Giugno 23rd, 2013 Riccardo Fucile
CRITICANO L’ASSENTEISMO DEGLI ALTRI, MA POI NON PARTECIPANO AI LAVORI IN AULA… CHI E’ SENZA PECCATO…
La foto condivisa su Facebook dal parlamentare del Pd Paolo Coppola: “Chi è senza peccato… i banchi del #M5S durante le interrogazioni di oggi (e speriamo che la si finisca con questa ipocrisia)”.
Un messaggio di poche righe e una foto da Montecitorio bastano al deputato del Pd Paolo Coppola per rispondere a una delle campagne del Movimento 5 Stelle che, da quando sono iniziati i lavori in Parlamento, denuncia le troppe assenze dei deputati degli altri partiti durante i lavori in Aula e in occasione delle interrogazioni.
Una polemica documentata con continui scatti diffusi su Facebook e dibattiti rimasti agli atti, con tanto di intervento della presidente della Camera.
Il format Cinque Stelle ha in breve tempo conquistato tanto successo da essere adottato anche da alcuni esponenti del Partito Democratico, tra cui l’onorevole Laura Puppato che, sulla propria pagina Facebook, tuonò contro le assenze in occasione del question time sul terremoto dell’Emilia.
Non poteva che essere una questione di tempo prima che il format si rivoltasse però proprio contro il Movimento 5 Stelle, la cui assenza è stata immortalata da Coppola a Montecitorio in occasione delle interrogazioni e interpellanze sulla sospensione dell’Imu.
Chissà se, dopo questa foto, continueranno a pubblicare le foto-denuncia dall’Aula.
Mauro Munafò
(da “l’Espresso“)
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Giugno 23rd, 2013 Riccardo Fucile
L’ITALIA RISCHIA DI DOVER RISTRUTTURARE IL DEBITO PUBBLICO NEI PROSSIMI SEI MESI… RISCHIO MANOVRA CORRETTIVA DA 20-30 MILIARDI AD OTTOBRE
Quando a marzo Angelo Guglielmi, il capo degli analisti di Mediobanca Securities, ha detto che alle banche italiane servivano una bad bank e almeno 20 miliardi di euro, i banchieri dell’Abi si sono parecchio risentiti.
È uscito anche un apposito retroscena anonimo sul sito Dagospia per trasmettere l’irritazione del direttore generale della lobby bancaria, Giovanni Sabatini.
In campagna elettorale Guglielmi aveva firmato un’analisi in cui spiegava che un forte risultato di Beppe Grillo e del Pdl avrebbe creato le condizioni per cui l’Italia chiedesse aiuto europeo, i partiti non l’hanno presa molto bene, e a Mediobanca hanno deciso di tenere un profilo più discreto nella comunicazione delle analisi realizzati da Guglielmi e dal team di analisti londinesi che lavorano a Mediobanca Securities.
Il Report nel quale si sostiene che l’Italia rischia di dover ristrutturare il debito pubblico nei prossimi sei mesi, è stato preso molto sul serio, al ministero del Tesoro lo stanno studiando da giorni.
La dimostrazione che l’analisi di Guglielmi è fondata sta nei numeri.
Mentre il governo litigava su Iva e Imu, venerdì sui mercati succedeva questo: il Btp decennale emesso il 2 maggio 2003 con una cedola del 4,25 per cento e scadenza il primo agosto 2013 pagava un rendimento di 74 punti base.
Cioè prestando alla Repubblica Italiana soldi per un mese circa si incassa lo 0,74 per cento di interesse.
Un Bot a sei mesi emesso il 31 gennaio 2013 con scadenza il 31 luglio, quindi un giorno prima del Btp, pagava invece un rendimento di 48 punti base, cioè 26 punti in meno del Btp.
Rispetto al Bot, il Btp rende il 50 per cento in più.
Come è possibile? Quando c’è uno squilibrio di questo tipo, il mercato di solito tende a chiudere “l’arbitraggio”, cioè vende Bot e compra Btp finchè la differenza non si annulla.
Se il mercato tollera l’inefficienza ci deve essere una ragione.
La spiegazione è che c’è una differenza nascosta tra Btp e Bot.
I Btp sono prestiti a lungo termine, i Bot a breve.
Quando un Paese dichiara un default, anche parziale, e chiede di rinegoziare le condizioni sul suo debito, di solito i prestiti a lungo termine sono coinvolti mentre quelli a breve, usati dalle banche come collaterali (cioè garanzie) per le loro operazioni quotidiane, restano al sicuro. Anche perchè per discutere la ristrutturazione di un debito pubblico ci vogliono tempi lunghi, almeno un anno, e quindi i prestiti a breve nel frattempo vengono tutti rimborsati.
