Giugno 3rd, 2013 Riccardo Fucile
GLI EFFETTI NEGATIVI ANCHE SUL SISTEMA DEI PARTITI: NEL PDL PIU’ CHE NEL PD
L’esito più significativo delle amministrative è rappresentato dalle astensioni, che hanno riguardato ben il 46% dell’elettorato.
Questo enorme flusso verso il non voto ha danneggiato tutti i maggiori partiti. Considerando i 16 comuni capoluogo di provincia ove si è votato e confrontando il risultato con quello delle politiche di febbraio, il Pdl ha perso più di 160 mila voti, il Pd quasi 250 mila e il Movimento 5 Stelle quasi 412 mila.
Tradotte in percentuali, queste variazioni mostrano come il Pdl abbia visto scomparire poco meno del 40% dei voti che aveva conquistato solo qualche mese fa. Il Pd ha eroso il 39% del proprio patrimonio di consensi e l’M5S addirittura il 71%
Ma anche confrontando i risultati del 2013 con quelli delle amministrative precedenti, si registra un calo notevole dei voti del Pd e del Pdl.
Il primo ha lasciato sul campo 295 mila voti (pari al 43% del suo elettorato precedente) e il secondo ha subito una perdita di 160 mila voti (39%).
Per Grillo, come lui stesso ha sottolineato, il discorso è diverso: confrontando i comuni capoluogo ove era presente in entrambe le elezioni si registra un incremento di più di 100 mila voti.
Occorre considerare tuttavia che questo raffronto è in parte improprio in quanto, nella maggior parte dei casi, a suo tempo non esisteva il Movimento 5 Stelle vero e proprio (fondato il 4 ottobre 2009), ma liste civiche collegate all’ex comico genovese. In realtà , per cogliere appieno gli umori dell’elettorato come oggi si manifestano, non si possono che considerare, seppure con grande cautela, i raffronti con il voto di tre mesi fa. E da questi emerge come tutti i partiti abbiano subito un calo a favore dell’enorme ascesa quantitativa degli astensionisti
Con effetti notevoli sul piano politico.
Tanto che il 75% degli italiani sostiene che, a seguito delle elezioni, il movimento di Grillo risulterà indebolito.
Il fatto significativo è che dello stesso parere è anche la maggioranza relativa (41%) dei votanti attuali per l’M5S (mentre, sempre tra costoro, il 32% ritiene che risulterà rafforzato e il 25% che le elezioni amministrative non avranno nessun effetto sul Movimento).
È stato domandato agli elettori «delusi» da Grillo (coloro che lo avevano votato a febbraio e che ora si sono astenuti o hanno scelto un altro partito) quali fossero i motivi principali della loro decisione.
La risposta più frequente concerne la percezione di una indeterminatezza nella proposta politica del M5S (citata dal 25% dei «delusi»).
Ma è anche presente (18%) la convinzione che Grillo avrebbe dovuto allearsi con Bersani: molti degli elettori che sostengono questa opinione si sono oggi diretti verso il Pd
Però, come si è detto, l’erosione dei consensi ha toccato tutti i partiti maggiori. L’elettorato ne è consapevole: quasi il 43% (ma il 52% tra i votanti per l’M5S e il 51% tra gli astenuti) ritiene infatti che gli esiti di questa elezione hanno portato ad un indebolimento complessivo dell’insieme delle forze politiche.
Ancora, il 41% degli italiani (ma solo il 12% degli elettori pdl) ritiene che anche il seguito per il partito di Berlusconi è stato in parte compromesso.
E il 26% della popolazione (9% tra gli elettori pd) è del parere che lo stesso sia accaduto anche per ciò che concerne il partito di Epifani.
Riguardo alle cause di questi andamenti, la maggioranza relativa dei «delusi» da questi partiti (vale a dire, anche in questo caso, coloro che in questa occasione li hanno abbandonati per l’astensione o, in misura minore, per altre forze politiche) imputa rispettivamente al Pd la eccessiva litigiosità interna (36%) e al Pdl un allontanamento dai propri specifici interessi.
