SUL CASO GIULI-SPANO SI È SPACCATA FRATELLI D’ITALIA: I DURI E PURI DI COLLE OPPIO, INSIEME AI CATTOLICONI PRO-VITA CHE DANNO DEL “PEDERASTA” A SPANO, SONO INCAZZATI CON IL “TRADITORE” GIULI. CHE MINACCIA DI LASCIARE
FAZZOLARI SI TRAVESTE DA POMPIERE: “NON C’È NESSUNO SCONTRO IN FDI”
E’il fuoco amico, quello de destra, il vero problema di Alessandro Giuli, ministro della Cultura con già due capi di gabinetto cambiati (uno cacciato, Francesco Gilioli, e l’altro dimissionario, Francesco Spano) in un mese e mezzo.
Il successore di Gennaro Sangiuliano, da quando è stato nominato, fa i conti con tutta l’infosfera globale meloniana: politica e mediatica. Un braccio di ferro con colonnelli e caporali di Fratelli d’Italia che dopo lo scandaletto di Maria Rosaria Boccia vogliono pilotare da Palazzo Chigi, senza più sorprese, il Collegio Romano.
Egemonia tecnocratica, prima che culturale. “Giuli è d’area, ma non è organico: deve seguire la linea perché è stato messo da noi e non dalla sinistra”, dicono i discepoli di Giovanbattista Fazzolari. E cioè il potentissimo sottosegretario alla presidenza del Consiglio nonché dea Kalì della premier con cui il ministro non si prende. Una convivenza iniziata male e che rischia di finire peggio.
Giuli di questo passo non ha problemi a dimettersi. Uno scenario clamoroso che tutti – a partire dalla premier Meloni – vogliono evitare: porterebbe a una crisi di governo e, per giunta, sotto manovra. E però a mettere insieme i dettagli, qua e là, si capisce che forse uno strano tramestio c’è, eccome.
E’ tutto abbastanza percepibile: basta parlare con qualsiasi parlamentare, sottosegretario o ministro. Nessuno lo difende, nessuno ha voglia di sapere che “Gramsci è vivo” né è molto attratto dall’idea di creare una destra che si possa dichiarare progressista fra i conservatori.
Meglio cavalcare la guerra ai migranti irregolari che recidere le radici del passato: non porta voti. “Il nostro pensiero solare – scherzano i meloniani – non è piacere alla sinistra”.
I veri problemi si trovano al ministero dove l’autonomia decisionale di Giuli finora è stata minima. Il capo della segreteria tecnica è rimasto Emanuele Merlino, ufficiale di collegamento con Fazzolari. Nelle stesse stanze, davanti a quel ministro, lavora anche Claudia Ianniello, sorella di Giovanna, storica portavoce della premier
Tutto viene riferito, tutto viene raccontato e forse distorto ed enfatizzato. Così il dopo-Sangiuliano è stato più traumatico del previsto con una coda di veleni impensabile. Palazzo Chigi vuole, nome per nome, sapere chi va a lavorare al ministero per avallare o meno le scelte del titolare del dicastero. Con una premessa che blocca tutto: “Attenzione alle spie, non dobbiamo mettercele in casa”.
Fazzolari, indicato in questa fase come il nemico numero uno del ministro, contattato dal Foglio dice: “Mi manca solo di occuparmi degli staff dei ministri: non me ne occupo e non ci metto la testa”. Una dichiarazione, da registrare, che cozza con un racconto che arriva sempre dai corridoi del palazzo del governo e di Via della Scrofa.
Tutto si mischia nel verminaio, comprese presunte lobby gay che si sarebbero impossessate del Collegio Romano. Davvero dopo i fasti pompeiani di lady Boccia siamo arrivati a ricattati sessuali nei confronti del neo ministro? “Falsità”. Di sicuro Spano, nominato due settimane fa, non è andato giù al partito dal primo momento. Ai vertici come alle periferie. Il dirigente fu oggetto di un attacco diretto sui social di Giorgia Meloni, che rimbalza da giorni.
(da Il Foglio)
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