Morale: o c’è una spiegazione di questo fenomeno che è sfuggita ad Antonio Guglielmi e al suo team di analisti, oppure il mercato sta “prezzando” il rischio di una ristrutturazione del debito pubblico italiano nei prossimi mesi.
Questo non significa che il default è certo, ovviamente, ma che gli investitori si stanno cautelando chiedendo rendimenti più elevati per pareggiare il rischio.
Al Tesoro ne sono consapevoli.
“Il fatto che lo spread si sia ridotto non significa che il mercato abbia cambiato radicalmente il suo atteggiamento sulla solvibilità dell’Italia”, scriveva Guglielmi in un report di febbraio.
Per il momento la morfina fornita dalle parole di Mario Draghi, con la sua famosa promessa di un anno fa di difendere l’euro facendo “tutto il necessario” ha sedato i mercati.
Ma molti segnali lasciano intendere che la tregua stia per finire: dalle tensioni dovute alla Federal Reserve americana che sta preparandosi a ridurre gradualmente il sostegno monetario all’economia al miracolo giapponese che non si vede (le riforme promesse dal premier Shinzo Abe non si vedono, e la svalutazione del 6 per cento dello Yen ha un effetto provvisorio), alla recessione europea che peggiora.
Per l’Italia il momento in cui il governo dovrà affrontare le questioni che ora finge di non vedere sarà in autunno.
Il primo problema, implicito nei report di Mediobanca Securities ma di cui sui mercati e nei palazzi si parla da giorni, è una manovra correttiva di almeno 20-30 miliardi di euro.
Il governo ha impostato la politica economica su una recessione da -1,3 per cento, siamo già a -2,4.
Altro che Imu, dopo la fine di agosto sarà questo il tema che, raccontano, preoccupa perfino Mario Draghi alla Bce.
Visto che i tempi coincidono con la probabile sentenza definitiva sul caso Mediaset, Silvio Berlusconi potrebbe accelerare la crisi di governo.
Tutti eventi che faranno salire lo spread e metteranno sotto stress il mercato del debito pubblico, con l’ovvia conseguenza di far soffrire anche le banche la cui salute è legata a quella dei Btp in cui tanto hanno investito.
E le notizie che arrivano dall’Europa sono pessime: la Germania, nei negoziati dell’Ecofin, sta imponendo la sua linea durissima (e non applicata in casa, quando a soffrire erano le sue banche).
Cioè: non sarà l’Europa con l’Esm, il fondo Salva Stati, a ricapitalizzare gli istituti in difficoltà . È l’ora del modello Cipro: tutti i titolari di obbligazioni e strumenti di credito più creativi verranno costretti a convertirli in azioni, e anche lo Stato dovrà farsi carico della sua parte.
Venerdì notte l’Ecofin non è riuscito a trovare un accordo, ma è quella la direzione in cui si va. E per l’Italia sono guai: perchè avrà banche fragili che non possono più permettersi di comprare titolo di Stato per aiutare il governo e uno Stato fragile che non può permettersi di salvarle nel caso il problema delle sofferenze esploda.
E quindi risulta un garante di ultima istanza meno credibile. “Bastano 50 punti di spread in più e crolla tutto”, dice un analista piuttosto preoccupato.
Stefano Feltri
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Giugno 23rd, 2013 Riccardo Fucile
“LE COPERTURE NON CI SONO, FACILE FARE PROCLAMI, MA DAL PDL NON E’ ARRIVATA ALCUN IDEA SU DOVE TROVARE I FONDI NECESSARI”
Il diktat di Alfano sull’Iva? A palazzo Chigi non l’hanno preso bene.
Il premier, impegnato a Piacenza al matrimonio della fedelissima Paola De Micheli, ha preferito lasciar correre per non alzare ulteriormente la febbre del governo.
Ma in privato non ha mancato di sfogare la sua irritazione per l’uscita del suo vice: «Evitare questa stangata è anche un mio obiettivo, non solo del Pdl, l’ho detto in Parlamento nel mio discorso programmatico. E Alfano lo sa meglio di chiunque altro, anche perchè l’abbiamo concordato insieme».
Insomma, al pranzo di venerdì a palazzo Chigi, un vero summit politico con Franceschini e altri ministri, il piatto forte è stato soprattutto l’aumento dell’Iva e l’obiettivo su cui tutti si sono trovati d’accordo – Pd, Pdl e Scelta Civica – è stato appunto quello di scongiurarlo in ogni modo.
