SALVINI E’ STATO COMMISSARIATO: E’ COSTRETTO AD APRIRE LA CAMPAGNA ELETTORALE PER LE EUROPEE, AL MUSEO DELL’AUTO DI TORINO, TORNANDO AI TONI DELLA LEGA DI BOSSI (TRA MASTURBAZIONI AUTONOMISTE E VELENO CONTRO IL SUD)
GLI EX SECESSIONISTI VOGLIONO PARLARE SOLO DI AUTONOMIA REGIONALE E NON DI SICUREZZA E MIGRANTI
«Qua un po’ di Dna della Lega si respira». Quando la battuta sfugge in modo un po’ goffo a Maurizio Fugatti, presidente della provincia di Trento. Matteo Salvini per un attimo alza la testa china sul cellulare. Poi si rituffa nelle sue letture. Invece la platea di amministratori, quadri e militanti che il capogruppo leghista alla Camera, l’alessandrino Riccardo Molinari, ha riunito al museo dell’Auto di Torino per discutere di autonomia applaude convinta.
E poco dopo saluta con un’ovazione quasi liberatoria le parole del ministro Roberto Calderoli: «In Italia abbiamo il Pordoi, che è come essere in Austria, Livigno che è come stare in Svizzera e poi Lampedusa che non è a livello della costa del Nord Africa ma ben più giù».
Si respira un’aria un po’ retrò dentro questa sala stracolma, dove riecheggiano le parole dell’ordine dell’«Umberto» (Bossi, ndr): il Sud che sperpera i soldi sottratti al Nord, il buongoverno contro l’assistenzialismo. Salvini, che di fatto inaugura la campagna elettorale per le Europee, abbozza.
Il popolo leghista del Nord in questo momento è più sensibile al portafogli – l’autonomia vuol dire gestirsi le risorse a casa propria, il piano casa per tanti vuol dire togliersi un bel po’ di impicci – che alla sicurezza o all’immigrazione. E infatti il leader si mette in scia: «La Lega nasceva quarant’anni fa parlando di autonomia e adesso, in occasione di questo anniversario, la stiamo per portare a casa. Quando? In estate, non importa se prima o dopo le Europee, ma manteniamo la nostra promessa originaria e la dedichiamo a chi ci chiede dove va la Lega: nel solco delle sue origini, la nostra è una storia di coerenza».
Certo, il vice premier non manca di ricordare le tappe del suo tour elettorale: Bari, Napoli, Potenza («dove abbiamo un sindaco, e chi l’avrebbe mai immaginato quarant’anni fa»). Lo fa per rivendicare la sua direzione: «Cambia il mondo e quindi cambia anche la Lega, che ha fatto una scelta nazionale che però non toglie nulla alla nostra storia». Ma è una precisazione quasi d’ufficio. Aprire la campagna verso il 9 giugno radunando i presidenti di Regione del Nord per suonare la grancassa dell’autonomia è più di un manifesto: è la concessione a chi nel partito da tempo chiede di tornare a parlare alla propria gente. Al Nord.
C’è chi lo fa in toni istituzionali, come il presidente del Friuli Massimiliano Fedriga: «L’autonomia differenziata è una priorità ed è importante approvarla per dare una nuova opportunità al Paese, tutto. Dire che il Sud non ne è all’altezza vuol dire mentire e umiliarlo».
C’è chi si accalora, come il governatore veneto Luca Zaia: «È un’assunzione di responsabilità che la Lega ha il merito di portare in un Paese dove ce n’è poca. Finiamola con il dire che i soldi vanno al Nord. Sono balle. La verità è che qualcuno li gestisce bene e altri no. La risposta non può sempre essere l’assistenzialismo ed è vomitevole che si dica che se non ti curo bene è per colpa di qualcun altro».
c’è chi, come il capogruppo alla Camera Molinari, dà il senso di un’offensiva che mira anche a depotenziare sul nascere il premierato tanto caro a Giorgia Meloni: «Il ruolo della Lega in questa maggioranza e in questo governo è bilanciare la spinta della destra nazionalista e centralista che promuove il premierato. Noi siamo la forza riformatrice: oggi con l’autonomia, domani con il ritorno alle province elettive».
Ma è il padre della riforma, Calderoli, a rispolverare tutto il repertorio caro alla platea. «Ormai consumo quantità industriali di farmaci per il mal di stomaco. Mi dicono che voglio dividere l’Italia; ma se è già divisa in sei-sette parti. Mi dicono che scuola e sanità non funzioneranno per colpa mia; perché, adesso funzionano? E se sono un disastro non sarà colpa di come sono stati gestiti finora ‘sti benedetti soldi?»
Cita le classifiche Ocse sull’istruzione: «Come mai la maggior parte delle risorse vanno nelle zone dove gli studenti sono più ignoranti e sono in fondo alle graduatorie? Chi prende più soldi ha i risultati peggiori eppure al diploma la lode viene concessa a tutti. E allora qualche controllatina va data».
(da la Stampa)
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