Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile
COSI’ CAMBIERA’ IL FISCO… PER LA RIFORMA DEL CATASTO NECESSARI 5 ANNI
Pignoramenti meno «dolorosi» e più attenti alle esigenze delle famiglie e delle imprese, maggior flessibilità sui pagamenti rateali, alleggerimento degli obblighi a carico dei contribuenti che propongono un ricorso.
Sollecitato dal Parlamento, il governo è pronto a metter mano ad una nuova revisione delle norme sulla riscossione dei tributi per conto degli enti pubblici.
Venendo incontro alle esigenze dei contribuenti, e cercando di garantire, al tempo stesso, l’efficacia dell’azione di recupero dei crediti fiscali.
Da parte di Equitalia, la società pubblica che continuerà a riscuotere per conto dello Stato centrale (tasse e contributi, in primis ), ma anche degli enti locali che una volta sciolto il rapporto con Equitalia dovranno presto preoccuparsi di incassare i propri tributi, direttamente o attraverso soci privati.
Lo studio delle nuove regole sulla riscossione è già in fase avanzata, e ieri ci sarebbe stata al Ministero dell’Economia una prima verifica tecnica importante.
La linea sulla quale si muove il governo è quella tracciata dalla Commissione Finanze della Camera in una risoluzione di pochi giorni fa, non a caso accolta ben volentieri dall’esecutivo.
Il primo obiettivo è porre un limite all’esproprio e al pignoramento che scatta sulla casa di abitazione del contribuente moroso o, nel caso di un’impresa, sui beni funzionali all’attività .
L’idea è quella di consentire il pignoramento dei beni a fronte di un credito fiscale di un certo importo (oggi deve essere superiore a 20 mila euro), ma non la loro alienazione.
La casa, insomma, potrà essere «congelata», ma non venduta all’asta dall’agente della riscossione per tutelare il credito dell’ente pubblico che gliel’ha affidato.
Un’altra novità importante che si profila è un ammorbidimento del principio «solve et repete» tanto odiato dai cittadini, ovvero l’obbligo di pagare almeno un terzo delle maggiori somme pretese dal Fisco prima di poter presentare un ricorso ed avviare un contenzioso.
Potrebbero essere esentati da quest’obbligo almeno i contribuenti nei cui confronti l’amministrazione fiscale non contesti comportamenti fraudolenti, o comunque dolosi.
Nel pacchetto allo studio del governo ci sarebbero anche delle norme per consentire maggior flessibilità sui pagamenti rateali, anche in questo caso dei debiti fiscali.
In pratica, la possibilità di avere una dilazione di pagamento più lunga, e dunque rate più leggere da pagare, con un occhio di maggior riguardo per i contribuenti che hanno problemi di liquidità .
Il numero massimo delle rate mensili (oggi è di 72, quindi 6 anni) potrebbe essere leggermente aumentato, anche se non si arriverà a 120, come suggerisce qualcuno.
Ma potrebbe cadere, di conseguenza, l’attuale vincolo di una rata minima da cento euro.
Sicuramente, il fisco sarà un po’ più tollerante sui pagamenti mancati, oppure in ritardo: l’idea è quella di accettare il mancato pagamento di un massimo di cinque rate nell’arco dell’intero piano di rateizzazione, non più di tre consecutive, senza che per questo il piano di dilazione dei pagamenti venga revocato, mentre oggi il beneficio decade automaticamente se il contribuente «buca» il pagamento di due rate consecutive.
Nello stesso tempo il governo non esclude di metter mano anche ad altre regole sulla riscossione, ma sul versante opposto.
Come ha sottolineato la Corte dei conti, dopo una stretta durissima, il Parlamento ha allentato le norme contro l’evasione, e con queste quelle sulla riscossione.
Con il risultato che la capacità di recupero dei crediti, negli ultimi due anni, si è molto ridotta. Non solo da parte di Equitalia.
La legge che di fatto impedisce la riscossione coatta per i crediti sotto i 2.000 euro ha messo in ginocchio le casse dei Comuni.
I sindaci vogliono riprendersi da Equitalia la riscossione, ma da mesi non incassano più un euro su multe, contravvenzioni, e tutti gli altri accertamenti di importo più piccolo.
È dunque possibile che nel pacchetto, che sarà pronto nel giro di un paio di settimane, il governo possa anche riconsiderare alcune scelte del passato che si stanno rivelando problematiche.
Richiederà invece tempi molto più lunghi la riforma del catasto immobiliare, sollecitata ancora ieri dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera.
Ci vorranno cinque anni, ma è indispensabile, perchè le rendite sono vecchissime e inique.
