Giugno 10th, 2013 Riccardo Fucile
IL PDL ALZA IL TIRO MA SENZA ROMPERE: NON SE LO PUO’ PERMETTERE
E ora Silvio Berlusconi teme la tempesta perfetta.
Per questo si è tenuto alla larga da ogni commento sulla debacle amministrativa, sebbene il suo umore venga descritto come nero davvero.
Non una parola, non una nota.
Anche perchè, non avendoci messo la faccia in campagna elettorale, non è stato difficile sottrarsi nel giorno più difficile.
Lascia ad Alfano il compito di dare a Enrico Letta una rassicurazione( “Il governo di larga coalizione — dice il ministro dell’Interno in un’intervista al Foglio vive obiettivamente oltre il perimetro delle battaglie amministrative parziali) e un avviso (“Letta dia una missione al governo invece di discolparsi con Repubblica”).
Significa che il Pdl alzerà il tiro, ma senza rompere.
La verità è che la botta fa male, e non poco.
Mai il Pdl ha registrato una sconfitta di questa entità . Ovunque. È stato un cappotto.
E se — paradossalmente ma neanche troppo — la sconfitta più pesante era la più annunciata, quella di Roma, il termometro della disfatta è Brescia, Treviso, tutto il nord diventato per il Pdl una terra straniera.
Per non parlare della Sicilia, patria di Alfano, dove il segretario del Pdl sono anni che colleziona sconfitte ai limiti dell’umiliazione.
Ma più della dissoluzione di un partito che, di fatto, non esiste quando non è chiamato al solito e ventennale referendum sul suo Capo, può la paura.
Perchè è proprio vero che al peggio non c’è mai fine.
Lo spiega un ex ministro: “Berlusconi non può e non vuole far cadere il governo, perchè a questo punto è chiaro che un’altra maggioranza coi grillini la fanno in una notte. Ma sa anche che il voto dà più potere alla sinistra, che ha già lanciato un’Opa sul governo e le procure faranno il resto”.
Eccola, la tempesta perfetta.
È la classica situazione in cui indietro non si può tornare e avanti è difficile andare.
Come un ritornello, il Cavaliere ha ripetuto ai suoi che sui provvedimenti del governo il Pdl sarà intransigente — Imu, Iva Equitalia — e che non accetterà un compromesso al ribasso, nè lascerà al Pd il bandolo dell’iniziativa.
Ma al tempo stesso ha raffreddato gli animi di quei falchi che vorrebbero alzare il tiro fino a rompere con Letta.
La parola d’ordine è minimizzare, separare il voto amministrativo dal governo, non cedere ai nervi, che pure sono scoperti.
Per questo tutto lo stato maggiore del Pdl si limita, almeno ufficialmente, a dichiarare l’ovvio. Cioè che senza Berlusconi il Pdl non esiste, e che le amministrative hanno una dinamica diversa da quelle delle politiche.
Mariastella Gelmini affida all’HuffPost un distillato di buonsenso: “E’ chiaro che l’astensionismo penalizza più noi, e ci penalizza il secondo turno rispetto al primo. Fattori a cui aggiungere il fatto che la Lega dimezza i voti al nord e una questione settentrionale tutta da reintepretare e che richiede risposte. Ma più di tutto è mancato, senza Berlusconi, un messaggio comunicativo forte”.
Già , senza Berlusconi. Il Pdl pare una pentola in ebollizione.
Con mezzo partito che a questo punto vuole una “rivoluzione”.
Per i falchi come Denis Verdini e Daniela Santanchè così non si può andare avanti.
Con Alfano che cumula tre incarichi — ministro, vicepremier, segretario del Pdl — il partito è acefalo.
Sono parole che annunciano settimane complicate quelle con cui Daniela Santanchè inonda i media per un pomeriggio: “Dobbiamo capire cosa dobbiamo cambiare al nostro interno. Questa volta non è colpa di Berlusconi se non abbiamo vinto ma più del partito e dei suoi dirigenti”. Dall’altro lato, la nomenklatura vicina ad Alfano — Cicchitto, Gasparri e i vari artefici della sconfitta di Roma – invoca la costruzione di un partito vero, come ai tempi delle primarie.
Come sempre il dibattito è destinato a durare, e non poco. Perchè nel partito acefalo se tocchi una casella cade tutto.
