SE NON LI AMMAZZANO, LI DEPORTANO IN RUSSIA: SCHEDATI, INTERROGATI E ISOLATI, UN MILIONE DI PERSONE E’ STATO TRASFERITO DAL DONBASS ALLE ZONE OLTRECONFINE ATTRAVERSO CAMPI DI FILTRAGGIO
LA MAGGIOR PARTE DEI CIVILI PRELEVATI FINISCE IN ZONE PERIFERICHE E DEGRADATE, SPESSO IN SIBERIA
Li hanno chiamati «centri di filtraggio» e sono dei campi, delle tendopoli, in cui i deportati dall’Ucraina in Russia devono mostrare i documenti, sopportare interrogatori in cui viene messa alla prova la loro fedeltà a Putin. Dall’inizio della guerra sono già un milione le persone che vivevano nel territorio dell’Ucraina e che dopo l’invasione ordinata dal Cremlino sono stati portati oltre confine.
In questo caso, certo, ci può essere una quota di persone che, spaventata dalla guerra nelle regioni orientali o magari con legami familiari con la Russia, ha scelto di fuggire verso Est. Ma per una parte consistente, anche sulla base di testimonianze raccolte da media indipendenti internazionali, è stata una imposizione. Molti sono costretti a lavorare, alcuni addirittura sono stati portati anche in province lontane, fino in Siberia.
Il sindaco di Mariupol, Vadym Boichenko, ieri ha fornito questa analisi con dati relativi però alla sola cittadina portuale: «Abbiamo verificato le liste dei residenti deportati dai russi nel loro Paese. Attualmente sono quasi 40.000 persone. I nostri cittadini vengono portati ai margini della Russia, viene dato loro un certificato di immigrazione e usati per diversi lavori perché lì non c’è nessuno che lavori. I russi stanno costringendo i cittadini a svolgere diversi compiti nella stessa Mariupol come rimuovere i detriti e bruciare i corpi dei civili uccisi: stanno nascondendo i loro crimini».
Addirittura, secondo quanto denunciato un paio di settimane fa da Peter Andryushchenko, consigliere del sindaco di Mariupol, 308 ucraini, compresi 90 bambini, erano stati deportati dalla cittadina portuale fino a Vladivostok, praticamente in un altro pianeta, visto che si trova ai confini con la Corea del Nord.
In questa vicenda delle deportazioni è necessario muoversi con cautela. Il Ministero della Difesa ucraino, sempre nei giorni scorsi, ha sostenuto: «Gli occupanti hanno deportato in massa decine di migliaia di persone nelle regioni russe: in Siberia, Sakhalin, nell’estremo Oriente». Ieri il commissario per i diritti umani del parlamento dell’Ucraina, Lyudmila Denisova, ha sostenuto: «Ho alcune informazioni privilegiate che la Federazione Russa si stava preparando per la deportazione di massa dei nostri cittadini dall’inizio dell’anno. E ho alcune informazioni che in tutte le regioni hanno compilato elenchi di punti di trasferimento temporaneo con il numero di ucraini che saranno espulsi».
I russi cosa dicono? Le dichiarazioni ufficiali non negano il numero elevatissimo delle persone costrette a lasciare l’Ucraina per entrare nel territorio della Federazione, ma si fornisce una chiave di lettura differente: «Li abbiamo salvati».
Questi numeri coincidono con quelli che una settimana prima aveva diffuso il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov. Già questi numeri, forniti da Mosca, raccontano una tragedia perché parlano di un fiume di persone che hanno dovuto lasciare tutto ciò che avevano per fuggire.
Se saranno confermate le testimonianze di chi parla di ucraini spediti anche in Siberia, a Vladivostok e in tutte le aree remote dove serviva mano d’opera, saremo di fronte a una operazione brutale. Un conto è la famiglia che viveva a Mariupol e aveva parenti nella vicina Rostov e che dunque ha scelto di mettersi in salvo a poche centinaia di chilometri. Discorso differente è la deportazione di massa in aree remote imposta da chi ha invaso l’Ucraina.
Al confine orientale del Paese vi sono questi famigerati centri di filtraggio. Ad esempio ne sono stati segnalati a Novoazovsk e Bezimenne, tra Mariupol e Rostov.
Cosa succede in questi campi? Qualche settimana fa The Guardian ha raccolto la testimonianza di una donna di Mariupol che è passata da questo centro. Ha raccontato: «Il 15 marzo le truppe russe hanno fatto irruzione nel nostro rifugio antiaereo e hanno ordinato a tutte le donne e i bambini di uscire. Non è stata una scelta. La gente deve sapere la verità: gli ucraini vengono trasferiti in Russia, il Paese che ci sta occupando. Ci hanno portati in autobus con due o trecento altre persone a Novoazovsk. Una volta arrivati a una fermata, abbiamo dovuto aspettare per ore all’interno del bus fino a quando non ci è stato ordinato di attraversare un grande complesso di tende, in quelli che tutti chiamavano campi di filtraggio. Mi hanno interrogata a lungo, hanno controllato il mio telefono. Mi hanno chiesto cosa pensassi dell’Ucraina, mi hanno umiliata». M.Ev.
(da agenzie)
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