TRIBUNALE DEL RIESAME SU SAVOINI: “DA AUDIO E’ CHIARO CHE PARTE DEI SOLDI ERANO DESTINATI ALLA LEGA PER FINANZIARE LE EUROPEE”
“EMERGE FATTISPECIE DI REATO DI CORRUZIONE INTERNAZIONALE”
L’audio registrato all’Hotel Metropol di Mosca finito nell’inchiesta su presunti finanziamenti illeciti destinati alla Lega non è “il frutto di un’intercettazione illegittima” e da quell’audio emergerebbe “nitidamente che parte dei soldi erano destinati alla Lega” per finanziare le Elezioni Europee.
Lo scrive il Tribunale del Riesame di Milano nelle motivazioni al provvedimento con cui, nei giorni scorsi, ha respinto la richiesta di restituire a Gianluca Savoini, l’ex portavoce di Matteo Salvini, i documenti che gli erano stati sequestrati dalla Guardia di Finanza. Nella registrazione al Metropol – al centro dell’inchiesta sui presunti fondi russi alla Lega – emerge, da quanto si legge nelle motivazioni, “lo schema delle parti coinvolte nella trattativa considerata illecita, la possibilità di reiterare l’accordo nel tempo, l’importo da retrocedere dopo il pagamento della fornitura petrolifera, la necessità di agire rapidamente per l’avvicinarsi delle elezioni europee, l’utilità dell’accordo per entrambe le parti, la ripartizione dei compiti, la necessità di essere prudenti per non destare sospetti sul presunto ritorno illecito del denaro”. Una intenzione che emerge “in maniera ancora più nitida dalle parti della conversazione intrattenuta in inglese”.
La trattativa, non andata in porto, prevedeva “l’acquisto da parte di Eni spa di ingenti quantitativi di prodotti petroliferi (250.000 tonnellate al mese per tre anni) venduti dalla società di stato russa Rosneft, prevedendo che una percentuale del 4% del prezzo pagato da Eni sarebbe stato retrocesso per finanziare la campagna elettorale per le elezioni europee del partito politico Lega, mentre una percentuale del prezzo pagato da Eni – tra il 2% e il 6% – sarebbe stata corrisposta tramite intermediari e studi legali a pubblici ufficiali dell’azienda di Stato Rosneft”.
È quanto si legge nel capo di imputazione formulato dai pm di Milano nei confronti di Gianluca Savoini, dell’avvocato Gianluca Meranda e dell’ex banchiere Francesco Vannucci e che è riportato nel provvedimento con cui il Tribunale del Riesame ha respinto l’istanza della difesa dello stesso Savoini contro i sequestri. Eni ha sempre negato il benchè minimo coinvolgimento nella vicenda.
“Il fumus commissi delicti (gli indizi di reato, ndr) emerge in maniera piuttosto evidente anche qualora si volesse limitare la lettura della registrazione trascritta ai soli dialoghi svolti in lingua italiana tra Savoini e gli altri due indagati presenti all’incontro: Gianluca Meranda e Francesco Vannucci”. Per il Riesame “emerge dagli atti una situazione fattuale (sia pure suscettibile di ulteriori approfondimenti) congruamente rappresentativa di una condotta fondatamente sussumibile nella fattispecie di reato di corruzione internazionale”.
E ancora, argomentano i giudici milanesi per spiegare che quel sequestro è fondato, dalla conversazione, “si evincono lo schema delle parti illecite coinvolte nella trattativa”, “la possibilità di reiterare l’accordo nel tempo”, “la necessità di corrispondere delle commissioni ai ‘contatti’ presenti all’interno delle compagnie petrolifere e del gas”, “l’entità della ‘commissione’ da pagare ai ‘contatti’ al fine di assicurarsi la retrocessione del 4% del prezzo corrisposto da Eni spa per l’acquisto del petrolio”, “la circostanza che il denaro retrocesso fosse necessario per finanziare la campagna del partito politico Lega”, “i contatti della Lega all’interno di Banca Intesa”. Secondo l’accusa, la Lega avrebbe dovuto ricevere (non si sa se sia andata in porto la trattativa) un finanziamento illecito a margine di un affare petrolifero.
“Allo stato non emergono dagli atti (ne’ la difesa li ha prodotti) – si legge nel documento – elementi per ritenere che la registrazione di cui si discute sia il frutto di un’intercettazione illegittima, effettuata da un soggetto non presente al colloquio incriminato”.
Cosi’ i giudici spiegano perche’ hanno respinto l’argomento della difesa che la registrazione non potrebbe essere utilizzata perche’ “frutto di una captazione illecita, in quanto non autorizzata dall’autorita’ giudiziaria”.
Inoltre, per il Tribunale la registrazione prodotta dal giornalista Stefano Vergine, che ha consegnato l’audio alla Procura, “non e’ equiparabile a una denuncia anonima” in base alla giurisprudenza della Cassazione e al codice di procedura penale.
La tesi del legale, respinta dai giudici, ruotava principalmente attorno al fatto che quell’atto istruttorio si fondava, come fonte di prova, su una registrazione che era inutilizzabile non solo perchè in lingua inglese ma soprattutto in quanto non si sapeva da chi era stata effettuata.
Per tanto la richiesta era l’annullamento del decreto di perquisizione e dei sequestri dei cellulari e di alcune carte al suo assistito.
Da quanto è stato riferito, i giudici del Riesame hanno sostenuto che la fonte in realtà non era anonima ma semplicemente non è stata rivelata dal giornalista dell’Espresso che aveva consegnato il file audio ai pm e che, sentito in Procura a Milano, si era avvalso del segreto professionale e quindi del diritto di non rivelarla.
Quanto al fatto che la registrazione era in lingua inglese i giudici hanno fatto notare che lo stesso Savoini, uno dei tre italiani al tavolo della presunta trattativa alla quale hanno partecipato altrettanti personaggi russi, parlava in inglese.
(da agenzie)
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