Giugno 25th, 2013 Riccardo Fucile
I GRILLINI ROMANI SCONFESSANO SE STESSI E LA LORO BASE PER PAURA DI ESSERE ESPULSI: “NON FAREMO NESSUN NOME AL SINDACO”
Quella che andiamo a rendicontare, per usare un termine adatto ai cinquepallisti meno sei (espulsi o dimessisi), una storia emblematica di vita da caserma, con un generale in preda a un delirio di onnipotenza e una massa di soldati cacasotto.
I Cinquestelle romani prima sfidano il leader con un sondaggio online sulla proposta del sindaco Ignazio Marino di un assessore alla Sicurezza indicato dal Movimento, nonostante la scomunica del comico .
Ma in serata sembrano fare una gran marcia indietro.
La Rete gli dà ragione, a quanto dicono, la consultazione vede prevalere i sì alla partecipazione alla Giunta ma alla fine il nome da dare al chirurgo non esce fuori. «Non ci sarà nessun nome per Marino, è finita così. Marino ci ha fatto una richiesta e noi abbiamo risposto», dice il consigliere Daniele Frongia all’uscita da una riunione fiume, quasi sette ore, nell’ufficio del gruppo nel centro storico.
E c’è il giallo di una telefonata in extremis di Grillo che secondo indiscrezioni si sarebbe fatto sentire verso le nove di sera e in vivavoce avrebbe redarguito i ribelli. «Abbiamo sbagliato, ma ti avevamo detto che avremmo fatto il sondaggio», avrebbe detto l’ex candidato sindaco, Marcello De Vito, capogruppo M5S in Campidoglio secondo quanto ha ricostruito l’ANSA.
«Avete sbagliato, non continuate a sbagliare», avrebbe risposto il leader.
Dai consiglieri nessuna conferma. «Sarebbe una dichiarazione di guerra», si sente dire a un tratto dalla riunione.
Di certo c’è che «non hanno inviato curricula» per l’assessorato, fa sapere in serata il Pd di Roma.
La spiegazione ufficiosa è che i 5 Stelle – oltre a De Vito e Frongia, Virginia Raggi ed Enrico Stefà no – non hanno trovato un candidato all’altezza da presentare a Marino, raccogliendo anche alcuni no.
«La sicurezza non è proprio il nostro forte, come invece l’ambiente o la mobilità », argomenta Stefà no, il più giovane con i suoi 25 anni.
La spiegazione ufficiale viene rimandata a un comunicato, che però, atteso per ore, non si capisce se sarà pubblicato stasera o domani.
È il finale farsesco di una giornata convulsa iniziata con il post di Grillo che sul blog nazionale sconfessa l’iniziativa degli eletti romani.
«Il MoVimento 5 Stelle non fa alleanze – dice il messaggio senza firma – nè palesi nè tantomeno mascherate, con alcun partito, ma vota le proposte presenti nel suo programma. L’unica base dati certificata coincidente con gli attivisti M5S e con potere deliberativo è quella nazionale che si è espressa durante le Parlamentarie e le Quirinarie e quindi il voto chiesto da De Vito on line non ha alcun valore».
Frasi pesanti, che però non fermano il sondaggio .
I consiglieri si incontrano negli uffici distaccati del Campidoglio in via delle Vergini, tra Fontana di Trevi e il teatro Quirino.
E lì va in scena una lunghissima riunione con alcuni attivisti – membri assieme agli eletti della commissione che valuta i curricula dei candidati – e uomini della comunicazione del Movimento.
Facce tese, quando escono per una pausa i consiglieri sono gentili ma non parlano. Appaiono compatti.
A metà pomeriggio fanno trapelare che i sì hanno vinto nel voto online, si prepara il comunicato finale.
Pare che tirino dritto nonostante il diktat di Grillo.
E invece quando escono il nome per Marino non c’è.
E non ci sarà .
Ps. Nessuno che abbia il coraggio di dire al capocomico che il primo a fare alleanze è stato lui a Ragusa, altrimenti col cacchio che avrebbe vinto il sindaco Cinquestelle senza l’apporto di ben due liste civiche, Sel e e la Destra.
Lui può, gli altri no.