Insomma, il vero sconfitto da questa prima tornata di amministrative non è solo l’M5S (che ha subito il danno maggiore), ma, in generale, tutto il sistema dei partiti. Nessuno, in questa occasione, può cantare vittoria.
Renato Mannheimer
(da “il Corriere della Sera“)
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Giugno 3rd, 2013 Riccardo Fucile
SPIRAGLI DA SETTORI DEL PD, MA LA BINDI FA LE BARRICATE… SEL, LEGA E M5S CONTRARI
È stata accolta «con acclamazione» dal Pdl e, primo fra tutti, dal segretario politico e vicepremier Angelino Alfano la battuta del premier, Enrico Letta, sulla necessità di cambiare «le modalità » per l’elezione del capo dello Stato.
Perchè ha subito fatto pensare ad un’apertura all’elezione diretta del presidente.
Ma il Pd su questo argomento si spacca, con i «guardiani della Costituzione» attuale capitanati da Rosy Bindi.
Parla a margine della parata del 2 Giugno, gli argomenti all’ordine del giorno sembrano essere quelli sul Fisco, sulla riforma della Pubblica amministrazione, sul lavoro.
Ma, a giornalisti ormai congedati, Alfano fa un mezzo balzo indietro quando qualcuno pronuncia la frase «eleggere direttamente il capo dello Stato».
Un largo sorriso precede la rivendicazione della paternità dell’idea: «Noi lo diciamo da anni. Nella scorsa legislatura abbiamo pure presentato un disegno di legge in Senato».
Meglio tardi che mai, sembra comunque ammettere: «Adesso anche nel Pd arrivano dei significativi spiragli. Se riuscissimo a farla, sarebbe una grande prova di democrazia» e uno strumento per «riavvicinare i cittadini alle istituzioni».
Così, insomma, Alfano ha letto le dichiarazioni pronunciate da Letta nel corso del Festival dell’Economia di Trento. «La settimana vissuta a metà aprile per l’elezione del capo dello Stato con le regole della Costituzione vigente è stata drammatica per la nostra democrazia, non credo che potremmo eleggere il presidente ancora in quel modo lì».
Tanto è bastato, tuttavia, a sollevare gli animi del Pdl e nuove polemiche tra le file del Pd.
Per Rosy Bindi il governo dovrebbe «concentrarsi di più» su altri accordi di maggioranza, per risolvere «i drammi economici» e sociali del Paese.
«In particolare – ha aggiunto – sorprende che il presidente Letta abbia assicurato il superamento della modalità di elezione del capo dello Stato motivando questa scelta come garanzia per non rivivere mai più l’esperienza della faticosa rielezione del presidente Napolitano. Davvero non si può accusare la Costituzione di essere superata e inefficace per coprire gli errori dei partiti e soprattutto della classe dirigente del Pd»
Mentre il senatore del Pd, Nicola Latorre, dalemiano, si è espresso per il «sì».
«Prevedendo i dovuti contropoteri – ha detto Latorre – una seria legge sul conflitto d’interessi, e con un sistema elettorale maggioritario a doppio turno di collegio, l’elezione diretta del presidente della Repubblica e la forma di governo semipresidenziale sarebbe da noi presa in seria e favorevole considerazione».
Critiche sono arrivate dal segretario di Sel, Nichi Vendola, per il quale il semipresidenzialismo è uno «sbandamento culturale».
E anche dai costituzionalisti Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky arriva una forte stroncatura, da Bologna durante una manifestazione in difesa della Costituzione.
Il leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo è perentorio: «Si baloccano con il presidenzialismo mentre economicamente l’Italia affonda». Critiche anche dalla Lega. Il presidenzialismo?
«Del tutto inutile», risponde il leader leghista Roberto Maroni: «Abbiamo appena eletto il presidente della Repubblica: è una riforma inutile, serve altro».
«Al Nord – prosegue Maroni – serve lasciare qui i soldi, cancellare il patto di stabilità , abbassare la pressione fiscale sulle piccole e medie imprese».
In ogni caso, c’è ormai una discussione trasversale sul problema.