«Ma il problema – fanno notare a palazzo Chigi – è che ancora le coperture non ci sono. È un fatto drammatico e Alfano non ne è all’oscuro. Nè quelli del Pdl hanno fatto arrivare alcuna idea in proposito».
Per questo Letta ha ritenuto ancora più ingiustificati gli attacchi arrivati ieri dal partito di Berlusconi.
«La coperta è corta – spiega un ministro – e per evitare l’Iva fino a ottobre serve un miliardo, due se vogliamo arrivare alla fine dell’anno. Se metti i soldi sull’Iva li devi togliere da un’altra parte, non possiamo certo agire sulle accise o mettere altre imposte».
Anche perchè Berlusconi, dopo la sentenza della Consulta e quella in arrivo su Ruby, ha dato ordine ai suoi di alzare la voce su tutto.
«Io nella commissione Finanze – riferisce il presidente Daniele Capezzone – ho installato un “tax detector”: se provano a infilare qualche aumento anche minimo di tasse suona l’allarme e glielo rimandiamo indietro».
Eppure il problema resta.
Al ministero dell’Economia stanno valutando tutte le opzioni ma i margini sono inesistenti. E il tempo stringe.
Il ministro Saccomanni farà arrivare a Letta, prima del consiglio dei ministri di mercoledì, una serie di simulazioni sulle coperture.
E in base a quelle andrà presa una decisione. Sarà dunque un vertice politico, tra lunedì e martedì, a dover valutare quanto in avanti ci si potrà spingere e rinunciando a cosa.
L’impressione ai piani alti del governo è che il massimo raggiungibile sia uno slittamento di tre mesi dell’aumento dell’Iva, fino a fine settembre, ma niente di più.
E già questo, con i conti attuali dell’Italia, viene ritenuto un gran successo.
Poi a ottobre si vedrà .
Il decreto congela-Iva dovrebbe essere approvato mercoledì, visto che giovedì Letta volerà a Bruxelles per il Consiglio europeo.
E tuttavia ieri sera si è affacciata un’altra ipotesi, quella di un rinvio del decreto a un consiglio dei ministri da convocare venerdì sera, al rientro del premier.
In una rincorsa affannosa all’ultimo euro dell’ultima copertura.
«La strada che abbiamo di fronte – racconta una fonte del ministero di via XX Settembre — è una sola. Visto che non possiamo alzare altre tasse, visto che eventuali tagli alla spesa pubblica non produrrebbero effetti immediati, non si può far altro che spostare risorse da una parte all’altra».
Significa definanziare impegni di spesa già presi e trasferire i soldi su un’altra posta. Esattamente come è stato fatto con il “decreto del fare”, che ha succhiato mezzo miliardo dalla Torino-Lione e 700 milioni al Terzo Valico o altri spiccioli al trattato con la Libia.
Ma al di là del fatto tecnico, resta la precarietà di una situazione politica che viene resa più fragile anche dalla spaccature interne ai partiti.
Quelle del Pd ma soprattutto quelle del Pdl.
Tanto che in ambienti lettiani si ammette che l’uscita di Alfano possa essere stata motivata dal bisogno del segretario Pdl di coprirsi le spalle dagli attacchi interni. Molti infatti – l’ala dei falchi – continuano a rappresentarlo come una quinta colonna del nemico, come un traditore, e Alfano è costretto a fare il duro per non farsi sparare alle spalle dai suoi.
Anche Enrico Letta vive una condizione di speculare debolezza, ma paradossalmente questa potrebbe persino rivelarsi una risorsa in un partito impegnato in un duro scontro congressuale.
Ieri, nella Chiesa di San Sisto a Piacenza, al premier gli sposi hanno chiesto di leggere un brano della lettera di San Paolo ai Corinti. «Quando sono debole – ha declamato con le parole dell’apostolo – , è allora che sono forte».
A più di un invitato è sembrato un richiamo autobiografico.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Giugno 23rd, 2013 Riccardo Fucile
“SONO STATO PROCESSATO TRE ORE INSIEME A CURRO’, MI HANNO MINACCIATO DI ESPULSIONE, PEGGIO DEI TRIBUNALI DEL POPOLO”… “MI SPIACE PER LORO, NON POTRANNO ATTACCARMI SULLA DIARIA, HO GIA’ RESTITUITO LA PARTE ECCEDENTE”… “GRILLO FA SOLO MONOLOGHI, NON SA ASCOLTARE”
È stato in “silenzio stampa” per dieci giorni. Ora risponde al terzo squillo.
Zaccagnini come sta?
Così.
“Così ” significa che domani lascerà il Movimento anche lei?
Sono sempre a disagio.
Ieri ha detto che l’espulsione della Gambaro è “una sciagura”.