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Giugno 25th, 2013 Riccardo Fucile
DURO ATTACCO DELLA MADIA ALLA GESTIONE DEL PARTITO: “OPACITA'”
“Nel Pd a livello nazionale ho visto piccole e mediocri filiere di potere. A livello locale, e parlo di Roma, facendo le primarie dei parlamentari ho visto, non ho paura a dirlo, delle vere e proprie piccole associazioni a delinquere sul territorio”. A pronunciare il pesante j’accuse ai quadri dirigenti del Pd e alle diramazioni territoriali del partito a Roma, non è una grillina, un’estremista di sinistra, ma Marianna Madia, giovane deputata Pd alla seconda legislatura. Veltroniana di ferro.
Anatemi che Madia lancia in occasione del tour di Fabrizio Barca, ex ministro della Coesione Territoriale nel governo Monti, che gira il Paese in vista del congresso del partito.
Su un barcone lungo il Tevere Barca incontra i cittadini in un evento organizzato dai militanti di Sel e Pd per affrontare il nodo del futuro della sinistra italiana.
L’ex ministro, nel centro culturale ‘Tevere democratico’, conclude il suo intervento e annota riflessioni, critiche e domande della platea.
Prima di dare spazio ai militanti, la parola passa a due esponenti parlamentari, uno di Sel, Giorgio Airaudo, e una del Pd, proprio, Marianna Madia.
L’onorevole piddina, nel suo intervento, cita Antonio Gramsci per richiamare tre forme di ipocrisia che garantisce: “Non le ritrovo nel documento di Fabrizio Barca e questo è già un passo avanti”.
Poi lancia una granata nel terreno amico: “C’è una quarta forma di ipocrisia possibile che mi fa paura — prosegue Madia – e parlo per il Partito democratico, per casa mia”.
I presenti al convegno fanno una smorfia di sorpresa.
“Spero che questa ipocrisia non ci sia nel futuro congresso. L’ipocrisia è pensare di parlare di linea politica senza capire che abbiamo un grossissimo problema di costituzione materiale del partito”.
La parlamentare si scusa per aver ‘osato’ integrare il pensiero di Gramsci, ma la speculazione filosofica lascia presto il campo alla versione ‘cecchina’.
La deputata che Walter Veltroni lanciò nell’agone politico alle elezioni nazionali del 2008 impallina gli attuali vertici nazionali.
“Cosa ho visto nel Pd che ha gestito il gruppo parlamentare dall’inizio di questa legislatura?”. Si chiede la Madia: “Ho visto ipocrisia, ho visto opacità , ho visto un sistema che non chiamerei neanche di correnti, ma di piccole e mediocri filiere di potere che sono attaccate così al potere e non vogliono cedere di un millimetro. Ho visto veti incrociati per mantenere tutto questo. Tutto questo – precisa – l’ho visto da chi oggi ancora ci dirige. E questo è il livello nazionale”.
Madia poi affonda anche il Pd nelle sue diramazioni locali romane con l’esplicito riferimento alle “associazioni a delinquere”. Testuale.
Per la deputata è l’ora delle scelte e del rinnovamento.
Ha lanciato la proposta di legge, insieme con il senatore Walter Tocci e il deputato Pippo Civati, che prevede l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, i cosiddetti rimborsi elettorali, e la riforma del sostegno ai movimenti politici.
Questa è la priorità insieme alla “costituzione materiale del partito”.
Parole pesanti quelle della deputata, una vera “orazione funebre” sui vertici nazionali, ma anche sulle diramazioni territoriali del Pd.
La platea ascolta, qualcuno strabuzza gli occhi, c’è chi si alza stizzito, ma molti apprezzano. Subito dopo si torna agli interventi della platea, si torna a discutere intorno al documento dell’ex ministro.
Fabrizio Barca, chiudendo la serata, si mostra colpito dall’analisi spietata della Madia, riprende le sue parole e si sofferma sulla credibilità del partito, il bisogno di rappresentare una capacità di cambiamento.
“Essere un poco meglio per noi è un suicidio. Quello che racconta Marianna Madia — chiosa l’ex ministro – in Calabria, ad esempio, lo vedi benissimo, assume toni drammatici. In quella terra il partito è diviso tra veri e propri capibastone che vengono dal passato e un 25% di partito straordinario. Quello che ci hai detto in modo molto libero la gente lo vede. Le persone a quel punto scelgono altri”.
Gli altri sono il Pdl con il quale oggi il Pd è al governo.
Il suicidio è servito.