Anche se stavolta assicurano che il Cavaliere è determinato a cambiare, se non altro perchè si è stufato di cacciare quattrini.
Saranno i costi a dettare la riorganizzazione, e non viceversa.
Alessandro De Angelis
(da Huffingtonpost.it)
argomento: PdL | Commenta »
Giugno 10th, 2013 Riccardo Fucile
“BERLUSCONI NON MI PRE IL PRIMO AZIONISTA DEL GOVERNO”…SU IMU E IVA IL PD E’ PRONTO A FAR PESARE IL VOTO AL VERTICE DI MAGGIORANZA
“Guardando il risultato delle amministrative, complessivamente, è un risultato che rafforza lo schema del governo di larghe intese”.
Sono passate poco più di tre ore dalla chiusura delle urne quando Enrico Letta, dopo una rapida scorsa ai risultati elettorali, lancia il primo salvagente al governo. Consapevole, probabilmente, che il travolgente successo del suo partito rischia di mettere in serissima difficoltà il principale alleato, il Popolo della Libertà , uscito pesantemente azzoppato dall’esito elettorale.
“‘È complicato prevedere gli effetti del voto sul governo ma certo dà una spinta in più alle posizioni e al ruolo del pd nel Paese”.
È il segretario democratico Guglielmo Epifani a mettere subito in chiaro che c’è un prima e un dopo nell’equilibrio di poteri all’interno della maggioranza, alla luce dei risultati di oggi.
Lo ribadisce – a scanso di equivoci – quando a domanda se il Cav sia ancora l’azionista principale dell’esecutivo, l’ex leader sindacale replica: “Con certi giudizi, oggi ci andrei un po’ cauto”.
L’opa del Pd sul governo è lanciata.
Il primo appuntamento, che si preannuncia tesissimo, è previsto per domani.
Letta, Alfano e Franceschini si vedranno con i capigruppo per l’ormai consueto vertice di maggioranza.
Riforme e provvedimenti economici all’ordine del giorno, ma i delicatissimi equilibri che il premier ha cercato di mantenere in queste settimane potrebbero essere scardinati da una prova di forza dei dem, rinvigoriti dal successo elettorale.
Ad alzare la posta ci ha pensato già il segretario Guglielmo Epifani. “È necessario abolire l’Imu sulla prima casa solo per chi non ce la fa” e “rimandare l’aumento Iva o selezionarlo solo su alcuni prodotti. La priorità ora sono i giovani e il lavoro”, ha spiegato parlando al tgLa7.
Posizioni differenti, e lontane, da quelle affermate in più occasioni del Pdl, che spinge invece per una abolizione dell’Imu su tutte le prime case e per un blocco immediato dell’aumento dell’Iva previsto per il 1 luglio.
Ma le armi pidielline ora sono drammaticamente spuntate, e il Pd ora può giocare al rialzo. “Domani chiederemo al governo che anticipi, che accelleri le modalità per investire e accrescere gli stimoli per i consumi e gli investimenti”, ha rincarato Epifani.
Le tensioni all’interno della maggioranza complicano un già fragile scenario, segnato da una crescente difficoltà a trovare le risorse per soddisfare tutti gli impegni che le diverse forze di governo hanno preso in queste settimane.
Non a caso, all’ultimo, in serata è stata convocata una riunione di emergenza tra Letta, Alfano, Saccomanni, Franceschini e il sottosegretario Patroni Griffi. Un briefing per preparare al meglio proprio l’incontro di martedì mattina.
L’abolizione dell’Imu, il rinvio dell’aumento dell’Iva, il pacchetto lavoro sono tutti provvedimenti che costano. Per trovare i soldi servono scelte. E le fratture all’interno del governo rischiano di accontentare qualcuno e scontentare qualcun altro.
La fotografia più nitida dell’imbarazzo in cui naviga l’esecutivo la scatta il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato. “Saccomanni non si è arreso all’idea di non far scattare l’aumento dell’Iva. Piacerebbe a tutti non aumentare l’Iva ma bisogna trovare le risorse”, ha spiegato palesando tutta la difficoltà dell’esecutivo nella ricerca delle coperture.
A Palazzo Chigi si lavora freneticamente. Il premier e il ministro dell’Economia si vedono quasi ogni giorno.
