Destra di Popolo.net

IL SEGRETARIO DELL’ASSOCIAZIONE MAGISTRATI ATTACCA IL GOVERNO: “NON AVETE LEGITTIMITA’ PER FARE LA RIFORMA”

Marzo 18th, 2011 Riccardo Fucile

“IL DISEGNO DI LEGGE ALFANO E’ UN’ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA SULLA BATTAGLIA DEL PROCESSO BREVE”….REAZIONE ISTERICA DEL PDL: “NON SI PERMETTA GIUDIZI”…MA UNA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA NON SI FA A COLPI DI (PUR ESIGUA) MAGGIORANZA

Tenuto conto che appena una settimana prima della presentazione della riforma costituzionale sulla giustizia, “il Pdl ha definito gli uffici giudiziari di Milano avanguardia rivoluzionaria, a mio avviso questa maggioranza non ha la legittimazione storica, politica, culturale e anche morale per affrontare questo tema”.
E’ duro l’attacco del segretario dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Cascini, nel suo intervento a un convegno su processo breve e riforme costituzionali della giustizia organizzato da Nichi Vendola.
“L’ipotesi di riforma costituzionale è una sorta di distrazione di massa” nei confronti di quanto sta avvenendo in Parlamento, ovvero la battaglia sul processo breve e “l’idea diffusa anche a sinistra secondo cui Berlusconi un po’ di ragione in fondo ce l’abbia, denota una subalternità  culturale e politica a un tema declinato dalla destra. Dalla sinistra – ha aggiunto Cascini – vorrei una risposta realmente di sinistra”.
Per il futuro, poi, l’invito del segretario dell’Anm è a “non farsi intrappolare dall’idea che dire no significhi essere conservatori”.
Durissima e immediata la reazione del Pdl: secondo Maurizio Paniz, le parole pronunciate dal magistrato sono incredibili. “L’indegnità  morale è di chi non sa rispettare i limiti del proprio compito: applicare le leggi e non farle è il suo dovere. Cerchi di farlo bene e non si permetta giudizi, vieppiù sulla legittimazione morale, di chi sta solo facendo il proprio lavoro di legislatore”.
Ora che l’avvocato bellunese parli di indegnità  morale altrui, quando ha come   compagni di merende il premier, Verdini, Cosentino e cricche varie, ci pare onestamente un po’ troppo.
Il livello dello scontro lo ha alzato il governo, attaccando da mesi la magistratura che si permette di indagare su “coccodimamma”, il più amato dalle italiane.
Sono mesi che gli avvocati del premier e il governo sono impegnati su un unico obiettivo: togliere Berlusconi dai processi, in qualsiasi modo.
Questo è il vero scandalo e tale dovrebbe risultare anche dalle parti di Belluno.
Chi sta a destra ai processi è abituato a presentarsi, per rispetto delle istituzioni e a rispondere in prima persona, non aggiustandosi le leggi per scapolare alla Giustizia.
Detto questo, in tutte le democrazie occidentali le grandi riforme, compresa quella della Giustizia, si fanno a grande maggioranza, con voto unanime di governo e opposizione.
E’ così che fanno i Paesi civili, anche perchè così rimangono nel tempo.
Altrimenti una maggioranza impone una riforma e dopo qualche anno, quando cambia il governo, se ne fa un’altra e si amnnulla quella precedente.
Lo vogliamo capire o no che, procedendo così, si fa solo uno spot e si perde tempo?

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POLVERINI, AFFITTO DI FAVORE A ROMA: PER 15 ANNI HA PAGATO 130 EURO AL MESE PER 5 STANZE ALL’AVENTINO

Marzo 18th, 2011 Riccardo Fucile

ABITAVA IN UNA CASA DELL’ATER, DOVE RISIEDE ANCORA SUO MARITO: UN’ASSEGNAZIONE INCOMPRENSIBILE, VISTO IL SUO REDDITO…NEL FRATTEMPO ACQUISTAVA APPARTAMENTI IN GIRO PER LA CAPITALE…LA CASTA COLPISCE ANCORA

