Gennaio 18th, 2013 Riccardo Fucile
IL SIMBOLO DELL’ANTIMAFIA IN CALABRIA ACCUSA: “IN FLI SONO STATI TRADITI I PRINCIPI FONDATORI E SONO SCESI A PATTI CON GENTE DISCUTIBILE”
Ieri ha ufficializzato il suo addio definitivo a Futuro e Libertà . 
Angela Napoli, deputata calabrese e membro della Commissione parlamentare Antimafia nonchè della commissione Giustizia, è ora nel gruppo Misto della Camera.
Un addio non senza polemiche, visto che la signora, da sempre in An, aveva deciso di seguire Gianfranco Fini anche nel momento difficile dello strappo con il Pdl.
«Sono sempre stata leale con il presidente Fini, ma ultimamente troppe cose mi hanno lasciato senza parole. Per questo due mesi fa ho comunicato che restavo, ma da indipendente. Però poi, all’idea di sedermi ancora tra quei banchi alla Camera, ho detto no. Meglio aderire subito al Misto.
Fli non la ricandida. Per questo se n’è andata?
«No. Non è problema di ricandidatura, io posso anche fare altro ho la mia fondazione “Risveglio Ideale”, ma è una questione di dignità personale e di riconoscimento del mio lavoro. Mi aspettavo più riconoscenza e invece…».
Cosa è successo? Si è parlato di contrasti con il vicepresidente Italo Bocchino. Ci spieghi.
«Chi mi conosce sa come sono e quale è la mia storia. Io vivo da anni sotto scorta. La mia famiglia ed io siamo braccati dalla criminalità organizzata e questo perchè la mia battaglia in Parlamento e fuori a favore della legalità e della lotta a tutte le mafie mi ha creato dei nemici con cui non si scherza».
Si riferisce all’esistenza di un piano della ‘ndrangheta calabrese per assassinarla?
«C’è un piano che risale al marzo 2010. Ma è della settimana scorsa una nuova minaccia di uccidermi che mi rende particolarmente preoccupata».
L’inchiesta Purgatorio sul clan Mancuso? C’è un’intercettazione poco piacevole che la riguarda.
«Appunto. Il boss che parla con un suo sodale e dice: “Stiamo lavorando per togliere di mezzo la Napoli”. Nel senso di farmi fuori, ovviamente. E tutto per una mia interrogazione parlamentare presentata sul provvedimento del Tribunale di Vibo Valentia che dispose il trasferimento in ospedale del boss Pantaleone Mancuso detenuto all’epoca nel carcere di Tolmezzo. E sulle conseguenze di quella interrogazione. A Mancuso non è andata giù. Brigano per farmela pagare».
Questo però non c’entra con il suo addio a Fli.
«Però dà l’idea di quanto sia difficile portare avanti un progetto, come ho sempre fatto io con onestà , in un territorio, come quello calabrese, che non perdona».
Sperava che il suo partito ne tenesse conto di più?
«Al di là del merito, ho cominciato a soffrire quando mi sono vista scendere in Calabria Bocchino, con un atteggiamento lesivo della mia dignità e di quella di numerosi iscritti e militanti calabresi».
Che cosa ha fatto Bocchino?
«È sceso ad avallare l’ingresso di Fli nell’amministrazione provinciale di Crotone contro il mio consenso e contro quello della maggioranza del coordinamento regionale del partito.
Nello stesso giorno, inoltre, è andato a Reggio a fare una conferenza stampa insieme al presidente della Regione, Scopelliti, quando era stata già insediata la Commissione d’accesso nel Comune che ne avrebbe poi decretato lo scioglimento per contiguità mafiosa».
La sua opinione è: mentre io chiudevo ai collusi, altri invece li accoglievano?
«Sicuramente non ne hanno preso le distanze come ho sempre fatto io. E questo mi ha amareggiato. Perchè ho visto sbriciolarsi tutti i principi su cui si è fondata la nascita di Fli. E soprattutto ho visto la mancata ottemperanza da parte di alcuni esponenti ai contenuti del “Manifesto dei valori” che è servito come fondamenta per la nascita del partito».
Qualcuno nel partito, invece, le rimprovera il fatto che da coordinatrice regionale della Calabria non avete incrementato molto le percentuali di Fli…
«Non è vero. Penso di avere fatto un lavoro enorme in una regione molto dura, dove già eravamo schiacciati dagli altri partiti. E sono sempre stata presente alla Camera, come una delle parlamentari più operose».
Vigilerà sulle liste pulite?
«Su questo non c’è dubbio. Guarderò i candidati e darò il mio voto solo a quei partiti che garantiscono il rispetto della legge».
Ha parlato con Fini?
«Fini mi ha mandato un biglietto, ma neanche una telefonata. In più ha voluto darmi un ulteriore schiaffo candidando Bocchino capolista in Calabria dopo di lui».
Brunella Bolloli
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Gennaio 18th, 2013 Riccardo Fucile
PREVEDIBILE IL SI’ A DELL’UTRI, COSENTINO, SCAJOLA… A RISCHIO MILANESE, LABOCETTA, PAPA E LANDOLFI… SCURE SUGLI EX AN: RISCHIANO AUGELLO, LAFFRANCO, ARACRI E SAGLIA
L’immagine è quella della tela di Penelope: liste che vengono chiuse e poi riaperte nel giro di dieci minuti.
