LEGGE ZAN, COME FUNZIONA NEGLI ALTRI PAESI EUROPEI
FRANCIA, SPAGNA, GERMANIA, REGNO UNITO, SCOZIA , NORVEGIA, SVEZIA, PORTOGALLO: TUTTI HANNO UNA LEGGE SPECIFICA, TRANNE NOI
Negli ultimi mesi ha fatto molto discutere la proposta di legge contro l’omotransfobia nota come “legge Zan”, dal nome del suo principale promotore, il deputato del Partito democratico Alessandro Zan
Al di là delle opinioni personali, legittime o meno, è un fatto che oggi in Italia non sia in vigore una legge che condanni esplicitamente i casi di discriminazione fondati sull’orientamento sessuale, l’identità di genere o la disabilità.
In carenza di una norma esplicita, per punire chi – ad esempio – commette un delitto mosso dall’odio verso gli omosessuali si può fare ricorso all’aggravante generica dei motivi abietti o futili (art. 61 del codice penale).
Ma come funziona negli altri Paesi europei? Abbiamo controllato, e molti tra i principali Stati europei hanno una legislazione che si occupa in maniera esplicita di crimini e discriminazioni legate all’omotransfobia.
La mancanza di una normativa in Italia specifica per la repressione delle violenze e delle discriminazioni di matrice omostransfobica emerge peraltro in modo molto evidente da un confronto con gli ordinamenti degli altri principali Paesi europei.
Francia, tra i più severi
La Francia ha leggi particolarmente rigide nei confronti delle discriminazioni basate su sesso o genere. Nel 2003 infatti questi elementi sono stati riconosciuti dal Codice penale come possibili motivi di discriminazione (art. 225 1-4) – insieme tra le altre cose alle idee politiche, la situazione familiare, l’età o lo stato di gravidanza – e sono punibili in quanto reati autonomi con un massimo di cinque anni di carcere o una multa fino a 75 mila euro.
La legge punisce con un anno di carcere e una multa fino a 45 mila euro anche il reato di provocazione alla discriminazione, all’odio o alla violenza, la diffamazione e l’ingiuria se questi avvengono, tra le altre cose, anche sulla base dell’«orientamento sessuale» o dell’«identità di genere».
Inoltre, dal 2017 le discriminazioni omotransfobiche sono considerate come possibili aggravanti per tutti i reati che prevedono il carcere come pena.
Spagna, una legislazione chiara
Anche l’ordinamento spagnolo è dotato di leggi che contrastano le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale o l’identità di genere. Il codice penale spagnolo prevede infatti (articolo 510) una pena fino a quattro anni di carcere per l’istigazione all’odio o alla violenza sulla base di elementi legati al sesso o al genere, oltre che alla religione, l’etnia, o la condizione di disabilità. Queste condotte, se associate ad altri reati, possono anche essere considerate come circostanze aggravanti (articolo 22).
Se la discriminazione viene portata avanti da un pubblico ufficiale, questa va anche incontro all’interdizione dai pubblici uffici (articolo 511) da uno a tre anni. Sono infine vietate le associazioni che promuovono comportamenti discriminatori (articolo 515) e i loro fondatori, direttori o soci attivi sono punibili con la detenzione fino a quattro anni.
La Germania non utilizza termini specifici
In Germania le discriminazioni omofobiche non vengono menzionate espressamente nel Codice penale. Spesso in questi casi viene fatto riferimento all’articolo 130, il quale condanna coloro che incitano odio e violenze o ledono la dignità, tramite insulti o diffamazione, di gruppi nazionali, etnici o religiosi, oppure di particolari individui o settori della popolazione.
Il richiamo diretto all’omotransfobia non compare neppure nell’articolo relativo alle aggravanti (articolo 46), dove però si legge che nel decidere la pena il tribunale dovrà tenere in considerazione anche l’eventuale presenza di motivi o obiettivi di stampo razzista o xenofobico.
Il Regno Unito distingue tra orientamento sessuale e identità di genere
Nel 2008 il Regno Unito ha approvato per l’Inghilterra e il Galles il Criminal Justice and Immigration Act che, tra le tante misure, ha equiparato i crimini basati sull’odio religioso a quelli causati da discriminazioni nei confronti dell’orientamento sessuale.
Il documento però non fa riferimento a episodi di ostilità verso persone transgender, e in un report del Servizio della procura della Corona (Crown prosecution service, Cps) del 2017 si legge infatti che non esiste al momento un reato specifico per incitamento all’odio sulla base dell’identità di genere. Un altro report rilasciato nel dicembre 2020 da una commissione indipendente dell’Irlanda del Nord afferma che fino a quel momento nessuna delle legislazioni del Regno Unito contemplava la discriminazione basata sull’identità di genere tra i crimini d’odio.
Le leggi in vigore Inghilterra e Galles permettono comunque al giudice di tenere in considerazione e dichiarare la presenza di un eventuale movente sia omofobico che transfobico nel processo di decisione di una sentenza, ma questa motivazione non può comunque essere considerata come una vera e propria aggravante capace di aumentare la pena massima stabilita per il reato in questione.
In questo caso la presenza di un crimine d’odio su base etnica, razziale, religiosa o sessuale dovrà essere determinata dalla polizia e comunicati al Cps, che dovrà dimostrare la presenza o meno della discriminazione e farla presente alla Corte.
Il Parlamento scozzese invece ha recentemente approvato un nuovo provvedimento, chiamato Hate Crime Bill, che include nella legge contro i crimini d’odio anche gli episodi di discriminazione basati, tra le altre cose, sull’identità di genere. Le nuove disposizioni sono entrate in vigore lo scorso 23 aprile.
Gli altri Paesi
Tra gli altri Paesi europei si distingue la Svezia, dove i casi di discriminazione contro tutti gli esponenti della comunità Lgbtq+ sono chiaramente regolamentati e sanzionati.
Al capitolo 16, articolo 8 del Codice penale svedese infatti si legge che chiunque «minacci o esprima disprezzo per una popolazione facendo allusione alla sua razza, colore della pelle, origini nazionali o etniche, credo religioso, orientamento sessuale o identità di genere» è colpevole di agitazione e può essere condannato fino a un massimo di quattro anni di carcere. Le discriminazioni in questi ambiti sono anche considerabili come possibili aggravanti.
Altro esempio virtuoso è la Norvegia, che dal primo gennaio 2021 ha aggiunto l’identità o l’espressione di genere e l’orientamento sessuale alla lista di fattori che possono determinare “discorsi d’odio”, punibili con fino a tre anni di carcere (articolo 185 del Codice penale).
In Portogallo poi l’articolo 240 del Codice penale punisce con fino a 5 anni di carcere chiunque provochi atti di violenza, minacci o discrimini una persona o un gruppo di persone a causa delle loro origini etniche o nazionali, del sesso, dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere o di particolari mancanze fisiche o psichiche.
Diversi Paesi in Europa hanno già in vigore leggi che assicurano punizioni simili a quelle previste dalla legge Zan: è il caso soprattutto di Spagna, Francia, Svezia, Portogallo e Norvegia, dove le discriminazioni sulla base dell’orientamente sessuale e l’identità di genere vengono espressamente punite dal Codice penale. La situazione in Germania, che non menziona espressamente questi termini ma applica le leggi contro l’incitamento all’odio in modo più generale, è invece più simile a quella dell’Italia.
In Inghilterra e Galles vengono condannate le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, mentre quelle fondate sull’identità di genere possono essere considerate come potenziali aggravanti. Dal 2021 la Scozia invece punisce entrambe le forme di discriminazione.
(da agenzie)
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