SUPERMARIO SBATTE CONTRO LE LOBBY: TROPPI GLI INTERESSI IN AULA
PER IL RADICALE BELTRANDI “QUESTO E’ UN PARLAMENTO DI LOBBISTI”…. BANCHE, FARMACIE, ASSICURAZIONI, TV, TRASPORTI: OGNI SETTORE E’ RAPPRESENTATO DA QUALCUNO
“Questo è un Parlamento di lobbisti, gente che invece degli interessi generali difende quelli di famiglia”. Marco Beltrandi, deputato radicale, è appena stato sconfitto sulla liberalizzazione delle farmacie e non l’ha presa bene, ma sa benissimo di cosa parla: “La scorsa legislatura ero in commissione Trasporti con Paolo Ulgè di Forza Italia, che era un capo dei camionisti. La stessa commissione si occupa pure di tv e oggi ci lavora Deborah Bergamini (ex assistente del Cavaliere, cacciata dalla Rai dopo lo scandalo intercettazioni, ndr), un nome che dice tutto”.
Si potrebbe dire che sempre lì, dove si legifera su Enav o Alitalia, siede pure Daniele Toto (Fli), figlio del proprietario di AirOne, salvata dallo Stato (con la regia di Corrado Passera).
Insomma, le mille corporazioni italiane stanno incistate nel processo legislativo, ma le cose sono un po’ cambiate rispetto a quando anziani lobbisti si piazzavano davanti alla commissione Bilancio per intere nottate, la sigaretta in una mano e gli emendamenti già scritti nell’altra: ci sono ancora, i lobbisti, ma spesso sono gli stessi parlamentari a lavorare per la loro categoria d’appartenenza.
Prendiamo i farmacisti, che sono riusciti a mandare a vuoto la libera vendita dei farmaci di fascia C.
Alle Camere ce ne sono un po’: Chiara Moroni di Fli, per dire, farmacista in proprio e figlia d’arte, è una delle più accanite nel parlare di “far west” se qualcuno tenta di favorire le parafarmacie, così come Pietro Laffranco del Pdl, che ieri si compiaceva per la mossa del governo e contemporaneamente ribadiva il suo forte appoggio a qualsiasi liberalizzazione (tranne questa).
Al Senato, per conto dei 16mila titolari di farmacie, siede invece Luigi D’Ambrosio Lettieri, che prima di assurgere al cielo degli eletti era stato un pezzo grosso dell’ordine dei farmacisti.
Le banche, per parte loro, coltivano rapporti diretti con politici di alto livello, ma non mancano di contatti nei corridoi delle Camere: il primo nome a cui si pensa è Luigi Grillo (Pdl), che fu uno degli alleati più fidati di Fazio e Fiorani nell’estate delle scalate, ma anche il collega di partito Gianpiero Testoni, già presidente Bnl e vice dell’Abi, oppure ad un livello più basso due bancari come Cera dell’Udc e Fluvi del Pd.
Non è un caso che le banche siano uscite dalla manovra con la garanzia statale sui loro bond e uno sconticino sull’Imu.
Stesso discorso si può fare per le assicurazioni: tra i referenti dell’Ania viene sempre citato Gianfranco Conte, presidente della commissione Finanze alla Camera, ma non si può dimenticare Francesco Barbato (IdV), di professione assicuratore.
La lobby di Banca Intesa, invece, è un caso a parte visto che dispone di un ministro e di un vice: una normetta in manovra, per dire, garantisce l’accesso ai fondi per il prepensionamento ai dipendenti dell’istituto fino a poco fa guidato da Corrado Passera, ma curiosamente esclude Unicredit.
Non è l’unico incrocio pericoloso per il titolare dello Sviluppo. Nel testo originario della manovra c’era un piccolo comma voluto dal Pd che affidava la sorveglianza sulle autostrade a un’Authority ad hoc sul trasporto: righe sparite dal testo uscito da palazzo Chigi. “E’ stato Passera”, spiegano i democratici…
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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