Sulla prima scadenza, il 30 giugno per scongiurare l’aumento dell’Iva, i tempi sono strettissimi ma un accordo potrebbe alla fine essere trovato per un rinvio di tre mesi dell’innalzamento.
Costo dell’operazione: 1 miliardo. Ma sull’Imu, scadenza 31 agosto, la carta del rinvio è già stata giocata una volta e non può più essere riproposta.
E senza un accordo sul “pacchetto casa” le settimane del governo potrebbero essere davvero contate.
Flavio Bini
(da “L’Huffington Post”)
argomento: governo | Commenta »
Giugno 10th, 2013 Riccardo Fucile
CATANIA: DAL 31,9% DELLE POLITICHE PASSA AL 3,1%… MESSINA: DAL 27,7% AL 2,68%…. RAGUSA: DAL 40,9% AL 16,29%… SIRACUSA DAL 35,3% AL 6,43%
MESSINA Ore 20,45
Dopo 55 sezioni scrutinate su 254 a Messina il candidato sindaco del centrosinistra Felice Calabrò è al 52,21% e in questo momento eviterebbe anche il ballottaggio diventando il nuovo sindaco di Messina, memtre il candidato del centrodestra Vincenzo Garofalo si attesta sul 19,20%, il pacifista Renato Accorinti con la sua lista civica si attesta al 21,39%, la candidata del movimento Cinque Stelle Maria Cristina Saija crolla al 2,68%, il candidato di Nuova Alleanza il 2,65% e infine il candidato del movimento Reset Alessandro Tinaglia raggiunge l’1,8%.
CATANIA Ore 20.19
Risultati di 72 sez su 335 – Bianco (Pd) 51%, Stancanelli (Pdl) 35,72, Caserta 7,9, Iannitti 1,8 (M5S) , D’Urso 0,44 – Adorno 3,1
SIRACUSA – Ore 20.33
Prosegue lo scrutinio a rilento per via di alcuni problemi riscontrati nella redazione dei verbali.
Sempre avanti l’esponente del centrosinistra Giancarlo Garozzo con il 31,34%, vicino Paolo Ezechia Reale col 27,03%.
Più staccato Edy Bandiera, sempre più lontano dal ballottaggio con il suo 20,69%. Molto lontano il Movimento cinque stelle, fermo al 6,43%.
Seguono Giovanni Briante al 5,1%, Santi Pane al 4,6%, Giuseppe La Torre al 3,2% e Francesco Greco al 2%.
RAGUSA Ore 22.12
Mancano esattamente 20 sezioni all’appello.
In testa ancora Giovanni Cosentini col 28.1%. Prosegue il testa a testa tra Federico Piccitto (M5S) col 16.3% e Franco Antoci (Pdl) col 15% per aggiudicarsi il ballottaggio con l’esponente del centrosinistra.
Diminuisce il gap fra Federico Piccitto (M5S) e Franco Antoci (Pdl) che seguono Giovanni Cosentini fermo al 28%: 3714 i voti ottenuti, al momento, dal grillino rispetto ai 3455 di Antoci.
argomento: Grillo | Commenta »
Giugno 10th, 2013 Riccardo Fucile
GASPARRI: “I NUMERI SONO CHIARI”… SALVINI: “BATOSTA SALUTARE”
Il centrosinistra vince ovunque. E di conseguenza il centrodestra perde.
Il centrosinistra festeggia, riporta le proprie bandiere in Campidoglio e in piazza della Loggia, ovvero nei palazzi comunali di Roma e di Brescia, dove la parentesi pidiellina è durata una sola legislatura.
E strappa agli avversari alcune delle sue roccaforti storiche: Imperia, la città di Claudio Scajola; Viterbo, feudo democristiano fino agli anni Novanta (fu sindaco anche Giuseppe Fioroni, oggi uomo di punta del Pd) e poi territorio di conquista per Alleanza Nazionale; Treviso, uno dei primi capoluoghi conquistati dalla Lega Nord proprio con il sindaco-«sceriffo» Giancarlo Gentilini che ora parla di «fine di un’era».
«VINCIAMO SOLO CON BERLUSCONI»
Le dichiarazioni ufficiali dei vertici del partito sono arrivate a quasi tre ore dalla chiusura dei seggi, quando il quadro era ormai chiaro e definitivo.
