Giugno 7th, 2013 Riccardo Fucile
“ERA CONTRARIO AI DOPPI INCARICHI, MA SPESSO CAMBIA IDEA”
Transatlantico, divanetto rosso, Pippo Civati è circondato da un po’ di colleghi. Discutono della pancia agitata dello strano condominio di centrosinistra in cui si trovano.
Lui, Civati, è appena tornato da un incontro con Stefano Rodotà . Si sentono spesso col Professore. Idee comuni. Immaginano un partito che stia più vicino agli elettori. Soprattutto che stia più a sinistra. «Rispetto a questo è facile no? ». Gioca. Ma neanche troppo.
E diventa immediatamente serio quando il discorso scivola su Matteo Renzi, che una volta era suo amico – parlavano lo stesso linguaggio rottamatorio e che oggi è diventato concorrenza diretta.
Chi lo guida il partito domani? Il rivale è strafavorito. Eppure.
Civati, Renzi vuole fare il segretario.
«Due settimane fa era pieno di dubbi. Non sapeva come muoversi. Adesso dice che la carica non sarebbe incompatibile con quella di sindaco di Firenze. Sostiene spesso cose molto diverse tra loro. Un tempo, ad esempio, era molto preoccupato dall’idea dei doppi incarichi»
Perchè oggi non lo è più?
«Pensa alla premiership. E ha paura che Letta allunghi il passo. In questo caso la sua corsa diventerebbe più complicata. Era la grande speranza, adesso ha paura di rimanere in mezzo al guado».
Come sarebbe il partito di Renzi?
«Boh. A me interessa immaginare come sarebbe il partito di Civati».
Dica.
«Alternativo al centrodestra. Ma in modo netto. E’ uno dei motivi per cui oggi io ho qualche problema nel Pd. Un partito di cui Renzi non sembrava volersi occupare. E’ anche per questo che ci allontanammo».
Il presidente della Regione Lazio, Zingaretti, sostiene che Epifani non avrebbe potuto scegliere diversamente il nuovo gruppo dirigente, ma che è arrivato il momento di finirla con le conventicole.
«Benvenuto tra di noi. E’ bello che se ne accorga adesso. Le scelte che fa Epifani sono esattamente in linea con quelle che ha fatto il partito negli ultimi due mesi. Il problema politico è sul tappeto da un pezzo».
Vero. Ma il problema politico riguarda anche lei. Perchè sulla proposta Giachetti di riforma elettorale prima ha detto sì e poi si è adeguato alle direttive del gruppo?
«Per mostrare anche plasticamente le contraddizioni quasi irrisolvibili che ci sono al nostro interno. Una situazione che si è cristallizzata dopo l’intervento del Capo dello Stato alla Camera».
Anche lei è convinto che Napolitano faccia il capo del governo oltre che il Presidente della Repubblica?
«Mi pare che nessuno possa negare l’influenza fortissima che il Presidente esercita sul governo e sul Parlamento».
Le riesce la fusione a freddo con un pezzo di M5S?
«Non ho mai fatto scouting. Non comincerò ora. La parte dialogante del Movimento è piena di ingenuità . E la parte più aggressiva del gruppo, a cominciare da Grillo, attaccando tutti finisce poi per non attaccare nessuno. Hanno avuto un’occasione storica. E l’hanno sprecata».
(da “La Stampa“)
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Giugno 7th, 2013 Riccardo Fucile
L’EX SINDACO SCERIFFO PUNTA SUL “DURO E PURO” PER VINCERE IL BALLOTTAGGIO E PUNTA SUL VECCHIO CIARPAME LEGHISTA
“Una maschia gioventù, con romana volontà combatterà ; verrà , quel dì verrà , che la Gran Madre degli eroi ci chiamerà “.
Gentilini, questo è l’inno dei Balilla: che fa, ritorna alle sue origini?
“Mai rinnegate. Io me ne frego. Di tutti, anche dei capi. Della Lega, del Pdl, tutti…. Sa quanti ne ho mandati a ramengo?”.
Non ha risparmiato Bossi, e neppure Berlusconi: lei dice che è per colpa loro che i “comunisti” rischiano di prendere Treviso. Perchè?
“Si sono persi in faccende personali: donne, processi, soldi della Lega finiti ai familiari. Ma al governo non hanno combinato niente, e i cittadini si sono sentiti traditi”.
