MORTI SOSPETTE ALL’OMBRA DEL CREMLINO: DALL’INIZIO DI MARZO SONO GIA’ TRE I SUICIDI APPARENTEMENTE INSPIEGABILI DI OLIGARCHI RUSSI
SONO GLI STESSI UOMINI CHE IL 16 MARZO VLADIMIR PUTIN AVEVA MENZIONATO, SENZA MAI CITARLI, IN UN DISCORSO TV: “NON STO GIUDICANDO CHI HA UNA VILLA A MIAMI O IN COSTA AZZURRA”, MA “IL POPOLO RUSSO LI SPUTERA’ SEMPLICEMENTE FUORI”
Dall’inizio di marzo le morti sospette sono state tre. Le ultime due, quelle di Sergey Protosenya e di Vladislav Avayev, sono avvenute nel giro di un paio di giorni. Suicidi apparentemente inspiegabili, intere famiglie sterminate, morti violente la cui dinamica, però, è difficile da ricostruire, a tratti incomprensibile.
Sono gli stessi uomini che, il 16 marzo, il presidente russo Vladimir Putin aveva menzionato – senza mai citarli – in un discorso tv che sembrava un avvertimento: «Non sto giudicando chi ha una villa a Miami o in Costa Azzurra, chi non può fare a meno del foie gras, delle ostriche o delle cosiddette libertà di genere», ma sono persone «pronte anche a vendersi la madre». E ancora: «Il popolo russo li sputerà semplicemente fuori, come un moscerino che gli è volato accidentalmente in bocca».
Il riferimento era agli oligarchi russi che avevano in mente di abbandonare il Paese dopo l’imposizione di sanzioni da parte del Regno Unito e dell’Ue. E adesso sulla morte di alcuni di quelli che Putin aveva definito «traditori nazionali», sono in corso le indagini. Anche se tutte le piste restano aperte – tracolli economici, tradimenti, morti violente legate alla criminalità organizzata, rapine finite male – si tratta di una circostanza quantomeno singolare.
ORRORE NELLA VILLA
L’ultimo caso risale a martedì: il cadavere di Sergey Protosenya, cinquantacinquenne vicepresidente del colosso del gas Novatek, è stato trovato insieme a quelli della moglie Natalya e della figlia Maria, appena diciottenne. Erano nella villa di famiglia a Lloret de Mar, in Spagna. L’allarme è stato dato dal figlio maggiore, che non riusciva a mettersi in contatto con i genitori.
Natalya e Maria sono state uccise a coltellate, mentre Protosenya è stato trovato impiccato, accanto a un coltello insanguinato e ad un’ascia. La tesi dell’omicidio-suicidio non è per nulla scontata: sul corpo dell’oligarca non è stata trovata nemmeno una traccia di sangue. Sono invece stati trovati dei calzini insanguinati, che potrebbero essere stati utilizzati come guanti per evitare di lasciare impronte.
Il giorno prima, il lunedì di pasquetta, era stato trovato morto anche Vladislav Avayev, 51 anni, ex consigliere del Cremlino ed ex vicepresidente della Gazprombank. Anche in questo caso, al quattordicesimo piano di un lussuosissimo condominio di Mosca, la scenografia era quella di un omicidio-suicidio.
Avayev aveva in mano una pistola e, accanto a lui, c’erano i corpi senza vita della moglie incinta, Yelena, e della figlia Maria, 13 anni. A trovarli era stata l’altra figlia dell’oligarca, Anastasia, 26 anni. Alcuni vicini, parlando con il Daily Mail, hanno detto che il banchiere poco tempo fa aveva perso il lavoro e che, forse, la moglie aveva iniziato una relazione con l’autista.
All’orrore del grattacielo di Mosca, però, c’è un precedente, che risale al 3 marzo. Mikhail Watford, 66 anni, oligarca di origini ucraine, è stato trovato impiccato nel garage della sua villa da 18 milioni di sterline nel Surrey, in Inghilterra. Ha lasciato una moglie e tre figli. Aveva fatto una fortuna nel settore dell’energia nell’Unione sovietica, prima di creare un impero immobiliare in Gran Bretagna. Il Sun ha definito sospetta la sua morte: nel 2000 aveva cambiato il suo cognome originario, Tolstosheya, e aveva fatto affari nel settore della raffinazione del petrolio in Ucraina.
Intanto ieri si è dimesso il presidente e fondatore di Lukoil, Vagit Alekperov, che ha diretto l’azienda per 30 anni. Si tratta di un vero e proprio impero, con oltre 100mila dipendenti e che produce il 2% del petrolio del mondo. La decisione è arrivata senza nessuna spiegazione ufficiale, dopo la posizione critica assunta da Alekperov sulla guerra in Ucraina. Il Consiglio di amministrazione di Lukoil aveva espresso «solidarietà per tutte le vittime colpite da questa tragedia», chiedendo «un cessate il fuoco durevole».
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