Renata Polverini ci è andata giù pesante.
Lo scandalo Affittopoli e delle case di proprietà  di enti locali svendute a quattro soldi ai soliti potenti l’ha davvero scandalizzata.
«L’era dei privilegi è giunta al capolinea», ha detto in un’intervista pochi giorni fa: «Sono contratti assolutamente fuori dai valori di mercato».
Una vera indecenza.
Sotto il fuoco di fila del Popolo della Libertà  sono finite le giunte di centrosinistra, da quella di Francesco Rutelli a Walter Veltroni.
Accusate di aver girato appartamenti a sindacalisti e politici amici per pochi spicci, per non parlare degli immobili di lusso svenduti a prezzi di favore in aste pubbliche.
L’indignazione del presidente della Regione Lazio ha contagiato anche il suo assessore alla Casa, Teodoro Buontempo, che ha ordinato di bloccare all’istante la vendita dei gioiellini dell’Ater, l’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica.
«Non ci saranno sconti per chi ha violato la legge. Ecco perchè ho voluto una commissione straordinaria che faccia chiarezza».
Gianni Alemanno s’è subito accodato allo sconcerto generale, varando un’altra commissione ad hoc.
Stavolta al Campidoglio: «Non voglio fare nè allarmismo nè dossieraggio, solo appurare la verità ».
Chissà  se per far luce sull’Affittopoli romana il sindaco farà  un salto anche a via Bramante, nel cuore di San Saba.
Uno dei quartieri più belli della capitale, a pochi passi dall’Aventino, dove chi vuole acquistare una casa ai valori correnti può sborsare anche 10 mila euro al metro quadrato.
Al numero civico 3 e 5 ci sono i due ingressi di un condominio degli inizi del Novecento, sei palazzine di proprietà  dell’Ater con giardinetto interno annesso.
In tutto una novantina di alloggi, destinati per legge a quei cittadini indigenti che non possono permettersi i canoni d’affitto imposti dal mercato.
Entrando nel vialetto, nascosto da felci e alberelli, in fondo a sinistra c’è l’edificio B.
Scorrendo i cognomi perfino Alemanno strabuzzerebbe gli occhi leggendo sul citofono, accanto al pulsante in alto a destra, “Cavicchioli-Polverini-Berardi”.
Massimo Cavicchioli lui lo conosce bene: è infatti il marito del governatore Polverini.
Un uomo schivo, ex sindacalista della Cgil, oggi esperto informatico da sempre lontano dalle luci della ribalta.
Berardi è il cognome di sua madre Pierina, morta anni fa.
«Un errore, forse un omonimo, non possono essere loro, lei guadagna oltre 10 mila euro al mese», penserebbe il sindaco di Roma passando dal portoncino, dove è attaccato un avviso del Comitato Inquilini Ater San Saba che annuncia l’apertura di un nuovo sportello di zona.
Eppure sulla buca delle lettere al piano terra ci sono anche le iniziali degli inquilini: “Cavicchioli M.-Polverini R.”.
Due indizi non fanno una prova. Ma tre?
La targhetta accanto alla porta dell’abitazione, al quarto piano, riporta gli stessi cognomi.
Una chiacchierata con i vicini fuga altri dubbi: «Mi ricordo della signora Clementina, la nonna del signor Cavicchioli. Lei non c’è più, anche i genitori di lui sono morti, e da sempre vedo entrare solo il figlio e i suoi amici. Quanto si paga qui? Dipende dalla metratura, ma la mia bolletta è di 130 euro al mese».
A “l’Espresso” risulta che nell’appartamento (quattro vani più bagno e cucina) risieda proprio il marito della Polverini.
Ma non è tutto: i documenti dell’Anagrafe dimostrano che la governatrice ha vissuto per ben 15 anni nella casa popolare di via Bramante.
Per la precisione, dal giorno del matrimonio (celebrato il 21 giugno del 1989) al settembre del 2004.
Periodo in cui Renata ha fatto carriera, diventando prima responsabile delle relazioni internazionali e comunitarie dell’Ugl, poi – dal 1999 – vice segretario della Confederazione sindacale di destra.
Non si sa quanto la famiglia Cavicchioli-Polverini guadagnasse al tempo (da leader dell’Ugl Polverini prendeva 3.500 euro al mese; nel 2008, secondo la dichiarazione dei redditi, sfiorava i 140 mila euro annui), ma i maligni sospettano che i due non avessero i requisiti per vivere negli appartamenti dell’ex Istituto autonomo case popolari.
«Se il reddito del nucleo familiare supera il limite stabilito, ora fissato a 38 mila euro lordi annui, l’assegnazione decade automaticamente. Chi ci resta diventa un occupante abusivo non sanabile», ragionano dall’Ater.
