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META’ DEI PATRIMONI ITALIANI CONCENTRATI NELLE MANI DEL 10% DELLE FAMIGLIE

COME SONO DISTRIBUITI IMMOBILI E TITOLI: IN MEDIA 1,6 MILIONI, VENTIDUE VOLTE DI PIU’ DEI CETI POPOLARI… E’ AFFONDATA LA CLASSE MEDIA E SONO CRESCIUTE LE PROPRIETA’ DI IMPRENDITORI E COMMERCIANTI…I CITTADINI HANNO TRA RISPARMI E RICCHEZZA 8.600 MILIARDI, PARI A QUATTRO VOLTE IL DEBITO PUBBLICO

Tosate i ricchi. Con le pensioni, l’appello ad una severa imposta patrimoniale è stato uno dei temi più dibattuti in questi mesi, suscitando passioni che sembravano scomparse dalla scena politica, fino a indurre anche parecchie vittime potenziali della tassa a rivendicarne l’attuazione.
La crisi ha, infatti, messo a nudo un rancore crescente verso l’ineguaglianza sociale e verso il paradosso che vede l’Italia come uno dei paesi più ricchi del mondo, senza che questo venga riconosciuto nell’esperienza quotidiana. Un paese ricco, abitato da poveri, si è detto.
Per sciogliere il paradosso, bisogna rispondere a due domande.
Quanti sono i ricchi, in Italia? E quanto sono ricchi?
La risposta è che una delle duecentomila famiglie di straricchi, in Italia, ha, in media, un patrimonio che vale 65 volte quello di cui dispone una qualsiasi della maggioranza delle famiglie italiane.
In termini statistici complessivi, non sembra una gran novità : l’Italia era un paese più egualitario negli anni ’70 e ’80, ma, dai primi anni ’90, è andata avvicinandosi agli squilibri sociali tipici di paesi come Usa e Gran Bretagna.
Negli ultimi vent’anni, tuttavia, la situazione è rimasta, più o meno, stabile. Questo, però, è uno dei tanti miraggi delle statistiche.
Due fattori hanno profondamente modificato, in quantità  e qualità , la piramide sociale italiana.
Il primo è che, avvertono gli studi della Banca d’Italia, si è aperta una spaccatura verticale: un travaso progressivo di ricchezza, dai lavoratori dipendenti agli autonomi: imprenditori, liberi professionisti, commercianti.
Il secondo è il lungo ristagno dei redditi, che ha svuotato e affondato i ceti medi. Quando si sono accorti di non essere affatto sulla strada per diventare ricchi, anche nei ceti medi si è risvegliata l’insofferenza verso gli squilibri sociali.
Secondo le indagini della Banca d’Italia, la ricchezza netta degli italiani (tolti, cioè, mutui e prestiti) era pari, nel 2010, a 8.640 miliardi di euro.
Una cifra imponente, pari ad oltre quattro volte la montagna del debito pubblico. In media, significa una ricchezza di poco inferiore a 400 mila euro, per ognuna dei 24 milioni di famiglie italiane.
Ma, naturalmente, quei 400 mila euro sono il consueto miraggio statistico. Il 50 per cento delle famiglie italiane possiede, infatti, dice sempre Via Nazionale, meno del 10 per cento di tutta quella ricchezza.
Ovvero, 12 milioni di famiglie si spartiscono, in realtà , un patrimonio di non più di 860 miliardi di euro.
Questi 12 milioni di famiglie più povere costituiscono quelli che i sociologi di una volta avrebbero definito ceti popolari.
Un termine che, con il progressivo svanire di operai e contadini, è diventato sempre più sfuggente e che, oggi, probabilmente, comprende soprattutto impiegati, insegnanti e la massa dei precari. In media, la ricchezza di ognuna di queste famiglie è di 72 mila euro in tutto, al netto di mutui e prestiti, ma casa e risparmi compresi.
L’altra metà  degli italiani ha, invece, le mani su quasi 8 mila miliardi di euro.
Ma non è così che va vista la divisione della torta.
Al di sopra dei ceti popolari e dei ceti medi in via di affondamento ci sono, elaborando i dati della Banca d’Italia, quelli che possiamo chiamare ceti medi benestanti.
Circa 9 milioni 600 mila famiglie, il 40 per cento del totale, che controlla il 45 per cento della ricchezza italiana: 3 miliardi 880 milioni di euro. In media, ognuna di queste famiglie benestanti ha un patrimonio, fra case e investimenti finanziari, pari a 405 mila euro.
Da qui in su, si entra nel mondo dei ricchi.
