SERVE MEZZO MILIONE DI SOLDATI IN PIU’
ZELENSKY HA ANCHE UN PROBLEMA DI UOMINI
Dopo la conferenza di fine anno di giovedì in cui il leader russo Vladimir Putin ha ribadito gli impegni della cosiddetta operazione militare speciale, cioè l’aggressione dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio dell’anno scorso, oggi è toccato a Volodymyr Zelensky. Tanti i messaggi lanciati dal presidente ucraino che riguardano la difficile situazione sul campo, le complicazioni nelle forniture militari da parte degli alleati occidentali e gli scenari militari: “non stiamo perdendo questa guerra” ma il 2023 “è stato un anno difficile” nonostante la Russia abbia “fallito su tutta la linea”; ci sono “problemi”, in primo luogo le carenze di bombe di artiglieria e granate anticarro. Ma soprattutto per la prima volta il presidente ucraino ammette un’altra, ben più preoccupante, carenza: i soldati. I suoi generali ne vorrebbero addirittura mezzo milione in più, una cifra enorme considerata la popolazione ucraina.
Secondo l’Institute for the Study of War la carenza di artiglieria e i ritardi nell’assistenza occidentale alla sicurezza creeranno “incertezza nei piani operativi ucraini e probabilmente indurranno le forze ucraine a conservare le risorse” costringendole “a prendere decisioni difficili sulla priorità di alcuni settori del fronte rispetto a quelli in cui limitati arretramenti territoriali sono meno dannosi”. E ancora, spiega il think tank statunitense, “ridurranno molto probabilmente la capacità dell’Ucraina di pianificare e prepararsi a queste azioni. I ritardi nella pianificazione operativa concreta dell’Ucraina e nel materiale necessario per i preparativi della controffensiva probabilmente ritarderanno a loro volta le operazioni di controffensiva del 2024”, si legge nel rapporto.
I “problemi” riguardano non solo le armi ma anche gli uomini. Tanto che Zelensky, che ha escluso elezioni in Ucraina durante la guerra, ha spiegato di non poter prevedere se l’anno prossimo segnerà la fine del conflitto e dichiarato che lo Stato maggiore ha chiesto la mobilitazione di 450.000/500.000 persone ma una decisione nel merito anche non è stata presa. “Questa è una cifra molto importante, ho spiegato che avevo bisogno di più argomenti. Perché è una questione di persone, giustizia, difesa e finanza”, ha dichiarato. “Per quanto riguarda le persone, ho bisogno di dettagli su ciò che accadrà con il nostro milione di militari, cosa accadrà ai ragazzi che sono lì ogni giorno, dobbiamo discutere la rotazione, il congedo, ci deve essere un piano globale”, ha osservato ancora il presidente ucraino sottolineando che le risposte a queste domande devono essere formulate in un disegno di legge. Inoltre, ha aggiunto che la mobilitazione aggiuntiva costerà al Paese 500 miliardi di grivnie (12,3 miliardi di euro). Inoltre, Kiev potrebbe abbassare l’età di leva e reclutare militari dai 25 anni e non più dai 27 anni ma “non permetterò di reclutare le donne”, ha assicurato Zelensky.
L’annuncio di Zelensky sembra confermare i problemi di reclutamento e mobilitazione, che ha profonde implicazioni sulla percezione pubblica e sull’efficacia delle operazioni militari in corso. Secondo la Russia l’Ucraina avrebbe perso dall’inizio dell’aggressione, cioè dal 24 febbraio 2022, tanti soldati, tra uccisi e feriti, quanti sono gli abitanti della città di Bologna. Lo ha affermato stamattina Serghei Shoigu, ministro della Difesa russo, secondo cui 159.000 ucraini morti o feriti è il bilancio dall’inizio della controffensiva ucraina, lo scorso giugno (383mila invece dall’inizio della guerra). Inoltre, sempre secondo Shoigu, sarebbero stati eliminati anche 5.800 mercenari stranieri che combattevano con le truppe di Kiev. Queste dichiarazioni, e questi numeri ben più alti rispetto alle stime dell’Ucraina e anche dei suoi alleati, arrivano in un periodo di perdite record per i russi (oltre 900 soldati al giorno, secondo il report di intelligence dal ministero della Difesa britannico) e a distanza di pochi giorni dalla diffusione di un rapporto dell’intelligence statunitense secondo cui la Russia avrebbe perso, tra uccisi e feriti, 315.000 durante i combattimenti, l’87 percento delle forze di terra che aveva prima dell’invasione dell’Ucraina, oltre a due terzi dei carri armati.
