SCAJOLA INDAGATO, ADESSO ANCHE LUI SA
CASA AL COLOSSEO: LA PROCURA DI ROMA ISCRIVE L’EX MINISTRO PDL PER FINANZIAMENTO ILLECITO AI PARTITI
L’ex ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola ora è davvero nei guai.
Per quell’elegante “mezzanino” con vista sul Colosseo, in via del Fagutale 2, che gli è già costata la poltrona govermativa, è stato iscritto dalla procura di Roma sul registro degli indagati.
L’ipotesi d’accusa “per finanziamento illecito dei partiti” è tutto sommato modesta se si pensa che l’architetto Angelo Zampolini, tecnico di fiducia di Diego Anemone – il costruttore “grandi appalti” al centro dello scandalo che nel 2010 travolse la Protezione civile – poggiò sul tavolo del notaio 80 assegni circolari da 12.500 euro l’uno, per il totale non trascurabile di 900 mila euro, per l’acquisto di quella casa. Come hanno confermato Barbara e Beatrice Papa, le proprietarie che si ostinano a dichiarare di aver ricevuto un milione e 700 mila euro mentre Scajola ammette di averne pagate soltanto 600 mila, come anche attesta il mutuo bancario sottoscritto alla stipula.
Mancano ancora all’appello 200mila euro: forse sapremo chi li ha tirati fuori.
Peccato, tutto sembrava andare per il meglio per l’ex sindaco di Imperia, da quarant’anni in politica, sempre in pole position per incarichi di prestigio.
La bufera sembrava ormai acqua passata e lui a petto in fuori continuava a ripetere: “Non sono indagato, su di me c’è soltanto una furiosa campagna mediatica”.
Tanto che lo scorso marzo era riemerso nell’agone politico e con timing perfetto era riuscito a mettere insieme 23 deputati e 11 senatori, quanto basta per formare una corrente, già pronto anche il nome “Azzurri per la libertà ”.
Poi si era recato ad Arcore in visita a Berlusconi, cupo per la vicenda delle Olgettine, alle prese con tensioni interne al Pdl e con ipotesi di rimpasto.
L’incontro non era stato una festa, ma Scajola aveva buttato già la sua candidatura per qualche incarico governativo, pronto a dare una mano al Pdl in difficoltà perchè “troppo lontano dai problemi della gente”.
La giustizia è lenta ma implacabile e ora, un anno e mezzo dopo le sue dimissioni, la Procura di Roma ha tirato fuori la conclusione dell’indagine affidata alla Guardia di finanza.
Poteva andare peggio considerato che Anemone è imputato del reato di corruzione e Zampolini ha già patteggiato la condanna a 11 mesi.
Fatto è che la legge sul finanziamento illecito del 1980 consente di condannare un pubblico ufficiale che accetti denaro e prebende anche se non c’è prova che abbia corrisposto favori e così rimane avvolto nel mistero perchè mai Anemone abbia deciso di concorrere con 900 mila euro all’acquisto della casa con vista, che l’ex ministro aveva già annunciato di voler lasciare e in effetti per qualche tempo nel palazzo non si era più visto, poi placate le acque era tornato.
Alla fine si dimise.
Disse: “Se dovessi acclarare che la mia abitazione fosse stata pagata da altri senza saperne io il motivo, il tornaconto e l’interesse, i miei legali eserciterebbero le azioni necessarie per l’annullamento del contratto”.
In pochi lo avevano incitato a resistere.
Di quella transazione si parlava nella richiesta di arresto, firmata dai pm Sergio Sottani e Alessia Tavernese, per Zampolini, l’ex commissario dei mondiali di nuoto Claudio Rinaldi e Stefano Gazzani, commercialista di Anemone.
Ma la richiesta era stata stoppata dal gip Massimo Ricciarelli per motivi di competenza territoriale e gli atti erano passati alla Procura di Roma.
Nel frattempo Zampolini aveva finito per ammettere di aver agito per conto di Anemone.
Decisiva la testimonianza delle sorelle Papa.
Ma manca la prova del do ut des e così Scajola è l’unico indagato per la compravendita, un reato che non è di competenza del Tribunale dei ministri.
Appresa la notizia ha reagito con mesta sobrietà : “La procura di Roma ha aperto un fascicolo su una vicenda per la quale la procura di Perugia, dopo un anno e mezzo di indagini, non ha ritenuto di dovermi indagare”.
Ancora una volta si dice sereno.
Ma non dice perchè Anemone abbia versato 900 mila euro per quella casa.
Rita di Giovacchino
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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