Ieri sul Corriere Augusto Barbera, Angelo Panebianco, Arturo Parisi e Mario Segni hanno firmato una lettera-appello nella quale si invoca un movimento di cittadini che ponga mano a «un’iniziativa legislativa popolare per l’elezione diretta del presidente della Repubblica».
E in settimana dovrebbero arrivare le indicazioni del governo per «il comitato dei saggi» chiamato ad accompagnare il lavoro del Parlamento.
M.Antonietta Calabrò
(da “il Corriere della Sera“)
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Giugno 3rd, 2013 Riccardo Fucile
“DAL 2007 I RAPPORTI ATIPICI CRESCIUTI DEL 5,7%”… “I LAVORATORI GIOVANI NON DEVONO PRENDERE IL POSTO DI QUELLI PIU’ ANZIANI, OCCORRE CREARE NUOVI POSTI DI LAVORO”
“La percentuale dei contratti a tempo determinato sull’insieme dei contratti precari è probabilmente aumentata a seguito della riforma Fornero”.
Lo scrive l’Ilo, l’agenzia internazionale sul lavoro che fa capo all’Onu, osservando che negli ultimi anni l’Italia ha registrato un’ampia diffusione dell’occupazione precaria (contratti involontari a tempo determinato o part-time): a partire dal 2007, il numero dei lavoratori precari è cresciuto di 5,7 punti percentuali ed ha raggiunto il 32% degli occupati nel 2012.
Secondo il Rapporto sul lavoro nel mondo “i lavoratori giovani non devono prendere il posto di quelli più anziani” nel mercato del lavoro ed il governo dovrebbe individuare altri mezzi a sostegno dell’occupazione giovanile.
Dopo le “recenti proposte di condivisione del lavoro tra lavoratori giovani e anziani — scrive l’Ilo sferrando un altro colpo a un luogo comune — è importante notare che i giovani non devono prendere il posto degli adulti nel mercato del lavoro”.
Ed “il governo dovrebbe considerare altri mezzi per sostenere l’occupazione giovanile”, aggiunge l’organizzazione. L’Ilo cita ad esempio il sistema di garanzia per mantenere i giovani dentro il mercato del lavoro, gli incentivi all’assunzione di giovani più svantaggiati (disoccupati di lunga durata o giovani poco qualificati), le borse di formazione e sforzi da compiere per migliorare la corrispondenza delle competenze (skills matching).
Per l’Ilo inoltre “il contatto con lavoratori più sperimentati attraverso il tutoraggio può fornire consigli, istruire alle buone pratiche sul luogo di lavoro ed aiutare a dissipare i malintesi riguardo ai giovani”.
L’Italia, insiste il rapporto dell’Ilo, deve “monitorare le forme atipiche di occupazione”. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite ”sarebbero necessari maggiori sforzi per incentivare la trasformazione dei contratti a tempo determinato in posti di lavoro fisso”.
La relazione sottolinea che all’Italia servono circa 1,7 milioni di posti di lavoro per riportare il tasso di occupazione a livelli pre-crisi.
A partire dal secondo trimestre del 2008, si legge nel testo, l’economia italiana ha perso circa 600 mila posti di lavoro e, nello stesso periodo, la popolazione in età lavorativa è aumentata di circa 1,1 milioni.
Una situazione che, secondo l’Ilo, può portare alla crescita di un rischio di tensioni sociali in Italia. Nell’Europa a 27 l’indice è salito globalmente dal 34% del 2006/2007 al 46% del 2011/2012. “Tra il 2010 e il 2012 — segnala il rapporto — i Paesi che hanno sperimentato il maggior aumento nel rischio di rivolte sociali sono Cipro, Repubblica Ceca, Grecia, Italia, Portogallo, Slovenia e Spagna; mentre il rischio è diminuito in Belgio, Germania, Finlandia, Slovacchia e Svezia”. Lo studio ricorda comunque che “l’esistenza di canali democratici attraverso cui la gente può esprimere le proprie preoccupazioni e frustrazioni tende a ridurre i rischi”.
Per il resto l’Ilo lancia un nuovo allarme disoccupazione: il numero delle persone senza lavoro nel mondo è destinato a continuare a crescere, dagli attuali 200 milioni a 208 milioni nel 2015, fino a 214 milioni nel 2018.