Le tempistiche di queste dichiarazioni non sono casuali, visto che ormai, con un’importante stagione elettorale alle porte in Russia ma anche in Unione europea e negli Stati Uniti, si parla, oltreché delle difficoltà di approvvigionamento delle munizioni, anche di quelle legate alle forze armate.
Il reclutamento in Ucraina si è rivelato un terreno difficile, con nuove reclute spesso assegnate a compiti al di là delle loro aspettative, ha raccontato l’Economist. Volontari che puntavano a ruoli specifici, come operatori di droni, si sono invece ritrovati in unità di combattimento, e ciò ha portato a perdite significative e a una sfiducia crescente tra la popolazione verso la leadership di Volodymyr Zelensky. Il problema della cosiddetta “deployment lottery”, cioè lotteria del dispiego, ha generato preoccupazioni diffuse, con reclute assegnate alle unità senza possibilità di scelta o garanzie. A settembre, il ministero della Difesa ucraino ha cercato di intervenire introducendo una nuova strategia di mobilitazione per affrontare le sfide del reclutamento. La riforma ha previsto una maggiore scelta ai reclutati nelle posizioni e un sistema più chiaro di riposo e rotazioni.
Anche la Russia si trova a dover affrontare difficoltà nella mobilitazione di un numero sufficiente di truppe alla luce di perdite giornaliere elevate dovute alle tattiche di dispiegare contingenti numerosi senza un equipaggiamento adeguato. Da qui, la necessità di attingere dalle carceri e dalle aree più povere, mossa che evidenzia le carenze nel sistema di reclutamento di Mosca. Tuttavia, davanti alle dimensioni militari della Russia, l’Ucraina rischia di essere chiama a maggiori sforzi. In particolare, scriveva nei giorni scorsi l’Economist, un’eventuale mobilitazione nazionale di industria e risorse può essere una soluzione, con la necessità di convincere i potenziali reclutati attraverso campagne mediatiche che enfatizzino il sacrificio nazionale e la continua minaccia proveniente dalla Russia.
E queste difficoltà si aggiungono quelle dell’approvvigionamento, palesate recentemente dal generale di brigata Oleksandr Tarnavskyi. Intervistato dall’agenzia di stampa Reuters, il comandante del gruppo di truppe ucraine Tavria nella direzione sud-orientale ha lamentato una carenza di proiettili d’artiglieria che hanno portato a ridimensionare alcune operazioni militari. Parole pronunciate dopo che i parlamentari repubblicani hanno bloccato un pacchetto di aiuti statunitensi da 60 miliardi di dollari e l’Ungheria ha posto il veto su un finanziamento dell’Unione europea di 50 miliardi di euro. La mancanza di proiettili d’artiglieria, in particolare proiettili post-sovietici da 122 millimetri e 152 millimetri, è un “grande problema”, come ammesso oggi anche da Zelensky, e la diminuzione degli aiuti militari esteri sta influenzando la situazione sul campo di battaglia. A tal proposito, il Pentagono ha spiegato che i fondi per rimpiazzare le armi inviate all’Ucraina termineranno il 30 dicembre. Il dipartimento della Difesa statunitense sta spendendo i suoi ultimi 1,07 miliardi di dollari per acquistare nuove armi e apparecchiature che sostituiranno quelle sottratte dalle scorte e inviate in Ucraina. “Una volta che questi fondi saranno vincolati, il dipartimento avrà esaurito i fondi disponibili per l’assistenza all’Ucraina”, si legge in una lettera datata 15 dicembre e inviata ai leader del Congresso. La missiva, riportata dall’agenzia Bloomberg, potrebbe aumentare la pressione sul Congresso dove i repubblicani stanno bloccando l’erogazione di nuove risorse per Kyiv.
La principale speranza ucraina per il nuovo anno rimangono gli F-16 promesse da alcuni Paesi occidentali. L’addestramento prosegue ma rimangono alcuni dubbi, soprattutto sui numeri che potrebbero non garantire a Kyiv la superiorità aerea necessaria a riconquistare il terreno dopo l’inverno di trincea. Intanto, dalla Russia è già arrivato un avvertimento: verranno considerati Paesi partecipanti al conflitto Polonia, Romania e Slovacchia nel caso in cui dovessero far decollare i caccia F-16 dalle proprie basi aeree per destinarli alla guerra in Ucraina. Nei giorni scorsi, Konstantin Gavrilov, capo della delegazione russa ai negoziati di Vienna sulla sicurezza militare e il controllo degli armamenti, intervenuto alla riunione plenaria del Foro di cooperazione per la sicurezza dell’Osce, ha minacciato non meglio specificate misure di ritorsione.
(da agenzie)
Leave a Reply