David Perluigi e Nello Trocchia
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 25th, 2013 Riccardo Fucile
MOLTI ESPONENTI “MONTIANI” ORMAI GUARDANO PER IL FUTURO AL SINDACO DI FIRENZE… E RENZI HA BISOGNO DI NUOVI SOSTENITORI ESTERNI AL PD STRUTTURATO
Pezzo per pezzo, giorno dopo giorno, Matteo Renzi sta costruendo la sua corsa alla segreteria. Senza lasciare nulla al caso.
Le regole per l’elezione, innanzitutto: i suoi sostenitori chiederanno che la platea degli iscritti sia allargata anche a chi chiederà la tessera il giorno prima delle assise.
Niente norme capestro per cristallizzare la situazione pre-Bersani.
Secondo obiettivo: le primarie.
Dalla Lombardia alla Sicilia «Scelta civica» sta terremotando e molti dei suoi dirigenti (e dei suoi elettori) si stanno buttando su Renzi.
Ad Agrigento il sindaco ex Udc, Marco Zambuto, sta per approdare al Pd di rito renziano.
Spiega il deputato siciliano Davide Faraone, supporter del sindaco: «Un po’ dovunque nell’isola “Scelta civica” sta smottando. Viene con noi la componente dell’Udc ma anche quella laica. Tutti dicono: vi votiamo solo se c’è Matteo».
Il quale Matteo c’è, eccome se c’è.
Sta già pensando al fatto che alle primarie i suoi elettori aumenteranno di grosso grazie a questo smottamento.
Saranno voti nuovi, voti che non sono giunti alle precedenti primarie, quelle in cui Renzi è stato sonoramente battuto da Bersani.
E il sindaco ha anche i sondaggi che lo confortano: il centrosinistra con lui alla guida avrebbe il 41 per cento e il centrodestra dieci punti di meno, mentre senza di lui lo schieramento Pd e cespugli arriverebbe al 30 e gli avversari avrebbero il 35 per cento. Non a caso personaggi come Irene Tinagli e Andrea Romano stanno pensando di andare con Renzi.
Ma il lavorìo del sindaco non si limita a questo.
Sta preparando anche un documento politico che dovrebbe intitolarsi il «nuovo Pd», in cui i temi del lavoro e dell’economia la faranno da protagonisti.
Ma è su un altro punto che in questi giorni il sindaco sta incentrando la propria attenzione: sul tema della forma partito.
«Dobbiamo interrogarci – è il suo ragionamento – su come si possa costruire un partito senza tutti quei finanziamenti che noi vogliamo abolire, sperando che il governo e il partito vogliano fare altrettanto, senza limitarsi agli annunci».
Perciò il Pd che sogna Renzi è un partito «aperto, privo di una struttura organizzativa rigida», in cui saranno «benvenute» anche le «iniziative locali autonome». L’importante è che ci sia un «coordinamento di fondo» ma senza un apparato che soffochi e che non consenta alla periferia di esprimersi.
«Abbiamo tanti sindaci e amministratori locali bravissimi a cui dobbiamo affidarci se vogliamo che il Pd diventi sul serio un nuovo Pd», è il ritornello del sindaco.
E non finisce qui: Renzi pensa anche a «organizzare dei think tank e delle aree di lavoro in Rete», che bypasseranno gli iter tradizionali, consentendo a ognuno di partecipare al lavoro di elaborazione del partito, escludendo, di fatto, la creazione di «correnti cristallizzate» e di «rendite di posizione».
Un partito in Rete, dunque, in cui una «squadra gioca per il leader e non contro, come è stato finora».
Ma i maggiorenti del Pd tentano ancora di stoppare Renzi.
I bersaniani immaginano un tandem con il sindaco candidato premier ed Epifani segretario, però la risposta dei diretti interessati è significativa. Dice Renzi: «Che cavolata». Sostiene Epifani: «Questa storia non l’ho mai sentita».
Anche il tentativo di dividere le figure del segretario e del candidato premier sembra destinato a fallire.
Tant’è vero che uno dei sostenitori di questo schema, D’Alema, capita l’antifona, fa un passo indietro e si butta sulla Roma.
Paolo Cento, presidente dell’associazione giallorossa in Parlamento gli offre il posto di presidente onorario che fu di Andreotti.
L’ex premier accetta e rilancia: «Per caso non posso fare anche il presidente effettivo?».
