SGARBI È A PROCESSO A IMPERIA PER L’ESPORTAZIONE ILLECITA A MONTECARLO DEL DIPINTO “CONCERTO CON BEVITORE” DI VALENTINE DE BOULOGNE, VALUTATO 5 MILIONI DI EURO
L’EX SOTTOSEGRETARIO SI DIFENDE AFFERMANDO CHE L’OPERA NON ERA DI SUA PROPRIETÀ, MA DI UN NON PRECISATO “AMICO”. EPPURE IL “FATTO” HA SCOPERTO CHE FU PROPRIO SGARBI A CHIEDERE PER DUE VOLTE IL DISSEQUESTRO DEL QUADRO INCRIMINATO…SE IL PROPRIETARIO È UN ALTRO, A CHE TITOLO LO CHIEDEVA?
Perché Sgarbi fece clonare il Manetti con la sua candela posticcia ed espose la copia? Per la Procura di Macerata per nasconderne la provenienza illecita e aumentare il valore dell’originale rubato. Ma per farne cosa? Forse per poi venderlo all’estero, esattamente come tentò di fare con il Valentine de Boulogne, che fu però sequestrato sulla via di Montecarlo: entrambe le opere figurano infatti in un elenco redatto a questo scopo che il Fatto ha potuto consultare.
Sgarbi si difende, “il Valentine non è mio”. Ma ecco il nome del misterioso proprietario che, essendo tale, ne chiese il dissequestro: Vittorio Sgarbi.
A Imperia, Sgarbi è imputato di esportazione illecita di beni culturali per il dipinto Concerto con bevitore del caravaggesco francese. A Macerata per riciclaggio, autoriciclaggio e contraffazione per la Cattura di San Pietro del senese Rutilio Manetti, la tela che fu rubata a Buriasco (Torino) nel 2013. In ultimo si è aggiunta la ricettazione per un terzo quadro, un Compianto sul Cristo morto attribuito all’Ortolano, riapparso a 40 anni dal furto come opera di sua proprietà. Tutti e tre i dipinti, si vedrà, erano in una lista redatta per valutare quali vendere per “fare cassa”.
Il processo in Liguria si apre il 12 febbraio. Il Fatto ha rintracciato un documento che può sgretolare un pilastro della difesa. Da sempre Sgarbi ripete che il Valentine sequestrato non era suo, bensì di un mai precisato “amico” che glielo avrebbe dato perché facesse un expertise, che a detta di Sgarbi non fece perché “si trattava di una copia di poco valore, circa 10 mila euro”; dunque inferiore ai 13.500 per i quali serve un attestato di libera circolazione all’estero.
Ma ecco il colpo di scena: l’effettivo proprietario del dipinto che Sgarbi&C. volevano vendere tra i 3,5 e i 5 milioni però esiste e si chiama Vittorio Sgarbi. Fu lui infatti a chiederne il dissequestro, due volte. Ma come, se il proprietario del bene è un altro, a che titolo lo chiedeva lui?
Il sequestro è del 5 febbraio 2021. Sgarbi ricorre al Tribunale del Riesame di Siracusa, che il 1 luglio gli dà torto. Allora impugna l’ordinanza di rigetto davanti alla Cassazione, che il 19 novembre 2021 gli dà ancora torto, tanto che lo condanna pure a pagare i 3 mila euro di sanzione.
La Suprema Corte rileva la manifesta “illogicità” della richiesta. “Laddove questi (Sgarbi, ndr) dichiara di non essere titolare di alcuna posizione soggettiva in ordine al quadro attinto dal sequestro, non sarebbe neppure legittimato alla proposizione del presente ricorso”
Ma c’è di più. L’indagine di Imperia torna a incrociarsi con quella di Macerata. Le chat dimostrano che a marzo 2020 gli imputati sono a caccia di soldi. Oltre a Sgarbi, la compagna Sabrina Colle e l’impresario d’arte Gianni Filippini valutano varie opzioni, compresa la vendita di opere che sono state selezionate in un elenco per circa “18 milioni di valore, forse qualcosa di più”, scrive Filippini a Colle: un foglio Excel che comprende appunto il Manetti, senza indicazione del valore, e il Valentine con la stima di 4 milioni.
Su incarico di Sgarbi, furono entrambe clonate, a distanza di un mese, nel laboratorio di riproduzione di Correggio G-Lab. In mostra nel 2021 a Lucca finì poi la copia del Manetti anziché l’originale che, stando nello stesso elenco, avrebbe potuto seguire la strada dell’altro.Non avendo più l’originale del Valentine e un’indagine a carico, Sgarbi incaricò i titolari del laboratorio di recarsi alla Chigiana per acquisire una foto in alta risoluzione della copia di Concerto con bevitore lì conservato, proprio come avevano fatto col Manetti. Per il clone paga loro una fattura da 5.600 euro. Il motivo è da chiarire, ma è plausibile fosse per sostenere il perno della sua difesa: la versione “incriminata” è solo una delle tante.
(da Il Fatto Quotidiano)
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