«I risultati elettorali del secondo turno confermano che, quando vince, il Pdl vince grazie al carisma e alle qualità politiche del presidente Silvio Berlusconi» commenta il coordinatore Sandro Bondi, coordinatore del partito.
Che aggiunge un’autocritica: «Senza un confronto all’interno del Pdl, fondato sulle idee, da parte di persone capaci di testimoniarle credibilmente, con onestà e un’autorevolezza non riflessa, il nostro movimento non sarà mai in grado di produrre candidati vincenti perchè dotati di una forza propria».
Maurizio Gasparri, che ha fatto parte del comitato a sostegno di Alemanno, non ci gira attorno: «Il risultato – ha commentato a caldo – è negativo sulle varie piazze chiamate al voto. Prendiamo atto di questo risultato e proseguiremo la nostra azione politica. Non faremo come ha fatto Bersani che ci ha messo dei giorni per prendere atto dei numeri. I numeri sono chiari ma rivendichiamo quanto abbiamo fatto».
«UNA BATOSTA PUO’ FAR BENE»
Dal fronte leghista parla invece il vicesegretario Matteo Salvini: «Ogni tanto una batosta può far bene, a Brescia e Treviso abbiamo sbattuto la faccia contro il muro – ha detto – ma sono ottimista per il futuro».
(da “il Corriere della Sera“)
argomento: LegaNord, PdL | Commenta »
Giugno 10th, 2013 Riccardo Fucile
FINISCE 56,5% CONTRO IL 43,4% DI PAROLI, STRAVOLTO IL RISULTATO DEL PRIMO TURNO
Brescia torna ad essere guidata dal centrosinistra, dopo 5 anni nelle mani di PdL, Lega e Udc.
Il candidato Emilio Del Bono ha vinto il ballottaggio con un margine di 13 punti percentuali (56% contro il 43%) sul sindaco uscente, Adriano Paroli.
La forbice tra i due quindi si è allargata moltissimo rispetto al pareggio del primo turno (38,08% per il candidato del centrosinistra e 38,01% per il centrodestra).
Del Bono ha preso 12mila voti in più (solo 2 mila in più per Paroli).
IL RITORNO DEL CENTROSINISTRA
In città quindi torna il centrosinistra. E Del Bono si prende la sua rivincita, vista la bruciante sconfitta al primo turno 5 anni fa.
Da quando si vota con questo sistema elettorale, dal 1994, il centrosinistra ha sempre avuto la maggioranza (a parte il quinquennio Paroli) prima con Mino Martinazzoli e successivamente (dal 1998 al 2008) con Paolo Corsini.
Il futuro sindaco, parlamentare del Pd per tre legislature e già capogruppo della minoranza, ha già annunciato buona parte della sua giunta: vicesindaco sarà Laura Castelletti (leader della civica Brescia Per Passione), assessori saranno Marco Fenaroli (sostenuto da Sel), Federico Manzoni, Gianluigi Fondra (entrambi Pd) e il tecnico Felice Scalvini, che arriva dal mondo cooperativo.
DEL BONO: «SARO’ IL SINDACO DI TUTTI»
Migliaia di applausi hanno accolto il nuovo sindaco in piazza Loggia.
«Spero di poter essere il sindaco di tutta la città – ha detto a caldo il nuovo primo cittadino -; spero che si possa ricostruire una serenità di rapporti anche con gli ex amministratori. La giunta? La definirò in una settimana. Nei primi cento giorni rivedrò il bilancio previsionale dove inserirò i fondi per la bonifica della scuola Deledda (inquinata da pcb, ndr) e poi rivedrò i patti parasociali di A2A».
Del Bono ha anche detto, in una diretta televisiva che «La città aveva voglia di cambiare la guida dell’amministrazione dopo 5 anni deludenti».
LA GIOIA DEI VINCITORI
Per il futuro vicesindaco Laura Castelletti «sapremo meritarci la fiducia che abbiamo ricevuto». Per il senatore Pd Paolo Corsini, ex sindaco di Brescia «la vittoria è motivo di grande orgoglio per Del Bono, visto che ha ottenuto un margine maggiore a quello ottenuto da me e da Martinazzoli. Il voto è una sanzione molto negativa nei confronti dell’operato di Paroli, per quello che non ha fatto, per quello che ha disfatto».