La tensione tra via dell’Umiltà e palazzo Grazioli è alle stelle.
L’input del Cavaliere è quello di andare avanti ad oltranza tanto che lo stesso ex premier avrebbe riconvocato i big pidiellini che si occupano delle liste a tarda sera a via del Plebiscito.
Riunione che inizierà dopo la fine della trasmissione ‘Italia Domanda’ che vede unico ospite protagonista proprio Berlusconi.
Il nodo da sciogliere continua ad essere quello delle deroghe e dei cosiddetti ‘impresentabili’. Nodi su cui da giorni si registrano pesanti divergenze tra Denis Verdini e Angelino Alfano.
Ragionamenti però a cui non rimane indifferente nemmeno Berlusconi.
L’ex capo del governo continua a ripetere ai suoi fedelissimi di essere un garantista per cui contrario ad escludere dalle liste ‘big’ del Pdl che non sono stati condannati in via definitiva.
A mettere però in allarme l’ex premier sarebbe una parte dei suoi consiglieri pronta ad invitarlo ad una «seria riflessione» prima di dare il via libera ufficiale alle liste: devi considerare – è una delle tesi sottoposte all’ex capo del governo in queste ore a palazzo Grazioli – che gli avversari farebbero la guerra sul tema delle liste pulite.
Parole che avrebbero fatto scattare un campanello dall’allarme soprattutto in chiave ‘sondaggi’ ed il rischio che Berlusconi vuole evitare è che candidature cosiddette ‘scomode’ possa fermare la risalita dei consensi pidiellini.
L’argomento sarà affrontato (pare in via definitiva) nella riunione che l’ex capo del governo ha convocato nella notte a palazzo Grazioli.
Una summit ristrettissimo preceduta da una riunione a cui avrebbero preso parte solo Alfano, Renato Schifani e Denis Verdini.
Lo schema al momento prevede la presenza nelle liste di Nicola Cosentino (in realtà il più blindato), di Claudio Scajola e pare anche di Marcello Dell’Utri.
Più in bilico Marco Milanese, Amedeo Labocetta, Alfonso Papa e Mario Landolfi.
In attesa di conoscere le loro sorti, così come i nomi di tutta la pattuglia dei ‘derogati’ (non più di una trentina) si prova a disegnare il risiko delle altre regioni.
Se in Lombardia Formigoni dovrebbe aver ottenuto un buon posto per la lista al Senato insieme a Sandro Bondi e Paolo Romani, in Abruzzo, nonostante non ci sia ancora l’ufficialità , dovrebbe essere candidato Gaetano Quagliariello al Senato insieme a Paola Pelini mentre alla Camera il capolista ‘top secret’ dovrebbe essere un esponente della società civile.
In Sicilia Alfano è confermato capolista nella circoscrizione occidentale mentre in quella orientale ci sarebbe l’ex ministro della Difesa Antonio Martino.
Al Senato, dopo il Cavaliere, verrebbe candidato Schifani.
Nel Lazio 1 ed in buona posizione invece c’è Barbara Saltamartini, unica dei deputati vicini al sindaco Gianni Alemanno che verrebbe ricandidata.
La ‘scure’ si dovrebbe abbattere poi su diversi esponenti provenienti dalle file ex An. In bilico Andrea Augello, Pietro Laffranco e Francesco Aracri così come Stefano Saglia.
(da “il Messaggero”)
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Gennaio 18th, 2013 Riccardo Fucile
INTERCETTATA LA CONVERSAZIONE TRA L’EX PREFETTO GIOVANNA JURATO E L COLLEGA GRATTERI: ECCO IL TESTO
Poco dopo il suo insediamento nella carica di Prefetto dell’Aquila, città sconvolta dal
terremoto, Giovanna Iurato «scoppiava a ridere ricordando come si era falsamente commossa davanti alle macerie e ai bimbi rimasti orfani».
È quanto stigmatizzano i pm di Napoli commentando una telefonata del prefetto intercettata nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti per la sicurezza in cui la Iurato è indagata per turbativa d’asta.
La finta commozione.
I magistrati napoletani fanno riferimento a una telefonata fra la stessa Iurato e il prefetto Francesco Gratteri, intercettata il 28 maggio 2010.
«Commentando la sua prima giornata ufficiale – scrivono i pm – nella città martoriata dal terremoto (definita sarcasticamente da Iurato “una città inesistente, che non c’è”»), scoppiava a ridere, ricordando come si era (falsamente) commossa davanti alle macerie e ai bambini rimasti orfani.
Una risata non giustificabile dalle circostanze e dagli eventi tragici di quelle ore, che avrebbero imposto al rappresentante del Governo di assumere comportamenti ben diversi e non certo (a proposito di cinismo) legati alla predisposizioni di condotte e strumenti atti a prevenire e/o scongiurare indagini in corso».
L’intercettazione.
La telefonata tra la Iurato e Gratteri è citata nella richiesta di misure cautelari firmata dal procuratore aggiunto Rosario Cantelmo e dai pm della Dda Vincenzo D’Onofrio, Raffaello Falcone e Pierpaolo Filippelli. Ecco la telefonata intercettata il 28 maggio 2010:
IURATO: Allora senti…sono andata…sono arrivata, subito mio padre, che è quello che mi da i consigli, quelli più mirati…
GRATTERI: Si lo so.
