QUESTI SONO I VERI PATRIOTI: EMERGENCY DISTRIBUISCE PACCHI ALIMENTARI A CATANZARO PER CHI RESTA FUORI DAGLI AIUTI STATALI
UN ARGINE ALLA GENEROSITA’ INTERESSATA DEI CLAN… IL PROGETTO “NESSUNO ESCLUSO” DELLA ONG IN CINQUE CITTA’
Franco ha 50 anni, prima che scoppiasse la pandemia era pronto a iniziare una nuova vita: aveva preso in gestione un ristorante a Catanzaro, aveva avviato i lavori di ristrutturazione quando il primo lockdown ha mandato tutto in frantumi.
“A parte Emergency, non ho avuto alcun tipo di aiuto. Sono una partita Iva e per me non c’è stato alcun ristoro: pur avendo già speso molto per il locale, non ho mai incassato un centesimo. Sono separato e non so più come pagare gli assegni di mantenimento ai miei figli… Sono dovuto ricorrere a piccoli prestiti, mi sono fatto aiutare da mia sorella. Per la prima volta nella mia vita, sono finito completamente cappottato. Sono grato a Emergency perchè in quel pacco, in quelle telefonate, trovo il calore umano che mi spinge ad andare avanti”
La Ong è impegnata nella risposta a Covid-19 su vari fronti, a cominciare da quello sanitario.
A inizio dicembre lo staff medico di Emergency è entrato nel reparto Covid-2 dell’ospedale San Giovanni di Dio a Crotone, e il personale della Ong ha collaborato in varie parti d’Italia con la Protezione Civile e le amministrazioni locali mettendo a disposizione le proprie competenze di gestione dei malati in caso di epidemie.
Il progetto “Nessuno escluso” vuole rispondere all’altra emergenza, quella socio-economica che rende le persone in difficoltà più esposte al rischio di scivolare nella zona grigia dell’illegalità .
Il caso di Palermo — dove Giuseppe Cusimano, boss del quartiere Zen arrestato nell’operazione Cupola 2.0, distribuiva pacchi alimentari tra i più poveri — è solo l’ultima dimostrazione di un fenomeno che gli inquirenti denunciano dall’inizio della pandemia: la criminalità organizzata è particolarmente brava ad accreditarsi come referente tra le fasce più marginali allo scopo di rafforzare il proprio consenso e riconoscimento sul territorio.
Il progetto è attivo da poche settimane a Catanzaro, ma ha già portato sollievo a quasi 150 famiglie in Calabria. Si tratta soprattutto di padri e madri separati, nuclei familiari con più figli, persone che per vari motivi non rientrano nei programmi istituzionali di aiuto. A queste persone Emergency offre un pacco alimentare a settimana e un pacco al mese con prodotti per l’igiene della casa e della persona, comprensivo di mascherine e gel igienizzante.
“Purtroppo molte persone stanno facendo una grande fame. In condizioni disperate si è disposti ad accettare l’aiuto di chiunque, anche correndo il rischio di contrarre debiti o instaurando dinamiche di riconoscenza più o meno opache”, spiega ad HuffPost Tiziana De Simone, coordinatrice regionale del progetto Nessuno Escluso. “Qualcuno mi ha detto: o mi aiutavi tu o andavo a rubare. Quando hai a casa una persona malata o un bambino piccolo e non riesci a curarlo, a dargli da mangiare, sei disposto a fare qualsiasi cosa”.
A Catanzaro i volontari hanno fatto di tutto per iniziare le consegne durante le feste natalizie.
“Ci siamo resi conto — prosegue De Simone – che nessun simulacro di cenone sarebbe comparso su quelle tavole. Parliamo di famiglie che fanno fatica a fare la spesa e devono fare scelte impossibili: pago l’affitto della casa o la bolletta di internet per far studiare mia figlia in Dad? A quale diritto fondamentale rinuncio per primo: la salute? la casa? l’istruzione? Sono persone — continua De Simone – che prima della pandemia lavoravano, anche se in condizioni precarie, e che da un momento all’altro hanno perso tutto, senza alcun paracadute o ammortizzatore sociale a sostenerle. Parliamo di giardinieri, badanti, muratori.. persone che lavoravano a giornata e che da un giorno all’altro non hanno lavorato più”.