Maria Teresa Meli
(da “il Corriere della Sera“)
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Giugno 25th, 2013 Riccardo Fucile
NELL’ARCO DI TRE MESI BERLUSCONI E’ STATO CONDANNATO A 12 ANNI DI CARCERE: 1 PER UNPOL, 4 PER MEDIASET, 7 PER RUBY… LA PIU’ TEMUTA ORA LA CORRUZIONE DI DE GREGORIO CHE HA CONFESSATO
Non solo Ruby: anzi. Per Silvio Berlusconi è la settimana dei verdetti, di quelli che possono stravolgere equilibri e strategie politiche anche molto lontano da Arcore.
Il giorno cruciale sarà giovedì, con due udienze pesanti.
Il 27 giugno in Cassazione si discuterà del ricorso della Fininvest contro la sentenza della Corte d’Appello di Milano, che nel luglio 2011 l’ha condannata a risarcire la Cir di Carlo De Benedetti con 564,2 milioni di euro: nelle stesse ore, a Napoli si terrà l’udienza preliminare del processo per la (presunta) compravendita del senatore De Gregorio, per la quale la procura ha chiesto il rinvio a giudizio di Berlusconi per corruzione.
In 24 ore, insomma, due partite importanti.
Le ennesime stazioni di un 2013 che per Berlusconi è l’anno delle condanne.
Nell’arco di tre mesi, i tribunali gli hanno inflitto 12 anni di carcere.
Si parte con la sentenza di primo grado del processo Unipol, del 7 marzo, che gli è costata la condanna a un anno di reclusione per rivelazione di segreto d’ufficio (in concorso con il fratello Paolo).
Si prosegue con la sentenza d’appello per il processo Mediaset, in cui i giudici di Milano gli hanno confermato i 4 anni di carcere (tre coperti da indulto) per frode fiscale.
Sino alla batosta di ieri, con i 7 anni per il caso Ruby.
Sullo sfondo, il no della Consulta al legittimo impedimento per un’udienza del processo Mediaset, arrivato sei giorni fa.
Giovedì si riparte, con due udienze in un solo giorno.
A Roma, davanti alla terza sezione civile della Cassazione, si discuterà del ricorso Fininvest contro il maxi-risarcimento per la vicenda del Lodo Mondadori.
La conseguenza del processo penale conclusosi nel 2007, con le condanne del giudice Vittorio Metta e degli avvocati Cesare Previti, Giovanni Acampora e Attilio Pacifico.
Secondo l’accusa, la sentenza che nel 1991 ridiede la Mondadori a Berlusconi, vanificando il lodo, fu comprata corrompendo Metta con soldi della Fininvest.
Da qui il processo civile, con l’azienda che in primo grado era stata condannata a risarcire 740 milioni.
Lo “sconto” in appello non poteva bastare alla presidente Fininvest, Marina Berlusconi, che parlò di “sentenza che sgomenta, l’ennesimo episodio di un’aggressione contro mio padre”.
Ma l’appuntamento forse più temuto da Berlusconi senior è quello di Napoli.
L’inchiesta si basa sulle dichiarazioni dell’ex senatore Sergio De Gregorio, secondo cui nel 2006 il capo del Pdl gli versò 3 milioni per sabotare il governo Prodi (De Gregorio allora era nell’Idv).
A suo dire il postino delle “mazzette a rate” era l’ex direttore dell’Avanti Valter Lavitola.
Ieri De Gregorio è stato rimesso in libertà dal gip, che gli ha revocato gli arresti domiciliari.
Ora l’ex senatore e Lavitola potrebbero ritrovarsi imputati per corruzione assieme a Berlusconi, su cui pendono anche i ricorsi per la sua ineleggibilità .
“Porremo il tema nella giunta delle elezioni del Senato, il 9 luglio” ricorda il 5 Stelle Morra.
Tra alcuni mesi, la sentenza della Cassazione sul processo Mediaset.
Temutissima, perchè confermando i 5 anni di interdizione dai pubblici uffici scaravanterebbe Berlusconi fuori del Palazzo.
Luca De Carolis
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 25th, 2013 Riccardo Fucile
LETTA NON PRENDE IMPEGNI SULLA GIUSTIZIA, BERLUSCONI TORNA A CASA CON QUELLO CHE BRUNETTA POCHE ORE PRIMA AVEVA DEFINITO “UNA PRESA IN GIRO”… TUTTI HANNO PAURA DELLE ELEZIONI
Un colpo al cerchio, uno alla botte.
