LA RICHIESTA DEI PM: “IL PREMIER HA CONCUSSO I POLIZIOTTI PER SALVARSI DALLE CONSEGUENZE DEI SUOI COMPORTAMENTI CON RUBY”
L’AFFONDO DEI PM: “CON UN REATO NE HA COPERTO UN ALTRO”… “SI E’ ESPOSTO IN PRIMA PERSONA, LASCIANDO INDELEBILI TRACCE”… IL PREMIER E’ SOLO VITTIMA DEI SUOI COMPORTAMENTI DOCUMENTATI
Dicono al quarto piano del palazzo di giustizia: “Per quanto la si voglia complicare, in fondo è una storia semplice”.
E, in effetti, sarebbe una storia semplice, se riguardasse un qualunque cittadino. Uno che, nella ricostruzione dell’accusa, “per evitare di essere coinvolto in un’inchiesta di prostituzione con minorenni, e sapendo che tante ragazze potrebbero coinvolgerlo, mente. Spinge alcuni poliziotti a dargli retta. Ottiene il favore che voleva. Fa uscire da una questura una minorenne marocchina, accusata di furto”.
Un cittadino qualsiasi, il giorno dopo, finirebbe nei guai o no?
Questa “storia semplice” investe però Silvio Berlusconi, l’uomo dei superpoteri. In procura non lo ignorano ed è per lui che i pm sembrano essersi sobbarcati – e lo rende noto oggi alle 11 il procuratore capo – il massimo dei rischi: giudizio immediato per i due reati.
Concussione e prostituzione minorile insieme.
Con la convinzione di superare ogni intoppo procedurale.
E di aver raggiunto quanto serve per chiedere e ottenere – come vuole la legge – il processo il prima possibile; e, poi – non nascondiamocelo – la condanna.
A collegare i reati è Ruby-Karima, la neo-diciottenne sempre più conosciuta dalle masse.
Ed è non a caso lei, Ruby, l’unica che la procura chiama come parte lesa dell'”utilizzatore finale”.
Inchiodati l’uno all’altra, in questa storia diseguale, tra l’uomo di 74 anni che può comprare tutto e la ragazza di 17 che, non avendo altro, può vendere solo
se stessa (“Quell’altra è la pupilla, io sono il culo”, dirà , ridendo amaro).
La strada più facile sarebbe stata chiedere il processo solo per la concussione. Perchè è un affare giudiziario che “si chiude in quattro o cinque giorni”, come sostenevano in Procura nei giorni scorsi.
Conto facile: che cosa c’è da fare (se ci si arriva) in aula?
Interrogati i funzionari Giorgia Iafrate e Pietro Ostuni, i due poliziotti del commissariato Monforte che notarono le anomalie, Nicole Minetti e Michelle Coinceicao, che esfiltrarono Ruby da via Fatebenefratelli, non è che ci sia molto di più.
La stragrande maggioranza degli atti sta “documentata” nelle relazioni di servizio, compresa la (se vogliamo simpatica e spregiudicata, ma) poco astuta telefonata del premier.
Si è esposto in prima persona: ha lasciato tracce indelebili.
Nelle ipotesi degli investigatori, dunque, condanna “facile”.
E sono tutti convinti (Tangentopoli insegna) che non sia un reato ministeriale. Perchè non approfittarne?
La questione che sembra aver prevalso è meno tecnica.
Più umana, o se si vuole disumana, comunque concreta: “Perchè Berlusconi commette la concussione” chiamando di persona la questura?
Lo fa “con uno scopo”. Salvarsi – e vediamo in queste settimane che cosa sta accadendo in mezza Italia, tra Vaticano e Quirinale, piazza e parlamento – da quello tsunami di fango che, creato da Berlusconi medesimo con i suoi comportamenti, avrebbe potuto ripiombargli addosso.
“In casa mia entrano persone per bene”, giurava il premier davanti ai sostenitori. Non era così, c’erano “zoccole” e “disperate delle favelas” (parole non d’avversario, ma di Nicole Minetti all’amica M. T.).
Conta perciò l’essenza di Ruby come vittima, anche se non è Maria Goretti: in un paese libero, che tutela da tempo i minori, i deboli, gli “scappati di casa”, la prostituzione minorile è un fulmine divino che colpisce – com’è giusto – il cliente. Lei e lui c’erano, ad Arcore.
Più, e più, e più volte.
Gli indizi portano a dire che non si guardavano negli occhi, che il “bunga bunga” non è una barzelletta e che, a Milano, si sta cercando un po’ di verità in mezzo ad un mare di disperazione.
Piero Colaprico
(da “La Repubblica“)
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