Proiettando la loro ingiustizia sul fisco, grazie all’Imu basata sulle rendite per giunta rivalutate, e sul welfare , perchè ad esempio l’indice Isee della ricchezza, usato per l’accesso alle prestazioni, tiene conto degli immobili posseduti valutati in base al catasto e non al valore di mercato.
Mario Sensini
(da “il Corriere della Sera”)
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Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile
IL PATRIMONIO IMMOBILIARE DELLA CAPITALE NEL CAOS DA 20 ANNI E SENZA UN’ANAGRAFE
La lettera è di tre righe: «Si comunica che il sito istituzionale del Dipartimento patrimonio è tuttora in via di perfezionamento. Pertanto, i dati completi e/o parziali verranno inseriti dallo scrivente non appena possibile». Stop.
Un perfezionamento quanto mai laborioso, considerato che la legge con la quale è stato imposto ai Comuni di pubblicare sui propri siti internet notizie e cifre relative agli immobili presi in affitto da privati, compresi ovviamente l’importo dei canoni pagati, ha ormai più di un anno.
Quel provvedimento è stato infatti approvato dal Parlamento il 24 marzo del 2012. Ma per ora il segretario dei radicali romani Riccardo Magi, che da mesi chiedeva all’assessorato al patrimonio del Campidoglio notizie sui contratti di due stabili affittati per le necessità del consiglio comunale dalla società Milano 90 dell’immobiliarista Sergio Scarpellini, deve accontentarsi di quelle tre misere righe vergate diligentemente dallo «scrivente» dipartimento.
Con lui, fatto più importante, si devono accontentare anche tutti i cittadini della capitale d’Italia.
Nonostante una legge stabilisca che debbano essere informati su come vengono impiegati i loro soldi. Tanti soldi. Nel 2012 il Comune di Roma ha speso per affittare immobili dai privati (e senza considerare gli affitti delle municipalizzate) una cifra stratosferica: 106 milioni e 780 mila euro, dicono le delibere.
Che fa 38 euro per ogni abitante.
Sappiamo che nel totale sono compresi anche i canoni pagati per far fronte a situazioni di disagio sociale.
Ma è una somma comunque sbalorditiva, se confrontata alle dimensioni di un patrimonio cittadino dell’ordine delle trentamila unità immobiliari fra appartamenti, uffici, edifici e locali commerciali.
Non lo è, al contrario, ricordando le stime impressionanti di quanto Stato, enti pubblici, Regioni e amministrazioni locali versano complessivamente ogni anno ai privati per gli affitti: una dozzina di miliardi.
Senza che neppure esista un quadro unitario e preciso di tutta questa incredibile massa di contratti.
Dunque non può meravigliare che la città di Roma non abbia un’anagrafe pubblica del proprio patrimonio immobiliare.
Che per complicare un po’ le cose è pure gestito da tre soggetti diversi: un dipartimento comunale, i vari municipi e la società privata Romeo. Il problema è aperto da un ventennio.
Ma la delibera che istituisce quell’anagrafe è stata approvata soltanto a settembre del 2012 e a distanza di un anno e mezzo da quando l’aveva proposta il consigliere Alessandro Onorato.
Senza astenersi nell’occasione dal girare il coltello in un’antica piaga mai sanata. «Ci sono centinaia di appartamenti e negozi affittati a pochi euro.
Come una piccola abitazione a piazza Navona affittata a 79 euro al mese e un bar su piazza Santa Maria in Trastevere che ne paga 52, solo per fare alcuni esempi», denunciava l’allora capogruppo dell’Udc.
Rendendo in questo modo ancora più lampante la sproporzione fra il rendimento del patrimonio e l’esborso per gli affitti passivi.
Si dirà che con 25 mila dipendenti, tanti sono quelli dell’amministrazione capitolina, è inevitabile fare ricorso anche a immobili di proprietà privata. Sarà .
Ma qui si parla di un costo procapite per dipendente che si aggira intorno ai 4 mila euro l’anno.
Non è oggettivamente sorprendente? E può essere ritenuto normale che la missione di tenere i collegamenti fra la miriade di uffici comunali sia affidata a un centinaio di quelli che una volta si definivano i «camminatori», persone incaricate di portare le carte da un ufficio all’altro?
Non a piedi, naturalmente: le dimensioni urbane sono tali da imporre l’uso delle vetture di servizio
In una città che conta 15 municipi, con altrettanti presidenti, 90 assessorini e relativi uffici, non ci sono alternative.
A meno di non voler usare di più e meglio le tecnologie, per esempio la posta certificata. Ma poi che ne sarebbe di tutto il resto?