Ho scoperto solo adesso che si occupava di transizione, proprio come me, che insegno Permacultura. Siamo in pochissimi a farlo in Italia. Quando l’ho saputo mi è dispiaciuto ancora di più.
Cacciata per un’intervista. Anche lei ha spesso fatto dichiarazioni critiche. Ha paura?
No, assolutamente. Lunedì scorso, il giorno prima che la Gambaro parlasse, avevamo fatto un’assemblea… anzi, un processo.
A chi?
A me e a Tommaso Currò. Hanno portato i ritagli di giornale con le nostre interviste. Ci hanno detto che se avessimo fatto altre uscite del genere saremmo stati espulsi.
Una minaccia?
La mozione per la nostra cacciata era già pronta, l’hanno ritirata. Poi sono usciti dicendo che c’era stato “un bel dibattito”. La verità è che sono state tre ore di fronte al tribunale del popolo.
Lei che ha fatto?
Sono stato zitto per dieci giorni. Ho accettato le regole. Si era detto: stiamo tutti calmi, dissidenti e talebani. La Gambaro non credo fosse presente a quell’assemblea, probabilmente nemmeno sapeva del diktat. Fatto sta che il giorno dopo, all’ora di pranzo, dice quelle cose. I capigruppo cominciano a sparare a zero. Sono loro che hanno rotto il patto.
Vuole le scuse dei suoi colleghi?
Vorrei che facessero un po’ di autocritica. Ma sono in un loop mentale: si autogiustificano su tutto. Non è vero che l’aria è cambiata. Il clima è ancora irrespirabile. Hanno solo fatto un cambio tattico, per non autodistruggersi (poi si corregge, “autodistruggerci”, ndr). Ma lo capisco dall’umore complessivo che non c’è alcuna voglia di cambiare registro.
Grillo ha telefonato ai dissidenti Pinna e Currò. Ha chiamato anche lei?
No.
Le dispiace?
Sinceramente uno che ti chiama dopo che ha ammazzato una persona… se lo avesse fatto 10 minuti prima di mandarla alla gogna, avrei capito. Ma se lo fai dopo che hai visto i risultati del sondaggio, quando hai capito che la Rete si è divisa… è tutta tattica, un mero calcolo di interesse. La verità è che l’emarginazione del dissenso continua .
Paola De Pin se n’è andata da sola. Secondo lei lo ha fatto per la diaria?
Questa è la linea comunicativa che vogliono far uscire. Sapevo da tempo che era a disagio. Io la capisco benissimo.
Diranno anche di lei che se ne va per i soldi.
Avranno poco da dire. Ho già l’Iban del conto dove fare il versamento. Rendiconto e faccio il bonifico di tutto quello che non spendo.
Davanti a Grillo, in assemblea, disse che non era d’accordo.
Lui ha parlato tre quarti d’ora di fila senza ascoltare nessuno e noi abbiamo avuto 5 minuti a testa. Diciamo che ha delle difficoltà ad approfondire il dialogo. Volevo spiegare le mie ragioni. Invece parlava solo lui.
Si rende conto delle accuse che lancia?
Continuerò a farlo.
Come fa a restare in quel gruppo?
Mi prendo il mio tempo, valuterò se ci sono elementi nuovi, vedremo…
Provoca
Basterebbe dire mezza frase. Non ci vuole tanto a farsi buttare fuori.
Paola Zanca
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 23rd, 2013 Riccardo Fucile
IN SETTIMANA LA PATACCA DEL RESTITUTION DAY, MA E’ COME ABBIAMO SEMPRE SOSTENUTO: I GRILLINI INCASSANO 11.200 EURO AL MESE CONTRO I 13.700 DEGLI ALTRI…. CECCONI: “C’E’ CHI HA PRESO IL MUTUO, CHI HA CONTRATTO DEBITI”… I VERTICI SPULCERANNO I CONTI IN DETTAGLIO DEI PRESUNTI DISSIDENTI, IN MODO DA AVERE UNA SCUSA PER ATTACCARLI
Sarà una selezione naturale. Perchè la prova dei soldi è come la prova del fuoco, o quella dei chiodi, la prova di sopravvivenza.
Superata quella si può dire che il più è fatto. Ma è necessario superarla.
Sarà in questa settimana, tatticamente dopo il ballottaggio finale in Sicilia, ultime urne aperte di un ciclo iniziato a ottobre scorso (in Sicilia, appunto) e che ha cambiato quasi tutto. O forse nulla.
E saranno dolori.
«Le previsioni dicono che ne perderemo una ventina, tra Camera e Senato» ammette Andrea Cecconi, deputato Cinque stelle di Pesaro, consapevole e critico quanto serve ma fedelissimo ai principi.