Al governo non ci sono più, e il capo della Lega adesso è Maroni…
“Quando perdi la fiducia della gente, diventa difficilissimo riprendertela. Io ho parlato per vent’anni di Alta Italia, poi sono stato tradito da chi aveva fondato la Lega. Ma sono credibile, e il 20 per cento che ha preso la mia lista lo dimostra”.
Son mancati i voti della Lega.
E anche quelli del Pdl: mi avevano promesso il 10-12 per cento: hanno preso il 5″.
E la Lega l’otto: a Treviso, poi… Non è l’inizio della fine?
“No, finchè ci sono io. Rappresento la Lega del ’94: trasparente e onesta. Se al ballottaggio perdo allora sì che la Lega muore: rimarrà solo un cumulo di macerie “.
Maroni non è mai venuto a Treviso in campagna elettorale…
“Già . Ha i suoi problemi in Regione Lombardia: ognuno coltiva il suo orticello. Ma non mi lamento: non ho bisogno di padri putativi, brillo di luce mia”.
A 84 anni, poi, è difficile avere padri. A proposito: lei dal ’94 è stato sempre o sindaco o prosindaco, e adesso si ripresenta. Alla faccia del cambiamento
“Mi sono fatto avanti perchè non c’erano alternative. Sono inevitabile per evitare la fine, ma vinco e poi passo il testimone ai giovani. Adesso non si può. Me ne frego di quelli che mi criticano”.
E dagli.
“Tanto sono tutti appesi a me, io sono la speranza contro i trinariciuti che stanno riemergendo: i comunisti sono andati a votare in massa, io alzerò la linea Maginot contro chi sta sovvertendo l’ordine naturale delle cose: estremisti, centri sociali, la ministra che vuole abolire il reato di clandestinità e dare la cittadinanza ai bambini che nascono sulle spiagge del mare italico: ma siamo matti?”.
Ma scusi: il suo avversario Manildo è anche lui un trinariciuto comunista, non viene dalla Dc?
“Andavo all’università con suo padre, democristiano. Lui stava nella Fuci, io nell’Ugl. Ma non avrei mai creduto che suo figlio si buttasse dalla parte di quelli della falce e martello. Non sarà comunista, ma si è colorato di rosso perchè è sostenuto dagli estremisti “.
Maroni adesso verrà a Treviso per sostenerla?
“Se vuole venga pure. Ma il baluardo della libertà e della difesa delle nostre tradizioni sono io: un crociato sansepolcrista che erigerà un muro contro la dittatura comunista”.
Rodolfo Sala
(da “La Repubblica”)
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Giugno 7th, 2013 Riccardo Fucile
“TROPPA CONTINUITA’ CON IL GOVERNO, NON HANNO VOLUTO CAMBIARE”
Fava, quanto ci è rimasto male?
«Nessuno stupore. Anzi, un po’, perchè non ho capito come mai il Pd si sia fatto portavoce di certe preoccupazioni che riguardavano la mia persona. Un atteggiamento che mi addolora».
Quanto pensa che abbia pesato la sua inchiesta sui servizi segreti nell’escluderla?
«Non credo che ci sia stato nessun signore mascherato che abbia bussato alla porta del Parlamento per mettere un veto su di me a nome dei servizi segreti»
E allora?
«Registro un clima diffuso… Sono usciti articoli che raccontavano di me, e riferivano di quando, sette anni fa, ho reso dichiarazioni ufficiali al Congresso degli Stati Uniti. Oppure di quanto, cinque anni fa, ho testimoniato al processo di Milano sul caso Abu Omar. Cose che io stesso avrei difficoltà a ricostruire. Si vede che qualcuno conserva memoria».
E se ne meraviglia? Lei, Fava, ha messo spalle al muro le segrete intese tra la Cia e i servizi segreti di tutt’Europa, con molti governi che negavano pure l’evidenza.
«Si vede che qualcuno ritiene che io mi sia comportato in modo troppo indipendente nel giudicare le attività distorsive delle agenzie di intelligence. Ora, questa mia indipendenza di giudizio penso dovesse essere considerata un merito e non un demerito. Ma così va l’Italia… Fino a oggi il Copasir ha marciato con spirito di sinergia verso le scelte dei governi».
Con lei sarebbe cambiata musica?