IURATO: …perchè è un uomo di mondo, saggio, dice: «…appena metti piede in città subito con una corona vai a rendere omaggio ai ragazzi della casa dello studente…».
GRATTERI: Brava
IURATO: Eh allora sono arrivata là , nonostante la mia… cosa che volevo… insomma essere compita (fonetico)… mi pigliai, mi caricai questa corona e la portai fino a…
GRATTERI: Ti mettesti a piangere…sicuramente!
IURATO:Mi misi a piangere.
GRATTERI: Ovviamente, non avevo dubbi (ride).
IURATO: Ed allora subito…subito…lì i giornali: «le lacrime del Prefetto».
GRATTERI: Non avevo dubbi (eh, eh ride).
IURATO: Ehhhhhhh (scoppia a ridere) i giornali : «le lacrime del Prefetto».
GRATTERI: Non avevo dubbi (eh, eh ride).
IURATO: Poi si sono avvicinati i giornalisti: «perchè è venuta qua?». Perchè voglio cominciare da qui, dove la città si è fermata perchè voglio essere utile a questo territorio. Punto.
GRATTERI: Eh.
IURATO: L’indomani conferenza stampa con tutti i giornalisti.
La Iurato interdetta dai pubblici uffici.
Il giudice per le indagini preliminari di Napoli, Claudia Picciotti, ha firmato un’ordinanza di interdizione dai pubblici uffici per Nicola Izzo, ex vicecapo della Polizia, e Giovanna Iurato, ex prefetto dell’Aquila.
Le richieste erano state avanzate dalla Procura di Napoli nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti per la sicurezza. Izzo è indagato nella sua qualità di autorità di gestione dei fondi Pon sicurezza, mentre la Iurato è chiamata in causa nella qualità di direttore dell’asse 1 dei fondi Pon sicurezza.
L’ex prefetto dell’Aquila è stata interrogata oggi per sette ore dal gip Claudia Picciotti che dovrà decidere sulla richiesta di interdizione dai pubblici uffici avanzata dalla procura di Napoli. Insieme all’ex vicecapo della polizia Nicola Izzo, secondo l’accusa, la Iurato avrebbe esercitato pressioni per far assegnare l’appalto da 37 milioni di euro per la realizzazione del Cen di Napoli (il centro di elaborazione nazionale) a un raggruppamento di imprese guidato dalla Elsag Datamat, del gruppo Finmeccanica. All’interrogatorio hanno partecipato anche i pm titolari dell’inchiesta, Vincenzo D’Onofrio, Raffaello Falcone e Pierpaolo Filippelli.
A quanto si è appreso, la Iurato – chiamata in causa in qualità di direttore dell’Asse 1 dei fondi Pon sicurezza – ha negato ogni addebito.
Assistita dagli avvocati Claudio Botti e Renato Borzone, il prefetto ha sottolineato la complessità della procedura ed ha spiegato che se vi possono essere stati errori ma nessun illecito.
La Iurato ha evidenziato in particolare il problema dei tempi, in quanto il ritardo nell’assegnazione dell’appalto avrebbe comportato la perdita del finanziamento dei fondi europei.
Prima che iniziasse l’interrogatorio, gli avvocati Botti e Borzone hanno ribadito la questione della competenza territoriale che, secondo una pronuncia della procura della Cassazione relativa a una istanza della difesa di Izzo, sarebbe dell’autorità giudiziaria di Roma.
Proprio per la questione della competenza territoriale il prefetto Izzo, che avrebbe dovuto essere interrogato oggi, ha deciso di non presentarsi in procura a Napoli.
(da “il Centro“)
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Gennaio 18th, 2013 Riccardo Fucile
DISCONTINUITA’ CON GIUNTA POLVERINI, CODICE ETICO E LOTTA ALLA CORRUZIONE… LISTA CIVICA APPOGGIATA DAI CENTRISTI MA APERTA ALLA SOCIETA’ CIVILE
«Nella mia agenda avranno il primo posto le parola legalità , giustizia, battaglia alla corruzione». Così Giulia Bongiorno ha presentato la sua candidatura alla presidenza della Regione Lazio con una lista civica sostenuta da Udc e Fli.
«La mia candidatura è stata concordata col professor Monti. Se ci sarà poi il sostegno di Italia Futura ben venga», ha poi aggiunto l’avvocato e parlamentare di Fli.
PULIZIA NELLE LISTE –
«Alla luce degli scandali sulla gestione dei fondi regionali, ritengo, per un’esigenza di massima trasparenza verso i cittadini del Lazio, dovrà valutarsi – caso per caso – l’opportunità di escludere dalle liste i membri dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale uscente».
Così la candidata centrista a governatore del Lazio Giulia Bongiorno in una lettera indirizzata ai candidati alle elezioni regionali nelle liste della coalizione Con Monti per l’Italia.
«Vorrei dare un segno di discontinuità – ha spiegato – e per questo ho chiesto a coloro che mi aiutano di evitare di candidare quei soggetti che abbiano continuità con la giunta Polverini».
«Sono certa che ciascuno di noi saprà guardare al proprio interno – ha aggiunto – escludendo candidature imbarazzanti o anche soltanto dubbie, offrendo ai cittadini la possibilità di scegliere i nuovi consiglieri tra persone di sicuro valore e comprovata onestà ».