Soprattutto uno di quelli per cui in politica ci sono avversari ma mai nemici.
Un esodo «fisiologico» aggiunge, «previsto e già messo nel conto».
E provocato dai motivi più banali, e umani.
«Alcuni di noi hanno già agganciato le indennità all’accensione e al pagamento del mutuo, altri hanno fatto debiti durante la campagna elettorale e devono rientrare, altri ancora hanno un sogno, legittimo, nel cassetto e non vogliono perdere questa occasione per provarci».
Snocciola nomi di colleghi che per rispetto della privacy è giusto non riportare: c’è chi ha finalmente ristrutturato casa e si è indebitato fino al collo; chi ha speso «fino a ventimila euro in campagna elettorale e deve ancora saldare il debito», chi sogna di «lanciare una fattoria modello con produzione a km zero», chi sognava di comprarsi casa per sposarsi «e finalmente lo può fare».
Tutto legittimo, appunto. Ma fuori dai patti.
«Li capisco, anche – aggiunge Cecconi – ma noi sulla restituzione dei soldi ci abbiamo fatto la campagna elettorale e non possiamo transigere».
Chi non rispetta i patti è fuori. O esce da solo. O sarà espulso.
Finora si sono dimessi in tre (Furnari e Labriola dalla Camera, De Pin al Senato) e ne sono stati espulsi due, i senatori Mastrangeli e Gambaro.
I team comunicazione l’hanno ribattezzato «Restitution day», il giorno della restituzione.
«Ci è stato dato un Iban della banca d’Italia aggiunge Cecconi dove dovremo versare i danari in più, sia dell’indennità che della diaria. Il giorno indicato entro cui fare il bonifico è il 25, ma sarà dato tempo fino alla fine della settimana, per l’accredito de gli stipendi di giugno».
Poi nulla sarà più come prima.
Altri conteggi, più pessimisti, dicono che se ne andranno fino a 40-50 parlamentari tra Camera e Senato. Magari non tutti insieme. Sarà questione di settimane.
Perchè l’altra prova del fuoco saranno i resoconti di spese della diaria.
Pare che il capogruppo alla Camera Francesco Nuti, che ha l’incarico della verifica, ne abbia trovati di «parecchio fantasiosi», con voci «non previste».
O altre troppo «generaliste». I diretti interessati saranno chiamati uno ad uno a spiegare e giustificare.
Un altro momento della verità . Al cospetto, tra l’altro, di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio che dovrebbero incontrare i parlamentari questa settimana o la prossima.
Anche i cittadini eletti avranno qualche domanda da fare al guru mediatico e al megafono.
Rassicurazioni, ad esempio, sul destino dei milioni destinati al gruppo Camera e Senato.
Si tratta di 7-8 milioni di euro hanno fatto i conti i parlamentari Al netto del pagamento degli assistenti parlamentari, legislativo e segreterie, in tutto 70-80 stipendi, dove vanno gli altri soldi?
«Cioè si chiedono se io devo fermarmi a 2.500 euro, tutti quei soldi a chi vanno?».
Ridurre la diaspora grillina ai quattrini è però riduttivo ( non a caso è quello che vogliono i duri e puri) e offensivo verso chi e sono parecchi è rimasto invece deluso dalla linea politica del gruppo.
Dalle gogne mediatiche, dall’assenza di trasparenza e democrazia, dall’impossibilità di avere opinioni diverse, dai toni ultimativi e violenti.
Dal non essere riusciti ancora a fare nulla. A non lasciare il segno.
Grillo e molti altri più realisti del re continuano a dare la colpa a giornali e tv di cui si augura la chiusura. E che continua ad insultare. «Pentitevi e vi daremo una nuova identità » è stato il ritornello di ieri diretti ai giornalisti.
Non gli sfiora mai il cervello che qualcuno, non pochi, possano non condividere il suo messaggio e il suo stile.
Che è con me o contro di me.
Ma non è democrazia.
E neppure «uno vale uno»
Claudia Fusani
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Giugno 23rd, 2013 Riccardo Fucile
UN’ASSOCIAZIONE PAGA 600 EURO DI AFFITTO PER L’EDIFICIO ACCATASTATO COME ABITAZIONE…UN PROTOCOLLO D’INTESA STIPULATO NEL 2008 CON UNA SOCIETA’ REGISTRATA AL CONI NEL 2009
Brillante, sanguigno, lavoratore: Guglielmo Guerrini, che qui tutti chiamano Cicci, è un romagnolo doc.
Se potesse, in questi giorni, esploderebbe. Ma gli hanno messo la mordacchia.
