RIINA, INSORGONO LE FAMIGLIE DELLE VITTIME: “LORO NON HANNO AVUTO MORTI DIGNITOSE”
DA RITA DELLA CHIESA A SONIA ALFANO E AL FIGLIO DI PIO LA TORRE UN SECCO NO ALLA SCARCERAZIONE DEL BOSS… L’ASSOCIAZIONE ANTIGONE: “UNO STATO DEMOCRATICO NON FA DELIBERATAMENTE MORIRE IN CARCERE NESSUNO, LA PENA NON PUO’ ESSERE PURA VENDETTA”
“Mio padre non ha avuto una morte dignitosa”. È secca e adirata la reazione a caldo di Rita Dalla Chiesa alla notizia della possibile scarcerazione di Totò Riina.
E come lei Sonia Alfano, ora parlamentare di Mdp, e Franco La Torre. Nomi e figure simbolo del tributo di vite pagato alla mafia in Sicilia. E da brividi è anche l’elenco dei nomi delle vittime di via dei Georgofili, ripetuto nel comunicato dalle famiglie delle persone rimaste uccise nello scoppio della bomba mafiosa a Firenze nella stagione delle stragi dei primi anni ’90.
È destinata a dividere opinioni e coscienze la sorprendente apertura della Corte di Cassazione all’arrestato-simbolo della lotta alla mafia, ormai 86enne e gravemente malato. Il futuro del “Capo dei capi” è in bilico tra la volontà di rispettare il diritto di ogni essere umano “a morire dignitosamente” e la necessità di non infangare il ricordo delle tante vittime della furia omicida di Cosa Nostra.
Ma altrettanto dure sono le reazioni politiche, ed anche del mondo dell’impegno civile. Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare Antimafia: “Totò Riina è detenuto nel carcere di Parma, dove vengono assicurate cure mediche in un centro clinico di eccellenza. E’ giusto assicurare la dignità della morte anche a Riina, ma per farlo non è necessario trasferirlo altrove, men che meno agli arresti domiciliari”.
Anche Giuseppe Lumia, componente della commissione antimafia e senatore Pd, ha espresso perplessità sul tema: “Bisogna evitare di dare messaggi sbagliati. È chiaro a tutti che il diritto alle cure mediche non può essere negato a nessuno, ma da qui a tirar fuori un profilo quasi pietoso del boss ce ne passa. Riina è un carnefice spietato e ancora pericoloso. È necessario non dare segni di debolezza che potremmo pagare amaramente”.
Sonia Alfano, parlamentare di Mdp e figlia del giornalista Beppe Alfano, ucciso nel 1993, sottolinea come tanti altri detenuti sono morti nelle carceri italiane senza ricevere l’attenzione della Cassazione, eppure “di sicuro non avevano sulle spalle un numero infinito di efferati e tragici delitti compiuti ed ordinati” come quelli del boss corleonese. “Grazie a stragisti del calibro di Riina tante famiglie come la mia continuano a piangere i loro cari”.
Per l’Associazione dei familiari delle vittime di via dei Georgofili, “dignità , umanità , invocate dalla Corte di Cassazione per il macellaio di via dei Georgofili possono essere esercitate tranquillamente all’infermeria del carcere o in un ospedale attrezzato per il 41 bis. Si può morire dignitosamente ovunque nelle mani di uno Stato, tranne in via dei Georgofili come è avvenuto il 27 maggio 1993 per Dario, Nadia, Caterina, Angela, Fabrizio e quanti ancora oggi spesso non possono condurre la vita che gli resta dignitosamente”.
Dura anche Rita Dalla Chiesa: “Mio padre una morte dignitosa non l’ha avuta, l’hanno ammazzato lasciando lui, la moglie e Domenico Russo in macchina senza neanche un lenzuolo per coprirli. Sto insegnando a mio nipote ad avere fiducia nella giustizia e nella legalità , lo porto sempre in mezzo ai carabinieri. Per quanto riguarda invece la fiducia nella giustizia, forse sto sbagliando tutto”.
Per Franco La Torre, figlio di Pio La Torre (ucciso il 30 aprile 1982), la scarcerazione di Riina sarebbe “un’ulteriore ferita” per le vittime. “Quando qualche anno fa Provenzano era incapace di intendere e di volere sono stato fra quelli che erano favorevoli a restituirlo ai suoi cari e lo sarei anche oggi se le condizioni di Riina fossero le stesse. Ma non mi pare che sia così”, ha concluso facendo riferimento alle intercettazioni di due anni fa, dal carcere, in cui Riina parlava del piano di uccidere il pubblico ministero Nino Di Matteo.
Don Ciotti, fondatore dell’associazione Libera contro tutte le mafie, ha sottolineato la coesistenza di “un diritto del singolo, che va salvaguardato, ma anche di una più ampia logica di giustizia di cui non si possono dimenticare le profonde e indiscutibili ragioni”.
“Non possiamo che essere totalmente d’accordo con la Cassazione. Se non fosse così vorrebbe dire che per noi la pena è pura vendetta”. La voce fuori dal coro è quella di Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone. “Qualora mai un detenuto come Riina avesse l’opportunità di essere curato fuori dal carcere, sarà comunque cura delle forze dell’ordine fare in modo che ciò possa avvenire senza rischi: uno Stato forte e democratico non fa mai morire nessuno in carcere deliberatamente”
(da “La Repubblica”)
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