«CODICE ETICO» –
Bongiorno ha invitato inoltre coloro che vorranno sostenerla alle elezioni a «presentare un profilo rispondente ai criteri di candidabilità delle liste della Coalizione con Monti per l’Italia (previsti per le elezioni nazionali), nonchè impegnarsi a sottoscrivere un Codice etico che sto ormai ultimando».
Nella parte finale della lettera si legge che «nelle liste circoscrizionali nessuno dei due sessi potrà essere rappresentato in misura superiore ai due terzi».
«NEL LAZIO DISINTERESSE PER LEGALITA’» –
«Se il Lazio è in ginocchio non è certo per una congiuntura astrale, ma perchè c’è stato un disinteresse totale per la legalità e c’è una corruzione diffusa».
Secondo Giulia Bongiorno per vincere la sfida della legalità anche nel Lazio, «sarebbe servita una legge che non abbiamo perchè il Pdl non l’ha voluta. Abbiamo la Legge Severino che però non raggiunge gli obiettivi»
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Gennaio 18th, 2013 Riccardo Fucile
VERSO IL VOTO: “BASTA RICORDARSI DI CHI SONO AMICO IO E DOVE SONO SEMPRE STATO”
Fino a qualche giorno fa rispondeva una segreteria telefonica dall’accento ispanico.
Adesso risponde lui, Marcello Dell’Utri, in viaggio fra Milano e Roma, celiando sulle vacanze di Capodanno oltreoceano: «Sì, sono tornato pure io dal… Guatemala».
Ovvio riferimento ad Antonio Ingroia, il suo massimo accusatore che lo ha sempre indicato come il manovratore del boss Vittorio Mangano, più «guardiano» che stalliere di Arcore.
Lunga odissea giudiziaria sfociata davanti ai giudici di Cassazione che l’hanno graziato evitando d’un soffio il carcere, seppur bollandolo come «mediatore» fra Berlusconi e la mafia, con un verdetto di rinvio ad altro dibattimento.
Lo stesso che approda proprio oggi in Corte d’appello a Palermo con il sostituto procuratore generale Luigi Patronaggio pronto a chiedere la nuova condanna sulla quale si avrà una sentenza nei primi giorni di marzo.
Assolto a Milano per una estorsione, ancora sotto processo per la trattativa Stato-mafia e in attesa della sentenza di marzo, indicato da avversari e qualche voce interna al centrodestra come «impresentabile», si ricandiderà comunque, senatore Dell’Utri?
«Nenti vitti, nenti sacciu».
Niente vide e nulla sa? Che aria tira? La rottamano, molla o si ricandida?
«Nessuno mi ha candidato, non ho ricevuto proposte».
Allora non vedremo il suo nome in corsa per la riconferma di un seggio?
«Ma che dice? Certo che mi candido. Finchè sono vivo, continuerò a candidarmi. Non lo farò più solo da morto. Ma fino a quando non sarò morto…».
Allora è vero che troveremo il suo nome nel listone di Grande Sud, con Gianfranco Miccichè?
«Io con Gianfranco? Ma chi se l’è inventata questa storia?».
Dica lei con chi correrà , allora.
«Un’idea l’avrei. Potrei candidarmi col Pd di Bersani».
Le piace scherzare.
«Beh, sì, potrei anche chiedere spazio in lista a Ingroia. O forse è meglio evitare i suoi spazi ristretti»
Com’è successo a Berlusconi, adesso forse incrocerà anche lei Ingroia senza toga. Che effetto le fa?
«Per me resta il capofila di una Procura che ha continuato a sostenere tesi da fanatici. Fissati su teorie inesistenti. Sul nulla».
Guardi che per una sua candidatura resta solo «Grande Sud», stando ai pronostici dei bookmaker della politica.
«Grande minchiata».
E che si fa una sua listarella autonoma?
«Lei la farebbe? Certo che penso ad altro…».
Dica.
«Non dico. Pongo io il quesito: chi sono io? Si faccia una domanda e si dia una risposta, come si sente echeggiare la notte in tv».
Vuol sapere chi è lei? Un amico di Berlusconi.
«Ecco, basta ricordarsi dove sto io, dove sono sempre stato».
Vuol dir che rivendica un posto nel Pdl, nelle liste guidate da Angelino Alfano?
«Non dico niente».
Così rischia di mettere in difficoltà qualche suo amico perchè lei viene collocato in cima alla lista dei cosiddetti «impresentabili»
«Questo non me l’ha mai detto nessuno».
Giusto per fare un nome, parla di una sua «presenza ingombrante», e lo disse già ad Annozero, la ex leader di Giovane Italia Carolina Varchi, oggi candidata in Sicilia con Fratelli d’Italia.
«Ma lo vuole capire che interviste non ne faccio?».
Felice Cavallaro
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Gennaio 18th, 2013 Riccardo Fucile
IL COMITATO DEI GARANTI MOTIVA IL RITIRO A “TUTELA DELL’IMMAGINE E DELL’INTERESSE GENERALE DEL PD”
Fuori gli impresentabili dalle liste elettorali del Pd che, “in base a un criterio di opportunità ha deciso di non includere nelle liste elettorali le candidature di Mirello Crisafulli di Enna e Antonio Papania di Trapani”.