Per il 30enne Pd Federico Manzoni, futuro assessore, «la vittoria parte dal grande lavoro fatto in questi cinque anni. Nessuno di noi però si illude di avere la strada in discesa». I punti forti del centrosinistra li ricorda Marco Fenaroli (altro futuro assessore): la vittoria è arrivata grazie ai due punti forti del programma, ambiente e servizi sociali.
I COMMENTI DEGLI SCONFITTI
Rammarico e voglia di capire il perchè di questa batosta nel centrodestra. La sede del comitato elettorale di Paroli ha abbassato la saracinesca ancora prima delle quattro, non appena si era intuito che il margine di vantaggio era irrecuperabile.
Per l’ex assessore Maurizio Margaroli (PdL) «la città ha bocciato il nostro progetto. Noi non siamo stati capaci di trasmettere alla città il lavoro che abbiamo fatto, eppure ne abbiamo fatto tanto, mentre l’opposizione è stata Onore al merito a Del Bono. Speriamo però di non trovarci, tra cinque anni, una città ancora più divisa».
IL PARTITO DEL NON VOTO SALE AL 41%
Forte la disaffezione alle urne, anche se inferiore rispetto ad altre zone del Paese. Hanno votato il 59% degli aventi diritto, il 6% in meno di due settimane fa. Dati che dimostrano come anche in città sia in crescita il partito degli astenuti, dei disincantati, dei disaffezionati alla politica.
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: elezioni | Commenta »
Giugno 10th, 2013 Riccardo Fucile
IL CENTROSINSTRA CONQUISTA TREVISO….LO SCERIFFO: “MANCATO IL SUPPORTO DI LEGA E PDL”
Manildo è il nuovo sindaco di Treviso. Vince con il 55% delle preferenze e scalza la Lega da Ca’ Sugana dopo 19 anni di governo ininterrotto.
Sconfitto Giancarlo Gentilini, il vicesindaco sceriffo che si trova ancora chiuso nel suo ufficio di Ca’ Sugana.
«L’essere riusciti a raggiungere questo risultato, e l’entusiasmo dei cittadini lo dimostra – ha detto il neosindaco Manildo – rappresenta qualcosa di storico».
Quando mancano pochissime sezioni l’avvocato del Pd è al 55,7%.
Affluenza in calo al ballottaggio: alla chiusura dei seggi ha votato il 58,61 % degli aventi diritto, in calo di quasi 4 punti punti rispetto a due settimane fa. Al primo turno l’affluenza infatti era stata del 63,2%, con 42.110 elettori.
Giovanni Manildo era uscito in testa dalle urne con il 42,5% delle preferenze (17 mila voti); dietro di lui Gentilini con il 34,8% (14 mila voti).
A Palazzo dei Trecento vanno e vengono curiosi e candidati al consiglio comunale, sostenitori delle due fazioni in corsa per la fascia tricolore di Ca’ Sugana. In municipio Gentilini è chiuso nel suo ufficio con i fedelissimi. Il centrosinistra invece segue gli esiti in via Ortazzo, sede del comitato elettorale.
«È finita l’era Gentilini, è finita l’era della Lega e del Pdl. Stop. Adesso Gentilini scompare dalla scena amministrativa e politica»: è il commento all’Ansa di Giancarlo Gentilini, che a poche sezioni dalla fine esce sconfitto dalla corsa a sindaco di Treviso, città dove la Lega ha governato negli ultimi 20 anni.
Poi aggiunge: «E’ mancato il supporto della Lega e del Pdl. Io i miei voti me li sono presi. Mi sono mancate le stampelle. Mi hanno buttato nel fango della sinistra».
E ancora: «In generale è finita. Abbiamo perso dappertutto. Bisogna sapere che l’orda barbara della sinistra non si ferma mai».
Nella città della Marca, governata per 20 anni dal Carroccio, prima dallo stesso Gentilini e poi dal segretario della Liga Veneta Gianpaolo Gobbo, la chiusura della lunga fase leghista ha l’immagine dei grandi manifesti con il profilo di Gentilini ed il pollice alzato, già strappati e consumati dalla pioggia.
Manildo, del Pd, avvocato di estrazione cattolica, è stato protagonista di una campagna elettorale tenace e capillare, e partiva dal 42,5% conquistato al primo turno.