Forse le entrate dichiarate erano più basse, ma la coppia presidenziale non doveva passarsela male, visto che la Polverini – restando ferma a San Saba – chiedeva mutui e comprava altri immobili.
Per centinaia di migliaia di euro.
Già . Il governatore sembra avere una vera passione per il mattone, e grande fiuto per gli affari.
Mentre risiedeva nella casa popolare, si dava da fare per acquistare appartamenti a Roma, e non solo.
Andiamo con ordine.
Nel marzo del 2001 la Polverini compra un pied-à -terre nel piccolo borgo di Torgiano, tre vani più box in provincia di Perugia.
Città  a lei cara, visto che sua madre è nata lì.
Firma l’atto di compravendita il giorno 21 dal suo notaio di fiducia, da cui torna dopo meno di una settimana per formalizzare l’acquisto di un’altra casa romana, quartiere Monteverde.
Cinque stanze, bagni e cucina a due passi da Villa Doria Pamphilj.
La casa forse non le piace (in effetti San Saba è molto più trendy), di certo un anno dopo la gira alla madre Giovanna.
L’atto di donazione è del 19 marzo 2002.
Dieci giorni dopo, il 28 marzo, un nuovo colpo da maestra: la Polverini compra un altro appartamento, stavolta al Torrino.
La zona è semicentrale, vicino all’Eur, ma l’abitazione è molto grande, sette vani più box.
Soprattutto, è un immobile ex Inpdap, e il prezzo è da record: come ha scritto Marco Lillo su “Il Fatto”, la Polverini se lo prende sborsando appena 148 mila euro, la cifra chiesta a tutti gli inquilini del palazzo dalla società  di cartolarizzazione di Stato (Scip) che vendeva con forti sconti.
Sui documenti dell’Anagrafe consultati da “l’Espresso” risulta però che la Polverini al Torrino non abbia mai avuto residenza: chissà  come ha fatto a condurre in porto l’operazione.
Anche stavolta l’appartamento non deve essere di suo gusto, tanto che nel 2007 lo vende a prezzo ben più alto (234 mila euro dichiarati) a un suo collega sindacalista, Rolando Vicari dell’Ugl.
Lo slalom tra gli acquisti di Renata non è finito.
Perchè sette mesi dopo, a dicembre del 2002, quando ancora risiede nella casa Ater, compra dallo Ior una bella casa con nove stanze, due box e tre balconi sull’Aventino.
Un posto da sogno, che la Banca Vaticana dà  via per 272 mila euro.
Dopo due anni, il 20 settembre del 2004, l’ex leader dell’Ugl si allarga comprando l’appartamento gemello confinante con terzo box annesso. Stavolta dalla Marine Investimenti Sud, una società  immobiliare da sempre in affari con la Santa Sede, un tempo partecipata al 90 per cento dalla Finnat di Giampiero Nattino, ma oggi controllata da società  off-shore che rimandano fino a Montevideo, in Uruguay.
Renata spende altri 666 mila euro ed è finalmente soddisfatta.
Una settimana dopo il rogito dal notaio Giancarlo Mazza (finito sulle cronache dei giornali come recordman dell’evasione nazionale) cambia finalmente la sua residenza e dà  l’addio alla casa dell’Ater, a soli 850 metri di distanza, dove lascia la sua residenza il marito Massimo (seppure sulle Pagine Bianche anche lui risulti all’indirizzo della moglie).
L’ultimo acquisto sull’Aventino la Polverini lo fa lo scorso agosto, quando compra un quarto box (ma di quanti posti auto ha bisogno la presidente?) nel condominio in cui abita da sola.
Nel palazzo di mattoncini rossi a via Bramante la vita scorre tranquilla.
Dei business immobiliari di Renata nessuno sa nulla.
Non sanno che per le valutazioni del Cerved su dati dell’Agenzia del Territorio solo la maison può valere 1,8 milioni di euro.
«Massimo e Renata sono persone gentilissime», dice un’anziana che s’appresta a portare a spasso il cane.
Anche il barista che conosce la coppia da vent’anni ha parole affettuose, e racconta – senza mai esserci andato – delle feste che Renata organizza nella casa dell’Aventino.
«Una donna forte e onesta, una che si è fatta da sola», chiosa un altro avventore.
«Ecco lì Cavicchioli, vede, è quello con le buste della spesa», dice un’inquilina del condominio Ater mentre appende i panni fuori dalla finestra. «Scrivete che qui il giardiniere non viene mai, e che le aiuole sono incolte. E soprattutto che a lor signori, quelli che comandano, non venisse mai in mente di aumentarci l’affitto».