«Se avessero dato al sottoscritto la presidenza, non dico che ci saremmo impegnati a mettere bastoni tra le ruote, ma almeno una corretta vigilanza, quella sì. Finora non è accaduto. Semmai c’è stata una sostanziale continuità , fino al punto che esponenti di governo, dismessa la carica di ministri, divenivano presidenti del Comitato di controllo attraverso il quale potevano “vigilare” sull’operato dei servizi segreti che dirigevano fino al giorno prima. Ma è la democrazia stessa, non soltanto il senatore Fava, che dovrebbe essere preoccupata se ci sono azioni distorsive da parte dei servizi segreti. Io ho segnalato quello che ritenevo un comportamento patologico. Ciò ha determinato veti sul mio nome? Ne sono onorato. Significa che ho lavorato bene, non il contrario».
(da “La Repubblica“)
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Giugno 7th, 2013 Riccardo Fucile
DI MAIO MINACCE QUERELE: “BASTA GOSSIPPARI A MONTECITORIO”… DEPUTATI M5S, AUMENTA IL DISSENSO….ELETTORATO CONFUSO: SOLO IL 55% DEGLI ELETTORI ALLE POLITICHE RIDAREBBE IL VOTO AI GRILLINI
Adesso è ufficiale: Vincenza Labriola e Alessandro Furnari sono a tutti gli effetti “ex” deputati del MoVimento Cinque Stelle, ora iscritti al gruppo misto della Camera.
Già ieri, quando il passaggio non era ancora certo seppur dato per imminente, le pagine Facebook dei due parlamentari erano stati subissati di insulti.
Alla notizia dell’ufficialità , si è scatenata una nuova ondata di commenti al vetriolo, quasi una caccia all’untore.
“Eccoli qui, i traditori”, scrivono i militanti sui social network additando Labriola e Furnari.
La richiesta pressochè unanime è che Furnari si dimetta quanto prima, ma tanti scelgono gli insulti per manifestare il loro sdegno, da “infame” a “merda”.
C’è chi chiede di isolare Furnari eliminandolo “in gran massa dai nostri contatti”. Parole diverse, stesso trattamento per Vincenza Labriola.
“I militanti cinquestelle ti aspettano a Taranto per una festa. Viva la diaria! ti sei emozionata quando hai visto 20000 netti per un mese e mezzo? che peccato buttarli”.
Ma i due deputati tarantini oggi appaiono come la punta di un iceberg che, anzichè sciogliersi, con l’arrivo del caldo vero prende sempre più corpo: la dissidenza interna al M5S; la delusione di quanti si sentono davvero “burattini” manovrati da chi dall’alto decide tutto, come afferma Berlusconi; la rabbia di chi, come il senatore siciliano Michele Giarrusso, candidato del M5S a presidente della Giunta per le immunità e le autorizzazioni a procedere di Palazzo Madama, vede il capogruppo Vito Crimi fargli mancare il suo voto.
“Abbiamo passato quattro mesi a fare casino per l’ineleggibilità di Berlusconi e abbiamo un capogruppo che non si presenta al voto per il presidente della Giunta. Ognuno ne tragga le conclusioni”.
E c’è chi, come Adriano Zaccagnini, racconta di una assemblea plenaria dei parlamentari M5S in cui si parla soprattutto di soldi e burocrazia, non più dei grandi temi. Assemblea a cui partecipano sempre in meno, gli assenti che hanno preferito tornare a casa per il weekend inseguiti dalla domanda: “Perchè sono qui?”.
Una visione del presente M5S che Luigi Di Maio, deputato e vicepresidente della Camera, prova a smontare su Facebook, quando la fuga di Furnari e Labriola non è ancora ufficiale. “Ormai passiamo il tempo a smentire notizie non vere, origliate e travisate da gossippari di Montecitorio. Questo mina anche la nostra serenità nel fare il nostro lavoro. Da domani, se si dovesse verificare di nuovo, passo alle querele. Mi dispiace”.
Ma domani, cioè oggi, lo scenario è esattamente quello dipinto dai “gossippari”.
Con buona pace di Di Maio e delle sue querele, Labriola e Furnari passano al gruppo misto.
E la poca serenità dei parlamentari M5S è condivisa da chi aveva votato Grillo alle elezioni politiche.
