SOTTO I VITALIZI IL NULLA
DI MAIO INCARTATO, CENTRODESTRA UNITO PER NECESSITA’, PD ALL’OPPOSIZIONE… E GLI ESPERTI LA VEDONO NERA
Il governo della Camera, per offrire agli elettori lo scalpo della Casta con la solita questione dei vitalizi, nell’incertezza del governo del paese.
È chiaro il senso della forzatura dei Cinque Stelle sulle vice-presidenze: è come dire: noi siamo pronti, ad ogni evenienza…
È quel che ha spiegato Matteo Salvini ai suoi, piuttosto contrariato, per la violazione del “patto”: la maggioranza o quasi in quegli uffici significa poter realizzare una parte del programma senza andare al governo, anzi magari in vista di un ritorno al voto.
E non è un caso che poi ha diffuso una nota per ricordare che “siamo pronti al dialogo con tutti, ma mai subalterni”, come a dire che la Lega non farà la stampella dei Cinque Stelle, rompendo una coalizione che è arrivata prima alle elezioni.
Sembrano questioni da addetti ai lavori, le vicepresidenze, ma il dettaglio rivela lo stato dell’arte.
Bastava parlare con qualche colonnello della Lega: “Se davvero ci fosse stato tra noi non un accordo sul governo, ma uno schema di accordo, sarebbe andata in modo diverso. Non ci sarebbe stato motivo di umiliare il Pd. Noi, per quel che ci riguarda, abbiamo lavorato per il bene della nostra coalizione rinunciando a un posto per darlo a Fratelli d’Italia”.
E invece lo schema non c’è in quella che appare la più classica delle pause di riflessione, prima decantazione pasquale che precede l’annunciata decantazione quirinalizia.
La verità è che Luigi Di Maio si è incartato, sottovalutando la tenuta del centrodestra nel suo insieme perchè il leader della Lega non ha dato un solo segnale di smarcamento da Berlusconi.
E durante il pranzo a Maccheroni, a due passi del Parlamento, anche di questo si è parlato: “Noi — dice un commensale — Berlusconi non lo reggiamo, con quel che ci siamo detti in campagna elettorale, noi gli abbiamo dato del mafioso, lui del pericolo democratico”.
E anche se l’ambizioso leader pentastellato si è realisticamente dedicato all’oblio di ciò che è stato nel corso della trattativa sulle presidenze delle Camere, il 24 aprile uscirà nelle sale il film di Sorrentino, ad accompagnare le consultazioni proiettando sui maxischermi qualche ora di bunga bunga e nipoti di Mubarak.
Ve lo immaginate Di Maio che prepara il governo anche con Berlusconi, mentre i suoi attivisti vanno a cinema e postano sui social coloriti commenti sulle abitudini edonistiche del Cavaliere.
Sarebbe, quello sì, uno spettacolo. Parliamoci chiaro: il giovane leader non reggerebbe alla pressione di un pezzo della sua opinione pubblica, attivisti, intellettuali opinion maker che gli ricorderebbero, come Marco Travaglio oggi, che “Berlusconi è un criminale, un pregiudicato, nella sentenza c’è scritto che è un delinquente naturale, lo dice la Cassazione”.
Il problema non è che “Berlusconi deve nascondersi”, magari non andando al Quirinale per le consultazioni o indicando, altra chiacchiera che gira, un paio di “ministri di area”.
È la sua stessa presenza in maggioranza, anche silente, che farebbe esplodere i Cinque Stelle, perchè l’abbraccio col Caimano equivale alla mutazione genetica: “Noi — prosegue il commensale — confidiamo che col tempo Salvini possa smarcarsi da Berlusconi. Mettiamo in conto almeno tre settimane di attese”.
E nel conto sono state messe una serie di offerte, recapitate a Salvini, di ministeri chiave – Interni, Economia, ruolo di vicepremier — per agevolare il grande passo, con la disinvoltura di quei politici di una volta che ti promettevano la scoperta del bel mondo, se ti fossi arruolato nella loro marina.
Nel labile confine tra calcolo e speranza, al momento non arrivano segnali di cedimento in tal senso. Anzi, parlottando tra loro, Giorgetti e Fontana, braccio destro e sinistro di Salvini, si sono detti che la vedono “nera”.
Perchè non c’è nessun motivo politico per cui Salvini dovrebbe rompere, interrompendo un processo già in atto che lo sta consacrando capo di una coalizione del 37 per cento.
E chissà se anche il giallo sull’incontro tra il leader pentastellato e il leader leghista è una conferma di questa previsione “nera”. Perchè ciò che fino a qualche giorno fa era scontato, scontato non è, nel senso che non è affatto detto che i due, Salvini e Di Maio, si vedranno martedì o mercoledì, prima di salire al Colle.
C’è addirittura, tra fonti degne di questo nome, chi sostiene — si sa che il mistero alimenta misteri — che l’incontro sarebbe già avvenuto nei giorni scorsi e il suo esito negativo spiegherebbe la dinamica che si è prodotta. Chissà .
E ora, la famosa pausa di riflessione su una situazione che appare bloccata.
(da “Huffingtonpost”)
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