Da un lato Silvio Berlusconi incassa la sua nuova debolezza, dovuta alla condanna sul processo Ruby, dall’altra ottiene lo stop all’aumento dell’Iva per tre mesi, quello che Brunetta aveva definito poche ore prima “una presa in giro”.
E l’ufficialità dell’accordo di maggioranza arriva, alla fine, proprio dalla diramazione, alle 20.50 di ieri, dell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri in programma alle 8,30 di domattina: il decreto legge sul lavoro comprenderà anche misure “in materia di Iva”.
Ovvero il rinvio dell’aumento di 1 punto dell’aliquota massima che altrimenti scatterebbe il 1 luglio.
Una conferma che, si diceva, è arrivata solo pochi minuti dopo l’ingresso di Silvio Berlusconi alla cena-incontro con il premier Enrico Letta, presenti anche lo “zio”, Gianni Letta e Angelino Alfano.
Nessun dettaglio, ovviamente, ma è convinzione comunque di tutte le fonti che per ora non si andrà oltre un rinvio di tre mesi.
Con l’impegno però a continuare a lavorare per scongiurare l’aumento fino a fine anno, e poi sfruttare “la discesa” che per il premier Letta si aprirà davanti all’Italia a partire dal 2014.
E’ questo, in poche parole, quello che Letta ha ‘offerto’ sul piatto del leadere del Pdl furioso e deciso a dare seguito alle intenzioni più bellicose dei suoi “falchi”; senza promesse su Iva e Imu, andiamo allo show down.
Enrico Letta durante la cena ha alzato le insegne, che gli sono usuali, del pacificatore. Proponendo lo slittamento dell’Iva per provare a siglare una tregua, almeno finchè il governo non abbia scollinato “il gran premio della montagna” che — nella metafora ciclistica utilizzata dal premier in Senato qualche giorno fa — si troverà ad affrontare durante l’estate.
Per ora prevale quindi la cautela, anche a costo di più di un malumore nel governo.
Con i viceministri e i sottosegretari all’Economia frustrati nel loro tentativo di trovare coperture efficaci per un rinvio di 6 mesi dell’Iva dalla prudenza, giudicata addirittura “il terrore di spaventare qualcuno in Europa”, del ministro Fabrizio Saccomanni e dello stesso Letta. Ovviamente, visto il clima post processuale, da Berlusconi sono arrivate richieste molto nette sul tema della riforma della giustizia e la risposta di Letta è stata altrettato netta: “Ci sono delle altre priorità ; prima il rispetto degli impegni europei, poi vedremo il resto”.
Dunque da palazzo Chigi, nessun dettaglio, al momento, sul contenuto del decreto Iva, ma per Letta è stato importante istaurare un canale di dialogo diretto con Berlusconi, in modo anche da ‘sollevare’ Angelino Alfano, sotto scacco da parte dei falchi Pdl, in particolare di Daniela Santanchè, dal difficile doppio ruolo di membro del governo e portatore delle istanze del Pdl.
E soprattutto per riuscire a capire direttamente da Berlusconi quanto sia saldo il governo e quali siano le reali intenzioni.
L’obiettivo dunque è arrivare al “falsopiano” che Letta intravede per l’autunno, quando per il premier arriveranno gli effetti sull’erario dei pagamenti della Pubblica Amministrazione verso le imprese, che potranno avere anche ripercussioni positive sull’economia.
E a quel punto, con l’uscita dalla procedura per deficit eccessivo ormai acquisita (“Arriverà tra giovedì e venerdì”, ha assicurato Letta), il governo potrà “scrivere insieme al Parlamento” il bilancio 2014.
Intanto, però, avanti con questa “pax” garantita dallo slittamento del punto di aumento dell’Iva. L’estate porterà consiglio, pensa Letta.
O forse, anche no.
Sara Nicoli
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Giugno 25th, 2013 Riccardo Fucile
“IL REFERENDUM SULL’ASSESSORATO NON HA ALCUN VALORE” SCRIVE SUL SUO BLOG… IL GRILLINO DE VITO REPLICA: “NOI ANDIAMO AVANTI”
Beppe Grillo sconfessa i suoi «cittadini» eletti al Consiglio comunale di Roma: «Nessun accordo per la giunta Marino».