E “preoccupante” l’istituto definisce soprattutto il continuo declino della classe media, “non solo per la tenuta dell’inclusione sociale, ma anche per ragioni economiche”.
A titolo d’esempio, in Spagna la classe media è diminuita dal 50% nel 2007 al 46% nel 2010. Negli Stati Uniti il 7% più ricco della popolazione ha registrato un aumento del reddito netto medio dal 56% nel 2009 al 63% nel 2011, mentre il rimanente 93% ha subito una contrazione.
A parlare di lavoro è stato oggi il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato che ha spiegato che il governo lavora per “aumentare il credito alle imprese potenziando il fondo di garanzia e per trovare un modo per ridurre i costi fiscali nel lavoro giovanile, in particolare per chi assume a tempo indeterminato”.
“Su questo — chiarisce — non c’è un piano definitivo ma una forte volontà e si sta lavorando per trovare una metodologia più efficiente e le risorse”, ha detto Zanonato.
“Siamo al momento interessati a due misure — aveva detto poco prima il ministro -: ampliare il fondo di garanzia, cioè consentire a chi vuole un prestito di poterlo ottenere con una garanzia creata da questo fondo. Non ha un costo molto elevato, abbiamo a disposizione un fondo di due miliardi e vogliamo raddoppiarlo. E il costo è di circa il 4%”.
Ma, ha aggiunto Zanonato, c’è anche un problema che è “più importante, quello della disoccupazione giovanile. Abbiamo 2,5 milioni di giovani che in questo momento non lavorano e non studiano e hanno perso la voglia di cercare un lavoro. La prima cosa che vorremmo fare è favorire quelle aziende che assumano a tempo indeterminato i giovani, usando meccanismi di sgravio fiscale e — ha concluso — stiamo studiando quali siano i meccanismi più efficaci”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 3rd, 2013 Riccardo Fucile
SETTIMANA DECISIVA PER DECIDERE SU PRESIDENZA VIGILANZA RAI, GIUNTA IMMUNITA’ E SERVIZI SEGRETI
Settimana decisiva per la nomina dei presidenti della commissione di Vigilanza Rai, del comitato parlamentare di controllo dei servizi segreti (Copasir) e della giunta per le elezioni e le immunità del Senato.
Le bordate di Beppe Grillo contro i giornalisti del servizio pubblico (Gabanelli e Floris in testa) non hanno certo reso più sereno il clima intorno all’annunciata elezione di Roberto Fico (M5S) alla presidenza della Vigilanza.
Fico, già intervistato da Lucia Annunziata su Raitre, ha detto che «non c’è nessun editto di Grillo contro la Gabanelli e contro Floris… A questi giornalisti non capiterà niente…».
Eppure, l’aria che tira in casa Cinque Stelle agita le acque: «Siamo stati in stallo per molto tempo, la prossima settimana ci occuperemo anche di questo. Sono commissioni che spettano all’opposizione. Prenderemo atto del candidato del M5S, non ci sono preclusioni di principio», ha detto ieri Renato Schifani.
Per legge solo il Copasir spetta all’opposizione: a San Macuto, a controllare gli «007», è in arrivo dunque un senatore della Lega (Divina o Bitonci) se Nichi Vendola (Sel) non ce la farà a imporre il deputato Claudio Fava.
Nello schema dell’accordo la terza casella delle presidenze, quella della giunta del Senato (strategica per l’eventuale dibattito sull’ineleggibilità di Berlusconi) spetterebbe al senatore Dario Stefano (Sel).
(da “il Corriere della Sera”)
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Giugno 3rd, 2013 Riccardo Fucile
“IL CERCHIO MAGICO RINVIA LE RIUNIONI PERCHE’ ANDREBBE SOTTO”… “I CINQUESTELLE SONO DESTINATI ALL’IMPLOSIONE”
Senatore Mastrangeli ha visto: adesso fanno quello per cui lei è stato cacciato dal M5s, vanno in tv.
«Non fatevi ingannare, Grillo in tv manderà il suo cerchio magico, gli yes men, quelli che non mettono in dubbio nulla. E per comunicare non la realtà ma quello che serve».