Secondo un articolo pubblicato dal Messaggero nell’agosto del 2011, il Comune di Roma spende 17 milioni l’anno per far marciare 226 auto, di cui 109 di rappresentanza.
Cifra ovviamente comprensiva dei 9 milioni necessari a pagare i 254 autisti.
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile
OCCUPY ITALIA, QUANDO GLI ITALIANI PERDONO LA CASA… BOOM DI SFRATTATI, AZZERATO IL FONDO DI SOSTEGNO PER GLI AFFITTI: LE CIFRE DRAMMATICHE
Altre 67.790 famiglie italiane rischiano di finire in strada.
Il ministero dell’Interno ha diffuso i dati sugli sfratti del 2012 che raccontano con la cinica freddezza dei numeri il dramma dell’onda lunga della crisi che sta colpendo duramente chi non ha mai avuto soldi per comprare una casa e ora non ha nemmeno più i mezzi per pagarne l’affitto.
E’ il volto degli sfrattati, il volto più buio di dodici mesi da paura, tra tasse sulla casa schizzate alle stelle e indici di disoccupazione troppo elevati per non denunciare un malessere profondo.
È un esercito di persone, sempre più numeroso ovunque, da Milano a Palermo.
Nel 2012 sono stati emessi 67.790 nuovi provvedimenti, il 6,18% in più del 2011.
Per la prima volta hanno superato la soglia dei 60mila gli sfratti per morosità , quelli dovuti alla incapacità di pagare da parte dell’inquilino, sono a quota 60.244 e rappresentano l’88,86% delle nuove sentenze emesse.
E questo è ancora nulla perchè ancora si devono far sentire gli effetti dell’azzeramento del finanziamento del fondo sociale per gli affitti, cancellato per il 2013 con un colpo di mano a sorpresa lo scorso dicembre.
A rischio ci sono altre 300 mila famiglie che vanno ad aggiungersi alle centinaia di migliaia di persone che hanno ricevuto un ordine di lasciare la loro casa negli anni scorsi.
Sono le cifre di un dramma che dilaga e travolge anche chi pensava di potercela fare. Basta una spesa imprevista, un intoppo finanziario qualsiasi, per finire nel girone degli sfrattati.
Da quel momento in poi la strada diventa un faticoso cammino tra porte chiuse perchè è difficile trovare qualcuno in grado di dare una mano a chi è finito in strada.
Non ci riesce la politica, se non in pochi, limitati casi: da tempo non esistono più Piani per la costruzione di case popolari nè a livello nazionale nè a livello locale, e solo qualche giorno fa un gruppo di senatori del Pd ha portato il problema all’attenzione del nuovo governo chiedendo una nuova proroga sui provvedimenti in corso, risorse e un Piano.
Ci riescono sempre meno anche le famiglie, il welfare super-garantito delle mamme e dei papà che finora hanno tenuto in piedi l’Italia: i tagli alle pensioni e le tasse sulle case hanno messo in ginocchio anche loro.
Alla fine, a chi non ha più nulla, resta un’ultima porta aperta, quella degli sportelli dei Movimenti per il diritto alla casa.
«Ormai si rivolgono a noi anche i Municipi: quando c’è uno sfratto ce lo segnalano e ci chiedono di andare a fare un picchetto per impedire che le persone vengano mandate via», raccontano gli attivisti.
A Roma sono saliti quasi a 60 gli edifici pubblici e privati presi d’assalto. Gli ultimi nove sono stati requisiti il 6 aprile con un blitz organizzato dal Coordinamento cittadino di lotta per la casa, dai i Blocchi precari metropolitani, Action e i Movimenti per il diritto all’abitare.
Un’altra decina di edifici erano stati occupati a dicembre.
Circa tremila famiglie salvate dalla strada dove molti già vivevano.
Ma se fino a due anni fa ad entrare negli immobili altrui erano soprattutto immigrati senza permesso di soggiorno, rom e precari vicini ai collettivi e ai movimenti di lotta, da qualche mese è diverso.
Ad occupare sono i nostri vicini di casa che non ce la fanno più, quelli che abbiamo incontrato in strada per anni finchè un giorno l’ufficiale giudiziario è arrivato a mandarli via.
Sono pensionate e pensionati, badanti e baby sitter troppo spesso senza tutele e in balia di persone senza scrupoli, che le buttano via come un giocattolo rotto se sono incinte.
Sono gli idraulici e i pittori sconfitti dalle tasse che hanno svuotato le tasche di chi ancora si permetteva il lusso di fare piccoli o grandi lavori di ristrutturazione in casa.
Molti di loro hanno fatto domanda per gli alloggi dell’edilizia popolare e come unica risposta hanno ottenuto un triste silenzio.