Una doccia fredda, comunicata sul suo blog, che fa saltare ogni possibile intesa per l’assessorato alla Legalità offerto da Marino a una «grillina», probabilmente Virginia Raggi, unica eletta tra le file del Movimento 5 Stelle.
REFERENDUM DELLA DISCORDIA
Dopo due incontri con il sindaco Marino, i quattro eletti 5 Stelle avevano deciso di sottoporre a referendum online la proposta di entrare nella giunta.
Ma Grillo, a pochi minuti dalla scadenza (fissata inizialmente per le 11 e poi posticipata al pomeriggio), entra a gamba tesa in questa ipotesi di «larghe intese»: «In merito ad alcune iniziative dei consiglieri comunali di Roma si ribadisce che: il MoVimento 5 Stelle non fa alleanze, nè palesi nè tantomeno mascherate, con alcun partito, ma vota le proposte presenti nel suo programma».
VOTO SENZA VALORE-
«L’unica base dati certificata coincidente con gli attivisti M5S e con potere deliberativo è quella nazionale che si è espressa durante le ‘Parlamentarie’ e le ‘Quirinalie».
Quindi, è la bacchettata di Grillo, «il voto chiesto da De Vito on line non ha alcun valore».
LA REPLICA –
La replica al leader arriva proprio da Marcello De Vito che è stato candidato sindaco e ora è il portavoce del Movimento 5 Stelle i Campidoglio: «Chiariremo la nostra posizione in conferenza stampa questa sera dopo la chiusura del sondaggio alle 15». Insomma, il referendum va avanti.
Ma i risultati sono sempre più incerti ed è probabile lo slittamento della presentazione della squadra guidata da Marino.
IL CASO RAGUSA
Grillo finge di dimenticare che il primo a violare lo Statuto è stato proprio lui a Ragusa dove per la prima volta i Cinquestelle hanno concluso un accordo con due liste civiche, “Partecipiamo” e Città “.
Non solo: nella città siciliana ha concordato l’appoggio dichiarato al candidato sindaco Cinquestelle con Sel e la Destra
Senza tutti questi inciuci (e la spaccatura del Pd locale che ha candidato sindaco un uomo dell’ex udc Cuffaro contro il volere della base) quando mai Picciotti sarebbe stato eletto sindaco…
Ma a Grillo serviva far eleggere almeno un sindaco, in modo da poter cantar vittoria.
Quando servono a lui, gli accordi vanno bene, quando lo propongono altri fa il duro e puro.
Che pena.
argomento: Grillo | Commenta »
Giugno 25th, 2013 Riccardo Fucile
IL “GUARDIAN”: “IN GRAN BRETAGNA UN LEADER SAREBBE FINITO”
Il bunga bunga di un presidente del Consiglio ha fatto il giro del mondo e ieri tutto il mondo mediatico era a Milano per seguire la sentenza.
D’altronde il sex gate italiano è diventato internazionale già a gennaio 2011 quando la procura di Milano ha inviato a Silvio Berlusconi l’avviso a comparire per concussione e prostituzione minorile.
Giornalisti inglesi, americani, francesi, tedeschi, scandinavi, russi, giapponesi, olandesi e belgi si sono catapultati al palazzo di giustizia.
Postazioni satellitari televisive lungo Corso di porta Vittoria, di fronte all’ingresso principale e lungo via Manara, uno degli ingressi laterali.
Colleghi della radio della Bb-Bc hanno “occupato” anche una vecchia cabina telefonica e giornalisti di altre radio hanno dettato i loro servizi da alcuni bagni del Tribunale per migliorare la qualità del suono.
Nonostante la balla di Berlusconi per far rilasciare Ruby fosse quella sulla “nipote di Mubarak”, non c’erano giornalisti di media arabi.
C’era solo Al Jazeera English.
Per tutta la stampa estera è inconcepile che Berlusconi sia ancora un leader politico nonostante il suo curriculum giudiziario infinito.
Patricia Thomas è l’inviata per la Tv di Associated press: “Se di mezzo c’è una storia di potere e sesso e che riguarda un politico importante e conosciuto come Silvio Berlusconi, l’interesse è alle stelle. La storia è esplosiva. Quando torno negli Usa mi chiedono solo del bunga bunga, di Berlusconi. Gianni Letta o Pierluigi Bersani non hanno idea di chi siano. Letta chi? Ber-sani chi? ”.
