UN MESE FA A NEW YORK C’E’ STATO UN INCONTRO TRA IL SINDACO DI MILANO E DI MAIO
SALA, CHE HA SENTITO ANCHE CALENDA, CINGOLANI E LA CARFAGNA, DISPONIBILE A COSTRUIRE UN NUOVO POLO POLITICO RIFORMISTA E AMBIENTALISTA
L’incontro a New York tra Luigi Di Maio e Beppe Sala è stato lungo e, come si dice in questi casi, proficuo. Risale a un mese fa: entrambi si trovavano negli Usa, all’Onu. Dopo, ci sono stati i colloqui del sindaco di Milano con il ministro Roberto Cingolani, con Carlo Calenda, e alcuni scambi d’opinione anche con Mara Carfagna.
È presto per dire se le idee che il sindaco di Milano coltiva sulla costruzione di un nuovo polo politico riformista e ambientalista possano incrociarsi anche con un’eventuale scissione in casa M5S.
Di certo, per ora, c’è la considerazione di Sala per Di Maio («Ho grande stima di lui», ha confidato a più di un interlocutore) e la determinazione con cui si sta muovendo per costruire una rete che potrebbe dare vita a un movimento, «una cosa politica» nuova.
Un pensiero che Sala ha da tempo, a cui sta lavorando di sponda con i Verdi europei – di cui ha firmato la Carta – e in particolare con l’eurodeputato Philippe Lamberts.
Ma una operazione che ha tempi stretti di realizzazione – se non vede la luce in vista delle politiche del 2023, rischia di naufragare per sempre – e un problema da aggirare: Sala non vuole che un suo nuovo ruolo nazionale porti Milano al voto anticipato.
A Matteo Renzi e a Carlo Calenda, che l’hanno chiamato in causa perché guidi il polo di centro, il sindaco risponde così: «Sono un moderato radicale, ma siamo davanti a un Big Bang sociale che richiede una nuova visione, non bastano formule». Soprattutto non basta l’aritmetica di un centro non meglio identificato, che avrebbe forse più leader che potenziali elettori.
Di Maio però, ormai in rotta di collisione con il Movimento di Giuseppe Conte, potrebbe rappresentare la marcia in più per fare decollare il progetto di Sala, il quale punta anche all’eredità migliore del fu Movimento di Grillo (con il quale, peraltro, il sindaco di Milano coltiva da tempo buoni rapporti personali).
Né va trascurato un punto: la probabile conferma del limite dei due mandati in casa grillina, che sarà oggetto di un referendum tra gli iscritti in estate, obbligherà quelle figure del Movimento intenzionate a non lasciare la politica attiva a trovare nuove case e nuove liste per ripresentarsi al giudizio degli elettori. Il ministro degli Esteri sarebbe una figura chiave per allargare il mercato elettorale di questo soggetto, «popolare, liberal democratico, ambientalista e sociale», per dirla con gli aggettivi usati da Sala.
Per il primo cittadino della città più europea d’Italia i pericoli all’orizzonte sono evidenti e l’obiettivo è aprire porte e finestre della politica. Ha scritto qualche giorno fa in un post, e ribadisce a proposito del “campo largo” del segretario dem Enrico Letta: «Il campo largo è senza attrezzature e si rischia di non riuscire a coltivare nulla. Una coalizione è più dei singoli partiti. Dovrebbe servire a eliminare le asperità interne e conquistare così anche la fiducia delle persone che si stanno sentendo lontane dalla politica».
Ancora più direttamente poi, ai cosiddetti centristi Sala ricorda: «A me non piace l’idea di un posizionamento di centro, penso debba esserci una formazione sociale, liberal democratica, popolare e ambientalista. Uno spazio progressista esiste, lo sappiamo tutti che c’è, ma sembra così difficile metterlo assieme». Con una avvertenza, che però è il vero discrimine: niente ambiguità e ammiccamenti a destra, perché «l’area a cui guardare non può essere che il centrosinistra».
Il “polo” di Sala ha ambizione di pescare più largo e più a fondo. Ci sono blocchi di partiti in piena disgregazione, a cominciare appunto dal M5S che, è l’analisi di Sala, «la barriera del 10%, a scendere, l’ha sfondata e in questo momento non ha identità: se Conte prova a intestarsi la battaglia ambientalista, fa sorridere».
(da la Repubblica)
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