Fico ha spiegato a Lucia Annunciata che la differenza è che lei aveva disobbedito alle decisioni della maggioranza...
«E dove siamo, nel Terzo Reich? O forse Fico crede d’essere Himmler? Io ho sempre detto che era importante comunicare fuori quello che facevamo dentro. Adesso se ne sono accorti anche loro. Ma è troppo tardi».
Troppo tardi per cosa?
«La delegazione di 163 parlamentari Cinque stelle è destinata all’implosione. Per tre, quattro motivi che adesso vi spiego».
Chiariamo prima una cosa, lei è dentro o fuori il Movimento?
«Io sono un portavoce Cinque stelle adesso formalmente iscritto al Misto ma siedo ancora nei banchi del mio gruppo. E parlo con tutti, li ascolto, so cosa si muove. Ricordo poi che solo 62 parlamentari su 163 hanno votato la mia espulsione, e la matematica mi dice che non è la maggioranza. Quando hanno passato la parola al web, hanno votato solo il 40% dei cinquantamila aventi diritto. Ancora una volta, non è la maggioranza. Poi, sia chiaro: io ho contribuito a costruire il Movimento e da casa mia non me ne vado. Altri eletti che in questi giorni stanno trovando il coraggio di parlare, dicono questa cosa: non se ne vanno anche se la pensano in maniera diversa da Grillo».
Si parla di 30-40 frondisti, scissionisti, eletti che guardano con favore all’ipotesi di un intergruppo con cui votare insieme ad altre forze politiche su alcuni temi. Concorda con questi numeri?
«Ma sono molti di più. Adesso posso rivelare un retroscena che vi piacerà molto: prima del famoso confronto con Bersani, quello andato in streaming, erano almeno 60-70 i parlamentari che erano d’accordo per dialogare con la parte sana del Pd. Sono certo che sono aumentati. Giovedì è stato rinviata la riunione comune di deputati e senatori perchè il cerchio magico ha capito che sarebbe stato la minoranza e che quella riunione sarebbe finita male. Ecco perchè l’hanno cancellata».
Quindi c’è una bella fetta di voi disposta ad allearsi?
«Di chiacchiere a volte si può morire. Se otto milioni di italiani ti votano e raggiungi il 25 per cento, è chiaro che gli elettori vogliono mandarti a governare. Lo dicono i numeri. Grillo e Casaleggio hanno detto di no a questa assunzione di responsabilità . Guardate che è frustrante stare lì a presentare disegni di legge e sapere che tanto non cambieranno nulla quando invece abbiamo avuto l’occasione unica di cambiare veramente. Certo, non da soli. Ma chi se ne frega….».
Altri espulsi come lei, Tavolazzi in Romagna, Venturino in Sicilia, stanno creando movimenti. Sarà questa l’evoluzione dei Cinque stelle?
«Non credo. Io, come altri, lavoriamo per un M5S che dialoga e si allea con altre forze politiche per cambiare le cose».
Prefigura una specie di golpe interno?
«Accadrà , è nelle cose. Per almeno quattro motivi: la batosta elettorale; la necessità di essere pragmatici e far vedere fuori che facciamo qualcosa di concreto; l’impossibilità di esprimere il proprio pensiero; nessuno, pochi, restituiranno i soldi. Non a caso Grillo ha detto l’altro giorno che verrà a prenderli per cacciarli uno per uno»
Che dice? Non restituite metà dello stipendio?
«Lei ha avuto la prova che questo è accaduto? No, perchè non è accaduto. Le aggiungo che alcuni senatori hanno già speso gli stipendi, qualcuno li ha impegnati per i prossimi anni».
Che ne pensa della violenza verbale di Grillo? Contro voi, i giornalisti, Rodotà , la Gabanelli
«Questo è un brutto vizio di Beppe, i post con le black list che scatenano e armano i linciaggi della Rete e poi delle persone. Lo ha fatto anche con me dopo il voto al presidente Grasso. Sono un ex poliziotto e chiesi l’aiuto della Digos».