Silvia Madiotto
(da “il Corriere del Veneto”)
argomento: elezioni | Commenta »
Giugno 10th, 2013 Riccardo Fucile
IN TESTA ANCHE AD ANCONA, IMPERIA, SIENA E VITERBO I CANDIDATI DEL CENTROSINISTRA
Siena, 35 sezioni su 50.
In vantaggio Pd. Bruno Valentini recupera voti: quando mancano ancora 15 sezioni da scrutinare, il candidato Pd raggiunge quota 52,71% contro il 47,2% di Eugenio Neri.
Avellino, Pd in vantaggio.
Nel capoluogo campano a 11 sezioni scrutinate su 72, il candidato del Pd Paolo Foti conquista il 61,6% dei voti.
Ancona, Pd stravince.
Nel capoluogo marchigiano la candidata del Pd Valeria Mancinelli è in netto vantaggio con il 62,83 sull’avversario del Pdl Italo D’Angelo (37,17%)
Brescia, Pd avanti.
Al 75% dello spoglio Emilio del Bono del Pd è in vantaggio con il 56.61 contro 43,39% di Adriano Paroli (Pdl).
Viterbo, Pd in vantaggio.
Il candidato democratico Leonardo Michelini è avanti con il 57,7% anche nel capoluogo laziale, dove lo sfidante del Pdl Giulio Marini si attesta al 42,3% quando sono state scrutinate 9 sezioni su 66
Treviso, Pd in vantaggio.
Il candidato democratico Giovanni Manildo è in vantaggio al 55,60% su Giancarlo Gentilini, Lega Nord, fermo al 44,40 quando sonos tate scrutinate 62 sezioni su 77.
Imperia, è ufficiale: vince il Pd.
Il centrosinistra strappa al centrodestra il sindaco di Imperia. Vince Carlo Capacci del Pd con il 76,14. Lo sfidante del Pdl Erminio Annoni si ferma al 23,86%
argomento: elezioni | Commenta »
Giugno 10th, 2013 Riccardo Fucile
IL PRIMO ISTANT POLL DI EMG LA7 VEDE MARINO NETTAMENTE AVANTI
Si sono chiusi alle 15 i seggi nei 67 comuni italiani dove si è votato per i ballottaggi. Alle urne sono stati chiamati quasi cinque milioni di italiani, ma l’affluenza è stata estremamente bassa.
Domenica alle 22 è stata del 33,87%, in calo rispetto al 42,38% del primo turno. proprio il calo del numero dei votanti potrebbe favorire il centrosinistra, che al primo turno era davanti in tutte le principali città .
LE SFIDE PRINCIPALI
Tra le sfide più importanti quella di Roma tra Ignazio Marino (centrosinistra) e il sindaco uscente Gianni Alemanno (centrodestra), con il chirurgo ed ex senatore del Pd che due settimane fa ha superato il rivale di oltre dodici punti percentuali (42 a 30). Una distanza difficile da colmare con un numero di votanti così esiguo.
E in effetti i primi instant poll di Emg diffusi da La7 danno Marino al 60,5% e Alemanno distaccato di oltre venti punti al 38,5%.
Il centrodestra potrebbe sperare nel recupero di Brescia, dove Emilio Del Bono e Adriano Paroli al primo turno si sono trovati separati solo dallo 0,1%, e di Treviso, dove lo storico sindaco Giancarlo Gentilini è uscito
SICILIA
Si vota per il primo turno invece in 142 comuni in Sicilia (eventuali ballottaggi il 23 e il 24 giugno). Al voto anche 4 capoluoghi di provincia (Catania, Messina, Ragusa e Siracusa).
Alla chiusura delle operazioni di voto verranno resi pubblici gli esiti degli exit-poll realizzati dalle emittenti televisive.
Fin dalle 16 saranno disponibili le prime proiezioni.
argomento: elezioni | Commenta »
Giugno 10th, 2013 Riccardo Fucile
CHI NON HA SOLDI NON SI CURA…. DOPO PALERMO E MARGHERA, LA FAMOSA ONG RADDOPPIA GLI AMBULATORI
Ciminiere spente, capannoni col cartello “affittasi” e pochi camion su via Fratelli Bandiera, oggi deserta ma un tempo strada maestra della grande chimica nazionale.
Sono scomparse quelle figurine di donne e uomini che uscivano a gruppi dai cancelli della zona industriale e dalle fabbrichette del Nord-Est, ridotti a fantasmi quegli operosi lavoratori che hanno trasformato la geografia di un’intera regione nel distretto petrolchimico italiano.
