RENZI SI IMPOSSESSA DI “IDENTITA’ E VALORI”: STRAPPO CULTURALE O INVASIONE DI CAMPO PER CATTURARE VOTI A DESTRA?
NELLA CONFERENZA DI FINE ANNO IL PREMIER GIOCA LA CARTA DELLA SCALTREZZA PER METTERE ALL’ANGOLO LA DESTRA CHE GIOCA SULLA PAURA
“Valori e identità contro il nichilismo imperante”, dice Matteo Renzi, ed è lì, nel passaggio della conferenza di fine anno dedicato all’emergenza terrorismo, che si compie lo strappo culturale più interessante della giornata.
Perchè mai, da sinistra e soprattutto dal Pd, si era sentito un ragionamento imperniato sulle parole “valori” e “identità ”, pane quotidiano della destra.
E mai la categoria nicciana del nichilismo era stata usata con tanta disinvoltura ai tavoli degli eredi del Pci.
La domanda a cui Renzi ha risposto riguardava l’atteggiamento dell’Italia riguardo alla crisi nord-africana e mediorientale. Il premier poteva cavarsela con una risposta di routine ed ha voluto invece sottolineare la necessità , anche “come segretario pro tempore del partito più grande della sinistra europea”, di rettificare l’antica linea del progressismo e abbandonare la tradizionale analisi sociologica che lega il terrorismo all’emarginazione e l’emarginazione a dati di tipo economico. Si deve cambiare, ha detto. Approdare a un’interpretazione di tipo culturale.
“Per anni abbiamo sostenuto che l’identità era una parolaccia” e l’abbiamo giudicata come “il contrario dell’integrazione” — ha spiegato Renzi — mentre è vero l’esatto contrario, “l’identità è la condizione dell’integrazione”.
Sono parole che pesano perchè conducono a lidi molto distanti dalla tradizione del Pd.
In Italia come in Francia, in Gran Bretagna e in gran parte d’Europa, il linguaggio dell’identità è quello delle destre vecchie e nuove, ideologicamente agli antipodi dell’internazionalismo e dell’universalismo, patrimonio della tradizione socialista.
Ora sorprende che ne adotti il linguaggio di riferimento in una circostanza così importante, e che lo faccia (come ha specificato) da “segretario del Pd” più che da presidente del Consiglio. «Identità è una parola pericolosissima», avverte Sofia Ventura, docente di Scienze Politiche a Bologna, «perchè è in qualche modo ambigua. Qual è l’identità italiana a cui ci si riferisce? Un’identità dinamica fondata sui diritti universali? O un recinto simile a quello che immaginano le destre reazionarie?».
Per Alessandro Campi, politologo, un altro che le dinamiche delle destre le conosce bene, non è ancora chiaro se Renzi “stia furbescamente appropriandosi di temi funzionali al progetto di Partito della Nazione”, oppure stia operando “un progetto di revisione profonda della tradizione culturale della sinistra”.
Ma alla fine l’una cosa potrebbe determinare l’altra, perchè non è raro nella storia che un’idea scaltra partorita per vedere l’effetto che fa abbia successo, produca consenso, e diventi strategia di lungo periodo.
Certo è che Renzi sembra aver annusato la tendenza e fatto tesoro dei risultati delle ultime tornate elettorali europee, con la loro richiesta emotiva di certezze fondata proprio su quella vecchia parolaccia, “identità “.
Se riuscirà ad appropriarsi pure quella, oltre all’immaginabile sconcerto di una parte dei suoi, c’è da mettere nel conto pure qualche guaio per la destra italiana.
Già scavalcata sul terreno delle riforme del lavoro, dei rapporti con la piccola impresa, della rappresentanza del mondo economico, dell’abolizione della tassa sulla casa, si era ritirata nella nicchia dei “valori italiani” immaginando che almeno lì non avrebbe avuto nè concorrenti nè fastidi.
Da quell’ultima trincea aveva lanciato la sua strategia della paura – emergenza sbarchi, emergenza invasione, emergenza burqa, emergenza crocifissi, emergenza canti natalizi a scuola — e ricostruito percentuali di consenso accettabili.
Ora corre il rischio di ritrovarsi il nemico in casa pure lì, e potrebbe essere un bel guaio.
Flavia Perina
(da “Huffingtonpost”)
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