Claudia Fusani
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Giugno 3rd, 2013 Riccardo Fucile
AL POLITICO, SECONDO IL GIP, SAREBBERO FINITI 443.000 EURO… LE ACCUSE SONO ASSOCIAZIONE A DELINQUERE E RICICLAGGIO
Quattro persone tra avvocati, collaboratori e funzionari dell’Ente nazionale assistenza sociale sono finiti in manette a Roma per una truffa ai danni dell’Inps e al ministero della Giustiziada 22 milioni di euro.
Tra loro anche Aldo Di Biagio, senatore eletto nelle file di Scelta Civica per l’Italia nelle ultime consultazioni politiche.
Nei suoi confronti si ipotizza il reato di associazione per delinquere.
Il gip ha fatto sapere che Di Biagio “è risultato direttamente beneficiario finale di 443.589 euro costituiti da assegni circolari”.
E’ stata configurata per 13 persone l’associazione per delinquere, la truffa aggravata ai danni dello Stato, la falsità commessa da pubblici ufficiali e il riciclaggio.
Secondo quanto accertato dagli uomini del nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza, coordinati dai pm di Roma, gli arrestati, per conto di centinaia di ignari pensionati (alcuni deceduti o residenti all’estero), mettevano in atto ricorsi contro l’Inps per ottenere gli oneri accessori su pensioni.
Gli indagati in totale sono 16 persone.
La truffa, inoltre, non si fermava all’Inps ma aveva tra le sue vittime anche il Ministero della Giustizia contro il quale gli indagati ricorrevano per il riconoscimento “dell’equa riparazione per lungaggini processuali” così come prevede la così detta Legge Pinto.
In carcere sono finiti due coniugi, gli avvocati Gina Tralicci e Nicola Staniscia, oltre a un’impiegata dell’Ente Nazionale di Assistenza sociale (Enas) operante in Croazia, Adriana Mezzoli. Gli arresti domiciliari sono stati disposti nei confronti di Barbara Conti, una collaboratrice dello studio legale.
L’indagine è affidata al procuratore aggiunto Nello Rossi.
Gli arresti, eseguiti dal nucleo valutario della Guardia di finanza, sono stati disposti dal gip
Paola Della Monica
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 3rd, 2013 Riccardo Fucile
LA GIORNALISTA CANDIDATA ALLE QUIRINARIE E’ FINITA NEL MIRINO DOPO AVER CHIESTO I CONTI DEL BLOG DI GRILLO E CHI NE INCASSA GLI UTILI
«Sono abituata a ricevere insulti. Sono estranea a questo rumore di fondo. E continuo a fare la giornalista».
Le saette dei grillini non sembrano minimamente sfiorare Milena Gabanelli.
Eppure Beppe Grillo l’ha messa nel mirino. Da settimane.
L’ultima volta dal palco siciliano di Mascalucia, piccolo centro alle porte di Catania.
Il leader del Movimento cinque stelle ha demolito le due figure esaltate ai tempi delle Quirinarie: «Gabanelli e Rodotà si sono rivoltati contro!».
Li ha rinnegati, in piazza, tra gli applausi.
L’anima di Report si gode una domenica di riposo dopo le fatiche televisive.
La linea va e viene, ma il concetto resta immutabile: «Grillo dica quello che ritiene nei suoi comizi. Ognuno è libero di dire ciò che vuole, non mi presto a polemiche che giudico inutili».
La giornalista considera il pressing dei politici fisiologica conseguenza di chi fa il proprio mestiere: «Si scatenano reazioni, è normale».
Così normale, assicura, che il cronista non deve cadere nel botta e risposta: «Il commento alla reazione del politico non è compito mio».
Però il leader dei Cinquestelle picchia duro.
«E io non ho commenti da fare. Non è la prima volta che mi accade. I politici se la prendono spesso con i giornalisti».
Grillo insiste, vi indica da un palco. Fa i nomi.
«I politici parlano davanti alle platee. Grillo dica quello che ritiene nei suoi comizi, faccia quel che vuole».
E un giornalista come si regola? Dopo averla candidata al Quirinale, Grillo continua ad attaccarla.
«Come ho già avuto modo di dire, ognuno fa il proprio mestiere. Io faccio quello di giornalista. E continuo a farlo».
