VERSO LA ROTTURA UFFICIALE: POSIZIONI INCONCILIABILI TRA PD E MDP SU PENSIONI E ART 18
LA SINISTRA CONTA SUL NO DELLA CAMUSSO AL TAVOLO DI GOVERNO
Altro che dialogo. Tra Pd e Mdp la rottura è già pronta. Scorre su un terreno con mine ben piazzate e pronte a esplodere a partire da domani. La prima, le pensioni. La seconda, l’articolo 18. Vediamo.
Domani, mentre l’inviato di Matteo Renzi ai rapporti con la coalizione, Piero Fassino, sarà a Milano per incontrare Giuliano Pisapia e convincerlo a fare una lista alleata del Pd alle politiche, a Palazzo Chigi il governo incontrerà di nuovo i sindacati al tavolo sul posticipo dell’età pensionabile.
A meno di novità dell’ultim’ora, la Cgil di Susanna Camusso dovrebbe confermare la sua insoddisfazione per le proposte dell’esecutivo, rompere rispetto all’intesa che potrebbe invece essere firmata da Cisl e Uil e portare i pensionandi in piazza il 2 dicembre: contro la legge Fornero che stabilisce l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni a partire da gennaio 2019, contro le proposte dell’esecutivo che vorrebbe esonerare ‘solo’ 15 categorie professionali.
Questi sono i calcoli che si fanno in casa Mdp. Tanto che, proprio per via dello sciopero, Roberto Speranza e i bersaniani, Massimo D’Alema, Nicola Fratoianni e Pippo Civati stanno pensando di posticipare dal 2 al 3 dicembre la loro assemblea unitaria che lancerà la lista unica della sinistra alle elezioni.
Assemblea alla quale dovrebbero partecipare anche i presidenti di Camera e Senato Laura Boldrini e Pietro Grasso. La prima si è sbilanciata a favore di Mdp all’assemblea di Campo Progressista domenica scorsa, tanto da lasciare di stucco lo stesso Pisapia, colto di sorpresa dal discorso della presidente. Grasso finora ha solo lasciato il Pd, ma dentro Mdp continua a essere evocato come leader di una coalizione a sinistra di Renzi.
La seconda mina su cui salterà un ‘dialogo in fondo mai partito’ arriva lunedì in aula alla Camera.
Trattasi della proposta dell’ex Pd Francesco Laforgia, ora deputato di Mdp, per il ripristino dell’articolo 18 nelle imprese dai 5 dipendenti in su. “Una proposta che parte dai 3,3 milioni di firme raccolte dalla Cgil per la richiesta di un referendum sul jobs act”, spiegano da Sinistra Italiana. Referendum che non si è mai celebrato: il quesito sull’articolo 18 non è stato ammesso dalla Corte Costituzionale, quelli sui voucher e sugli appalti sono stati evitati dall’intervento in extremis del governo.
Dal Pd però considerano la proposta La Forgia una “provocazione”: ne chiederanno il ritorno in commissione. E a quel punto anche i giochi di coalizione saranno fatti: spenti sul nascere.
L’articolo 18 da riformare in questa legislatura è il banco di prova su cui Mdp aspetta il Pd. Mentre Fassino cerca di concordare un programma elettorale con gli alleati per riforme da fare nella prossima legislatura. Questione di tempi e anche di contenuti. Nell’idea di Fassino ci sarebbe anche un documento programmatico sul Jobs Act, comunque da svolgere dopo le elezioni.
Domani a Milano l’incontro tra Fassino e Pisapia. Anche lui e i suoi chiedono segnali concreti. Dal Pd sperano gli basti l’apertura su ius soli e biotestamento (tutta da verificare sul banco dei numeri della maggioranza in aula al Senato).
Il leader di Campo Progressista è disponibile a siglare un accordo per non rinunciare ad una prospettiva unitaria di centrosinistra. Ma, alla vigilia, il rischio che gran parte dei suoi non lo segua è reale.
Tanto che nemmeno Romano Prodi, padre nobile dell’Ulivo che ieri ha benedetto lo sforzo unitario del Pd e di Fassino, è disposto a scommettere sui risultati di questo giro di tentativi che pure, è convinto il professore, vanno fatti.
Sia da Mdp che da Sinistra Italiana fanno sapere che potranno anche incontrare Fassino: il punto non è quello. “Questione di cortesia, ma i presupposti per un accordo non ci sono”, dice Fratoianni.
“La prossima settimana troveremo il modo di incrociarci, con me o altri delegati — dice Speranza al Mattino — Ma il nostro giudizio riguarda una stagione di politiche sbagliate che hanno distrutto il centrosinistra provocando rotture anche nel Pd”.
Non c’è dialogo, ma ricerca di giustificazioni politiche per confermare le posizioni di partenza: distanti.
(da “Huffingtonpost”)
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