L’ITALIA FISCALE NON HA NULLA DA SPARTIRE CON QUELLA REALE: PAGA LE TASSE SOLO IL 40% DEGLI ITALIANI PER IL 90% DELLA SOMMA TOTALE, IL 60% NON LE PAGA
IL NUMERO DELLE AUTO DAL COSTO SUPERIORE A 120.000 EURO E’ STRANAMENTE DIECI VOLTE SUPERIORE A CHI DICHIARA 120.000 EURO NETTI L’ANNO… IL 46,5% DI LIBERI PROFESSIONISTI E AUTONOMI DICHIARA MENO DI 15.000 EURO LORDI L’ANNO
Il clou della manovra di bilancio 2020 — il relativo dibattito si svolgerà per ore nei talk show televisivi — riguarda i 7 miliardi attesi dal contrasto all’evasione fiscale (mediante l’incentivazione dell’utilizzo della moneta elettronica).
Come sarà resa possibile l’operazione rimane ancora nel vago, anche se non mancano le rassicurazioni: non dovrebbero esserci penalizzazioni per chi usa il contante ma sconti per chi paga con la carta, con l’aliquota al 10% (ad esempio per ristoranti e alberghi), che potrebbe scendere di tre punti al 7%. Il meccanismo dovrebbe essere quello del cashback, con la differenza che dovrebbe arrivare al consumatore direttamente sull’estratto conto della carta.
Come era prevedibile a criticare questa operazione si sono scatenate le opposizioni, invocando la “libertà di contanti” e compiangendo gli anziani costretti a pagare con il bancomat al supermercato l’acquisto di quattro scatolette di cibo per il cagnolino. Appartenendo anch’io alle generazioni che guardano con sospetto alla moneta elettronica, mi sono chiesto se non ci siano delle esagerazioni in queste preoccupazioni.
Nelle transazioni abituali del vivere quotidiano, il pensionato che paga in contanti non ha alcuna possibilità di evadere. È sufficiente che si faccia consegnare lo scontrino quando arriva alla cassa, perchè è da lì che parte la tracciabilità .
Il problema sorge quando si acquista un servizio (il pranzo al ristorante, la confezione di un abito, ecc.) o l’esecuzione di una prestazione (il classico caso dell’idraulico, ma anche la visita medica e quant’altro).
Certo, se in Italia l’85% delle transazioni avviene attraverso il contante (per un valore pari al 68% dell’ammontare complessivo) qualche problema c’è ed è corretto affrontarlo senza esagerare.
Il ricorso alla fatturazione elettronica ha già prodotto dei risultati sul piano fiscale come ha ricordato in una recente intervista l’ex ministro Giovanni Tria (che passerà alle cronache della politica di bilancio come ”il piccolo eroe di Harlem”, il ragazzo che infilando il dito nella crepa della diga ne impedì il crollo e scongiurò l’inondazione).
Tutto ciò premesso e in attesa del miracolo di San Gennaro del trionfo della moneta elettronica sul contante, prepariamoci a recitare le nostre parti in commedia: a difendere il successo della lotta all’evasione fiscale i filogovernativi; ad accusare l’esecutivo di mettere la mani nelle tasche degli italiani gli oppositori.
Ma chi le paga le tasse in Italia?
Ci facciamo aiutare dalla ”Sesta indagine conoscitiva sui dati 2017 e analisi comparativa degli ultimi dieci anni di dichiarazione 2008-2017” a cura dell’Osservatorio sull’Irpef e le altre tasse del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, una Fondazione – presieduta da Alberto Brambilla – che all’autorevolezza aggiunge una spietata demistificazione dei tanti luoghi comuni che in Italia sono accettati come verità rivelate.
Ecco come l’Osservatorio presenta il suo biglietto da visita. ‘
‘Il coro politico afferma che siamo un Paese oppresso dalle tasse e che vanno ridotte. È vero! Ma si dimentica di dire che a pagarle è solo il 40% della popolazione che ne versa oltre il 90%, mentre il 60% non solo non le paga, ma è anche totalmente a carico della collettività a partire dalla spesa sanitaria; anzi una parte consistente dello storytelling dei politici insiste sul tassare di più quelli che trainano l’economia italiana additandoli, quando sono pensionati, come “d’oro”, aumentando il rancore e la rabbia dei votanti che prendono pensioni modeste e che odiano chi è riuscito nella vita; senza dire che oltre la metà dei pensionati prenderà pure pensioni basse ma non ha mai versato un euro, quindi è stata mantenuta per tutta la propria vita. Ma dire così non porta voti! Raccontare la storia dei 5 milioni di poveri assoluti e di altri 9,3 di poveri relativi (il 25% della popolazione italiana non arriverebbe a fine mese) ai quali dare un reddito, una pensione o una prebenda (a carico dei poverini che le tasse le pagano), questo sì porta molti voti”.
Il paradosso – secondo Itinerari previdenziali – è tra i due estremi delle classi di reddito dichiarato: il 45,19% dei cittadini paga solo il 2,62%, mentre il 12,28% ne paga ben il 57,88%; ma il numero delle automobili con un costo superiore ai 120.000 euro, ad esempio, è dieci volte il numero di coloro che dichiarano un reddito lordo superiore ai 240mila euro (120mila netti), il che ”denota tutta l’inefficienza del nostro sistema fiscale”. Quanto al carico sostenuto dalle diverse categorie di contribuenti si veda di seguito:
DIPENDENTI: il 39,52% dei dipendenti (quelli che dichiarano redditi fino a 15mila euro) pagano solo il 3,6% delle imposte, l’11,51%; quelli con redditi da 35mila euro ed oltre ne pagano il 57,36%.
PENSIONATI: con redditi fino a 15mila euro sono il 48,72% e versano l’8,32% del totale delle imposte; quelli sopra i 20mila euro sono solo il 32,22% ma pagano ben il 75,97%.
AUTONOMI: i dichiaranti fino a 15mila euro lordi l’anno sono il 46,56% del totale (sembrerebbe un popolo che sopravvive a stento, commenta l’Osservatorio) e versano solo il 2,5% del totale di comparto; quelli che dichiarano redditi sopra i 35mila euro sono solo il 21,88% ma versano ben l’81,5% del totale IRPEF del comparto.
Quanto alla distribuzione geografica del versamento IRPEF per ognuna delle tre macro-aree emerge che il Nord contribuisce per 94,6 miliardi (pari al 57,44% dell’IRPEF totale), seguito dal Centro con 36,3 miliardi ( il 22,04%) e dal Sud con 33,8 miliardi (il 20,51%). In particolare, la sola Lombardia, con circa 10 milioni di abitanti, ha versato, nel 2017, 37,6 miliardi e quindi ben più dell’apporto dell’intero Sud nonostante che quest’area registri più del doppio degli abitanti (20,7 milioni).
In conclusione l’Osservatorio sembra sostenere che l’Italia fiscale non ha nulla da spartire con quella reale. E pertanto l’evasione non è tutta fuori dalle mura dell’ordinamento tributario. Un robusta ”quinta colonna” sta all’interno.
(da “Huffingtonpost”)
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