Secondo un sondaggio dell’Istituto Swg, in esclusiva per Agorà , su Raitre, oltre la metà degli elettori del Movimento 5 Stelle (55%) confermerebbe oggi quel voto, mentre il 13 percento si dice certo che voterebbe per un altro partito, a cui va aggiunto un significativo 20 per cento che non saprebbe ancora come orientarsi in caso di elezioni e un 12 per cento che si asterrebbe.
“Il livello di affezione per altri partiti è molto più alto – osserva Roberto Weber, presidente Swg -. Se oggi chiediamo chi rivoterebbero, gli elettori del Pdl confermano il proprio voto nell’88 percento dei casi, quelli del Pd nel 66 percento, mentre quelli di Grillo nel 55 percento, quindi ci sono elementi di disorientamento significativi nell’elettorato 5 Stelle”.
Gli elettori del M5S chiedono chiarezza, sul ruolo del M5S in Parlamento e la qualità della sua partecipazione alla costruzione di un Paese nuovo “nelle” istituzioni.
Una chiarezza che passa anche attraverso la “più amata dagli italiani”, la televisione. Infatti, secondo lo stesso sondaggio, il 58 per cento degli italiani e, in particolare, il 46 per cento degli elettori 5 stelle, pensa che Grillo sbagli a non andare in tv.
Per completezza, il 51 per cento degli italiani ritiene corretto il comportamento dei mezzi di informazione nei confronti del leader del MoVimento 5 Stelle, l’82 per cento dei sostenitori grillini sostiene l’esatto contrario.
(da “La Repubblica””)
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Giugno 7th, 2013 Riccardo Fucile
IL TESORO CON UNA CIRCOLARE RINVIA IL CONGUAGLIO AL 2014 PERCHE’ NON SAREBBE CHIARO L’IMPORTO DA VERSARE
La Chiesa cattolica e gli altri enti non profit, per quest’anno ancora non pagheranno l’Imu.
O meglio: la pagheranno come hanno fatto finora e forse anche meno.
Come anticipato dal Fatto Quotidiano qualche giorno fa, infatti, il combinato disposto tra il bizantino regolamento di attuazione emanato dal governo Monti a novembre e la mancanza della modulistica (non preparata dal Dipartimento delle Finanze del ministero Tesoro) ha comportato il fallimento della legge con cui Mario Monti ha bloccato la procedura d’infrazione aperta dall’Unione europea per aiuti di Stato (chiusa a dicembre col condono del pregresso).
Lo conferma una circolare emanata ieri dal direttore del dipartimento delle Finanze, Fabrizia Lapecorella, che ammette la mancanza e prescrive, sostanzialmente, che il non profit faccia quello che crede: paghi la rata di giugno, se ritiene di dovere, e poi i conti si faranno addirittura nel 2014.
Un breve riassunto dell’intricata vicenda.
Secondo la legge varata dal governo Monti, da quest’anno gli enti ecclesiastici e tutto il settore non profit sarebbero stati esenti dall’Imu solo per quegli immobili o quelle parti di immobili in cui non si svolgono attività commerciali.
Problema: come stabilire cosa si intende per attività non commerciale?
Ci ha pensato, per così dire, un regolamento apposito: sostanzialmente sono quei servizi — alberghi, scuole, cliniche, ecc. — che offrono il servizio alla metà del costo medio di mercato nello stesso territorio.
Sulla base di questi fumosi principi, gli enti interessati avrebbero dovuto compilare entro l’inizio di febbraio un modulo in cui indicavano quali parti dei loro edifici (e addirittura in quali giorni) erano sede di attività commerciali.
Come avevamo anticipato, però, il modulo ancora non esiste e dunque non si sa chi e quanto dovrà pagare
Per questo ora il ministero Tesoro diffonde la sua circolare che rimanda tutto all’anno prossimo.
In sostanza, invece di pagare normalmente, quest’anno ognuno pagherà quello che crede (“secondo la migliore stima possibile”) e poi per l’eventuale conguaglio ci si rivede nel giugno 2014, sperando che il modulo sia pronto.
Non solo, par di capire che il Tesoro sia quasi preoccupato di incassare troppo: se qualcuno infatti, scrive Lapecorella, nel 2012 pagava l’Imu su tutto l’immobile. Quest’anno potrebbe dover pagare meno grazie alla divisione in parti e quindi meglio rinviare di 12 mesi.
Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 7th, 2013 Riccardo Fucile
BERSANI CERCA RINFORZI… GIOVANI TURCHI PIU’ VICINI A D’ALEMA
«Al governo abbiamo mandato i democristiani, il partito l’abbiamo dato ai socialisti, e io me ne sto fuori».
Mentre la direzione del Pd martedì sera proseguiva stancamente al Nazareno, Massimo D’Alema scherzava nei capannelli in terrazza, dove si discuteva di alleanze e patti tra correnti in vista del congresso democratico.
Nel partito stremato, il “traghettatore” Epifani ha adottato la strategia del “minor danno”, cioè una nuova segreteria all’insegna di quella che ha definito «collegialità ». Una bella spartizione tra le correnti.
Perchè proprio le correnti sono risorte a nuova vita.
L’obiettivo non è solo la conta congressuale ormai iniziata, ma anche bloccare l’ascesa di Renzi alla segreteria.
Come? Con un nuovo “patto di sindacato” tra correnti appunto, che vede ora saldarsi un “correntone” Letta-Franceschini (ex Popolari) e l’area Bersani-Epifani.
Il sindaco “rottamatore” non sa ancora se scendere o meno nella mischia per la leadership del partito. Prende tempo.
Sta valutando i pro e i contro: fanno sapere i renziani, tra i quali c’è chi lo invita alla prudenza e chi (Dario Nardella) lo sollecita a prendersi il partito.
«Ammesso poi che glielo facciano fare!», avverte Paolo Gentiloni.
Per ora, su una cosa Renzi sa di potere contare: sul “patto di sindacato” tra correnti che non lo vedono proprio di buon occhio.
«Non tramo, nè tremo», ha detto, spavaldo.
Il quesito è: sarà più forte, il “rottamatore”, facendo il capo partito; o facendo il capo partito perderà l’appeal che ha tra i delusi centristi, dei 5Stelle, del Pdl?
Oggi il Pd è una barca difficile da raddrizzare, dopo la tempesta delle elezioni politiche e le difficili acque delle larghe intese con Berlusconi
Il premier Enrico Letta a proposito di Renzi ufficialmente dice: «Sono amico e tifoso di Matteo, penso potrebbe fare bene il segretario del Pd. Come lo sta facendo bene Epifani».
Il neo segretario tiene il timone.
Le grandi manovre già vedono saldarsi l’asse tra Areadem, la corrente di Franceschini, e i lettiani.
Scomposizioni e ricomposizioni. I bersaniani ad esempio, mai avevano sentito l’esigenza di pesare come in questo momento e stanno gettando la rete per consolidare la loro corrente.
Pronti a unirsi ex ds e ex Popolari in funzione anti Renzi? Davide Zoggia, bersaniano di ferro, è stato messo in segreteria e avrà il posto (che fu di Stumpo) all’organizzazione, delega-chiave in vista del congresso.
L’avrebbe voluto Renzi per il suo giovane braccio destro Luca Lotti, che va invece agli enti locali. Un’altra poltrona decisiva è per Matteo Colaninno all’Economia, là dove c’era Stefano Fassina.
L’imprenditore equilibra il sindacalista Epifani.
Un mix. Ironie feroci per il bilancino delle correnti.
Antonello Giacomelli, toscano, non rinuncia alla battutaccia: «A essere pignoli, si dovrebbe segnalare l’assenza di un rappresentante, possibilmente donna, del movimento dei kolkhoz che pure ha, nella tradizione del collettivismo socialista, un suo significato… «.
Matteo Orfini, leader dei “giovani turchi” parla della deriva correntizia.
«Qua, pure per prendere un bicchiere d’acqua bisogna appartenere a una corrente», si lamentano deputate outsider. Malumori sulle nomine nelle commissioni bicamerali: «Sempre gli stessi, a chi troppo e a chi niente», è la polemica.
Beppe Fioroni, popolare, è invece piuttosto soddisfatto, ormai lontano da quell’asse con Veltroni e anti Bersani: «In avvicinamento a qualcuno? No, è la mia area che cresce».
Apparentati Renzi e Veltroni che sembravano tifare entrambi per Chiamparino alla segreteria, ma la candidatura sembra tramontata.