Tutto appare più chiaro e fatale se si guarda la crisi da Porto Marghera, dove il fronte di lotta dell’operaio e del pensionato è ormai tra il mangiare e il masticare.
La drammaticità di una condizione di sopravvivenza collettiva si tocca direttamente con mano in via Varè, a due passi dal polo industriale in agonia.
Al civico sei, in un ex centro di salute mentale dell’Ulss, Emergency ha aperto nel 2010 un poliambulatorio che offre gratuitamente assistenza sanitaria di base e specialistica a chiunque ne abbia bisogno ma non può permettersela.
Ci vanno molti immigrati — regolari e non — che non conoscono i propri diritti, stentano a muoversi tra la burocrazia sanitaria o non riescono a farsi capire dai medici per questioni linguistiche.
Tanti senegalesi, rumeni, moldavi e cingalesi.
Ma non è più “roba de foresti”, come dicono da queste parti.
Lo schedario delle accettazioni rivela proprio l’esatto contrario: sono oltre 600 gli italiani che in due anni e mezzo hanno chiesto cure mediche gratuite.
Un paziente su cinque è di nazionalità italiana , “ormai la prima per numero di ingressi”, conferma la coordinatrice del centro, Nadia Zanotti.
Una realtà impossibile da immaginare solo qualche tempo fa, quando il mito del Nord-Est che si rimbocca le maniche riecheggiava in tv.
“Il bacino del bisogno è enorme. Non sono solo indigenti ma tanta gente che apparteneva alle classi medie, pensionati e disoccupati che non riescono più a pagare il ticket, la visita specialistica o anche un analgesico”.
Il registro degli accessi al poliambulatorio è la controprova contabile alle allarmanti stime del Censis secondo cui un italiano su cinque non accede più a cure mediche per ragioni economiche.
Erano 9 milioni un anno fa, oggi sono 12 milioni.
E il rischio è che sia soltanto l’inizio, la certezza è che possa accadere ovunque.
Per questo nel 2005 la Ong di Gino Strada ha rivolto lo sguardo all’Italia, nella convinzione che anche nel Paese dei “ristoranti pieni”, come qualcuno sosteneva, la povertà stesse apparecchiando uno scenario di guerra, con vittime e feriti da soccorrere.
E che il diritto costituzionale alla gratuità delle cure agli indigenti non fosse più scontato per nessuno, italiani compresi.
Con la campagna “Programma Italia” Emergency ha messo in campo le contromisure: nel 2006 un poliambulatorio a Palermo, nel 2010 a Porto Marghera, nel 2012 i polibus a Rosarno e nelle zone terremotate e uno sportello di orientamento socio-sanitario a Sassari.
Altri due centri apriranno presto a Napoli e Polistena (RC).
Perchè Marghera è chiaro, basta guardarsi attorno.
Crocevia di forti immigrazioni, è anche un fronte del lavoro perduto senza tracce di redenzione.
“Dai quei cancelli — indica Riccardo Colletti della Filctem Cgil — passavano 35mila operai, oggi solo cinquemila.
Il tasso di disoccupazione è stabilmente al 20%, il doppio della media della regione.
Tanti se sono andati, quelli rimasti chiedono aiuto soltanto dopo aver oltrepassato la linea della disperazione”.
Sono i figli della promessa statale degli anni Cinquanta che aveva messo il freno alla grande emigrazione del popolo veneto verso altri continenti.
Quel sogno, restare e produrre, è finito da decenni. Il colosso chimico ancora si sgretola e si ritira, scoprendo nuove aree da bonificare.
Gli imprenditori delocalizzano le ultime produzioni e affittano le aree alla logistica.
È con questa dimensione di necrologia industriale che convivono i 17mila residenti di Marghera, mentre la politica è inerte e afona difronte al vuoto che si spalanca, alza gli occhi al cielo, s’azzuffa sulla Torre Cardin a 250 metri da terra.
Non c’è un piano o un ponte per garantire un epilogo diverso a questa storia molto italiana, che tante sorelle ha per lo Stivale, a partire da Taranto .
I suoi fantasmi si materializzano al poliambulatorio che dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 18, spalanca le porte ai bisognosi di cure con sei dipendenti e 80 tra medici e infermieri volontari.