Emiliano Fittipaldi
(da “L’Espresso“)

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TRA LE FAVORITE DEL PREMIER SPUNTA ANCHE UNA GIORNALISTA DI ITALIA 1: REGALO DA 35.000 EURO PER AUTO E 600.000 PER UNA CASA

Marzo 18th, 2011 Riccardo Fucile

SI TRATTA DI SILVIA TREVAINI, UNA CARRIERA FULMINANTE: DAL MURETTO DI ALASSIO A “STUDIO APERTO”…UNA AUDI ACQUISTATA CON UN BONIFICO DI BERLUSCONI E UN APPARTAMENTO   DA 648.000 EURO SALDATO CON DUE ASSEGNI CIRCOLARI…UN MIRABILE ESEMPIO SU COME I GIOVANI POSSONO FARE UNA RAPIDA CARRIERA

Tra le beneficiate del presidente del Consiglio che notoriamente agisce “come la Caritas”, c’è anche una giornalista.
Si tratta di Silvia Trevaini, una carriera fulminante: da finalista ad Alassio al concorso miss Muretto 2005, quando aveva 22 anni, a giornalista Mediaset di “Studio Aperto”.
Ha ricevuto da Silvio Berlusconi 35.000 euro per un’auto, una Audi 2000. E un “piccolo” aiuto per comprare una casa.
Silvia Trevaini è infatto intestataria, scrive la polizia giudiziaria, di una AudiTt serie 2.0 Tfsi, “acquistata dalla stessa in data 14.04.2009 presso la concessionaria Pirola di Monza per euro 41.200”.
Come è stata pagata l’auto?
“Deposito cauzionale il 19.12.2008 di 1.000 euro con assegno, poi 4.200 euro in assegno e 1.000 euro in contante il 07.04.2009, infine bonifico   bancario di 35.000 euro il 07.04.2009 ordinante Berlusconi Silvio”.
Sulvia Trevaini riesce anche a comprare casa.
Primaun piano rialzato a Segrate che poi rivende per acquistare un appartamento a Monza, primo piano “composto da due locali, servizio e vano cantina più autorimessa” per un valore di oltre 600.000 euro.
Provenienza dei soldi per l’acquisto?
Dal Monte dei Paschi di Siena, filiale di Segrate, dove ha il conto Berlusconi, attraverso due assegni di euro 312.156 e di 299.203.
In sei anni una carriera lampo: giornalista Mediaset, auto nuovo e appartamento di proprietà  da 600.000 euro.
Sono questi gli esempi che i giovani dovrebbero perseguire, parola di premier.

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L’INDAGATO CHE VOLEVA FARE IL MINISTRO DEL’AGRICOLTURA: DALLE TELEFONATE IN QUESTURA A QUELLA IN DIRETTA A SAVERIO ROMANO

Marzo 18th, 2011 Riccardo Fucile

UN’INDAGINE PER MAFIA “QUASI” ARCHIVIATA E UN’ALTRA IN CORSO PER CORRUZIONE AGGRAVATA DAL FAVOREGGIAMENTO DI ASSOCIAZIONE MAFIOSA… IL “RESPONSABILE” CHIACCHIERATO CHE PRETENDE UN MINISTERO IN CAMBIO DEL SUO APPOGGIO AL GOVERNO