A deciderlo è stata la Commissione nazionale di garanzia del Partito Democratico, presieduta da Luigi Berlinguer, che ”ha considerata decaduta la deroga concessa dal Comitato elettorale nazionale a Nicola Caputo di Caserta” e preso atto di “due rinunce volontarie alla candidatura da parte di Bruna Brembilla e Antonio Luongo“.
Sono state dunque tagliate fuori le candidature di esponenti del partito che presentano alcune ombre, anche alla luce dell’appello di Franca Rame che sul fattoquotidiano.it ha raccolto oltre 20mila firme.
Le “linee guida” sulle quali si è basata la decisione dei garanti, sono il decreto attuativo della legge anti-corruzione e il codice etico del partito.
Il codice del Pd prevede come condizioni ostative alla candidatura, non solo la sentenza passata in giudicato, ma anche il semplice rinvio a giudizio per reati molto gravi come quelli legati alla mafia e alla corruzione o la concussione.
Antonio Papania, infatti, ha patteggiato 2 mesi e 20 giorni per abuso d’ufficio; sempre per lo stesso reato Vladimiro Crisafulli è stato rinviato a giudizio, mentre la sua posizione nell’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa è stata archiviata.
Il campano Nicola Caputo, invece, è indagato per rimborsi falsi come consigliere regionale. Resta in lista la giornalista anti-camorra Rosaria Capacchione, sotto processo per calunnia ai danni di un sottufficiale della Guardia di Finanza, la cui posizione era stata sottoposta all’esame dei garanti del Pd.
Su Bruna Brembilla, ex assessore provinciale di Milano che ha volontariamente rinunciato alla candidatura, si allungava l’ombra dei rapporti con personaggi vicini alla ‘ndrangheta.
Nel 2008 il suo nome finisce sul registro degli indagati.
Lei ne esce pulita, eppure nella rete delle intercettazioni restano impigliate parole che la pongono al centro di un intreccio tra politica, impresa e ambienti mafiosi. Antonio Luongo era invece stato rinviato a giudizio per corruzione.
Nella delibera dei Garanti si spiega che, al termine delle verifica effettuati sulle candidature, “sono emerse situazioni relative a candidati nei confronti dei quali, per reati contro la Pubblica Amministrazione, è stata emessa sentenza di condanna oppure decreto di rinvio a giudizio”.
Per loro “si ritiene necessario il ricorso a valutazioni per la tutela dell’immagine e dell’interesse generale del Pd, sulla base di un criterio di opportunità previsto dall’ordinamento interno”. Ragioni per cui la Commissione “ritiene inopportune le candidature di Wladimiro Crisafulli e Antonio Papania e pertanto da non includere nella lista dei candidati Pd nelle elezioni del 24/25 febbraio 2013″. I garanti infine spiegano di avere “esaminato la posizione del consigliere regionale della Campania, Nicola Caputo. Considerato che il Comitato elettorale nazionale aveva concesso deroghe per le candidature a condizione che nel frattempo non maturasse alcun procedimento penale, non essendosi detta condizione verificata per Nicola Caputo, la deroga decade e Nicola Caputo non può essere iscritto nella lista dei candidati del Pd”
Alle recenti primarie in Sicilia, Crisafulli e Papania ottennero il 12 per cento delle preferenze rispetto al totale dei votanti, poco sopra i 100 mila.
Crisafulli, nella sua Enna, prese 6.348 voti, mentre Papania, a Trapani, 6.165.
Meglio di loro, con 19mila preferenze, fece solo Francantonio Genovese, anche lui finito nel mirino dei garanti ha una serie di conflitti di interessi e una certa tendenza a piazzare parenti nei corsi di formazione regionale, ma nulla di penale a suo carico.
Crisafulli era stato inserito al settimo posto nella lista per la Camera nella Sicilia orientale; Papania in seconda posizione nella lista al Senato, dietro Corradino Mineo.
Caputo: “Vorrei sapere se le regole valgono in tutte le regioni” –
”Sono esterrefatto. Ho detto che sto in un partito difficile. Mi chiedo quanto valgono le regole? Basta un solo un avviso di garanzia per mettere uno fuori gioco”.
Il consigliere regionale della Campania, commenta così la decisione della commissione nazionale di garanzia di considerare decaduta “la deroga concessa dal Comitato elettorale nazionale”. ”Nelle prossime ore — prosegue — valuterò con gli amici cosa fare: non so se nel partito, che ho definito un partito difficile, valgono il gioco delle correnti o la rappresentanza sul territorio”.
Sulla vicenda dei presunti falsi rimborsi alla Regione Campania precisa: “In merito a questa vicenda sono già stato sentito dai magistrati. A Roma hanno discusso per quattro giorni: chiedete a loro perchè hanno assunto questa decisione”.
Infine chiede: “Le regole valgono dappertutto — ha aggiunto Caputo — in tutte le regioni? Vorrei saperlo”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 18th, 2013 Riccardo Fucile
C’E’ ANCHE CHI SI E’ DIMESSO CONTRO I PERSONALISMI, MENTRE I RESPONSABILI GIOVANILI PRENDONO LE DISTANZE DALLA DECISIONE, MA CHIEDONO IL COMMISSARIAMENTO DEL COORDINATORE REGIONALE ENRICO NAN
Il coordinamento di Futuro e Libertà di Genova, con qualche defezione, ha indetto stamane una conferenza stampa per annunciare l’autosospensione dal partito dei propri dirigenti locali in aperta polemica coi vertici nazionali e regionali del partito.
