SU COSA SI BASANO LE ACCUSE DEI PM A UMBERTO BOSSI
INTERCETTAZIONI , DOCUMENTI, LE TESTIMONANZE DI BELSITO E DEL SENATUR…UN RENDICONTO TAROCCATO E LE AMMISSIONI DELLA DELGRADA
La nuova svolta nell’indagine, che fa dunque un salto di qualità , è arrivata prima dell’ora di pranzo, quando al Senatur, che si trovava da solo nel suo ufficio in via Bellerio, i militari della Guardia di Finanza hanno consegnato un’informazione di garanzia.
Tre paginette firmate dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dai pubblici ministeri Roberto Pellicano e Paolo Filippini per comunicargli che in qualità di segretario federale, e dunque legale rappresentante del partito, è arrivato il momento di nominare un difensore, in quanto è sotto indagine assieme a colui al quale ha affidato il delicato compito di amministrare i soldi del movimento.
La contestazione: un presunto sperpero di denaro pubblico per una cifra che si aggira attorno ai 18 milioni di euro.
Tant’è la somma dei rimborsi elettorali liquidata lo scorso agosto da Camera e Senato in base a un rendiconto ritenuto non veritiero, firmato da Belsito e controfirmato da Bossi.
Un rendiconto redatto con buona pace della legge del 1999, che quei rimborsi (così come i finanziamenti ai partiti) dovrebbe regolare e che ora in molti chiedono di cancellare.
“Ho già detto che mi sento sereno e confido nella magistratura”, è stato il commento di Umberto Bossi sulla vicenda. “E con questo atto giudiziario avrò finalmente la possibilità di difendermi e di mostrare a tutti la mia totale estraneità rispetto alle accuse che mi verranno mosse”.
Le carte dell’inchiesta.
A convincere i magistrati milanesi a indagare il Senatur sono stati una serie di indizi venuti a galla dai documenti raccolti nel corso dell’indagine, dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni messe a verbale da Belsito e dall’allora suo braccio destro Nadia Dagrada.
Oltre ai rendiconti controfirmati da Bossi, ci sono riferimenti anche scritti sulla documentazione contabile acquisita che dicono che il Senatur avrebbe autorizzato a voce quelle spese per i pm impossibili da giustificare sotto il capitolo attività politica.
Basti pensare a una delle tante lettere spuntate dalla cartelletta ‘The family’, sequestrata a Belsito, in cui Riccardo Bossi, nel fare i conti delle sue uscite personali all’ex tesoriere, aggiunge di averne “parlato con papà “.
Riccardo fa poi un elenco di alcuni suoi debiti e spese da saldare, tra cui alcuni pagamenti relativi a cause legali.
Le intercettazioni. I dialoghi intercettati fra Belsito e la Dagrada hanno fatto un po’ da canovaccio in questa vicenda di malagestione dei soldi pubblici, laddove, come hanno annotato gli investigatori, “entrambi convergono che è Bossi che deve autorizzare” e “che lui sa bene cosa rischia”.
Oppure quando, a proposito degli investimenti a Cipro e Tanzania, l’allora amministratore parla di un “capo (…) molto nervoso perchè ha paura che i soldi non rientrano”.
Infine, le affermazioni rese agli inquirenti. Belsito, interrogato qualche settimana fa, aveva detto che Umberto Bossi sarebbe stato avvisato delle spese “più significative” effettuate per i suoi familiari, mentre la Dagrada (sentita come testimone) aveva ricordato non solo come il leader della Lega firmasse i rendiconti, ma anche un episodio: “Belsito mi ha sicuramente detto di aver registrato un suo colloquio con l’onorevole Bossi, colloquio nel quale aveva ricordato al segretario onorevole Bossi tutte le spese sostenute nell’interesse personale della famiglia (…) con i soldi provenienti dal finanziamento pubblico. Non so se abbia effettuato tale registrazione”, che avrebbe voluto utilizzare, a caso ormai scoppiato, “come strumento di pressione, dal momento che volevano farlo fuori”.
La Guardia padana nel mirino.
I pm milanesi, che hanno riqualificato il reato contestato al consulente Paolo Scala, modificandolo da concorso in appropriazione indebita in riciclaggio, stanno effettuando accertamenti, fra l’altro, sui finanziamenti, pare circa un milione e mezzo tra il 2008 e il 2011, alla Guardia padana. In più stanno preparando gli atti da trasmettere ai colleghi romani che riguardano Stiffoni.
A pesare sulla sua iscrizione nel registro degli indagati per peculato, oltre a riscontri contabili, ci sono le parole del capogruppo al Senato della Lega, Federico Bricolo, sentito come persona informata sui fatti.
Da una prima ricostruzione dei magistrati milanesi ci sarebbero diversi travasi e rientri di denaro dal conto Bnl del Senato a quello personale di Stiffoni – tutti e due sono a Roma – che hanno fatto ipotizzare operazioni anomale che si aggirano attorno ai 500mila euro.
Una cifra che però sarà oggetto di ulteriori approfondimenti da parte della Procura capitolina.
La signora Bossi e Rosy Mauro.
I pm stanno ancora esaminando le posizioni della moglie di Umberto Bossi, Manuela Marrone, e della vicepresidente del Senato, Rosy Mauro.
La moglie del Senatur avrebbe ricevuto almeno 300mila euro da Belsito da destinare alla scuola Bosina, da lei fondata a Varese.
La vicepresidente del Senato, espulsa dal Carroccio, avrebbe invece ricevuto ingenti somme per il sindacato padano Sinpa, provenienti dalle casse della stessa Lega.
(da “La Repubblica”)
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