MEGLIO PERDERE ALLE REGIONALI, ANDANDO DIVISI, CHE ACCONTENTARE SALVINI, IL VERTICE DI MAGGIORANZA A PALAZZO CHIGI FINISCE A MALE PAROLE
GIORGIA MELONI IN MODALITÀ “S-FASCIO TUTTO IO” NON VUOLE CEDERE E TIRA DRITTO SULLA CANDIDATURA DI PAOLO TRUZZU IN SARDEGNA, MENTRE LA LEGA SPONSORIZZA L’USCENTE SOLINAS. A CASCATA, SARÀ UN CASINO TROVARE GLI INCASTRI NELLE ALTRE REGIONI
L’unico a fotografare la realtà senza troppi filtri è Andrea Crippa, vicesegretario della Lega, clava di Matteo Salvini. Seduto nell’area fumatori di Montecitorio, rivendica gli attacchi a Giorgia Meloni. E ammette che a complicare la sfida tra leader del centrodestra sulle Regionali è stato proprio l’annuncio della presidente del Consiglio di volersi candidare alle Europee: «Lei vuole stravincere […]. Questo per noi è un tema. Io mi espongo perché difendo il principio. E soprattutto, difendo il partito». Sono gli stessi concetti che il vicepremier ripeterà poco dopo in privato alla leader di FdI.
Nel giorno in cui la premier e i suoi due vice si incontrano per litigare sul dossier dei governatori — salvo poi negare in coro di averlo fatto, anzi di averne addirittura parlato — Crippa illustra la strategia di Salvini, che può tradursi così: la Lega non può accettare un pesante ridimensionamento e una probabile mortificazione elettorale da parte di FdI — per mano di Meloni — senza avere un risarcimento politico in cambio.
Di questo possibile scambio dibattono i tre al mattino, a margine di un incontro in realtà convocato sui migranti. Volano parole pesanti, perché nessuno intende retrocedere, pur sapendo che un’intesa appare quasi obbligata e che, alla fine, la Lega in Sardegna sarà costretta a mollare Solinas.
A pranzo, poi, si ritrovano solo Meloni e Antonio Tajani. Immaginando possibili soluzioni acrobatiche e certificando uno stallo che può durare al massimo per un’altra settimana, pena una pesante divisione sul candidato presidente nell’isola. E una probabile e clamorosa sconfitta.
Per Meloni, esiste un dato indiscutibile: tutti i sondaggi di cui dispone indicano Solinas come perdente, dunque va sostituito. Lo dice a Salvini, con durezza. Ma il problema è anche più complesso di così: visti gli attuali equilibri di maggioranza non è possibile confermare uno schema dei governatori uscenti che lascia a FdI soltanto l’Abruzzo, mentre garantisce alla Lega Sardegna e Umbria, a Forza Italia Basilicata e Piemonte.
Né Tajani è disposto a tollerare che la Basilicata passi al Carroccio per compensare una Sardegna meloniana. E quindi come se ne esce? La premier ipotizza di identificare un candidato tecnico proprio per i lucani, tenendo per sé soltanto Sardegna e Abruzzo.
Neanche il 2-1-1-1 (l’ultimo è appunto un civico) piace però ai due vicepremier. E quindi si torna alla guerriglia, alle tensioni, agli sgarbi. Ieri se ne rintracciano almeno due, di cui uno molto pesante: il senatore del Carroccio e leader della Liga veneta Alberto Stefani ha presentato una proposta di legge per introdurre il terzo mandato per i governatori.
È la norma a cui è appeso il futuro di Luca Zaia, la proposta che Salvini chiede a Meloni. E che Palazzo Chigi non intende concedere, non adesso almeno: non regalerà questo vantaggio al ministro dei Trasporti prima di molti mesi, in modo da tenere a bada i l suo attivismo. Pure Forza Italia è contraria, d’altra parte.
(da La Repubblica)
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