Dopo mesi di nulla, e spesso di vita sotto i ponti, hanno capito di non avere alternativa. Hanno iniziato a sfidare la legge e le regole della società .
Ma, se a farlo è una nonna di quasi 71 anni con 23 anni di lavoro come portantina e di contributi alle spalle e nessun tipo di pendenza con lo Stato, è la società ad avere un problema, non la nonna.
Flavia Amabile
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Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile
LE DONNE PROTAGONISTE: “VOGLIAMO ESSERE LIBERE”
«La ragazza con la giacca rossa? Quella che resiste in piedi agli idranti della polizia turca? Tutti la cercano. Nessuno sa dov’è».
A Piazza Taksim il tamtam è in atto da giorni.
Non solo qui, ma sui social network, sui blog, Facebook, Twitter, tutta la galassia della comunicazione usata dai giovani che, seduti in cerchio, digitano di continuo con i polpastrelli sui loro telefonini.
Ma la donna simbolo della rivolta contro il governo islamico sembra scomparsa.
Anche Sinem Babul, la fotoreporter che l’ha immortalata nell’attimo in cui la giovane si opponeva al getto d’acqua delle forze dell’ordine, la cerca.
«Non credo che sia stata portata via dalla polizia – dice nella redazione di T24, il giornale online autore in questi giorni non facili di un gran lavoro di informazione sul terreno – forse è tornata a casa e non vuole farsi vedere».
Eppure, a Istanbul, le sue immagini sono un po’ ovunque.
La foto di lei con la sua giacca grondante d’acqua e le scarpe da tennis rosse è diventata un’icona sui manifesti, sugli sticker, pure come un fumetto.
Ci sono poster, addirittura, in cui la sua figura appare ingigantita rispetto a quella degli agenti dotati di caschi e scudi.
Sotto, la scritta: “Più spari, più diventa grande”.
«Questa foto incarna l’essenza della protesta – commenta Esra, che studia matematica all’università – e cioè la violenza della polizia contro manifestanti pacifici, persone che cercano di proteggere sè stesse e i valori in cui credono».
Del resto, basta guardarsi intorno, qui, e vedere quante sono le ragazze di Piazza Taksim, giovani turche belle e determinate nella difesa dei propri diritti.
Indossano magliette delle marche di moda, come le loro coetanee a Parigi o Berlino.
Ma dal loro colletto penzola con disinvoltura la garza con la mascherina antigas, mentre sulle spalle portano la bandiera rossa con la mezzaluna e la stella.
C’è Hasine che, come una moderna Erinni, non nega di aver lanciato, «per esasperazione» ammette, qualche pietra contro un blindato.
E Secil, con una piccola fascia bianca attorno al capo, che guata con occhi feroci una foto del premier Tayyip Erdogan: «Lui dice che noi siamo dei “vandali”. Non ha proprio capito, anzi forse uscirà da questa crisi senza aver imparato nulla. Il governo non può intromettersi nella vita privata delle persone, impedendogli, come sta cercando di fare, di bere, fumare, persino di baciarsi in pubblico. Ma stiamo scherzando?».
Tutte rigorosamente non velate («ci mancherebbe pure – ironizzano, tornando subito serie – quello è un simbolo dell’Islam politico, noi siamo musulmane laiche»), ai polsi braccialetti e perline, con le loro sciarpe leggere al collo vengono da Nisantasi, Sisli, Levent, i quartieri della Istanbul bene.
Lavorano come impiegate, nelle scuole, o sono iscritte all’università .
Adorano i film di Nuri Bilge Ceylan, il pluripremiato regista turco, ascoltano il rock-pop dei Mor ve Otesi (i Viola e oltre), e si abbeverano ai libri di Orhan Pamuk, il premio Nobel nazionale.
Rappresentano l’elite della Turchia repubblicana e moderna, come le loro colleghe scese in strada in queste giornate drammatiche a Smirne, Ankara e persino nella Cipro turca divisa a metà .
Appartengono, come la ragazza con la giacca rossa, ai ranghi della borghesia più articolata, che teme di soccombere sotto l’ombra autoritaria e poco tollerante dell’invadente premier.
Erdogan è il bersaglio dei loro strali.
«Ha fatto una legge per impedire l’aborto – dice Hasine, che studia chimica – Invita le famiglie a fare almeno tre figli. Si fa forte di essere stato votato dal 50 per cento degli elettori. Bene, io appartengo a quell’altro 50 per cento, la metà della popolazione per la quale lui non mostra nè rispetto nè considerazione, quelli che vuole stroncare. Ma io voglio avere un futuro qui, una carriera, libertà totale. Tutti concetti adesso minacciati».