Un’indagine per mafia “quasi” archiviata e un’altra, in corso, per corruzione aggravata dall’art. 7, che prevede il favoreggiamento ad un’associazione mafiosa: sono queste le inchieste condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo nei confronti di Saverio Romano, ministro in pectore del governo Berlusconi per la formazione dei Responsabili, sulla cui nomina in queste ore, secondo alcuni quotidiani, si sono registrate perplessità  da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano proprio in relazione ai problemi giudiziari del deputato.
E, come scrive Il Messaggero, anche “ai presunti legami dei suoi familiari con la mafia”, forse riferendosi alla decisione del ministero dell’Interno, adottata un mese fa, di iniziare le procedure di scioglimento per mafia del comune di Belmonte Mezzagno, feudo elettorale del ministro in pectore guidato dal sindaco Saverio Barrale, zio di Saverio Romano.
Perplessità  ed esitazioni manifestate nell’incontro di mercoledì tra il premier ed il capo dello Stato che avrebbero indotto Romano e la sua pattuglia di parlamentari (cinque in tutto) a disertare il voto d’aula sull’election day, nel quale la maggioranza, com’è noto, si è salvata per un solo voto, quello del radicale Beltrandi.
Per fugare i dubbi sulla sua lealtà  nei confronti del governo (e ridefinire i rapporti con la maggioranza) Romano ha convocato una conferenza stampa in cui ha esordito: “Imboscate da noi non ne verranno mai”.
“Sono ministro dell’Agricoltura da 15 giorni” ha ricordato ironicamente Romano, a proposito delle voci sul suo ingresso nell’esecutivo, “ma una mia nomina al governo potrebbe essere addirittura dannosa se non è preceduta da una premessa”.
Che secondo Romano deve essere politica: il leader del Pid si è detto “lusingato” per la possibilità  di entrare al governo espressagli “dal presidente Berlusconi”, ma ha     sottolineato che occorre prima che Iniziativa Responsabile “entri organicamente nella maggioranza”, il che significa che d’ora in poi “i provvedimenti dovranno essere concordati non solo tra la Lega e il Pdl, ma anche con il concorso di Iniziativa responsabile”.
D’ora in poi, dunque, i Responsabili vogliono entrare a pieno titolo in tutte le decisioni della maggioranza e non, ha detto Romano, come è capitato in passato con la norma sull’anatocismo bancario presente nel Mille-proroghe, o i tagli al Ministero per i Beni Culturali, o quelli agli incentivi per le fonti rinnovabili.
Per il deputato ex Udc, insomma, in sede parlamentare i capigruppo di Pdl e Lega dovranno concordare con quello di Romano i provvedimenti al vaglio di Camera e Senato, mentre quando “il confronto riguarda la sede politica”, Berlusconi dovrà  convocare i Responsabili nel vertice di maggioranza.
“Vogliamo da questo governo – ha spiegato – un progetto chiaro che indichi anche i tempi. Iniziativa Responsabile pone questioni politiche e non di poltrone”, perchè “serve un progetto che guardi alla futura     legislatura”.
Premesse politiche e tatticismi, da una parte e dall’altra, nelle quali finisce per giocare un ruolo anche la questione morale: se è vero che l’inchiesta principale, per concorso esterno in associazione mafiosa, (nata dalle dichiarazioni del pentito di Villabate Francesco Campanella) si è chiusa in procura quattro mesi fa con una richiesta di archiviazione che attesta la mancanza di elementi concreti per sostenere l’accusa in giudizio, nella stessa richiesta il pm Nino Di Matteo scrive che dalle indagini è emerso un quadro di “contiguità ”, penalmente non rilevante, con ambienti mafiosi villabatesi.
Resta aperta, invece, l’indagine per corruzione aggravata dal favoreggiamento alla mafia aperta dopo che in un’intercettazione ambientale del gennaio 2004 Massimo Ciancimino disse al professor Gianni Lapis, che per suo conto aveva curato la vendita della società  del Gas agli spagnoli della Gas Natural, che aveva dovuto versare somme di denaro ad alcuni esponenti politici.
Tra questi, Saverio Romano.

Giuseppe Lo Bianco
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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RENZO BOSSI ESCE DALL’AULA PER L’INNO MA ENTRA A SBAFO ALLA BUVETTE ROMANA DELLA CAMERA DOVE NON POTREBBE PRANZARE

Marzo 18th, 2011 Riccardo Fucile

PADANO “DURO E PURO” DETESTA, A PAROLE, LE CATTIVE ABITUDINI DI ROMA LADRONA: PECCATO CHE IL 14 DICEMBRE FOSSE, PUR NON AVENDONE TITOLO, A INGOZZARSI AL RISTORANTE DI MONTECITORIO DOVE SI POSSONO GUSTARE PIATTI RAFFINATI A SOLI 3 EURO…IL REGOLAMENTO VIETA AL PARLAMENTARE   DI PORTARE A TAVOLA PERSINO LA MOGLIE O UN ASSISTENTE, MA IL “TROTA” NON SI FA SCRUPOLI, IN NOME DELLA PADAGNA DEL MAGNA MAGNA