“Oltre agli immigrati vengono qui a cercare aiuto tanti ex operai del chimico, nuovi disoccupati, cassintegrati e pensionati che non ce la fanno”, spiega il direttore sanitario Franco Osti.
“Alcuni non hanno soldi per il ticket, per il farmaco o la visita specialistica. Il problema più sentito dagli italiani è senz’altro relativo alle cure odontoiatriche”. I pazienti, anche quelli esentati dal ticket per motivi di reddito, devono infatti pagare un contributo salato per le protesi dentarie.
“Circa 250 euro per arcata, fino a 700 euro per l’impianto completo. Disoccupati e pensionati questi soldi non li hanno, perchè se hai un’esenzione da reddito sotto gli 8mila euro, vuol dire che ogni mese ricevi uno stipendio o una pensione da 600. Noi forniamo tutto gratuitamente e con cure di qualità . Le richieste sono tantissime, stiamo cercando disperatamente altri dentisti volontari per soddisfarle tutte e coprire l’intera settimana”.
I denti e le ultime certezze qualcuno li ha infranti non in fabbrica ma nel paradiso dei souvenir per turisti che sembrava galleggiare sopra la crisi globale.
Anche a Murano, invece, son sbarcati i cinesi.
Magari non sanno l’arte antica della levata e della strozzatura , ma importano perfette riproduzioni che rivendono a prezzi imbattibili. Paolo R., mastro vetraio di 50 anni, tre anni fa ha chiuso il laboratorio e lasciato l’isola per cercar fortuna sulle prime colline del Veneto. E non l’ha trovata neppure lì.
“È arrivato disperato — racconta Marta, mediatrice del centro — non aveva lavoro, casa e neppure la tessera sanitaria. La sua bocca era devastata, parlava a stento e la copriva continuamente con le mani per la vergogna”.
Uscirà qualche mese dopo con una protesi ortodontica che non avrebbe mai potuto pagare di tasca sua.
Stesso discorso per quelle oculistiche, troppo costose. “Tanti ne fanno a meno fino a che son costretti a chiedere aiuto”.
Il centro ha anche ambulatori di medicina generale, ostetricia e ginecologia, pediatria da zero a 14 anni e un servizio di orientamento socio-sanitario.
Gli anziani sono l’altra utenza importante. “La pensione che hanno non basta per le cure. Si sentono fragili, soli. C’è una coppietta che viene da Treviso, dolcissimi e di grande dignità . Ora stiamo pensando noi a come spingerci oltre Marghera per capire fino in fondo dove ci sta portando la crisi e come dobbiamo rispondere”.
Aldilà della ferrovia di Mestre si spalanca infatti la grande provincia veneta, dove il disagio si diluisce nello spazio e nascondendosi si radica.
A giorni dall’ambulatorio partirà una perlustrazione nei distretti di Treviso, Padova e Venezia con studenti della Ca’ Foscari per mappare i bisogni, portare informazioni su esenzioni e servizi essenziali, anche agli italiani che non li possono più dare per scontati.
Non è facile riaffermare il diritto alle cure.
Neppure per gli operatori di Emergency.
All’apertura del presidio di Porto Marghera non sono mancate resistenze e polemiche. Qualche fervente leghista ha pure tentato di cavalcare l’allarme clandestini, salvo poi scoprire che il primo paziente del centro era stato proprio un cittadino italiano.
La stessa Ulss si è mostrata a lungo sospettosa: nonostante un accordo siglato in Regione ha impiegato due anni a fornire alla Ong il ricettario rosso dei farmaci di prima fascia.
La situazione si è sbloccata solo a marzo. “Nel frattempo abbiamo provveduto a nostre spese”, precisa il direttore Osti. “C’era il timore che facessimo concorrenza al pubblico, ma noi lavoriamo in modo complementare al Ssn cercando d’intercettare i bisogni prima che esplodano come urgenze nei pronti soccorso. È la salute non gestita ad affossare i bilanci delle aziende sanitarie. Questo aspetto, credo, dovrebbe interessare tutti gli italiani, anche quelli che pensano d’esser lontani dal fronte”.
E in un pomeriggio scoprono che, forse, l’hanno superato da un pezzo.
Thomas Mackinson
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: emergenza, sanità | Commenta »