Questa sera, in piazza, sotto al monumento ad Ataturk, il fondatore laico, si prepara un’altra notte di resistenza.
Può fare freddo, e la polizia turca ha la mano piuttosto dura.
Le ragazze si sono attrezzate. Indossano cappelli pesanti, sono vestite di nero, hanno comode scarpe da corsa.
Esra torna col pensiero al poster con la ragazza che diventa un gigante.
Ha un’idea: «E se domani – dice – venissimo tutte a Piazza Taksim con la giacca rossa?».
E comincia subito a inviare messaggi alle amiche, ovunque, digitando con i polpastrelli sul suo cellulare.
Marco Ansaldo
(da “La Repubblica“)
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Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile
UNA PRIMA STESURA DEL TESTO PREVEDEVA CHE L’INOPTATO FINISSE IN PARTE ANCHE ALLE FORZE POLITICHE… ORA LA MARCIA INDIETRO: ALLA POLITICA SOLO SE IL CONTRIBUENTE LO DICHIARERA’ APERTAMENTE
Adotta il meccanismo del 5 per mille a favore delle onlus e non quello dell’8 per mille a favore delle Chiese, il meccanismo di ripartizione del 2 per mille per i partiti previsto dal disegno di legge del governo.
Dal testo che l’Ansa ha visionato l’inoptato resterà allo Stato e non sarà distribuito tra i partiti, come prevedeva invece il testo iniziale.
Quella prima stesura del testo del governo aveva suscitato molte polemiche, in effetti: di tutti i giornali, innanzitutto, ma anche da parte del Movimento Cinque Stelle che l’aveva già definita “legge truffa”.
Al centro, infatti, c’era il meccanismo di ripartizione del denaro per il quale i contribuenti non indicano una destinazione precisa tra le due opzioni (Stato o donazione ai partiti).
In un primo momento era prevista la ripartizione dei soldi (una quantità non irrilevante) in proporzione alle “preferenze” dei cittadini nelle dichiarazioni Irpef.
Ora tutto cambia, invece.
Se il contribuente non dichiarerà in modo chiaro di voler donare il proprio 2 per mille ai partiti, il denaro andrà allo Stato.
Il governo intanto lavora anche alla regolamentazione del peso delle lobby nella politica: l’esecutivo, si legge in una nota di Palazzo Chigi, ha voluto “ascoltare i soggetti interessati “ e si annuncia un provvedimento “a breve termine”.
Oggi si è tenuta una riunione tra il segretario generale della Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, e le società rappresentanti di interessi particolari.
Nel corso dell’incontro — si legge in un comunicato di palazzo Chigi — si è dato avvio a una discussione programmatica relativa alla disciplina della categoria ed è stata sottolineata la necessità di arrivare, a breve termine, a una legislazione che regolamenti l’attività delle cosiddette ‘lobby’”.
“Il governo — ha dichiarato il segretario generale — intende coinvolgere le categorie in previsione di un intervento normativo. Proprio per questo si è ritenuto di ascoltare i soggetti interessati per verificare le criticità di un’attività già regolamentata in altri Paesi occidentali, oltre che in sede europea. Il governo ha ora intenzione di esaminarle e di tenerne conto nell’elaborare una disciplina che assicuri la piena trasparenza dei rapporti tra portatori di interessi particolari e decisori pubblici”.
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Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile
FINALMENTE UN POLITICO CHE NON SFUGGE ALLA GIUSTIZIA: GLI AUGURIAMO DI CHIARIRE LA SUA POSIZIONE AL PIU’ PRESTO
Il senatore di Scelta Civica, Aldo Di Biagio, indagato per associazione a delinquere nell’ambito dell’inchiesta della truffa all’Inps, ha annunciato in Aula che rinuncia all’immunità parlamentare.
”Sono un uomo delle istituzioni e, in ragione della mia totale innocenza, mi metto a disposizione degli inquirenti” ha detto prendendo la parola a Palazzo Madama. ”Voglio rinunciare a ogni forma di immunità parlamentare che possa complicare e rallentare ogni eventuale provvedimento”.
Di Biagio è stato coinvolto nell’inchiesta della truffa all’Inps per fatti risalenti a quando era responsabile del patronato Enas, ”oltre quindici anni fa”, come lui stesso ha spiegato.
Il senatore, nel discorso in Aula, ha poi denunciato la ”speculazione politica” scatenata da ”una parte poco onorevole della politica”.
Speculazioni provenienti da coloro che che Di Biagio ha definito ”sciacalli” che si sono resi protagonisti di un attacco ”vergognoso”.
