SOLDI, INDAGINI, BALLE E FIGURACCE: I DIECI MOTIVI PER CACCIARE SGARBI
DESTRA IMPRESENTABILE, QUESTA SETTIMANA SI VOTA LA SFIDUCIA, IL CENTRODESTRA IN IMBARAZZO ASPETTA L’ANTITRUST
In Parlamento arriva la mozione delle opposizioni per revocare l’incarico a Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura indagato per esportazione e riciclaggio di beni culturali. Ecco 10 buone ragioni per votarla.
1. Gli affari incompatibili – “Sgarbi cachet d’oro, 300mila euro in 9 mesi”. Il 24 ottobre 2023 il Fatto accende un faro sulle “attività parallele”, mai dichiarate, che il sottosegretario svolgeva tramite società del caposegreteria e della compagna. L’Agcm, su richiesta del ministro Sangiuliano, apre un’istruttoria i cui esiti sono attesi entro il 14 febbraio. Ma Sgarbi continua: settimana scorsa era Conegliano, per 1.500 euro presenta il nuovo libro. A mezzanotte (da sottosegretario) si fa aprire Palazzo Sarcinelli per vedere un De Chirico.
2. Ufficio pubblico e privato – L’inchiesta mette in luce un uso disinvolto degli uffici, con rimborsi e trasferte dubbi. Emergono favori ad artisti da cui riceve compensi, rapporti con finanziatori come il principe Antonio Pallavicino di Genova: il 2 gennaio Sgarbi fa una videodenuncia contro un progetto di ascensore sgradito al Principe e chiede la testa del soprintendente. Tre mesi dopo riceve da lui 54mila euro come “regalia”.
3. La frode sulle imposte – È ancora un quadro il grimaldello su cui poggia l’indagine della Procura di Roma per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte: debiti con l’Agenzia delle Entrate (715mila ). I pm contestano a Sgarbi d’aver comprato un dipinto all’asta facendo figurare la fidanzata Sabrina Colle come acquirente e con denaro di terzi (Pallavicino).
4. Il riciclaggio – Da un’inchiesta del Fatto e Report a fine dicembre esplode la storia del dipinto rubato a Buriasco e riapparso in mostra a Lucca come “inedito” di proprietà di Sgarbi. Il sottosegretario è indagato per riciclaggio di beni culturali: si sospetta abbia esposto una copia anziché l’originale. Entrambe sono state sequestrate il 12 gennaio. Sono in corso accertamenti tecnici e perizie.
5. L’ esportazione illecita – Nel 2019 la Procura di Siracusa indaga su un giro di dipinti falsi messi in mostra da un impresario vicino a Sgarbi. Intercettandolo, salta fuori che insieme alla compagna Sabrina Colle stava tentando di esportare illegalmente un caravaggesco attribuito a Valentin de Boulogne sequestrato a Montecarlo. Sgarbi dirà alla procura di Imperia che non era suo, ma l’ex restauratore Mingardi lo smentisce. Una mail partita dalla segreteria di Sgarbi ne attesta l’autenticità. Tenterà di attribuirne la proprietà a un morto (Augusto Agosta Tota), ma la figlia nega: “Mai visto quel quadro”.
6. La figuraccia mondiale – “Ladròn de cuadros?’: la notizia su Sgarbi indagato fa il giro del mondo. I giornali sottolineano il silenzio di Giorgia Meloni. Anche il New York Times gli dedica un articolo. Sconcerta che un uomo di governo sia indagato per reati specifici della sua funzione: il ministero della Cultura dovrebbe tutelare i beni culturali.
7. Un topo nel formaggio – Sgarbi ha sempre rivendicato una concezione “privatistica” dell’arte a favore di mercanti, collezionisti e antiquari, teorizzato regole e prassi diverse da quelle previste dalla legge sulla tutela e dal Codice dei beni culturali. Nel frattempo – stando alle inchieste – le praticava come collezionista, pro domo sua.
8. La debolezza del governo – “I ministri sono tutti incompetenti”. Da subito Sgarbi è emerso come anomalia: nessuno lo vuole, nessuno lo caccia. Alle uscite imbarazzanti e alle inchieste è seguita la consegna del silenzio, segnale di debolezza anziché forza.
9. Attacchi a stampa e magistratura – La sgangherata difesa di Sgarbi è fatta di attacchi ai giornalisti che insulta e diffida sistematicamente. Dei carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio il 7 gennaio dice: “Lavorano con me, per me”. Cinque giorni dopo se li ritrova in casa, ma per perquisirla e sequestrargli quadri e telefoni. Attacca anche la pm di Imperia, Barbara Bresci.
10. Le bugie –Grazie a trasmissioni senza contraddittorio e giornali “amici”, continua a mentire. Sul ritrovamento fortuito del Manetti cita un “testimone”, Pietro Pambianco, che lo smentisce nel giro 24 ore: “Mai visto quel quadro”. Testimoni come il restauratore Mingardi e i riproduttori De Pietri sono sempre “incapaci” e “mossi da livore”. In realtà, rei di non avergli retto ancora il gioco.
(da ilfattoquotidiano.it)
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