«Il Pd a me pare come quei malati che dopo una crisi grave sono in convalescenza e vuole evitare scossoni – rimarca Gentiloni – Però la convalescenza non può durare all’infinito, se no diventa letargo». E intanto la commissione per il congresso in 40 giorni dovrà proporre le nuove regole.
I “giovani turchi”, che con D’Alema sostengono la candidatura di Cuperlo alla segreteria, puntano a primarie aperte.
L’unica concessione a cui sono disposti è che il ruolo del segretario e quello del premier si divarichino: converrà a Renzi?
Fabrizio Caccia
(da “il Corriere della Sera”)
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Giugno 7th, 2013 Riccardo Fucile
E MARONI ORA PENSA A SPOSTARE IL CONGRESSO
«La riconoscenza non può essere una virtù del giorno prima». Umberto Bossi scalda il cuore dei sostenitori, eppure non li accontenta fino in fondo.
Il fondatore è alla sua prima uscita pubblica dopo le interviste di fuoco contro il «traditore» Roberto Maroni.
Il primo bagno di folla dopo l’annuncio che sì, intende ricandidarsi al congresso per la successione al leader con gli occhiali rossi.
Loro, i supporter anti maroniani lo hanno accolto con un mega striscione di una quindicina di metri almeno: «Umberto Bossi la Lega sei tu».
Sul palco c’è Monica Rizzi che tuona «Umberto, l’unico capo sei tu».
Eppure, lui li accontenta solo in parte. Certo, parla di riconoscenza mancata. Certo, irride lo slogan «Prima il Nord» perchè bisogna «parlare di Padania». Certo, dice di «non avere paura perchè le cose si raddrizzeranno».
E ad ognuna delle uscite torna il vecchio grido «Bossi, Bossi».
Eppure, il comizio è politico. Bossi parla di allevatori, di federalismo che torna d’attualità , dell’importanza del territorio. E poco, pochissimo delle beghe interne.
Non annuncia la guerra termonucleare contro i nemici maroniani che accenderebbe il parterre.
C’è chi gli grida: «Espelli Tosi».
Ma lui non concede nulla: «Non sono d’accordo. Io non voglio espellere nessuno. Il problema è che qui ne hanno espulsi troppi».
E conclude con un appello da leader che non vuole uccidere la sua creatura: «Qui non sono in gioco nè Bossi nè Maroni. Ma il ruolo di garanzia per il Nord della Lega anche quando nessuno di noi due ci sarà più».
I giornalisti, a proposito della sua candidatura a segretario, gli chiedono del congresso venturo. Lui getta acqua sul fuoco: «Lasciate perdere. La Lega deve essere salvata».
Va detto che c’è un altro problema.
Sarà pure arrivato dalla Liguria l’ex deputato Giacomo Chiappori, saranno venuti anche «alcuni amici veneti». Ma la piazza, che certo non è la Piazza Rossa, non si può dire straripante, ci saranno, ad essere generosi, un paio di centinaia di persone.
Un po’ pochine per parlare come fa qualcuno dei presenti di «inizio della riscossa».
Del resto, al capo opposto della Padania, in Veneto, anche Maroni sceglie il profilo basso: «Io non faccio il rottamatore – osserva – per me è un’espressione orrenda. Ma il partito deve puntare su una guida giovane».
In ogni caso, un primo risultato le sortite del fondatore l’hanno già determinato: il congresso federale straordinario che Maroni immaginava per la prossima primavera – e cioè, prima della maxi tornata elettorale – con ogni probabilità sarà spostato. Resta da decidere il quando.
«Una cosa – ha detto Maroni ai suoi – sarebbe stata un congresso unitario in cui tutto il movimento avrebbe avviato insieme il rinnovamento necessario. Altra cosa, e ben diversa, è quella che si sta profilando: un congresso ad alta conflittualità in cui, al di là del risultato, ci sarebbero polemiche e titolacci sui giornali».
E dunque, gli estremi dell’alternativa sono due: un anticipo (rischioso) al prossimo autunno, oppure la scadenza naturale del mandato.
In mezzo, tutte le possibili modulazioni determinate dal calendario politico, dalla tenuta del governo, dall’opportunità , dalle valutazioni del divenire.
Sempre che il movimento non trovi prima una nuova pace.