Infine, il senatore di Scelta Civica ha sottolineato: ”Non sono un uomo di apparato, non sono un consigliore di questo o di quello, ma appartengo ai cittadini elettori, a tutti quelli che mi hanno votato e mi hanno dato la loro fiducia, gli stessi che oggi mi dimostrano la loro vicinanza”.
(da “la Repubblica“)
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Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile
DUE ANNI AL PRIMARIO, MA PENA SOSPESA… LA GENTE PROTESTA, LA SORELLA IN LACRIME: “NON MI ARRENDO”
I sei medici sono stati condannati per omicidio colposi per la morte di Stefano Cucchi. Agenti e infermieri sono stati assolti.
Cinque medici su sei sono stati condannati per omicidio colposo: il primario Aldo Fierro a due anni, i medici Stefania Cordi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo a un anno e 4 mesi. Rosita Caponetti a otto mesi per il reato di falso ideologico.
I tre agenti penitenziari sono stati assolti per insufficienza di prove mentre i tre infermieri sono stati assolti con formula piena.
«Assassini, assassini». Così il pubblico presente nell’aula bunker di Rebibbia ha reagito alla lettura della sentenza per la morte di Stefano Cucchi.
Sono dovuti intervenire carabinieri e poliziotti per allontanare i presenti.
Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, dopo la pronuncia della sentenza, è scoppiata in lacrime e ha abbracciato il suo legale, l’avvocato Fabio Anselmo.
«Io non mi arrendo, è una giustizia ingiusta», ha detto la donna.
In lacrime anche la mamma di Stefano, Rita Calore, e il papà Giovanni.
Prima della lettura della sentenza i famigliari avevano detto: «Ci aspettiamo una giustizia che sia in grado di riconoscere la verità : Stefano è morto per colpa di chi lo ha picchiato in carcere e di non l’ha curato e lo ha denutrito in ospedale».
Per i pm «era lungi da essere un giovane sano e sportivo. Era un tossicodipendente con conseguenze sul suo stato fisico e sugli organi vitali che tutti possiamo immaginare. Soffriva di crisi epilettiche e sono stati documentati 17 accessi a pronto soccorso negli ultimi dieci anni».
La famiglia ha sempre respinto queste considerazioni e sperava che la sentenza del processo di primo grado «ristabilisca la verità ».
Gli imputati, a vario titolo sono 12: sei medici e tre infermieri dell’ospedale Pertini, tre agenti della polizia penitenziaria. «Mi aspetto che dopo Ferrara, Bologna, Milano e Voghera anche a Roma la giustizia sappia essere rigorosa con se stessa incalza Ilaria Cucchi».
I sostituti procuratori Vincenzo Barba e Francesca Loy, avevano chiesto la condanna di tutti e 12 gli imputati.
Per il dottor Aldo Fierro, responsabile del reparto di medicina protetta del Pertini, 6 anni e 8 mesi.
Per la dottoressa Stefania Corbi sono stati chiesti 6 anni.
Per Luigi Preite de Marchis e Silvia Di Carlo, 5 anni e 6 mesi. Per gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe, 4 anni.
Tutti i sanitari sono accusati a diverso titolo di abbandono di persona incapace. Secondo il magistrato è stata riscontrata una «sciatteria assoluta» nel modo in cui era tenuta la cartella clinica di Cucchi.
Tutto il personale medico e infermieristico deve rispondere anche di favoreggiamento e omissione di referto.
A carico di Rosita Caponetti è ipotizzato invece il reato di falso e abuso d’ufficio.
Per lei sono stati chiesti due anni.
Per gli agenti di polizia penitenziaria, invece, sono stati chiesti 2 anni.
I tre sono: Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici.
Loro devono rispondere di lesioni personali aggravate.
Grazia Longo
(da “La Stampa“)
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Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile
DOPO L’ENNESIMA GAFFE, ALESSANDRO BERTOLDI, 19 ENNE COMMISSARIO PROV. PDL DI BOLZANO, AVRA’ LA SORELLA DELL’AMAZZONE COME TUTOR
La «tata» di Alessandro «detto Berto» Bertoldi, il diciannovenne commissario provinciale del Pdl altoatesino, avrà da lavorare.
Non c’è settimana, infatti, che il pulcino-plenipotenziario imposto al partito dalla mamma chioccia Michaela Biancofiore, la bionda amazzone berlusconiana sottosegretario alla Pubblica amministrazione, non finisca sui giornali per qualche polemica.
Prima di invocare l’altro ieri la revoca della scorta per Roberto Saviano («Ci sarebbero una decina di uomini in più a garantire la sicurezza dei cittadini e a lottare contro mafie e droghe») il giovine rampollo si era già segnalato per varie sortite.