Il 10 per cento delle famiglie italiane, cioè circa 2 milioni 400 mila famiglie, controlla il 45 per cento dell’intera ricchezza nazionale.
Quanto 10 milioni di famiglie benestanti e oltre quattro volte quello di cui dispone la metà  meno fortunata del paese.
Sono gli altri 3 miliardi 880 milioni di euro di ricchezza che ancora mancavano al totale. In media, ognuna di queste famiglie ricche ha un patrimonio di 1 milione 620 mila euro, oltre 22 volte la ricchezza di quella metà  d’Italia che sono le famiglie dei ceti popolari.
Ma sono davvero questi i ricchi italiani? O ci sono anche gli straricchi?
La risposta è che gli straricchi ci sono, sono pochi, ma hanno abbastanza soldi da modificare profondamente la mappa sociale del paese.
Proviamo, infatti, a togliere l’1 per cento di famiglie più ricche – gli straricchi – dal plotone del 10 per cento di ricchi. Il 9 per cento di ricchi che è quasi in cima, ma non ci arriva, corrisponde a 2 milioni 160 mila famiglie.
Il loro patrimonio complessivo è pari a 2.765 miliardi di euro, un terzo della ricchezza nazionale. In media, ognuna di loro dispone di un solido patrimonio, pari a 1 milione 280 mila euro.
Infine, l’1 per cento di straricchi: meno di 240 mila famiglie.
Fa capo a loro il 13 per cento dell’intera ricchezza italiana, ovvero oltre 1.120 miliardi di euro, almeno quelli rintracciabili nel catasto e nelle banche nazionali. In media, ognuna di queste famiglie straricche dispone di un patrimonio di poco inferiore a 4 milioni 700 mila euro.
Non basta, insomma, essere un paese in cui l’80 per cento delle famiglie è proprietaria della casa in cui vive per riequilibrare la piramide rovesciata della ricchezza nazionale.
Del resto, le abitazioni (che, nelle indagini della Banca d’Italia, vengono valutate a prezzo di mercato) costituiscono la parte maggiore della ricchezza nazionale, ma non di molto: quasi 5 miliardi di euro su un totale di 8.640 miliardi.
Una eventuale patrimoniale sui soli grandi patrimoni immobiliari escluderebbe quasi 3.600 miliardi di euro di investimenti finanziari che, si deduce dalle indagini a campione di Via Nazionale, sono più comuni e frequenti, man mano che si sale nella scala della ricchezza. I dati disponibili non consentono di ripartire questi investimenti fra benestanti, ricchi e straricchi.
Permettono, però, di abbozzarne una geografia, anche se monca: i dati si riferiscono a quanto è depositato e investito presso banche italiane.
Di quanto si trova in Svizzera o in Lussemburgo, sappiamo molto poco.
Ci sono, dunque, quasi mille miliardi di euro depositati nei conti presso le poste o le banche italiane.
Non si tratta solo di soldi parcheggiati per le piccole necessità  quotidiane.
Il 30 per cento di quei mille miliardi – esattamente 276 miliardi di euro – è depositato in conti fra i 50 mila e i 250 mila euro.
Un altro 13 per cento, circa 120 miliardi di euro, si trova in conti che superano i 250 mila euro.
Chi tiene tutti questi soldi in banca? Non lo sappiamo.
Al massimo, dice l’aritmetica, mezzo milione di persone ha un conto in banca almeno di 250 mila euro.
Probabilmente, sono assai di meno.
Se, per pura ipotesi, supponessimo che ne sono titolari le 240 mila famiglie straricche, ne ricaveremmo che ognuna di loro ha, in media, mezzo milione di euro sul conto in banca.
Poi ci sono i titoli.
Fra azioni, obbligazioni e fondi comuni, ci sono oltre 1.500 miliardi di euro depositati nei conti titoli delle banche italiane.
Un terzo è piccolo risparmio, cioè conti titoli inferiori a 50 mila euro.
Un altro terzo, è risparmio, per così dire, benestante: titoli fra i 50 mila e i 250 mila euro.
Poi ci sono 150 miliardi di euro, investiti in titoli per 250-500 mila euro. Il risparmio, probabilmente, si ferma qui. Il resto è investimento ed è un salto: 300 miliardi di euro in conti titoli superiori a 500 mila euro.
Roba da straricchi.

Maurizio Ricci
(da “La Repubblica”)

This entry was posted on domenica, Gennaio 8th, 2012 at 23:59 and is filed under Costume, economia, radici e valori. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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