Il motivo della presa di posizione del Fli genovese è da ricercarsi nella composizione della lista alla Camera per le politiche che, dopo il capolista Fini, ha visto “paracadutare” a Genova come numero due il coordinatore regionale della Toscana (al secondo posto in lista anche in Toscana dopo Flavia Perina) Angelo Pollina.
In realtà al numero due avrebbe dovuto esserci il coordinatore regionale ligure Enrico Nan il quale però, quando qualcuno ha ricordato al momento debito a Bondi che aveva alle spalle già quattro legislature, è stato messo fuori gioco.
Probabile che a quel punto il coordinatore genovese Giuseppe Murolo ritenesse di avere titolo per vedersi assegnato il secondo posto in lista e abbia ritenuto umiliante vedersi sorpassato da un “foresto”.
Operazione che verrebbe dagli autosospesi attribuita aallo stesso Nan, d’intesa con Bocchino.
Da qui la forma di protesta di autosospendersi proprio nella fase delicata della presentazione delle firme non riconoscendosi in una lista dove il primo genovese naviga a metà delle candidature.
Il contrasto tra Nan e Murolo sui posti in lista ha generato altre reazioni.
Ill consigliere municipale Andrea Grasso si è dimesso dal coordinamento provinciale in quanto “pur condividendone le ragioni, non mi trovo d’accordo sulla decisione di autosospenderci, una decisione troppo drastica. Non so quanto vita avrà ancora Futuro e Libertà , ma finchè esisterà non avrò dubbi sulla mia casa politica”.
E ha auspicato la “necessità di rivedere la posizione di Enrico Nan quale coordinatore regionale” da parte dei vertici nazionali di Fli.
Analoga posizione è stata assunta da Andrea Cacciavillani, presidente del Circolo FLI Università di Genova: “pur condividendo le ragioni della protesta, desideriamo ribadire la nostra adesione al partito, mantenendo invariato il nostro impegno”.
E in una lettera a Fini i giovani universitari chiedono la nomina di un commissario in quanto “non riterremmo opportuno affidare la transizione al Coordinatore Regionale avv. Enrico Nan”.
Dimissioni irrevocabili dal partito invece per la consigliera di Municipio Roberta Braggio che ha stigmatizzato la paralisi di un partito locale bloccato ormai da tempo da logiche personalistiche e da veti incrociati.
IL COMUNICATO DI “LIGURIA FUTURISTA”
Se errare è umano, perseverare è diabolico: Futuro e Libertà in Liguria si giocava l’ultima carta, quella della sopravvivenza, e ha pensato bene di dare vita all’ennesima esibizione tafazziana, tra lotte intestine e colpi di mano.
Tenendo presente che in palio c’era il nulla: nessun posto alla Camera con le percentuali che vengono attribuite a Fli in Liguria (e a livello nazionale)
Era l’occasione per i padri più o meno nobili di fare un passo indietro e di candidare esclusivamente sedici-giovani-sedici, un segnale per l’esterno di profondo rinnovamento e un recupero di immagine che nessun altro partito sarebbe oggi in grado di fare.
Una giovane e combattiva donna capolista, sorretta da un gruppo di giovani che avrebbero fatto notizia e attirato la curiosità dei media perchè non avrebbero parlato di beghe ma di contenuti, quelli che a Bastia Umbra fecero decollare Fli nei sondaggi: legalità , meritocrazia, diritti civili, socialità , unità nazionale.
Avevamo chiesto un passo indietro ai meno giovani: non solo non l’hanno fatto, ma si sono sgambettati fino all’ultimo, quando saggezza avrebbe consigliato di evitare colpi di mano e candidature suicide di sconosciuti.
Riteniamo l’autosospensione un errore politico perchè permetterà al coordinatore regionale, in caso non riuscisse a raccogliere le 1.040 firme necessarie per presentare la lista (e ad ora ne mancano ancora tante) o in caso di un risultato da prefisso telefonico, di imputare l’insuccesso a chi ha boicottato o danneggiato la campagna elettorale di Fli.
Altra cosa sarebbe stato un atto di coraggio sui contenuti della campagna elettorale, sul metodo, sul rinnovamento, sulla coerenza, sul contrastare e denunciare a tempo debito anomalie e incompatibilità evidenti.
Proponendo qualcosa di nuovo, non i logori vecchi schemi lottizzatori.
Così sa tanto di una protesta derivante esclusivamente da posti in lista e collocazione dei candidati.
Tra chi è finito in panchina e chi non ha avuto il permesso dei medici per giocare: risultato zero a zero, in attesa dello 0,9%.
LIGURIA FUTURISTA
Ufficio di Presidenza
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Gennaio 18th, 2013 Riccardo Fucile
L’EX DIRIGENTE LUSETTI: “ALLE RIUNIONI ANCHE BOSSI E ZAIA”… “AGLI INCONTRI CON IL SENATUR SI DECIDEVA COSA DOVEVA FARE IL MINISTRO PER RITARDARE ILL PAGAMENTO DELLE MULTE”… “IMPRENDITORI VERSAVANO IN NERO SOLDI ALLA LEGA”
È il testimone chiave di tre procure: Milano, Reggio Emilia, Bologna. 