Nonostante gli insulti della politica? Ormai accade sempre più spesso.
«Sono abituata a ricevere insulti. Uno fa il proprio mestiere. Se si scatenano reazioni, va bene: è ovvio che succeda. Ma il commento della reazione non è compito mio».
Si sente minacciata?
«Non mi sento minacciata».
E va avanti.
«Si, certo».
Ha avuto modo di sentire Grillo, ultimamente?
«No».
È assolutamente serafica.
«Ma per carità … sono estranea a questo rumore di fondo. Non mi tocca. Faccio il mio lavoro. E i comizi sono fatti così».
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
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Giugno 3rd, 2013 Riccardo Fucile
IL VIAGGIO A PALERMO PER INCONTRARE LA MEDIATRICE SONIA ALFANO… BERSANI AVREBBE POTUTO AVERE LA MAGGIORANZA AL SENATO
Da storico navigato ha conservato il biglietto aereo: “Le posso dire che volai a Palermo per incontrare Sonia Alfano lunedì 8 aprile”, conferma il senatore democratico Miguel Gotor, nella cerchia più vicina all’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani che in quei giorni riteneva ancora possibile la difficile ascesa verso Palazzo Chigi.
Aveva ricevuto il mandato dal presidente Giorgio Napolitano il 22 di marzo, Bersani.
Aveva iniziato delle difficili consultazioni definite poi “non risolutive”.
Era infine stato “congelato” il giorno 28 di quel mese e sostituito da un gruppo di saggi di nomina quirinalizia.
Eppure, come conferma lo stesso Gotor “ancora riteneva di poter essere inviato alle Camere, semmai dal successore di Giorgio Napolitano”.
Perchè lei andò a Palermo?
Sonia Alfano, che da giorni lanciava “avvisi di chiamata” sui giornali, era riuscita a contattare il segretario. Aveva spiegato che c’era un gruppo di esponenti del Movimento Cinque Stelle che sarebbe stato interessato a discutere con noi…
Su cosa?
I temi del confronto erano quelli emersi anche dall’elezione di Pietro Grasso alla Presidenza del Senato: anticorruzione, legalità e lotta alla mafia. Io, per ovvie ragioni, ero interessato a comprendere quanti senatori fossero propensi a questo dibattito con noi. E potessero eventualmente consentire l’avvio di un governo a guida Bersani.
E quanti erano?
La Alfano mi spiegò che a Palazzo Madama erano circa tredici, quindi qualcuno in più dei sette che avevano votato in coscienza Grasso alla Presidenza del Senato. Per noi, con questi numeri, la pista diventava interessante.
Anche alla Camera c’erano grillini “tiepidi” pronti a far nascere un vostro governo…
Avevamo avuto dei segnali tramite Pippo Civati. Io mi occupavo fondamentalmente del Senato, dove non avevamo la maggioranza numerica per varare il governo.
Quei senatori non avrebbero votato il vostro governo…
Questo no. Avrebbero però consentito che partisse.
In quel viaggio in Sicilia incontrò anche esponenti dei Cinque Stelle?
Ebbi un solo incontro, in un ristorante, con l’europarlamentare Alfano, eletta da indipendente nelle fila dell’Italia dei Valori. Lei mi spiegò come stavano le cose. Quello che mi riferì mi risultò credibile. Tornai a Roma nella stessa giornata.
Perchè questa possibile intesa alla fine non è riuscita a concretizzarsi?
Le dò il mio parere: perchè bisognava attendere l’elezione del nuovo presidente della Repubblica.
All’operazione non fu dato alcun risalto…
Fu tenuta riservata, certo. Si riteneva di poterla rilanciare dopo l’elezione del Capo dello Stato. Ma quella partita finì come sappiamo.
Eduardo Di Blasi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 3rd, 2013 Riccardo Fucile
DIECI GIORNI PRIMA L’ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ARRIVO’ AI VERTICI DEL PD LA PROPOSTA PER FAR PARTIRE UN GOVERNO BERSANI
Ha ragione Beppe Grillo: all’interno del M5S esiste un gruppo di dissidenti, per questo, con l’aiuto dei fedelissimi, si è messo sulle loro tracce con l’obiettivo di non fare prigionieri.