Della fondazione dell’armata azzurra (modulo d’accesso: «Dichiaro di volermi arruolare nell’Esercito di Silvio per difendere il presidente Berlusconi e combattere al suo fianco la Guerra dei Vent’anni…») si era già parlato.
Di altre meno. Immeritatamente.
Collocato imberbe sul (piccolo) trono come il Caro Leader Kim Jong-un (adorato dai biografi quanto il venerato nonno: «Durante l’infanzia, grazie al suo acuto spirito d’osservazione, comprese il motivo per cui la gallina, quando beve, scrolla la testa verso l’alto…»), il baby-commissario pidiellino pensa già in grande.
E prima ancora di dare (prossimamente) l’esame di maturità all’istituto Marie Curie di Pergine Valsugana, si muove già a suo agio tra i grandi del mondo.
E sulla sua pagina Facebook e il sito «aleberto.wordpress.com» ha già consegnato ai posteri preziosi dettagli della sua innata umiltà .
Apprendiamo che da sempre è «impegnato per la causa della liberazione di Cuba dal castrismo-comunista».
Che ha mandato al premier di New Delhi Manmohan Singh una lettera vibrante d’indignazione («Credevamo l’India fosse una nazione moderna anche dal punto di vista politico, democratico e giudiziario, probabilmente sbagliavamo…») con la richiesta di scarcerare subito i due marò: «Avete mancato più volte di rispetto all’intero Popolo italiano senza nemmeno una ragione valida…».
Che «ha sostenuto alle recenti elezioni presidenziali russe Vladimir Putin direttamente anche attraverso convegni ai quali ha partecipato all’estero e in Italia e infine ha smentito ogni tipo di broglio».
«Un paio di mesi fa», ride l’ex parlamentare pidiellino Giorgio Holzmann, nemico acerrimo dell’amazzone e tra i primi a sbattere la porta, «l’amico “Berto” si è spinto a scrivere: “Ho appena rilasciato un’intervista ad Al Jazeera e adesso sento il bisogno di rilassarmi col mio cagnolino”. Fantastico!».
Va da sè che quando dei poliziotti irrispettosi l’avevano infastidito chiedendogli i documenti durante un viaggio in Germania, li aveva fulminati con tutti i parenti: «Ho avuto definitivamente la conferma del fatto che i tedeschi germanici siano un popolo barbaro ed inferiore… A Roma direbbero: pidocchi rifatti».
Una tesi che si richiamava a antiche ostilità , come quelle raccolte in un libro del 1915 dal titolo «Gli unni e gli altri», che portava in copertina uno scimmione con l’elmetto del kaiser.
Ostilità alle quali i germanici risposero ad esempio con un manifesto del 1916 dal titolo: «Wir Barbaren!» (Noi barbari!). Dove si mettevano a confronto sui numeri coi principali Paesi europei: dall’alfabetizzazione alla pubblicazione di libri, dalla spesa per la scuola ai premi Nobel e all’assistenza ai vecchi e ai malati.
Per non dire del richiamo ai tanti geni nati dai «barbari e inferiori»: da Kant a Goethe, da Dà¼rer a Beethoven e a Gutenberg…
Sbattuto in prima pagina sulla Bild («un clown di seconda generazione») Bertoldi aveva rincarato: «Ciò che hanno, i tedeschi lo hanno imparato da noi ed il resto lo hanno copiato male. Gran poca cultura e civiltà , scarsa accoglienza».
Sicuro che non fosse un giudizio un po’ frettoloso? «È la quinta volta che vado in Germania, credo ormai di poterlo dire». Testuale.
A quel punto, perfino la protettrice che in questi mesi l’aveva difeso come una tigre dai mugugni interni anche dopo i risultati elettorali del 25 febbraio (6,66% al Pdl altoatesino «biancofiorizzato» alla Camera contro il 14,3 del 2008) aveva dovuto precisare: «Alessandro ha sbagliato perchè a causa della giovane età reagisce ai soprusi con l’incoscienza tipica di un ragazzo della sua età , dimenticando che ricopre un ruolo politico di rilievo…».
Retromarcia del commissario infante: «Credo davvero di aver esagerato nei miei giudizi nei confronti della Germania e dei tedeschi…».
Ma tranquilli: la «tata», come dicevamo, è al lavoro.
E che «tata»! Per fare crescere il «suo» plenipotenziario Bertoldi e trasformarlo da Bertoldino in Cacasenno, nel senso stavolta di emanatore di saggezza, l’«on. Ss. Biancofiore» (così si firma) gli ha affiancato come «tutor» (insieme con Giovanni Morello, responsabile provinciale della propaganda) una persona di sua assoluta fiducia. Sua sorella.