L’inviata di una televisione russa ci spiega che l’interesse “è massimo, anche perchè Berlusconi è amico del presidente Putin” e, intimorita, dice che “in Russia non potrebbe mai esserci un processo contro un potente come Berlusconi”.
Un’inviata della Cnn racconta che i telespettatori “seguono sempre con molto interesse il Ruby gate perchè riguarda un ex premier. È’ incredibile che un uomo politico sia ancora in auge nonostante i guai giudiziari”.
ANCHE PER AL JAZEERA English “è un caso importante, da seguire perchè Silvio Berlusconi è molto conosciuto.
“È’ interesse capire anche le conseguenze politiche del processo”.
Il fatto che abbia spacciato Ruby come nipote del presidente egiziano Mubarak “non rappresenta un interesse particolare. Invece, ha importanza l’accusa di abuso di potere (concussione, ndr) ”.
Tra gli inviati stranieri c’è Lizzy Davies del Guardian: “Per i lettori inglesi questa storia sordida che coinvolge un ex premier e leader politico è molto interessante. Per noi è incredibile che con accuse del genere Berlusconi possa avere ancora potere. Dopo il Bunga Bunga in Gran Bretagna sarebbe uscito dalla scena politica”.
Hedwig Zeedjk è inviata per le televisioni del Belgio e dell’Olanda: “Seguiamo con interesse il Ruby gate. In particolare in Belgio, colpito da scandali sessuali e dove c’è una grande comunità italiana. Vogliamo capire le ripercussioni sul personaggio pubblico e leader politico. La vita privata sregolata di Berlusconi, essendo un politico, viene vista in modo critico”.
Udo Gumpel è il corrispondente della televisione tedesca Rtl: “In Germania c’è un interesse enorme per Silvio Berlusconi. Ora tutta la Germania si chiede quando finisce il suo dominio politico. Non voglio nascondere che la politica tedesca, di governo e di opposizione, spera che se ne vada. Ma Il fatto che forse saranno delle sentenze della magistratura a determinare la fine della sua carriera, però, viene valutato come un segno di debolezza della politica italiana”.
a.m.
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Giugno 25th, 2013 Riccardo Fucile
DISCUSSIONE ANIMATA SULLA LIBERATORIA PER FARE SPOT PER IL PROSSIMO PROGRAMMA DI PORRO IN RAI… “IL NOSTRO RAPPORTO SI CHIUDE QUI” REPLICA L’EDITORE
Si è conclusa con un sorprendente licenziamento “in diretta” con due puntate di anticipo l’avventura di Nicola Porro a ‘In Onda’ (La7).
E, per di più, al termine di una telefonata burrascosa con l’editore Urbano Cairo mentre Porro era già negli studi tv, a pochi minuti dalla messa in onda della puntata di domenica sera.
Con un piccolo psicodramma dietro le quinte di cui i telespettatori riescono a cogliere solo pochi indizi.
La vicenda che si chiude con il licenziamento in tronco nasce da un casus belli apparentemente minuscolo, come un valanga da una palla di neve all’origine di tutto c’è il contenzioso su una liberatoria per gli spot del nuovo programma di Porro — ‘Virus’ — che andrà in onda su Rai2 dal 3 luglio. ‘In Onda’ finisce il 30 giugno. E proprio questo intreccio di date ravvicinate ha giocato un ruolo nella vicenda.
Infatti Cairo, che un mese fa si era lasciato con il vicedirettore de Il Giornale in amicizia, non ha gradito la richiesta di un nulla osta a far partire la campagna promozionale di ‘Virus’ sulla Rai.
Porro si era appellato al precedente di David Parenzo, che invece è ancora legato da un contratto con La7, ed era riuscito sia a farsi dare l’aspettativa per il suo programma a Rai3 (La Guerra dei mondi), sia l’autorizzazione alla campagna promozionale sulla rete.
Sembrava che sarebbe bastata una telefonata cordiale tra Cairo e Porro per risolvere tutto.
Ma la situazione precipita: poco prima della puntata il conduttore chiama l’editore. Gli ospiti del dibattito sul caso Ruby — Vittorio Feltri e Furio Colombo — sono già negli studi romani di via Novaro.
Ma la telefonata si chiude con un acceso litigio.
E così gli autori del programma e gli ospiti della puntata scoprono dal racconto dello stesso Porro alla redazione, che Cairo, dopo un cortese, ma gelido scambio di battute, ha detto al giornalista: “Il nostro rapporto finisce qui, sei licenziato“.
