REGIONALI LOMBARDIA: IL PRESSING DELLA SOCIETA’ CIVILE SU AMBROSOLI
L’APPELLO DELLA PRESIDENTE DEL FONDO AMBIENTE ITALIANO A UMBERTO AMBROSOLI PERCHE’ ACCETTI L’OFFERTA DEL CENTROSINISTRA A CANDIDARSI
L’ultima chiamata arriva da Giulia Maria Crespi, la paladina del Fai con magnifico palazzo in Corso Venezia, coscienza critica dei salotti ambrosiani e già azionista di controllo del Corriere della Sera nei turbolenti anni Settanta.
«Caro Umberto Ambrosoli ripensaci e candidati al Pirellone», ha sibilato la zarina durante il commiato dell’amica architetto Gae Aulenti, altra esponente storica della mitica società civile milanese appena scomparsa.
In mancanza di nomi politici forti, capaci di produrre discontinuità nei confronti del quasi ventennio di potere formigoniano, ecco che torna forte il pressing sul figlio dell’eroe borghese.
L’avvocato Umberto due settimane fa aveva declinato l’offerta a candidarsi avanzata da un centrosinistra lombardo che brancola nel buio, spiazzato dalla rotta del Celeste e del centrodestra che implode nella sua Regione vetrina.
Diciassette anni di opposizione e nemmeno un candidato autorevole, innovativo, con un progetto di Lombardia futura in testa pronto a scendere in campo, coltivato nella dura stagione dell’egemonia bossian/berlusconiana. Ambrosoli è tentato ma alla fine dice “no grazie, non c’è tempo per costruire un progetto politico vincente e alternativo”.
Dopo il niet che avrebbe messo tutti d’accordo, politica e mondi civici, in casa centrosinistra parte la ridda di voci, nomi e mezzi nomi (Civati, Pizzul, Guerini, Biscardini, Fedrighini, Cavalli, Zamponi), tentativi di candidature unitarie, abbozzi di primarie più o meno vere e competitive.
La solita melina tra correnti interne da cui non potrà che uscire una candidatura debole, dimezzata, partorita col bilancino della mediazione.
Il risultato è che a 40 giorni dalle primarie, nella vertigine del momento, in questi giorni è tornata fuori l’idea Ambrosoli.
Chi ci riprova sono i mondi che già lo avevano lanciato un mese fa. In primis quel fronte coagulatosi intorno alla lista arancione per Pisapia sindaco capeggiata dall’assessore Franco D’Alfonso, che pesca in ambienti vicini a personalità come Marco Vitale e Piero Bassetti, ad ex esponenti tempratisi nell’esperienza pre e post tangentopoli del circolo Società Civile fondato da Nando Dalla Chiesa e, soprattutto, in quel plotone di imprenditori innovativi, banchieri moderni, primari di ospedale, giovani professori, professionisti e consulenti che nella Milano post fordista rappresenta l’evoluzione del Gran Borghese novecentesco e che l’anno scorso ha voltato le spalle a Letizia Moratti mandando a palazzo Marino l’avvocato arancione.
Proprio Pisapia è (stato) il primo grande sponsor dell’operazione Ambrosoli (lo ha voluto nel comitato anti mafia del Comune), ha provato a convincerlo (invano) con l’idea di proiettare su scala regionale il modello della Milano arancione, civismo e politica insieme.
Certo la regione, con la complessità delle partite iva pedemontane e del margine alpino non è la metropoli dei ceti professionali e del voto di opinione, però è indubbio che quella è la strada da battere, fa capire un sociologo attento come Aldo Bononi, ieri sul Corriere: «contro il disincanto dei ceti produttivi, l’unica discontinuità possibile può arrivare da un candidato civico…».
Un vento così forte che, persino nel centrodestra, l’eventuale candidatura di Gabriele Albertini porterebbe il segno di una discontinuità dal governo amico, immaginando di correre con una propria lista civica staccata dal Pdl.
«E’ il fallimento della politica che produce domanda di società civile», chiosa Bonomi.
Ancora un paio di giorni, e si capirà se il pressing bis su Ambrosoli avrà successo.
E se Albertini, dall’altra parte, avrà davvero il coraggio di rompere con il suo vecchio mondo, abbracciando la mitica società civile.
Marco Alfieri
(da “La Stampa“)
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