del destino di Raffaele Marra).
Ma la mossa, oltre a calunniare questo giornale e ad animare un sabba di odio online alimentato per l’intera giornata dal sito del Fatto Quotidiano, è una toppa peggiore del buco.
Che non smentisce quanto falsamente sostenuto domenica scorsa dallo stesso Di Maio nell’intervista televisiva a Lucia Annunziata («Ho incontrato Marra una sola volta. Per cacciarlo»).
Che conferma i suoi giudizi di allora sull’«integrità » dello stesso Marra («È un servitore dello Stato») e sulla necessità di non sentirsi «umiliato» per lo screening cui era sottoposto al pari di ogni uomo che godeva della sua fiducia.
Che, di più, introduce nella vicenda un nuovo dettaglio che, questa volta, obbliga la Procura della Repubblica a smentirlo e smaschera come tale un’altra furbizia.
Per poter separare il proprio destino politico da quello della Raggi, Di Maio è infatti costretto, a posteriori, a riscrivere la storia di quei giorni di agosto del 2016, facendo dire ai suoi sms con la Raggi quello che quegli sms non dicono.
Ma, soprattutto, quello che un comunicato della Procura e quanto accaduto nelle settimane successive al 10 agosto smentiscono.
Il vicepresidente della Camera, in sostanza, dice infatti due cose.
Che i suoi sms inediti con la Raggi dimostrerebbero come avesse espresso l’intenzione che Marra venisse allontanato dal gabinetto del sindaco e come il suo destino fosse stato legato al “responso” chiesto al procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, sulla “pulizia” dell’uomo.
Ebbene, la Procura della Repubblica, in una nota ufficiale, svela come, il 12 agosto, la risposta sollecitata dal Campidoglio sul conto di Marra fosse stata del tutto neutra. «Venne comunicato – scrive – che nei confronti di Marra non vi erano iscrizioni suscettibili di comunicazioni. Formula che comprende sia il caso che non vi siano provvedimenti pendenti, sia che risultino procedimenti coperti da segreto investigativo ».
È un fatto, dunque, che non solo il 10 agosto 2016 Raffaele Marra fosse ancora nel posto da cui, a dire di Di Maio, era stato cacciato 35 giorni prima (il 6 luglio).
Ma che, dal 12 agosto in avanti, il tentativo di legare il destino di Marra alle comunicazioni del Procuratore della Repubblica è un paravento inservibile.
A meno, come accadrà , di spendere dentro e fuori il Movimento il senso di quella comunicazione (che abbiamo visto essere neutra) facendole dire dell’altro.
Vale a dire, che, sul conto di Marra, “nulla risultava”
Si dirà : eppure, come documentano ancora gli sms con la Raggi, il “pensiero” di Di Maio era che Marra non dovesse restare nel gabinetto della sindaca.
Dunque, l’errore nel perseverare sarebbe stato solo e soltanto della sindaca.
Ma, anche in questo caso, i fatti e gli stessi sms con la Raggi, smentiscono quell’asserita intenzione.
Il 10 agosto 2016, Di Maio, prendendo tempo, rinvia infatti ogni decisione sostenendo – testualmente – che, a valle delle comunicazioni di Pignatone, «deciderete», «decideremo ».
È un plurale che indica una decisione che verrà infatti presa in quel mese di agosto e di cui non risultano dissociazioni dello stesso Di Maio, responsabile degli enti locali del M5S.
Marra resterà infatti vice-capo di gabinetto con il sacrificio (tra il 31 agosto e l’1 settembre) dei suoi due nemici in Giunta: l’allora capo di gabinetto Carla Raineri e l’allora assessore al bilancio Marcello Minenna.
Di più, a settembre, dopo l’inchiesta con cui il settimanale l’Espresso, a firma Emiliano Fittipaldi (anche di lui Di Maio ha chiesto il processo disciplinare all’Ordine), svela la vicenda della casa di Marra acquistata a prezzo di favore dal costruttore Scarpellini (circostanza che lo porterà in carcere il 16 dicembre successivo per corruzione), Marra viene promosso a capo del Personale del Campidoglio.
Un incarico nevralgico nella vita dell’amministrazione.
Benedetto da una narrazione, allora, come oggi, identica a se stessa, per la quale arriva in soccorso Marco Travaglio, direttore del Fatto, che scrive: «Marra invece è incensurato, e questo forse è il problema: però il Messaggero assicura che, siccome comprò casa dal costruttore Scarpellini allo stesso prezzo stimato da una perizia della banca Barclays che gli erogò il mutuo, senza mai firmare un atto riguardante Scarpellini (all’epoca si occupava di incremento delle razze equine), “la Procura sembra voler fare chiarezza”. Ergo, è il mostro di Lochness ».
Sappiamo come è andata.
(da “la Repubblica”)
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