Renzo Bossi, il “trota”, figlio di Umberto.
Anche lui, eletto consigliere regionale lombardo (stipendio da 15.000 euro al mese), è uscito dall’aula quando la banda ha suonato l’inno di Mameli.
Esemplare atteggiamento da padano duro e puro che detesta le cattive abitudini di “Roma ladrona”.
Peccato però che il 14 dicembre scorso (e non certo per una eccezione), quando il governo Berlusconi era chiamato a reggere l’onda d’urto della mozione di sfiducia, in molti lo avevano notato mentre si crogiolava tra la peggiore delle cattive abitudini della Casta.
Il “trota” era lì, composto, al fianco del papà ,   al tavolo centrale della straordinaria buvette di Montecitorio, dove si possono gustare piatti squisiti e raffinati a prezzi irrisori (i piatti più complessi sono sempre sotto i tre, quattro euro).
Era lì, seduto, nonostante ci sia un’unica regola: possono entrare solo i parlamentari.
E Renzo Bossi parlamentare non lo è, almeno per ora.
Ma mentre il senatur si cibava di cannelloni ripieni di carne e verdure preparandosi allo scontro, il “trota” lo imitava in buon ordine e rigoroso silenzio.
D’altra parte quella poltroncina stile impero se l’era conquistata perchè figlio di papà , di un papà  speciale, perchè agli altri parlamentari non è consentito neppure portare a tavola la consorte o gli assistenti.
Ma quello è il “trota” romano; quello padano si ribella e l’inno italiano non l’ascolta.
Si è rintanato ancora alla buvette del Pirellone.
Dove cappuccio e brioche sono quasi gratis: per loro.

Giovanni Mari
(da “il Secolo XIX“)

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PERCHE’ CONTRO IL NUCLEARE

Marzo 18th, 2011 Riccardo Fucile

IL PIANO DEL GOVERNO PREVEDE 52 AREE PER OSPITARE LE SCORIE, IN GRAN PARTE NEL CENTROSUD…COSTI DI COSTRUZIONE, MANTENIMENTO, GESTIONE E DISMISSIONE PER UNA CENTRALE CHE DURA AL MASSIMO 40 ANNI….L’ITALIA IMPORTA L’8% DELL’ENERGIA CHE CONSUMA E SI VORREBBE SOSTITUIRE QUESTA PARTE CON UN 50% DI ENERGIA PROVENIENTE DAL NUCLEARE E UN ALTRO 50% DALLE RINNOVABILI…ALLA FINE SI SPENDERA’ DI PIU’ CHE A IMPORTARE ENERGIA DALL’ESTERO