Il cannoneggiare bossiano ha comunque spinto il capogruppo nordista alla Camera, Giancarlo Giorgetti, a dare forfait al comizio che avrebbe dovuto tenere ieri sera.
Da dirigente di primissimo piano del nuovo corso maronita, il rischio sarebbe stato quello di doversi ritrovare a commentare le possibili dichiarazioni alla nitroglicerina del fondatore.
Che peraltro non sono arrivate.
Marco Cremonesi
(da “il Corriere della Sera“)
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Giugno 7th, 2013 Riccardo Fucile
ENRICO VEDE BENE MATTEO SEGRETARIO, LA PREMIERSHIP VIENE DOPO…IL FATTORE ZINGARETTI
Beffe, burle e sberleffi, quando non erano guerre, scontri e conflitti: da (quasi) sempre sono questi i rapporti tra fiorentini e pisani.
Fino a oggi, almeno. Ossia fino alla nascita di questo strano tandem di marca Pd e di origine Dc composto da Enrico Letta e Matteo Renzi.
La vulgata politica vuole che i due siano amici-nemici, come da copione prestampato della sinistra. Ma non è proprio così.
O, meglio, la storia è un po’ più complicata di così.
Enrico dice di Matteo: «Sarebbe un ottimo segretario».
Matteo dice di Enrico: «È un amico e ho fiducia in lui».
Nessuno, anche in casa democratica, crede che dicano – e facciano – sul serio. Nessuno, salvo chi li conosce bene e sa che entrambi, abbeveratisi al tardo democristianesimo, non mentono.
Perchè Letta ritiene veramente che sia meglio avere Renzi segretario, piuttosto che grillo parlante, sempre pronto a riprendere il governo: «Sbaglia chi pensa che la sua elezione farebbe fibrillare l’esecutivo come fu con Veltroni e Prodi. Anzi, un’assunzione di responsabilità da parte di Matteo sarebbe auspicabile», è il ritornello che il presidente del Consiglio ama ripetere ai fedelissimi.
«Enrico è sincero quando dice che esaurita questa esperienza non intende ricandidarsi a premier, anche perchè oggettivamente sarebbe complicato per il Pd andare alle elezioni con il capo del governo delle larghe intese», assicura il sindaco di Firenze ai suoi.
Che Renzi non abbia come faro quello di provocare la caduta del governo, ma che sia invece intenzionato a capire fino a dove può arrivare l’attuale esecutivo e che cosa possa fare per rendere più semplice la competizione del futuro, lo ha capito anche il Pdl.
Ne ha avuto la prova provata Angelino Alfano, qualche sera fa, quando ha incontrato il medesimo a cena dal presidente dell’Eni Giuseppe Recchi.
Sì, anche il vicepremier ha compreso che l’idea berlusconiana di spingere il Pd in un angolo, giocando sul dissidio Letta-Renzi è fallace e non efficace.
Il fatto che caratterialmente siano così distanti, istituzionale il premier, movimentista il sindaco, potrebbe non essere foriero di divisioni.
«Siamo due persone diverse, che anche per questo sono complementari. Ci rispettiamo e ci aiutiamo», spiega Letta.
E Renzi chiarisce: «Davanti a un panino mangiato in fretta e furia, il giorno in cui Napolitano ha scelto Enrico, ci siamo scambiati una promessa: io avrei aiutato lui e viceversa. Se la premiership fosse toccata a me avrei voluto Enrico come segretario, e ora potrei fare io il leader del partito, mentre lui è a palazzo Chigi».
E se Renzi ha un’idea del Pd che dovrà essere, differente da quella di Letta, non importa. «Altro che partito liquido: di più!», scherza sempre con i suoi il sindaco.
Che Renzi voglia palazzo Chigi dopo le prossime elezioni non è un mistero per nessuno. Che Letta sogni invece un posto in Europa, e, più precisamente la presidenza della commissione Ue, lo sanno tutti, il primo cittadino di Firenze in testa.
Che i due, nonostante le differenze caratteriali, vadano d’accordo è quindi un fatto assodato. E dopodomani, a Firenze, quando si incontreranno, cercheranno di farlo capire ad amici e avversari, a tifosi e nemici, tramite un’operazione mediatica di cui hanno bisogno entrambi.
Ed è proprio per questo che i nemici dell’accordo Letta-Renzi sono tanti.
