PUTIN VA ALLA GUERRA CONTRO IL POPOLO UCRAINO: ARRIVA LA NORMALIZZAZIONE COMUNISTA
SOLDATI RUSSI E BLINDATI IN CRIMEA PER TUTELARE GLI AFFARI MILIONARI DELLA CORTE DI PUTIN
Vladimir Putin va alla guerra. Il presidente russo ha chiesto al Senato russo di inviare truppe in Ucraina «per normalizzare la situazione».
Il drammatico sviluppo è giunto al termine di una mattinata in cui le notizie provenienti dal paese ed in particolare dalla Crimea si sono fatte sempre più incalzanti ed il contagio delle manifestazioni filo russe si è esteso anche alle regioni sudorientali del Paese.
L’OCCUPAZIONE
Il ministro della Difesa ucraino aveva già annunciato l’arrivo in Crimea di 6.000 soldati e di 30 blindati russi, mentre il neopremier della regione autonoma Serghiei Aksionov, eletto giovedì scorso dopo l’occupazione del Parlamento locale da parte di elementi filorussi armati, aveva chiesto a Putin di «aiutare a garantire la pace e la calma nel territorio di Crimea».
IL CONTAGIO
Un grido subito raccolto da un responsabile del Cremlino che aveva detto che Mosca non avrebbe ignorato la richiesta. La Duma poi ha fatto appello al presidente Putin affinchè «siano usate tutte le misure per stabilizzare la situazione in Crimea e proteggere la popolazione». Ancora più esplicita era stata la Presidente del Senato russo che aveva preannunciato la possibilità dell’invio di truppe.
Anche nelle piazze intanto i filorussi alzano il tiro. A Donetsk, nell’sudest dell’Ucraina, feudo dell’ex presidente ucraino Viktor Ianukovich, sono scese in piazza 10.000 persone sventolando bandiere russe, mentre a Kharkiv, sempre nelle regioni orientali, insorti filorussi hanno occupato il palazzo dell’amministrazione regionale e decine di persone sono rimaste ferite nell’assalto.
ANTICIPATO IL REFERENDUM
Un’accelerazione si registra anche sul fronte del futuro status della Crimea. Il nuovo governo di Simferopoli, che il premier ucraino Arseni Iatseniuk ha oggi definito «illegittimo», ha deciso di anticipare il referendum per una maggiore autonomia della regione al 30 marzo dal 25 maggio inizialmente previsto, mentre nei prossimi giorni il parlamento russo esaminerà una proposta di legge che facilita l’assorbimento di nuovi territori senza bisogno della firma di un trattato internazionale.
Sarà appunto sufficiente organizzare un referendum. Sembra rimanere quindi assolutamente inascoltato l’appello lanciato dal ministro degli esteri ucraino Andrei Deshizia che ha auspicato un «dialogo con la Russia». «Non dobbiamo passarci pezzi di carta – ha detto – Io parlo russo, posso comunicare». Pure nel vuoto sembrano cadere gli appelli a preservare «l’integrità » e «la democrazia» dell’Ucraina dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, dal presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso e da altre voci europee.
STATI UNITI IN CAMPO
La diplomazia internazionale è al lavoro per scongiurare l’escalation. Obama ha avvertito Mosca che ogni intervento nella crisi di Kiev «sarebbe profondamente destabilizzante per l’Ucraina e potenzialmente pericoloso» e, «sarebbe una chiara violazione dell’impegno russo al rispetto dell’indipendenza, della sovranità e delle frontiere dell’Ucraina, delle leggi internazionali». Soprattutto: avrebbe «un costo».
C’è stata poi la seconda telefonata in due giorni del vicepresidente americano Joe Biden al neo-primo ministro ucraino ad interim, Arseniy Yatsenyuk: secondo quanto riferito dalla Casa Bianca, di fronte al precipitare della crisi in Crimea, il vice di Barack Obama ha voluto «riaffermare il forte sostegno degli Stati Uniti per il nuovo governo e il nostro impegno a favore della sovranità , dell’integrità territoriale e del futuro democratico dell’Ucraina».
Biden ha inoltre «elogiato» le autorità di Kiev «per la loro reiterata moderazione», ricordando inoltre come Yatsenyuk abbia garantito di voler ottemperare agli obblighi internazionali assunti dal suo Paese, e di operare nell’interesse dell’intera popolazione, non solo dei sostenitori delle vecchie forze di opposizione.
(da “La Stampa“)
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