A pochi giorni dal disastro ambientale seguito alla tragedia che ha colpito il Giappone, il mondo s’interroga sulla validità  della tesi nucleare.
In Italia il Governo si dice fermamente convinto nell’andare avanti, rifiutando di sospendere i l programma di riarmo delle centrali nucleari.
La Sogin, società  controllata dal Tesoro, attraverso organi di informazione ufficiali, ha prospettato la soluzione al problema scorie: 52 aree, site per lo più nel Centro Sud, in grado di ospitare le scorie radioattive.
Malgrado non sia stata fornita alcuna specifica in merito alla classe, la notizia è stata accolta con favore dal Presidente del Consiglio, nonchè dal Ministro dell’Ambiente.
Dal Corriere della Sera: “la scelta del deposito nazionale per le scorie non sarà  imposta e avverrà  d’accordo con le Regioni, con una sorta di asta: la comunità  che accetterà  i depositi radioattivi sarà  infatti compensata con forti incentivi economici”.
Per l’avvio del provvedimento mancano le VIA e il parere dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare a cui manca ancora un presidente.
Il Ministro dell’Ambiente dichiara che “le centrali pensate per l’Italia sono modernissime e prevedono sistemi di sicurezza molto superiori a quelli giapponesi”.
Personalmente nutro perplessità  in merito alla tecnologia italiana riferita alle Centrali Nucleari, visto che i primi passi dovrebbero muoversi solo nel prossimo futuro.
Se importassimo la tecnologia dai Paesi in cui il nucleare è attivo, mi chiedo quanto denaro dovrebbe essere investito…considerando che già  la costruzione di per sè richiede un costo molto elevato e sicuramente eccessivo per il Paese.
E i costi di mantenimento e gestione?
E i costi di bonifica delle centrali?
Purtroppo molti ignorano che la vita media di un impianto nucleare è stimata in 30-40 anni.
Dopo tale periodo dovrebbe essere sostenuto un costo per la sua dismissione, elevatissimo.
Dunque contestualmente dovrebbe essere sostenuta una spesa per dismettere un impianto e una per costruirne uno nuovo…
Per quanto concerne la sicurezza, sicure che possano essere, non lo saranno mai totalmente.
Le caratteristiche geomorfologiche dell’Italia contemplano una possibile sismicità . E Fukushima ci ha insegnato che basta un incidente per cagionare un disastro ambientale.
L’Italia attualmente importa circa l’8% dell’energia che consuma, mentre produce l’83% da idrocarburi e il restante da rinnovabili.
L’obiettivo del Governo è di ridurre del 33% la produzione da idrocarburi, conseguendo il restante 50% dal nucleare e dalle fonti rinnovabili in egual misura.
La produzione di energia dalla fissione nucleare non libererà  l’Italia dai costi d’acquisto di quell’8%, bensì rappresenterà  di per sè un costo di gran lunga superiore.
I rifiuti nucleari hanno la caratteristica di essere sempre altamente tossici.
Gli effetti da irradiazione sono ormai noti a tutti e vanno dalla comparsa di tumori alle malformazioni neonatali.
Le patologie possono manifestarsi anche dopo molti anni.
Il costo per la conservazione delle scorie è ingente, considerando che si tratta di materiale che rimarrà  attivo e pericoloso per migliaia di anni.
La messa in sicurezza deve contemplare un involucro in grado di restare tal quale e garantire l’impermeabilità  per tutto il tempo necessario.
Mycle Schneider, uno dei massimi esperti in materia, scrive: “il fattore tempo introduce una differenza fondamentale tra le scorie radioattive e gli altri rifiuti. Si parla, per i diversi radioisotopi, di “mezza vita”, il tempo necessario perchè la radioattività  in essi contenuta diminuisca fino a dimezzarsi in modo naturale. La mezza vita di molti isotopi emittenti contenuti nelle scorie nucleari supera spesso l’immaginazione: più di 24.000 anni per il plutonio 239, circa 214.000 anni per il tecnezio 99, quasi 16 milioni di anni per lo iodio 129 e addirittura 4,5 miliardi di anni per l’uranio 238.
La durata della vita, quindi, non dice nulla sul livello di radiotossicità . Alcuni isotopi sono molto pericolosi nel breve periodo, ma diventano innocui nel giro di qualche ora o di qualche giorno, mentre altri isotopi uniscono un alto grado di radiotossicità  ad una lunga durata di vita. Ad esempio, il plutonio non ha soltanto una vita estremamente lunga, ma è anche altamente radiotossico: basta l’inalazione di poche decine di millesimi di grammo per provocare un cancro letale ai polmoni.”
I rifiuti nucleari si distinguono in relazione alla loro attività  in tre categorie
1° grado. Bassa attività : materiali contaminati provenienti dallo smantellamento dei siti nucleari (macerie, calcestruzzo, infissi, ecc.). Poco attivi ma spesso di lunga durata, questi rifiuti hanno dimensioni gigantesche.
2° grado. Media attività : principalmente rifiuti tecnologici rimasti contaminati durante il loro utilizzo (guanti, vestiario, utensili, ecc.). Radioattività  media di circa 300 anni. Le agenzia atomiche ritengono che potrebbe essere sufficiente stoccarli in depositi in “superficie”.
3° grado. Alta attività : principalmente rifiuti provenienti dal cuore del reattore ov’è concentrata una quantità  enorme di radioattività . Rimangono pericolosi per milioni di anni.
Esistono poi altri rifiuti nucleari, non classificati dalle varie legislazioni nazionali come pericolosi, che vengono riutilizzati per la fabbricazione di beni di largo consumo come la lana di vetro, l’acciaio o la ceramica.
Il costo dello smantellamento degli impianti britannici e della gestione delle relative scorie è stimato a più di 100 miliardi di euro — con la tendenza ad aumentare.
Le stime per il solo stoccaggio geologico delle scorie a media ed alta radioattività  in Francia variano da 13,5 a 58 miliardi di euro.
Analogamente, il costo di smantellamento di un piccolo reattore in Francia (Brennilis, 70 MW) è stimato a 480 milioni di euro circa.

Silvia Girotti

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FINALMENTE L’OCCIDENTE SI E’ MOSSO: FRANCIA E GRAN BRETAGNA PRONTE A BOMBARDARE SUBITO IL CRIMINALE GHEDDAFI

Marzo 18th, 2011 Riccardo Fucile

L’ONU HA APPROVATO LA RISOLUZIONE SU NO-FLY ZONE… AUTORIZZATE “TUTTE LE MISURE NECESSARIE” PER PROTEGGERE I CIVILI IN LIBIA… L’ONU IMPONE IL CESSATE IL FUOCO ANCHE CON L’USO DELLA FORZA