Enza ha quattro figli ed è divorziata. Per anni è stata assistente giudiziaria in Tribunale, precaria; nel mentre arrotondava facendo le pulizie in casa. Ora ha perso tutto e si appoggia a Emergency per gli aiuti alimentari. “Le nostre condizioni economiche sono sempre state precarie, ma fare la spesa e pagare le bollette non è mai stato un problema. Ora tutto è più difficile: i miei figli faticano a trovare qualche lavoretto, io sono in attesa di concorso e le famiglie da cui lavoravo mi hanno chiuso la porta in faccia. Poter contare su un aiuto concreto dà sollievo alle mie preoccupazioni… soprattutto, mi fa sentire meno sola”.
Il progetto Nessuno Escluso è partito a Milano durante il primo lockdown. Marco Latrecchina, coordinatore nazionale del progetto, racconta ad HuffPost numeri e metodi. “Abbiamo ipotetiche aperture in tutta Italia, è in corso una valutazione per stabilire le priorità . Ad oggi, il programma è attivo a Milano (circa 1500 nuclei familiari, oltre 6.000 persone assistite), Roma (500 nuclei familiari, tra le 2.000 e le 2.500 persone assistite), Napoli (600 famiglie), Catanzaro (120-130 nuclei familiari) e Piacenza (oltre un centinaio)”.
Il programma — spiega Latrecchina – è stato pensato come intervento di supporto alimentare per tutta la fascia della nuova povertà che rischia di rimanere esclusa dalle varie forme di sostegno che ci sono sul territorio. Quello che ha funzionato in questo periodo — prosegue il coordinatore Emergency – è la microterritorialità : una persona che non ha mai chiesto aiuto all’inizio può sentirsi disorientata, non sapere bene a chi rivolgersi. Questo disorientamento può essere accompagnato dal timore dello stigma sociale, per cui si tentenna a chiedere aiuto finchè proprio non ce la si fa più”.
Nei centri più piccoli e fuori dalle grandi città esistono delle reti sociali dove è più difficile che una persona o una famiglia resti completamente senza sostegni. Nelle grandi città , invece, l’invisibilità è una condizione in cui è più facile scivolare e il rischio di esclusione è più alto. Nella maggior parte dei casi, le persone si rivolgono alle realtà territoriali di cui si fidano di più: piccole associazioni che facevano il doposcuola, gruppi di inquilini, squadre di calcio popolare, gruppi di scout: è da queste microrealtà che arrivano molte segnalazioni.
“A queste segnalazioni Emergency applica un metodo tipico del mondo sanitario, quello del triage”, racconta Latrecchina. “Abbiamo elaborato un questionario che ci consente di individuare, tra tutti i nuclei che ci vengono segnalati, quali sono i più vulnerabili, quelli più scollegati da qualsiasi rete sociale o i cui componenti hanno meno chance di trovare un lavoro. Questo screening di vulnerabilità ci consente di individuare le persone e le famiglie più fragili, quelle che più faticano a rimettersi in gioco e ad accedere agli aiuti”.
Il 75% delle persone che entrano nel programma non è mai ricorso ad altre forme di aiuto. Si tratta per lo più di nuclei monofamiliari (un genitore e più figli) che spesso vivono insieme perchè un nucleo ha dovuto lasciare la casa a causa dell’impossibilità di pagare l’affitto. Quasi tutti vengono da situazioni lavorative precarie e non protette: lavoro nero ma anche partite Iva, monoimprenditori, parasubordinati. Moltissimi lavoravano nei bar, nei ristoranti, nell’edilizia, nel settore turistico-attrattivo e in quello degli eventi. Molti altri lavoravano a domicilio come colf e badanti, tra le prime figure a essere ‘tagliate’ tra la paura del contagio e i nuovi ritmi di vita. Dal punto di vista della nazionalità , sono equamente distribuiti tra italiani e non; soprattutto nelle grandi città , la percentuale di italiani è spesso maggiore.
“A settembre-ottobre un 20% delle persone usciva dal programma perchè aveva trovato un lavoro — aggiunge Latrecchina – Questo trend si è arrestato e poi invertito all’inizio di novembre, con le nuove chiusure e l’aggravarsi della crisi economica. C’è preoccupazione per lo sblocco dei licenziamenti e i ritardi nei pagamenti della cassa integrazione”.
Un aspetto positivo — raccontano i responsabili del progetto — è la mobilitazione di “un nuovo mondo di volontari che fino ad oggi non avevano mai svolto questo genere di attività . I volontari che stanno lavorando al progetto sono più di mille, tutti giovanissimi: molti sono a loro volta precari e in difficoltà ; alcuni sono figli delle famiglie a cui distribuiamo il pacco, che hanno sentito il desiderio di aiutare gli altri. È una consapevolezza nuova di quanto ognuno possa fare la propria parte per far sì che nessuno si senta escluso”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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