PUTIN ORA MINACCIA ANCHE BERGOGLIO, NON VUOLE CHE PAPA FRANCESCO ACCETTI L’INVITO DI ZELENSKI AD ANDARE A KIEV
HA FATTO SAPERE CHE IL VIAGGIO POTREBBE PROVOCARE TENSIONE NELLE RELAZIONI TRA MOSCA E IL VATICANO: “SE VISITASSE L’UCRAINA ADESSO, FAREBBE UN FAVORE NON TANTO A ZELENSKI MA AGLI STATI UNITI”
Il governo russo non vuole che papa Francesco accetti l’invito di Volodymyr Zelenski ad andare a Kiev. E ha fatto sapere in modo pressante al Vaticano che quel viaggio potrebbe provocare una tensione inedita nelle relazioni tra Mosca e la Roma papale. «Se visitasse l’Ucraina adesso, farebbe un favore non tanto a Zelenski ma agli Stati Uniti», sarebbe stato il messaggio trasmesso alla Segreteria di Stato; e con parole insieme irritate e allarmate.
Una visita di Bergoglio nella capitale ucraina accerchiata dalle truppe russe darebbe corpo a quell’isolamento internazionale che Vladimir Putin già vive in modo quasi ossessivo dopo la sua aggressione militare.
E pazienza se il viaggio è altamente improbabile, nonostante le rassicurazioni di Kiev sulle eventuali misure a protezione del Papa: prima occorrerebbe un «cessate il fuoco». In seguito alla telefonata dell’altroieri tra Francesco e il presidente ucraino, prima del discorso di Zelenski al Parlamento italiano, la posizione vaticana diventa delicata.
Da una parte, Francesco ha fatto sapere di essere pronto a tutto pur di innescare un negoziato che fermi la guerra. Dall’altra, andare a Kiev verrebbe visto inevitabilmente come un appoggio oggettivo ai nemici di Putin da parte di una Santa Sede che ha tentato invano, finora, una mediazione; senza schierarsi con l’Occidente, è vero, ma additando con nettezza le responsabilità di Mosca.
È una vicenda intricata, perché mostra le incognite e le incertezze di una diplomazia vaticana che si sta rendendo conto dei limiti del suo approccio; e di quanto l’invasione russa abbia cambiato gli schemi e reso fragile le coordinate del passato.
A velare l’impossibilità di un negoziato non basta la volontà tenace di pacificare il conflitto. Proprio nel momento in cui si sta consumando una guerra tra nazioni cristiane, il Vaticano si ritrova senza strumenti e margini in grado di fermarla.
E lo scontro tra ortodossi ucraini e russi, e il rischio di infilare i cattolici in questa faida politico-religiosa, è un fattore ulteriore di tensione.
Di fatto, Francesco verrebbe considerato come schierato con la parte antirussa del mondo ortodosso. Anche per questo, qualcuno nelle ultime ore aveva ipotizzato una visita a Kiev di Francesco insieme con il patriarca russo Kirill.
Ma l’ostilità della popolazione nei confronti del capo ortodosso che ha definito «giusta» l’aggressione di Putin, e puntato il dito contro l’Occidente «anticristiano», l’ha fatta accantonare subito: la presenza di Kirill verrebbe vissuta dagli ucraini come una provocazione.
Rimane soltanto il nervosismo di un governo russo intenzionato a far capire che un gesto ulteriore di Francesco in favore del governo di Kiev sarebbe visto come un passo falso.
Lo schiaccerebbe, a sentire gli uomini del Cremlino, sull’Unione Europea ma soprattutto sugli Stati Uniti: prospettiva tutt’ altro che scontata ma che, di nuovo, lascia capire quanto sia difficile non schierarsi e non aderire a un’alleanza internazionale quando un trauma come la guerra costringe in qualche modo a prendere posizione.
A complicare ulteriormente le cose è la potenziale tensione che si potrebbe creare presto tra Santa Sede e governo italiano. È filtrata la notizia di un prossimo passaggio delle consegne all’ambasciata russa presso la Santa Sede.
l problema è che al posto di Aleksandr Adveev, diplomatico apprezzato in Vaticano, in Italia dal 2013, secondo Il Messaggero Mosca avrebbe scelto Alexei Paramonov: il direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri, che nei giorni scorsi ha minacciato ritorsioni contro l’Italia per il suo appoggio all’Ucraina.
E ha rinfacciato al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, i controversi aiuti russi durante la pandemia. Il tentativo del Vaticano sembra quello di attenuare l’effetto delle dichiarazioni di Paramonov, e di farne emergere i meriti nel dialogo tra Santa Sede e Mosca.
Ma l’imbarazzo è evidente: tanto che non si capisce nemmeno se alla fine quella designazione sarà confermata o no. È verosimile che nel primo caso si aprirebbe un fronte diplomatico col governo di Mario Draghi: non solo russo ma vaticano. Ci si muove insomma su un terreno sempre più scivoloso, per tutti. E, almeno per ora, senza un regista in grado di indicare una via d’uscita o anche soltanto un compromesso.
( da il Corriere della Sera)
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