UN MERCENARIO CHE NON SI PUO’ LIQUIDARE: PRIGOZHIN E’ IL DEPOSITARIO DI MOLTI SEGRETI DI PUTIN, TRANSAZIONI ECONOMICHE ILLEGALI, DENARI NASCOSTI NEI PARADISI FISCALI (TRA CUI LONDRA), LE PROVE CHE “MAD VLAD” HA ORDINATO OMICIDI E INTERFERITO IN DIVERSE ELEZIONI
LE SUE RIVELAZIONI POTREBBERO PORTARE ALLA FINE DELL’EPOPEA PUTINIANA… INOLTRE PER IL CREMLINO FARE GUERRA ALLA WAGNER SIGNIFICA PERDERE IL CONTROLLO GEOPOLITICO DI MEZZA AFRICA, VISTO CHE LA BRIGATA HA PENETRATO IL SISTEMA POLITICO IN LIBIA, MOZAMBICO, BURKINA FASO, MALI E SUDAN, OLTRE ALLA SIRIA
Il 24 giugno è stata una giornata concitata nell’élite russa, sia a Mosca che nelle regioni. A Perm, una città negli Urali, era quasi ora di cena quando riesco a parlare con un cinquantenne imprenditore locale, che gestisce quasi tutto il mercato immobiliare. «La situazione è calma», mi dice Sergej (nome di fantasia), a differenza di quanto successe durante il tentato golpe contro Gorbaciov nel 1991 e la distruzione del Parlamento da parte di Eltsin nel 1993.
«Allora andammo tutti in piazza, oggi siamo incollati ai computer». Estremamente nazionalista, Sergej avanza la tesi che dietro il tentato golpe ci siano forze straniere. Ben presto però ammette che Prigozhin (al quale la sua azienda ha donato fondi) è un patriota e non si capacita di come possa essersi fatto irretire dai nemici della madrepatria. «Fino a qualche giorno fa ci hanno assicurato che Wagner fosse una forza positiva e adesso sembra non esserlo più. Io ci avevo creduto». La verità squarcia le menzogne del potere e confonde.
Le denunce di Prigozhin hanno un ampio seguito anche tra chi appoggia la guerra che tra chi si oppone. Quando le macchine della polizia si sono avvicinate alle unità della Wagner a Rostov- sul-don sono state accolte dalle urla «Vergogna! Vergogna! » La classe media teme che i propri figli vengano richiamati al fronte e diventino “carne da cannone”, appunto come denuncia Prigozhin, e preferisce che la guerra la facciano i miliziani della Wagner piuttosto che i loro figli, come vorrebbe Putin.
Vanno aggiunte due considerazioni: l’ex ristoratore di San Pietroburgo è una figura amatissima tra i blogger militari più violenti, tra i suoi miliziani e tra le file dell’esercito regolare, il quale non era disposto a difendere Mosca dalla marcia del 24 giugno. A differenza di Putin, vestito con giacca e cravatta, sempre più distante e paranoico, Prigozhin, in uniforme, va tra la gente, incontra le madri dei caduti, le accompagna al cimitero, dona loro soldi.
La Wagner è una multinazionale del terrore, che ha penetrato il sistema politico di diversi stati africani. Ad esempio, nella Repubblica centrafricana controlla una agenzia di stampa, una tv, concessioni minerarie e addirittura gestisce una fabbrica di liquori. Opera anche in Libia, Mozambico, Burkina Faso, Mali e Sudan, oltre alla Siria. È impossibile liquidare Wagner senza che la Russia perda il controllo geopolitico di mezza Africa. Il gruppo promuove gli interessi economici del sistema di potere putiniano.
Fonti credibili a Londra e Mosca raccontano che Prigozhin sia il depositario di molti segreti del dittatore russo: transazioni economiche illegali, denari nascosti nei paradisi fiscali (tra cui Londra), le prove che Putin ha ordinato omicidi e interferito in diverse elezioni. Le rivelazioni potrebbero portare alla fine dell’ex grigio funzionario del Kgb. Molti elementi della burocrazia ex sovietica temono l’avventurismo di Prigozhin, ma è ormai una forza che non può essere liquidata facilmente.
Col passare delle ore cresce lo scetticismo circa la versione ufficiale della soluzione della crisi, e soprattutto sul ruolo di Aleksandr Lukashenko, il presidente della Bielorussa. Può un leader malato, debole, che ha accettato sul suo territorio i missili nucleari tattici russi, diventare improvvisamente un garante credibile di un accordo che vede Wagner dissolversi e i suoi uomini entrare nei ranghi dell’esercito regolare?
E’ possibile che Putin non si sia affatto liberato dell’abbraccio mortale con Wagner e provi invece di uscire dall’angolo cercando ancora una volta di utilizzare la milizia per i suoi fini. In questo scenario sempre più dibattuto nei circoli dell’intelligence occidentale, il cuoco di San Pietroburgo si trasferirebbe in Bielorussia, da dove ricostruirebbe la sua milizia e lancerebbe un attacco congiunto all’Ucraina dal Nord, una ipotesi fino ad ora rifiutata da Lukashenko.
(da La Repubblica)
Leave a Reply