Alla base c’è il fatto che l’imprenditore non avrebbe digerito bene il passaggio alla Rai del giornalista.
Durante il colloquio telefonico, Porro esclama: “Ma le ho inviato sms, mail, fatto telefonate, non mi ha mai risposto. Cosa dovevo fare?”.
L’altro replica: “Avevo degli impegni, avrò il diritto a non rispondere qualche volta”.
Porro snocciola il racconto del litigio ai presenti negli studi de La7, del sollevamento anticipato dal programma, tutti credono ad uno scherzo e si crea una situazione surreale, visto che alla risoluzione naturale dell’accordo mancavano solo sette giorni e due puntate.
I dirigenti della rete, consultati per telefono, autorizzano Porro alla conduzione della sua ultima puntata.
Colombo, in trasmissione accenna in diretta a quello che ha appena appreso: “Mi dispiace che tu sia stato licenziato…”.
Attimi di sconcerto in regia e in studio. Feltri sospira. Porro lo interrompe e minimizza: “Mannà³ Colombo, questo non c’entra, adesso non ne parliamo…”.
Poi fa un accenno esplicito all’addio solo nel finale, ma non dice nulla su quello che è accaduto: “Purtroppo questa è la mia ultima puntata, sono stati due anni molto belli, ringrazio tutti e vi saluto”.
Luca Telese, l’altro conduttore, è basito.
Sul web piovono dubbi e interrogativi. A cui Porro risponde in tarda serata con un tweet in cui fa un riferimento esplicito alla vicenda: “Ai tanti amici di Twitter devo un grande grande saluto da ‘In Onda’ La7. Con questa sera lascio. Mi spiace, al nuovo editore un po’ meno”.
Anche Cairo sceglie il basso profilo e non commenta l’accaduto.
Ma chi ha orecchiato il racconto del botta e risposta è rimasto impressionato: “Sei sleale, il nostro rapporto finisce qui”, avrebbe chiosato Cairo.
“Di televisione non capisce…”, avrebbe risposto Porro.
Interpellato il conduttore di ‘Virus’ non vuole aggiungere molto: “Posso solo dire che ho chiuso polemicamente il mio rapporto con La7 e con il ‘berlusconiano’ Cairo”.
David Perluigi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 25th, 2013 Riccardo Fucile
RAFFAELE BALDASSARE ARRIVA AL PARLAMENTO EUROPEO ALLE 18, IN TEMPO UTILE PER INCASSARE I 300 EURO DI RIMBORSO PER UNA SEDUTA… BECCATO SUL FATTO, ALZA LE MANI
Arrivare alle 18.30, firmare la presenza, prendersi 300 euro di rimborsi spesa quotidiani e poi andarsene. Non male come lavoro.
Peccato che si tratti di un eurodeputato salentino del Pdl, Raffaele Baldassarre, che non fa fare una gran bella figura al nostro paese a Bruxelles, sede dell’Europarlamento.
A coglierlo sul fatto è stato un giornalista olandese, che con tanto di microfono e telecamera lo avvicina al termine della lunga ed estenuante giornata di lavoro.
“Sono le sei e mezza di sera, non è un po’ tardi per arrivare al lavoro? Lei è appena entrato, si è preso 300 euro per le sue spese, ma non ha avuto grandi spese quest’oggi no? È un bel lavoro, lo voglio anche io!”.
Baldassarre abbozza e risponde con dei penosi “I don’t understand, i don’t capisco” (che se fosse vero che abbiamo mandato a rappresentare l’Italia in Europa uno che non conosce neanche mezza parola di inglese sarebbe ancora più grave dei 300 euro rubati), ma il giornalista della web tv olandese GeenStijl non molla e lo segue: “Eddai, è semplice, non ci credo che non capisce, solo non vuole rispondere”.
A questo punto Baldassarre perde la calma e inizia ad alzare le mani, a spintonare giornalista e cameraman.
Tra l’altro continuando a parlare in italiano (”Ma cosa vuole? Ma come si permette? Ma vada via!”).
Interviene un altro italiano collega di Baldassarre che lo aiuta ad allontanare il giornalista, che prima di arrendersi dimostra di conoscere l’italiano meglio di quanto Baldassarre conosca l’inglese e chiude la conversazione con un chiaro “Ma vaffan…”
Andrea Signorelli
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