NITTO PALMA FAVORITO PER IL DOPO-ALFANO: DA GLADIO ALLA SALVA-PREVITI, UN EX PM ALLA CORTE DI SILVIO
RESTA L’INCOGNITA DELL’ALTO PROFILO CHIESTO DA NAPOLITANO PER IL CANDIDATO A RIVESTIRE IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA…DOMANI LA PROPOSTA AL COLLE
Stanno per scegliere, come Guardasigilli, il magistrato che era in via Arenula nel ’94, con Alfredo Biondi ministro della Giustizia, quando si tentò di fermare Mani pulite col decreto “salva-ladri”.
Francesco Nitto Palma era allora il vice capo di gabinetto.
Toga super conservatrice di Magistratura indipendente, folgorato da Cesare Previti e dalla politica.
“Sceso in campo” nel 2001.
Ieri sera lo stretto entourage del segretario politico del Pdl Angelino Alfano lo dava “al 90%” come prossimo ministro.
Avrebbe bruciato le chance di Renato Brunetta, frenato dallo stop del Colle a giri di valzer nel governo.
Non ha preso quota la candidatura in extremis di Augusta Iannini, direttore dell’ufficio legislativo del ministero, dove ormai lavora da dieci anni.
A favore di Nitto Palma potrebbe giocare la fretta di chiudere prima delle ferie e soprattutto prima della partenza di Napolitano per le vacanze.
Soprattutto lo favorisce – se effettivamente oggi da palazzo Grazioli, dopo un faccia a faccia Berlusconi-Ghedini-Alfano, uscirà la sua definitiva investitura – proprio l’ansia di Alfano di lasciare il suo incarico nel governo per dedicarsi completamente al partito.
Il nuovo ministro della Giustizia (e Nitto Palma se alla fine passerà ) potrebbe giurare già domani nelle mani del presidente della Repubblica.
Napolitano, giusto nell’ultimo incontro con il Cavaliere, aveva respinto una lista di 12 nomi e aveva chiesto una candidatura di “alto profilo”.
È tutto da vedere se il curriculum di Nitto Palma, la cui vita professionale e politica non “buca” la storia, corrisponda all’identikit tracciato dal Colle.
Un’accelerazione, senza alcun dubbio, quella sul Guardasigilli.
Per rendere meno instabile il governo, ma soprattutto per mettere un uomo fidato in via Arenula proprio quando uomini del Pdl come Alfonso Papa e Marco Milanese vengono travolti dalle inchieste.
Lì, in quel palazzo, serve un uomo che possa svolgere il ruolo di pilota tra leggi ad personam – e Nitto Palma non ne ha mai disconosciuta una – ed eventuali provvedimenti disciplinari, magari per una banale fuga di notizie.
Uno che possa parlare, mentre oggi Alfano sostiene di essere “frenato” dal suo doppio incarico.
L’urgenza politica è quella di lasciargli le mani libere. Tant’è che Maurizio Gasparri, il capogruppo del Pdl al Senato, ieri diceva: “Ne ho parlato anche oggi con lui e spero in una soluzione rapida e immediata già questa settimana”.
E così sarà . Salvo possibili perplessità o stop dal Colle.
Una nomina destinata a chiudere la stagione estiva della giustizia.
Alla Camera non si muoverà passo sulla richiesta d’arresto per Milanese. Al Senato il “processo lungo” potrebbe arenarsi ed essere messo in lista d’attesa per via della forte irritazione leghista.
Era in calendario subito dopo il decreto sulle missioni, in discussione da domattina. Potrebbe finire nel limbo di un ulteriore rinvio a settembre.
La Lega non ci sta a far “sporcare” un suo contenitore con norme salva-Silvio.
Il ddl Lussana, presentato per bloccare l’accesso al rito abbreviato per chi ha reati da ergastolo, non può diventare un’altra leggina per stoppare i processi del premier. Questo hanno detto i leghisti per tutta la giornata.
Ponendo un aut aut: o il ddl torna quello che era o si ferma.
A loro non è bastata la marcia indietro sulla blocca-Ruby, la norma che impone a giudice di fermare il processo in presenza di un conflitto di attribuzione.
Berlusconi ci aveva già rinunciato. Ma i leghisti vogliono che sparisca anche il resto, l’articolo che consente agli avvocati di ottenere di necessità le liste dei testi e quello che inibisce l’uso in un nuovo processo delle sentenze definitive.
Norme scritte apposta per aiutare Berlusconi nei processi milanesi, Mills, Mediaset, Mediatrade, Ruby.
A fronte della voglia di Berlusconi di veder approvata la legge, se n’è mossa in queste ore una opposta: quella dei leghisti che invece, dopo Papa e in vista del sì anche all’arresto di Milanese, vogliono giocare appieno davanti al loro elettorato il ruolo del gruppo anti-casta.
Francesco Bei e Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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