Si chiama Antonella Biancofiore, fa la preside delle «Marcelline» ed è stata presentata dall’ Alto Adige come «un mix tra Sos Tata e la signorina Rottenmeier di Heidi» nonchè «esperta di materie economiche».
Allo stesso giornale, che le chiedeva conto della faccenda piuttosto eccentrica dei «tutor» (è raro che il commissario provinciale di un partito abbia delle balie) la prof ha spiegato in una intervista irresistibile: «Gli darò delle lezioni. Cercherò di capire quello che sa e quello che non sa e dove intervenire. D’altronde, è il mio mestiere».
Ma incoronare quel ragazzo senza un minimo di esperienza, le ha chiesto il cronista, non sarà diseducativo?
«Di questo non deve parlare con me. Non l’ho nominato io». «Certo, è stata sua sorella…». «So che è stata una decisione condivisa. Ma non m’intrometto. Il mio è un ruolo puramente tecnico»…
Primo obiettivo, ha spiegato, far leggere all’alunno-commissario «la Costituzione italiana. Da lì non si scappa. Deve impararla a memoria».
E poi? Compitini per le vacanze: «Da Keynes in avanti…»
Gian Antonio Stella
(da “il Corriere dela Sera”)
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Giugno 5th, 2013 Riccardo Fucile
“QUI STA VENENDO MENO IL PRINCIPIO DELLA LEALE COLLABORAZIONE TRA POTERI”
«Il ritorno al voto? Ma è nelle cose fin dal primo momento. Dal giorno in cui si sono chiuse le urne a febbraio. Il governo del quale faccio parte sta operando bene, sia chiaro. E Berlusconi ci dice in privato, come sostiene in pubblico, che le sue vicende vanno tenute distinte dai destini dell’esecutivo. Però… ».
Però, onorevole Michaela Biancofiore, amazzone e fedelissima del Cavaliere prima ancora che sottosegretario…
«Però, il Pdl ha un suo pensiero autonomo e potrebbe decidere, per affetto, di reagire in difesa del presidente Berlusconi, sfidando anche le sue resistenze. Di finestre per tornare al voto, se si vuole, se ne trovano anche in autunno. Il 27 ottobre ad esempio si riaprono le urne in Trentino Alto Adige».
Facciamo un passo indietro. Che succede dopo il 19 giugno se anche la Consulta darà torto a Berlusconi sul legittimo impedimento? Il governo rischia?
«Vedremo. Noi andremo dove lui ci dirà di andare. E quando dico noi, intendo noi berlusconiani “termopiliani”, berlusconiani eroici che di fronte al tentativo di annientare il loro capo rispondono ai vari Serse che ci intimano di gettare le armi: “Molon Labè”, “Venitele a prendere, se ne siete capaci!”»
Perchè poi ci sarebbero i non «termopiliani», giusto?
«Ma sì, gli altri disposti a continuare la loro vita politica, legittimo. Non noi».
Tentativo di annientare Berlusconi, dice?
«L’accerchiamento giudiziario al quale stiamo assistendo, lei come lo chiama? Noi Guerra dei Vent’anni».
Certo, come altro chiamarlo. Pretendete anche che il Colle e la Consulta intervengano, giusto?
«Qui è venuto meno il principio cardine della leale collaborazione tra poteri. Ricordo che a suo tempo Berlusconi era il potere esecutivo E quando quel principio viene meno, lo stato democratico entra in crisi. E se certa magistratura si fa potere di contrasto politico, allora occorre che qualcuno intervenga affinchè non ci sia un giudizio contra personam».
Ma poi, intervenire per fare cosa? Bloccare le sentenze?
«Sia chiaro: io non mi permetto di dire che il Quirinale dovrebbe intervenire. Ma di fronte a una così persistente persecuzione giudiziaria con finalità politica, visto che prima del ’94 Berlusconi non aveva mai ricevuto alcun avviso di garanzia, vorrei che qualcuno facesse semplicemente rispettare il diritto, ecco. Qui siamo alle congetture, al gossip, di violazioni vere, di prove non c’è traccia mentre i delinquenti veri sono a spasso».
E in caso di interdizione del capo, al termine del processo Mediaset?
«Vogliono questo? Bene. Sarebbe la classica vittoria di Pirro. Nessun potrà impedire a Berlusconi di fare politica fuori dal Parlamento. E il ripristino del simbolo di Forza Italia, che incarna ancora la rivoluzione liberale berlusconiana, segnerà il ritorno al partito movimentista, popolare. La rivoluzione liberale non si ferma ».
(da “la Repubblica“)
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