Più che dissidenti sono clandestini, perchè da oltre due mesi si stanno incontrando discutendo sul fatto che finora, seguendo le indicazioni del capo, non hanno onorato il mandato degli elettori: cambiare la politica nel Paese e contribuire a fare le riforme indispensabili.
Grillo può dire tutto quello che vuole, ma chi ci mette la faccia in Parlamento non è lui.
La maggior parte di loro accusa il leader di aver buttato al vento una grande occasione non appoggiando, con le dovute garanzie, un governo Pd, permettendo così a Berlusconi di essere l’ago della bilancia di un esecutivo a larghe intese che oltre due terzi degli elettori non avrebbe mai voluto.
Alcuni dei clandestini raccontano che dopo le promesse fatte in campagna elettorale nel Nord-Est, fabbrica per fabbrica, non hanno più il coraggio di presentarsi di fronte a chi li ha votati. Grillo preferisce un movimento al 15% ma coeso, senza ripensamenti, e grida ai quattro venti il rispetto degli accordi firmati dagli eletti in Parlamento altrimenti: la porta.
Per i ballottaggi ha dichiarato: “Nessuna alleanza, la sinistra ci prende per il culo più della destra”.
L’attacco di Grillo al candidato al Quirinale Rodotà , dopo l’intervista al Corriere della sera: “Un ottuagenario miracolato dalla rete”, e la successiva arrampicata sugli specchi per smentirla, sono state le goccia che hanno fatto traboccare il vaso.
Sulla storia dei clandestini M5S e dei rapporti con il Pd si stanno scrivendo tante leggende.
Un contatto tra loro e Bersani si è consumato all’inizio di aprile.
Allora il gruppo era formato da circa 30 eletti (Camera e Senato) in Sicilia, Calabria, Emilia, Piemonte, Lombardia e Nord-Est.
Un personaggio serio e credibile come Sonia Alfano da sempre vicina ai clandestini, viene da questi incaricata di portare un messaggio di disponibilità a lasciare il Movimento per creare un gruppo autonomo, a votare la fiducia al Senato a un governo Pd, in cambio della condivisione di alcuni punti del programma e di garanzie di protezione mediatica contro l’inevitabile attacco del duo Grillo-Casaleggio.
Contatta Bersani in modo riservato attraverso la Batteria del Viminale.
Come il segretario sente il motivo della telefonata interrompe la comunicazione pensando ad uno scherzo del solito Cruciani della Zanzara.
La Alfano mi chiama per un aiuto.
Informo il portavoce Di Traglia che la telefonata non è uno scherzo e insieme creiamo un nuovo contatto tra i due, che si parlano più volte. Bersani, che non ha mai voluto un governo con Berlusconi, manda un suo stretto collaboratore, il senatore Miguel Gotor, in Sicilia per un incontro.
Qualcosa non ha convinto i clandestini, ma soprattutto quella parte del Pd, che dal giorno dopo il voto pensava già ad un governo a larghe intese con Berlusconi e Monti mandando a casa Bersani
Dopo la sconfitta del movimento alle amministrative il gruppo è aumentato a 40 eletti e la disponibilità di Rodotà (questa è la ragione dell’incomprensibile attacco di Grillo nei confronti del giurista) ed altri come Civati, Barca, Vendola di dare voce ai clandestini imbarcandoli nel progetto di costruzione di una nuova sinistra, pronta a non regalare per l’ennesima volta il Paese a Berlusconi, li sta trasformando sempre più in ammutinati pronti a mostrarsi alla luce del sole e Grillo, esaltato dall’idea di scontrarsi direttamente con Berlusconi, non a caso si è raffigurato sul sito nelle vesti dell’eroe scozzese di Braveheart, William Wallace: “Ci siamo solo noi: il capocomico e il nano, ne resterà uno solo”, rischia di fare la fine di un altro William di cognome Bligh, il comandante della Bounty, la fregata del famoso ammutinamento raccontato in tanti film epici.
Loris Mazzetti
(da “il Fatto Quotidiano”)
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