Ha denunciato i misfatti della Lega ben prima che il “cerchio magico” cadesse in disgrazia ed emergesse il “sistema Belsito”.
E nel capoluogo lombardo, dove la procura ritiene infondate le accuse del Carroccio contro di lui, Marco Lusetti, ex vicesegretario emiliano del partito, ha raccontato al pm Maurizio Ascione e alla Guardia di finanza tutto quel che sa sui soldi che arrivavano ai Lumbard, dando sostanza all’inchiesta sullo scandalo delle quote latte.
È vero che esponenti della Lega Nord hanno favorito i Cobas, aiutandoli a non pagare le multe per gli splafonamenti, in cambio di finanziamenti al partito?
«Io non mi occupavo di questo. Ma ho assistito ad alcuni incontri in cui si parlava anche di quote latte con Umberto Bossi, Luca Zaia, Giancarlo Giorgetti. Gli incontri erano finalizzati a mettere in condizione gli allevatori di pagare sempre più tardi, sempre più in modo dilazionato rispetto alle scadenze: quale intervento legislativo fare, come far pressione sull’Unione europea, cosa poteva fare Zaia, all’epoca ministro. Ricordo per esempio un’occasione a casa di Fabio Rainieri, l’allevatore di Ponte Taro che poi è stato eletto deputato. C’ero anch’io e c’era anche Roberto Corradi, l’avvocato dei Cobas, eletto poi consigliere regionale »
Che ruolo aveva?
«Corradi si dava da fare per far inserire dei provvedimenti favorevoli alla Lega nella finanziaria o nel milleproroghe. Ricordo, per esempio, una riga inviata di notte da Corradi perchè fossero posticipate le multe…».
Non è una normale attività di lobby? Ha visto tangenti?
«In questo caso no. So per certo, però che i Cobas del latte finanziavano le campagne elettorali della Lega Nord. La campagna di Corradi, per esempio, è stata pagata in toto dai soci di un’associazione produttori latte».
In chiaro o in scuro?
«Io avevo visione dei bilanci della Lega Nord e non ho trovato questa entrata nè la dichiarazione congiunta che fa per legge chi versa e chi riceve finanziamenti. Loro si sono occupati di tutto: le spedizioni in tutta la provincia, la stampa delle buste, i manifesti, le affissioni. Non so quantificare ma sono parecchi soldi»
Roberto Maroni sapeva?
«Lui non partecipava a quel tipo di riunioni, in quel periodo era defilato. Ritengo fosse a conoscenza del sistema. A lui, come a molti altri dirigenti, provai ad accennare di finanziamenti in nero da imprenditori. Mi chiamò il suo segretario chiedendomi se fossi in grado di provare quel che dicevo. Io risposi di sì ma poi non seppi più nulla. Stesso comportamento da parte di Bossi. M’illudevo che a Milano, una volta a conoscenza delle mie denunce, mi premiassero. Invece mi chiamò Belsito e mi licenziò».
E in cosa consistevano queste elargizioni?
«Soldi in contanti di imprenditori, metalmeccanici o edili a favore della Lega Nord. Di un caso ha anche parlato, in un incontro, il vice sindaco di Sassuolo: il compenso offerto dalla Siram per il rinnovo di un contratto di global service da un milione e mezzo di euro».
Queste accuse potrebbero essere dettate dal risentimento: è stato espulso per una storia di consulenze facili quando era presidente dell’ente nazionale della cinofilia.
«Il pm ha appena chiesto l’archiviazione dell’indagine. Inoltre, quell’esposto nei miei confronti viene due anni dopo le mie denunce interne inviate ai vertici del partito ».
Quali accuse?
«A novembre del 2008 cominciai a segnalare, in Emilia, la “mala gestio” dei soldi della Regione. Portando ricevute, fatture e conti correnti».
Se ne sta occupando il pm di Bologna Morena Plazzi, che indaga sul consigliere Maurizio Parma.
«Io portai il caso all’attenzione dei vertici. Ma il segretario regionale, Angelo Alessandri, bloccò la mia istanza. Tentai di parlarne con Roberto Calderoli, ma anzichè da lui fui chiamato da Alessandri. Mi disse – la telefonata è registrata – che Calderoli gli aveva chiesto, a suo dire, di coprire la questione e che dovevo firmare un documento in cui c’era scritto che non c’era alcun problema. Ovviamente non lo firmai. Da allora sono cominciati i miei guai».
( da “La Repubblica”“)
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Gennaio 18th, 2013 Riccardo Fucile
TAV FIRENZE: NELL’AFFARE COOP ROSSE, CAMORRA, L’EX PRESIDENTE DELLA REGIONA UMBRA LORENZETTI E ETTORE INCALZA, UOMO VICINO A LUNARDI…IL COSTO DEGLI APPALTI E’ PASSATO DA 500 A 800 MILIONI
Secondo i carabinieri e la Procura di Firenze le gallerie dell’Alta velocità ferroviaria in costruzione a Firenze da parte del general contractor, Nodavia (il cui socio principale è la Coopsette di Reggio Emilia) sono rivestite con materiali che mettono a rischio la sicurezza dei passeggeri dei treni in caso di incendio.
Oltre a essere fatti male i lavori del Tav sono pagati troppo perchè i costi sono stati gonfiati.