E lui è costretto a restare chiuso in casa, senza parlare. “Brota zàªnta…”, brutta gente, è l’unico commento che gli resta.
Lui, Cicci, rischia di passare un po’ per quello che ha fatto il pastrocchio, se si vuole difendere il candore della moglie Josefa, ministro un po’ in affanno nelle ultime vicende.
Ma Cicci Guerrini non è l’ultimo arrivato. Era già conosciuto prima che incontrasse Josefa. Nato a Bagnacavallo, centro alle porte di Ravenna, è il classico romagnolo che si è fatto da sè.
Ex canoista, insegnante di educazione fisica nelle scuole, scriveva saggi sulla forza e allenava squadre di pallavolo quando, nel 1989, incontrò Josefa a Praga, durante un raduno sportivo.
Un amore a prima vista.
Un anno dopo erano già sposati e inseparabili: lei, l’atleta d’acciaio, lui il marito, padre dei suoi figli (Janek e Jonas) e preparatore atletico.
Un brillante preparatore atletico, visti gli eccezionali risultati agonistici di Josefa.
E così sono arrivati anche i lavori dal Coni, la nomina ad allenatore della nazionale femminile di canoa, l’incarico come responsabile del progetto di preparazione per la disciplina per le Olimpiadi di Londra.
Ma per tutti, qui a Ravenna, è rimasto Cicci Guerrini.
Ora che la moglie è in difficoltà , per la questione della casa palestra di carraia Bezzi 104, è anche a lui che guardano.
Perchè quando intrecci in modo così indissolubile famiglia e professione, è facile che qualcosa vada storto. Che un’abitazione possa diventare palestra, che un’associazione di volontariato sportivo abbia sede nel tuo soggiorno.
Ha un bel ricostruire, l’avvocato Luca Di Raimondo, la storia della palestra JaJo in carraia Bezzi a Santerno.
Proprietaria dei muri è Josefa Idem che nel 2004 ha stipulato un contratto di comodato d’uso con un’associazione dilettantistica, l’associazione Canoa Kayak Standiana (presieduta dal marito e fino al 2003 con sede nella loro casa in carraia Bezzi 102 dove ora abita Gianni, fratello del marito), la quale associazione ha poi siglato nell’ottobre 2008 un “protocollo d’intesa” con un’altra associazione dilettantistica (l’Asdilettantistica Sicul Motori e Sports) per la gestione della palestra.
La quale paga un affitto di 600 euro per l’uso della palestra “personale” di Josefa in un edificio accatastato come abitazione.
Chiaro.
Poi uno comincia a smontare i pezzi.
Il protocollo d’intesa non è un contratto d’affitto. E quindi ci si domanda a che titolo il marito percepisca dei soldi per un bene che gli è stato dato in comodato gratuito. L’accordo, si dice, è stato raggiunto nell’ottobre 2008 (giusto un mese prima delle foto di Google Streetview che certificano l’esistenza della palestra almeno dal novembre 2008), peccato che la Sicul Motori e Sports risulti registrata al Coni solo dal 27 gennaio 2009, quindi successivamente.
E con semplice codice fiscale, non con partita Iva.
Quindi, teoricamente, senza poter svolgere attività commerciale.
Tutto un po’ in famiglia, com’è sempre stato. Alla buona, un po’ alla romagnola. Come quell’altra storia dell’assunzione, nella quale Cicci Guerrini il marito-allenatore-padre è diventato per un certo periodo anche datore di lavoro di Josefa. Giusto il periodo del suo incarico da assessore, con pagamento degli oneri da parte del Comune.
L’avvocato spiega: rapporto di lavoro interrotto per le stesse ragioni per cui il ministro Idem lasciò l’incarico di assessore: famiglia e preparazione atletica.
Ma qualcuno potrebbe chiedersi: e l’associazione?
Sostituì la sua unica dipendente visto che ne aveva così bisogno? E con chi?
Certo, non stiamo parlando di tangenti, case a propria insaputa o festini.
Stiamo parlando di una palestra di 100 metri quadri tra le quattro case di Santerno.
Ma si sa, se uno diventa ministro, è facile si scontri con quella “zàªnta brota”.
Raphael Zanotti
(da “la Stampa“)
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Giugno 23rd, 2013 Riccardo Fucile
E’ PROPRIO DA DONNE DI TALENTO E DI SUCCESSO COME LEI CHE VIENE NATURALE PRETENDERE COMPORTAMENTI ADAMANTINI
Per quanto amaro possa risultarle, quando si rivolge all’opinione pubblica dalla tribuna di Palazzo Chigi la ministra Josefa Idem non ha il diritto di trincerarsi dietro alla sua pur grande, meritata popolarità sportiva.