Con 10 voti a favore, 5 astenuti (Russia, Cina, Brasile, India e Germania) e nessun voto contrario il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato la risoluzione che autorizza l’imposizione di una no-fly zone sulla Libia «con tutti i mezzi a disposizione», incluso il ricorso all’uso della forza.
Obiettivo l’immediato «cessate-il-fuoco e la fine completa delle ostilità ». Questa frase è stata inserita su richiesta della Russia, che voleva l’approvazione di un testo diverso da quello messo a punto, nella versione finale, dalla delegazione della Francia.
I temi chiave su cui si sono confrontati i membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu sono: No fly zone; protezione dei civili, da subito, a Bengasi; divieto di voli commerciali da e per la Libia; rafforzamento dell’embargo d’armi, ma escludendo esplicitamente una «forza occupante» il Libia.
La Gran Bretagna, poco prima dell’approvazione del documento, aveva annunciato che l’aeronautica britannica era pronta a sferrare la prima ondata di raid entro poche ore.
La risoluzione vieta «tutti i voli nello spazio aereo con l’obiettivo di proteggere i civili». Il divieto non si applica «ai voli il cui unico obiettivo è umanitario».
Gli Stati, che «potranno agire a livello nazionali o tramite organizzazioni regionali», vengono autorizzati a mettere in atto la no fly zone.
Le operazioni dei jet militari andranno intraprese «dopo aver notificato il segretario generale (dell’Onu) e il segretario generale della Lega Araba».
Il testo autorizza l’uso di «tutte le misure necessarie» per «proteggere i civili e le aree civili popolate sotto minaccia di attacco in Libia, compresa Bengasi», citata esplicitamente per permettere un intervento prima dell’arrivo delle forze di Muammar Gheddafi.
Il Palazzo di Vetro dovrà  essere «informato immediatamente delle misure intraprese dagli Stati» a questo scopo.
In questo passaggio, rispetto alla prima versione, è stato aggiunto un inciso importante che «esclude una forza occupante» nel Paese africano.
La bozza impone misure ancora più dure per fermare le armi che arrivano ai soldati di Gheddafi e «al personale mercenario armato», autorizzando ispezioni in «porti e aeroporti, in alto mare, su navi e aerei».
Riguardo le sanzioni contro il regime, la bozza aggiunge nuovi nomi rispetto a quelli contenuti nella risoluzione 1970, approvata qualche giorno fa.
In particolare, vengono inseriti l’ambasciatore della Libia in Ciad e il governato di Ghat (nella Libia del Sud), perchè «coinvolti nel reclutamento dei mercenari» da altri Paesi dell’Africa.
Vengono bloccate una serie di entità  finanziare libiche quali la Central Bank of Libya, la Libyan Investment Authority, la Libyan Foreign Bank, oltre che la Libyan National Oil Company.
Tutti i voli di tipo commerciale da e per la Libia vengono vietati, esattamente come quelli militari, per fermare l’afflusso di denaro nelle casse del Colonnello o l’arrivo di nuovi mercenari.
Gli Stati Uniti sono favorevoli a nuove misure internazionali nei confronti nella Libia nella misura in cui non prevedano l’invio di truppe nel paese, ha detto il sottosegretario di stato William Burns per cui «è difficile prevedere» la reazione di Russia e Cina sulla risoluzione Onu.
Gli Stati Uniti temono tuttavia che Gheddafi possa «tornare al terrorismo e all’estremismo violento» se riuscirà  a schiacciare la rivolta in corso in Libia. «Prima l’Onu arriverà  ad un accordo» sulla crisi libica e «meglio sarà » ha scritto il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, in un messaggio postato su Facebook nel quale definisce anche «inaccettabile» una vittoria di Gheddafi ed afferma che «la Nato è pronta ad agire per proteggere la popolazione civile dagli attacchi del regime».
La Francia vuole che vengano effettuate operazioni militari nelle ore successive all’eventuale approvazione delle risoluzioni Onu.
«Ci stiamo preparando ad agire» dopo che l’Onu avrà  adottato le sue risoluzioni. Lo ha detto ai cronisti il ministro degli esteri francese, Alain Juppe, in una pausa dei lavori al Palazzo di vetro delle Nazioni Unite a New York.
La Francia e i paesi partner, ha spiegato Juppe, stanno pianificando le azioni che seguiranno le decisioni dell’Onu.
Dal canto suo l’Unione europea non ha alcuna intenzione di «riprendere più i contatti con il regime di Gheddafi».
Lo ha detto Michael Mann, portavoce della rappresentante per la Politica estera europea, Catherine Ashton.
«Ci basiamo sulle decisioni del Consiglio europeo di venerdì scorso – ha precisato Mann – non pensiamo di riprendere il dialogo».

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