LE CONDIZIONI DI ALFANO: “CAMBIAMO L’ITALICUMâ€
NCD VUOLE CHE VENGA ABBASSATA LA SOGLIA DI COALIZIONE DEL 12%, VERDINI SI OPPONE
È l’Italicum la posta in gioco nascosta dietro la trattativa sul nuovo governo. E Renzi sa di dover giocare una partita doppia.
Pressato da Berlusconi e Verdini da una parte, strattonato dall’altra da Alfano e dall’Ncd. L’ultima telefonata tra il segretario del Pd e il Cavaliere, raccontano nell’entourage di Berlusconi, risale a venerdì scorso.
Un colloquio breve, voluto dal leader di Forza Italia per sincerarsi che l’accordo sulle riforme tenesse ancora. «Per me si deve andare avanti su quello che abbiamo stabilito», ha confermato Renzi dall’altro capo del filo.
Una garanzia che è stata ribadita anche a Denis Verdini dal segretario dem in persona (con il quale i contatti sono ormai costanti e quasi quotidiani) e dai suoi sherpa.
Il patto del Nazareno sembra tenere e Berlusconi, davanti alle telecamere, l’ha voluto mettere nero su bianco appena uscito dallo studio alla Vetrata: «Forza Italia si impegna a mantenere gli accordi intervenuti sulla legge elettorale e le riforme».
Una precisazione necessaria visto il timore circolato ad Arcore sulle reali intenzioni di Renzi riguardo all’Italicum.
Aver spostato le lancette della legislatura fino al 2018 cozzava infatti con l’idea di approvare in fretta e furia la nuova legge elettorale. «Non è che con la scusa della crisi di governo — si è chiesto Berlusconi — adesso Renzi rimette nel cassetto l’intesa con noi?».
Dubbio fugato, appunto, dai contatti diretti intervenuti negli ultimi due giorni tra i due partiti. Certo, qualche slittamento sarà inevitabile.
«Finchè è aperta la crisi — spiega il renziano Roberto Giachetti — la Camera può approvare solo i decreti in scadenza. Ma i tempi della riforma elettorale sono già contingentati e in tre giorni e mezzo di lavoro la si approva. Diciamo ai primi di marzo ».
Che Renzi possa rinunciare all’Italicum, sacrificando sull’altare della stabilità di governo il suo successo più spettacolare, è un’ipotesi che nessun renziano di stretta osservanza è disposto a prendere in considerazione.
Eppure la volontà del segretario di procedere sui binari stabiliti cozza con la disperata resistenza di Alfano e dell’Ncd. In ballo c’è la sopravvivenza politica di un partito.
«Per noi — chiarisce il capogruppo Enrico Costa — il prossimo governo deve essere Renzi-Alfano. Annacquarci in un governo del Pd sarebbe la fine».
Dunque calma e gesso, l’onda alta del renzismo deve scaricarsi ancora un po’.
Un punto che è stato messo sul tavolo senza reticenza dagli alfaniani durante il colloquio di ieri al Quirinale. Trovando un interlocutore comprensivo nel capo dello Stato, che infatti avrebbe in mente di ritardare fino a domani il conferimento dell’incarico.
Scesi dal Colle, Alfano e i capigruppo Ncd si sono convinti che anche Napolitano non abbia tutta questa fretta di mandare Renzi davanti alle Camere per la fiducia.
Anzi, visto che il leader democratico punta a un governo di legislatura, è chiaro che la stesura di un programma così vasto non potrà che comportare, secondo il giudizio del Presidente, «tempi adeguati».
Sicuri di aver trovato una sponda nel capo dello Stato, gli alfaniani si apprestano a dettare condizioni anche sull’altra partita, quella che più sta a loro a cuore: le modifiche all’Italicum.
Chi tratta la materia per conto di Alfano fissa il traguardo del negoziato: «Se Renzi non vuole che alle prossime elezioni ci schieriamo con Berlusconi e lo facciamo vincere, allora ci deve venire incontro abbassando la soglia del 12% per le coalizioni».
Un punto dirimente, che potrebbe consentire ad Alfano di costruire un polo di centrodestra alternativo a Forza Italia, grazie anche all’apporto di Casini, Mauro e tutta la galassia centrista e ciellina.
È un disegno di lungo periodo, che richiede almeno un anno, un anno e mezzo per realizzarsi.
E proprio per questo Verdini e Berlusconi, intuito il pericolo, hanno già iniziato a lavorare ai fianchi il Nuovo centrodestra.
La dove fa più male: a palazzo Madama. Insinuandosi nelle divisioni del nemico — le truppe calabresi puntano alla nomina di Gaetano Quagliariello coordinatore, i siciliani vorrebbe Renato Schifani — Verdini ha fatto sapere di avere le porte aperte per quei senatori che volessero tornare a casa.
«Ma sia chiaro — ha fatto sapere il coordinatore forzista — che non accettiamo singoli transfughi. Dovrete costituire un gruppo e staccarvi tutti insieme da Alfano».
Per questo le voci di un aiuto organizzato da Verdini e Berlusconi alla nascita del governo Renzi — con l’arrivo di senatori cosentiniani e fittiani a rimpiazzare gli alfaniani — vengono derubricate a piazza in Lucina, sede di Forza Italia, come polpette avvelenate messe in giro dall’Ncd.
«Sono stanco — taglia corto il redivivo Nicola Cosentino — di essere tirato in ballo per cose destituite di fondamento».
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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