Nel momento stesso in cui è entrata a far parte del governo della Repubblica, la cittadina Idem ha assunto una responsabilità speciale, esercitando la quale risulta capzioso dichiarare: «Io sono un’atleta, non una commercialista».
È lei che ha sottoscritto di fronte allo Stato le attestazioni risultate false o irregolari in materia fiscale e edilizia, compilate da esperti di sua fiducia.
Nessun contribuente può scaricare le proprie responsabilità sui professionisti cui ha fatto ricorso.
Per questo appare del tutto fuori luogo che la ministra abbia voluto richiamare ieri, nella sua autodifesa pronunciata in una sede istituzionale, il carnet di una carriera pur ammirevole: «Ho vinto più di 30 medaglie per l’Italia, ho partecipato a 8 Olimpiadi».
Quasi che ciò dovesse garantirle, chissà perchè, una speciale indulgenza muscolare ora che i suoi comportamenti di privata cittadina vengono messi in relazione all’incarico pubblico da lei assunto come responsabile delle Pari Opportunità .
Spiace rilevare che Josefa Idem, forse inconsapevolmente, si sia adeguata a un vezzo già fin troppo diffuso nella classe dirigente italiana: distorcere per convenienza il concetto di reputazione.
Fra i protagonisti della nostra politica c’è chi rivendica il diritto di venire assolto dalle proprie colpe in quanto detentore di un forte consenso elettorale, lo sappiamo bene.
Ci manca solo che adesso un membro del governo strumentalizzi a fini attenuantile sue performance agonistiche.
Non la canoista è sottoposta a giudizio pubblico, bensì la ministra di un governo che rivendica fra le sue priorità la lotta contro la piaga dell’evasione edell’elusione fiscale.
È dunque apprezzabile che la Idem si sia scusata pubblicamente per le irregolarità compiute, così come essa merita la nostra solidarietà per gli insulti misogini a lei rivolti da personaggi screditati come Mario Borghezio.
Ma aggrapparsi alla propria popolarità per definirsi come oggetto di una campagna denigratoria, rappresenta un doppio errore politico: sbaglia una prima volta perchè il vittimismo dei governanti è un vizio che ha già fin troppo deteriorato il loro rapporto con una cittadinanza esasperata; e sbaglia una seconda volta perchè ignora le speciali aspettative che l’opinione pubblica riversa su personalità esemplari della società civile, chiamate a testimoniare con il loro comportamento la possibilità di superare il vecchio andazzo.
È proprio da donne di talento e di successo come lei che viene naturale pretendere comportamenti adamantini.
E dunque il curriculum con cui ha pensato di proteggersi le si ritorce contro: perchè mai una campionessa che ha vinto tutto dovrebbe ricorrere a trucchi per pagare meno tasse sulla sua casa-palestra?
Perchè mai dovrebbero bastarle dieci giorni lavorativi come dipendente unica di una società del marito per ottenere in seguito 8642 euro di contributi pensionistici a carico del Comune di Ravenna, quando ne divenne assessore?
Reagire indispettita alle legittime domande dei giornalisti, fino ad abbandonare la tribuna di Palazzo Chigi quando le è stato chiesto se si dimetterebbe qualora fosse indagata, è molto peggio che un’ingenuità .
Otto medaglie non si trasformeranno mai in uno scudo fiscale; nè gli applausi dei tifosi basteranno mai a coprire lo stridore di escamotage compiuti “a sua insaputa”.
Gad Lerner
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Giugno 23rd, 2013 Riccardo Fucile
ALUA DE MOURA: “LE VIOLENZE SONO PROVOCATE DA INFILTRATI”…”PER GLI STUDENTI E I POVERI I BUS COSTANO TROPPO”
Il percorso dei ventimila attivisti si snodava tra l’albergo che ospita i dirigenti della Fifa e il quartiere commerciale di Iguatemi, lontano dall’Arena Fonte Nova, dove l’Italia stava affrontando la Seleà§ao in uno stadio simbolo dello sperpero di denaro pubblico per il Mondiale 2014: spese moltiplicate fino a 225 milioni di euro, parte della copertura danneggiata un mese fa dalla pioggia, alcuni posti dai quali non si vede il campo.
Alu࣠de Moura, leader del movimento “Passe livre” (biglietto gratuito) che ha acceso la protesta, la situazione vi è sfuggita di mano?
«Niente affatto. In questa protesta i leader non esistono: è sovrapartitica. E gli obiettivi sono molto chiari».
La percezione esterna è diversa.