In prima fila, dicono i sostenitori del sindaco, c’è Dario Franceschini. Lui, al contrario del premier e del primo cittadino di Firenze, non avrebbe parte in commedia, dopo le elezioni.
Poi c’è Pier Luigi Bersani, che ha ancora il dente avvelenato.
Insomma, c’è una parte del Pd che non si rassegna al patto tra il sindaco e il premier e cerca di mettere in difficoltà Renzi.
E infatti è stato negato un posto al Copasir al fedelissimo Luca Lotti, nonostante Renzi lo avesse chiesto.
Il che ha provocato non poche tensioni, tanto che il sindaco ieri è arrivato a minacciare di far saltare il banco ritirando lo stesso Lotti dalla segreteria del partito.
Il fronte anti-Renzi è dunque agguerrito e ha un unico vero candidato alla segreteria da contrapporre al rottamatore: Nicola Zingaretti.
Il «governatore» del Lazio non scopre ancora le sue carte, ma l’uscita di ieri, contro il correntismo del Pd, al quale, secondo lui, si è acconciato anche Renzi, è più che indicativa.
Zingaretti potrebbe ottenere anche i consensi dei non allineati del Pd (che sono tanti).
Il sindaco lo sa, e aspetta settembre prima di decidere se candidarsi o meno alla segreteria.
Fino ad allora il Pd ballerà … e non sarà una danza di società .
Maria Teresa Meli
(da “il Corriere della Sera”)
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Giugno 7th, 2013 Riccardo Fucile
DITO PUNTATO CONTRO CRIMI: “MESI A FARE CASINO PER DICHIARARE INELEGGIBILE IL CAVALIERE E POI LUI NON AI PRESENTA AL VOTO”
Quando risponde al telefono il senatore Mario Giarrusso è furibondo.
Ha appena mandato un’email ai colleghi in cui dice di volersi autosospendere dal gruppo dei 5 stelle a Palazzo Madama.
Ce l’ha con Vito Crimi, il capogruppo che non lo ha votato perchè è arrivato tardi. «Sento il bisogno di un confronto con il gruppo e con i gruppi siciliani scrive — per comprendere il senso della mia presenza in Senato».
Senatore, si è autosospeso? Come mai?
«Io? Chi lo dice? Le sto dicendo che mi sono sospeso?».
Ha mandato una e mail ai suoi colleghi. Qualcosa dev’essere successo.
«È successo che la partitocrazia ha mostrato il suo lato migliore e più forte. Sono tutti d’accordo per salvare Berlusconi, ci hanno emarginati con questo preciso scopo».
Il problema è quel che è successo in giunta?
«Hanno eletto una specie di democristiano che non si sa come è finito a Sel. Uno che ha quel compito: salvare Berlusconi. Si sono messi tutti d’accordo».
Anche i 5 stelle?
«Gli infiltrati sono ovunque. I filoberlusconiani stanno dappertutto. Se la Puppato dice che nel Pd ce ne sono 101, è fisiologico che ci siano anche da noi. Mica abbiamo un vaccino che tiene lontano chi strizza l’occhio a Berlusconi».
Sta dicendo che nel suo Movimento qualcuno ha voluto favorire il Cavaliere?
«Dico che c’è qualcuno che va segnalato a Beppe per mandarlo affanculo come merita. Provvederemo a cacciare i berlusconiani dal Movimento».
Ce l’ha con Vito Crimi?
«Abbiamo passato quattro mesi a fare casino per l’ineleggibilità di Berlusconi, e abbiamo un capogruppo che non si presenta al voto per il presidente della Giunta. Ognuno tragga le conclusioni»
La presidenza della Vigilanza Rai non è un successo?
«La giornata di oggi per noi è una Caporetto. L’opposizione è stata emarginata e messa alla porta e c’è una responsabilità interna per questo, che non è la “stupidaggine”, non è casuale. Non credo nel caso. La Rai ha un valore simbolico, la presidenza diventerà il parafulmine di ogni cosa, non potrà fare niente. Era il Copasir, che contava».
Quindi che farà ?
«Esaminerò la situazione col Movimento in Sicilia, sto andando lì per i ballottaggi. E chiedo che intervenga Napolitano: la maggioranza si è scelta l’opposizione che più le fa comodo mandando a pezzi la democrazia. Richiamiamo il capo dello Stato al suo dovere di garante».
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica“)
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