Il costo del passante di Firenze, infatti, è lievitato da 500 milioni a 800 milioni di euro grazie alle riserve, cioè il meccanismo inventato dai grandi appaltatori per sollevare problemi imprevedibili al momento della gara. Fondamentale il ruolo di Maria Rita Lorenzetti.
Presidente del-l’Umbria per il Pd fino al 2010 è indagata per associazione a delinquere, abuso di ufficio e corruzione in qualità di presidente della società pubblica Italferr.
Doveva controllare la Coopsette e invece avrebbe svolto il suo ruolo nell’interesse proprio, della sua famiglia e della coop rossa legata al suo partito. Indagato anche Lorenzo Brioni, responsabile relazioni istituzionali di Coopsette e marito dell’ex sottosegretario e deputato Pd, Elena Montecchi.
Lorenzetti, per i pm, ha agito “nell’interesse e a vantaggio della controparte Nodavia e Coopsette” e ha messo “a disposizione dell’associazione a delinquere le proprie conoscenze personali, i propri contatti politici”.
L’ex presidente umbra è indagata anche perchè avrebbe conseguito “incarichi professionali nella ricostruzione del terremoto in Emilia in favore del di lei coniuge”, un architetto.
Fortunatamente, di fronte a un manager pubblico come la Lorenzetti che fa i suoi interessi e quelli della Coop rossa, interviene l’Autorità il Garante dei lavori pubblici.
A favore della stessa coop rossa però.
Il membro dell’Autorità di Vigilanza dei Lavori Pubblici in carica, Piero Calandra, scrive un bel parere per favorire la Coopsette permettendole di ottenere il pagamento delle riserve per centinaia di milioni di euro, nonostante la legge del 2011.
Piccolo particolare: anche Calandra, ex collaboratore di Cesare Salvi al ministero, è considerato di area Pd. Non basta.
Per i pm lo scavo si svolge sotto una scuola in funzione determinando “crepe evidenti che hanno concretamente reso possibile distacchi di intonaco o di parti vetrate che avrebbero potuto seriamente mettere in pericolo la incolumità delle centinaia di persone che frequentavano la scuola, ragazzi e insegnanti”.
Per completare il quadro non poteva mancare la criminalità : centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti sono stati smaltiti illegalmente da un’azienda vicina alla camorra.
Eccola qui l’alta velocità all’italiana secondo i pm di Firenze Giulio Monferini e Gianni Tei che coordinano l’indagine del Ros dei carabinieri su 36 persone per associazione a delinquere e altri reati, dalla truffa alla corruzione, dal traffico illecito di rifiuti alla violazione delle norme paesaggistiche.
Prima di approvare a occhi chiusi il Tav in Val di Susa, dove i lavori sono stati affidati con il plauso del Pd a un’altra cooperativa rossa di Ravenna (che certamente userà metodi diversi dalla Coopsette di Reggio Emilia) sarebbe il caso di dare un’occhiata all’inchiesta sul passante di Firenze.
Una brutta tegola per il partito di Bersani alla vigilia delle elezioni .
Anche se nessun dirigente è indagato, sono decine le telefonate di politici intercettate nel corso dell’indagine e dall’area Pd provengono molti soggetti coinvolti, con l’eccezione rilevante di Ercole Incalza, il “rieccolo” delle indagini sull’alta velocità .
Amministratore del Tav, all’epoca di Lorenzo Necci, dal 1991, uscito indenne da una dozzina di indagini, Incalza è stato tirato fuori dalla naftalina da Pietro Lunardi e confermato al ministero da destra e sinistra e infine dai tecnici fino a tutto il 2013 (nonostante il suo nome fosse uscito sui giornali nel 2010 per i rapporti con Diego Anemone) a capo della Struttura tecnica di missione del ministero.
Incalza è indagato per associazione a delinquere perchè avrebbe favorito la Nodavia di Coopsette insieme a un architetto della sua unità di missione del ministero, Giuseppe Mele, “a cui insistentemente , viene chiesto di firmare una attestazione, preparata dagli stessi uffici di Italferr, in cui falsamente si attesta che i lavori dell’opera sono iniziati entro i cinque anni e che la autorizzazione ambientale e paesaggistica non è scaduta”.
La questione più impressionante però è quella del rischio incendio. Scrivono i pm: “la legislazione comunitaria, per prevenire disastri quali quelli avvenuti nella galleria del Monte Bianco, ha imposto specifiche tecniche di resistenza al fuoco e al calore dei materiali di rivestimento”.
I quantitativi di materiale ignifugo invece sono “dolosamente ridimensionati… e il risultato non è solo un risparmio economico illecito per il subappaltatore, ma la fornitura di un prodotto concretamente pericoloso”.
I manager delle società , compresa quella pubblica che dovrebbe controllare, sono consapevoli del rischio: “come risulta dalle prove a cui i conci (il rivestimento del tunnel, ndr) sono stati sottoposti in laboratori sia in Germania che in Italia.
Dai test ripetuti si è manifestato evidente il fenomeno dello spalling, ossia di un collassamento della struttura dovuto al calore e al fuoco”.
Per i pm non solo i manager del subappaltatore, Seli, sapevano. I rischi erano noti “anche a Morandini di Italferr”.
Tutti però “hanno trovato una compiacente copertura in relazioni tecniche del professor Meda Alberto, leggendo le quali non è dato ricavare l’esito sostanzialmente negativo delle prove eseguite”.
Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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