MONTI PREPARA LA CAMPAGNA ELETTORALE: PRONTA UNA BLACK LIST DI IMPRESENTABILI
PRONTO IL SIMBOLO “CON MONTI PER L’ITALIA”, IL BRAND SARA’ PRESENTE ANCHE NEI SIMBOLI DI UDC E FLI
«Con Monti per l’Italia». Il premier si rigira a lungo tra le mani il bozzetto con il simbolo della lista unica che dovrà condurre la battaglia elettorale al Senato.
Sarà il simbolo del movimento.
Pomeriggio di festa, studio della casa milanese di Mario Monti.
Gli sherpa di Udc, Fli, Italia Futura e altri uomini vicini al Professore che fino al 31 hanno lavorato a nome e simbolo, gli recapitano entro l’1 il risultato di vertici e analisi di mercato.
L’ipotesi di logo che sembra prevalere vede campeggiare la scritta in alto su un tricolore stilizzato.
Se il premier darà il suo ok definitivo, il brand campeggerà in piccolo anche nella parte inferiore dei simboli di Udc e Fli alla Camera (ma la presentazione della squadra finiana è ancora incerta).
E poi, sotto il simbolo della lista più direttamente “montiana” (e di Montezemolo) per Montecitorio, che richiama nel titolo il concetto – caro a entrambi – di “Lista civica”.
Quel che è certo è che da oggi il premier si getta a capofitto nella campagna mediatica, prima della tagliola della par condicio.
Questa mattina sarà ospite di “Radio Anch’io”, ben avviate le trattative per un intervento domani a “Uno Mattina”, dove ha fatto la sua comparsa nei giorni scorsi Berlusconi.
Ecco, agli attacchi ormai frontali e quotidiani del Cavaliere, raccontano i collaboratori più fidati, Monti non replicherà se non indirettamente.
Sorride e scrolla le spalle, raccontano, alla minaccia della commissione d’inchiesta. Ma la presa di distanza dalla parte politica che ha decretato la fine anticipata del suo governo sarà marcata. In radio e tv il Professore sponsorizzerà il suo «manifesto» politico in sette punti pubblicato sul web a capodanno.
Inviterà a «superare i due blocchi della conservazione».
Ribadirà l’intenzione di andare «oltre» la destra e la sinistra (intesa come radicale e dunque vendoliana). Ma alzerà pure il tiro contro un centrodestra che lo ha messo nel mirino.
Il movimento, sta scritto anche nel documento in sette punti, nasce soprattutto «in contrapposizione alle forze conservatrici, prone a interessi particolari, a protezioni corporative, addirittura anti-europeiste».
Con un richiamo solo in parte implicito al Pdl berlusconiano. Il Professore punterà però soprattutto la campagna in chiave propositiva, spiegando di non aver potuto realizzare il suo programma per l’emergenza “baratro” affrontata nei 13 mesi e perchè vincolato dai tre partiti della strana maggioranza.
Chiede voti e mani libere, adesso.
Ma come scrive il Financial Times, «la nascita della coalizione Monti si sta rivelando un passaggio difficile».
Il “tagliatore di teste” Enrico Bondi non ha ancora completato il lavoro sulle candidature, che si registrano già frizioni con l’Udc di Casini.
La “black list” è in cantiere ma comprende parecchi nomi centristi, alla luce dei due criteri (meno di 15 anni di legislatura e fedina penale pulita). Il premier avrebbe individuato a sua volta una scala di priorità nella selezione: primo, assenza di carichi pendenti; secondo, assenza di conflitti di interesse; solo terzo, gli anni in Parlamento. Ci saranno delle deroghe per i leader, ma per pochissimi altri casi, ha già fatto sapere Monti.
Di certo per Fini e Casini (possibile capolista al Senato nelle regioni del Sud), ma le legislature inchiodano gli udc Delfino, Volontè, Buttiglione, Lusetti, Tassone.
Il nome di Adornato sarebbe cerchiato per la storia dei finanziamenti al quotidiano Liberal (già oggetto di accertamenti da parte della Gdf), quello di Cesa per il reato prescritto.
E poi quelli di Gabriella Carlucci e Patrizia Binetti per altre ragioni, provenienza politica e anagrafica. In via Due macelli, sede Udc, sono pronti a dare battaglia e chiedono più chiarezza sui criteri.
«Ma se vogliono il bollino Monti sotto il loro simbolo – ragiona chi a quel timbro sta lavorando – dovranno accettare le regole».
E Casini all’Avvenire dice: «Per cambiare il Paese serve ancora il Professore al timone. Bersani premier? Solo se avrà la maggioranza a Camera e Senato».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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