«“Passe livre” è nato nel 2003: il problema del caro trasporti è vitale, in un paese dove ci si sposta in bus. I poveri e gli studenti non se lo possono permettere. Questo era e rimane il fulcro della protesta».
Basta per mobilitare milioni di persone?
«Sì. Poi si sovrappongono la democratizzazione della politica e dei media: oggi ogni impresario privato può finanziare massicciamente un partito e i media sono monopolizzati da Rede Globo, nata sotto la dittatura e così potente da mistificare la realtà , incluse le proteste di questi giorni»
Sembra una rivolta del paese del calcio contro il Mondiale.
«Il problema è la necessità di indirizzare il denaro pubblico a scopi davvero utili. Nessuno di noi è così miope da non capire l’importanza del Mondiale e delle Olimpiadi per il Brasile. Ma quanta parte del Pil è stata destinata all’istruzione e alla sanità e quanta invece a stadi che non serviranno certo alla pratica dello sport quotidiano e in alcuni casi resteranno cattedrali nel deserto?».
Come spiega le violenze che incrinano l’immagine del governo Rousseff?
«Non vogliamo la caduta di un governo progressista. Le violenze nascono dagli infiltrati, che radicalizzano la protesta: black bloc, estremisti neonazisti, punk. Ma il movimento è fatto da milioni di persone, pacifico e con istanze pacifiche».
Coagulate da Internet…
«Per me Twitter, Facebook e i blog non sono la rivoluzione. I social network offrono uno strumento in più, per comunicare rapidamente tra le persone. Ma funzionano di più il passaparola e la vera comunanza d’intenti: è così si resiste nel tempo. E “Passe Livre”, infatti, dura dal 2003».
Enrico Currò
(da “La Repubblica”)
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Giugno 23rd, 2013 Riccardo Fucile
QUANTO VALGONO POCO SOLDI E SUCCESSO SENZA UN MINIMO DI CULTURA…IN UNA CASA OPERAIA CON QUATTRO LIBRI ALLE PARETI C’E’ PIU’ DIGNITA’ CHE IN UNA REGGIA DEL NARCOTRAFFICO
Il povero Miccoli, star del Palermo calcio che per fare il simpatico con un suo amico boss parla di Falcone come ne parlano i mafiosi (lo chiama «quel fango di Falcone») è l’ennesima dimostrazione di quanto poco valgono i soldi e il successo senza un minimo, almeno un minimo di cultura.
Almeno quel tanto che basta a orientare il giudizio, a munire le parole, a evitare che tutto accada al di fuori del nostro controllo e spesso anche delle nostre intenzioni (non credo proprio che Miccoli sia mafioso: ma proprio per questo, perchè parlare come un mafioso?).
Per scongiurare l’idea che sia un’osservazione di ordine “morale”, a farci considerare quello di Miccoli soprattutto un problema culturale, basterebbe convincere i Miccoli d’Italia, che sono parecchi, che la cultura non è una necessità etica; ma un vantaggio sociale.
Per dirla come la si direbbe a bordo del Suv sul quale è avvenuta la misera conversazione tra Miccoli e il suo amico: la cultura fa diventare molto più fichi.
Dà un peso differente a quello che si dice, lo rende meno ovvio e risaputo, e può capitare addirittura che aiuti a rendersi interessanti con le femmine.
Proprio la malavita, con rarissime eccezioni, è la conferma più eclatante che nemmeno le montagne di quattrini bastano a conquistare la dignità sociale quella vera: quella fondata sul rispetto degli altri e non sul terrore o sul ricatto.
Carichi di miliardi ma inchiodati alla croce della loro ignoranza, questo sono la gran parte dei boss conosciuti, uditi parlare un italiano stentato, snidati da ville burine dove conducono vite burine pur avendo un reddito che gli permetterebbe il Bello: ma il Bello non lo conoscono, non lo riconoscono.
Il tipo di musica e di svago e di festose celebrazioni – ancorchè sotto l’egida di Santi Patroni e relative sagre – prediletti dalla malavita sono, e non per caso, fonte di diffusa ilarità tra gli umani di altro ceto; e di autentico culto per gli amanti del kitsch, che poi sarebbe, tradotto per i Suv, il cattivo gusto.
Soprattutto di cattivo gusto, anzi di pessimo gusto, è sfrecciare per Palermo in compagnia di un boss ghignando su Falcone.
Il Suv può essere condonato. Il resto no.
In una casa operaia con quattro libri alle pareti c’è più dignità che nella più sontuosa reggia del narcotraffico.
Miccoli cerchi di leggere un paio di libri e visitare un paio di mostre.
Vedrà che cambierà amicizie.
Michele Serra
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