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NUOVI SENATORI A VITA: TUTTI CRITICI VERSO BERLUSCONI? PER FORZA SONO PERSONE SERIE

Agosto 30th, 2013 Riccardo Fucile

“TUTTI DI SINISTRA”: INIZIA LA LAPIDAZIONE DA PARTE DEI GIORNALI BERLUSCONIANI… TUTTI IN PASSATO HANNO AVUTO DA DIRE SUL CAVALIERE

Chissà  cosa avrà  pensato Silvio Berlusconi leggendo l’elenco delle quattro personalità , Claudio Abbado Elena Cattaneo Renzo Piano e Carlo Rubbia, che Napolitano ha nominato senatori a vita.
Tutti e quattro hanno avuto da dire sull’ex presidente del Consiglio in passato.
E in più si aggiunge il sospetto da parte del centro destra che i quattro — “che lavoreranno in assoluta indipendenza da ogni condizionamento politico di parte” sostiene Napolitano, possano avere simpatie per la parte opposta pur non avendo mai espresso una fede politica.
E così se il Pd, con il segretario Guglielmo Epifani, parla di “scelta indiscutibile” del Colle, il Pdl ribolle.
“Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Restiamo in fervida attesa di un voto determinante nel quale i cinque senatori a vita, creati da re Giorgio, saranno determinanti per la sconfitta del centrodestra e di Berlusconi. Proprio di ben in meglio” dichiara il deputato del Pdl, Maurizio Bianconi.
Rocco Girlanda coordinatore del Pdl umbro, adombra quasi il complotto: ”Come diceva Andreotti delle volte a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca… le nomine dei quattro “moschettieri” a vita, in questa fase, non saranno strumentali ad un Pd claudicante in Senato? Credo proprio che oggi peccheremo in molti! Resterebbe comunque una manovra superflua perchè sono i numeri del PdL a mantenere in piedi il Governo”.
Anche la Lega ha la sua da dire: “Non vorrei mai che queste nomine possano assumere l’importanza che i senatori a vita ebbero nel sostegno del governo Prodi. Facendo due calcoli vedo nel nostro futuro con questa scelta un Letta bis con una rinnovata maggioranza. Chi decide le sorti del paese votando le leggi deve essere eletto non nominato” dichiara il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli.
Nel 2003, per esempio, il direttore d’orchestra a Tokyo, nella conferenza stampa di consegna del Praemium imperiale, aveva puntato il dito contro il conflitto di interessi: ” Sono un uomo di cultura, non sono un politico — aveva detto nel suo breve intervento -. Voglio leggere un testo scritto di recente dallo scrittore tedesco Peter Schneider: ”E’ compatibile che nella parte più antica e nel cuore culturale del continente europeo ci sia un uomo che controlla l’80% dei mezzi di comunicazione, e che, per di più, quest’uomo sia primo ministro?”. Spiegando poco dopo il senso del suo intervento, Abbado aveva aggiunto: ”Le mie affermazioni vanno intese nel contesto di un intervento che parlava della cultura e degli scambi tra culture diverse. Ho parlato di un dato di fatto innegabile, che ciascuno può interpretare come vuole. Ci sono cose giuste, che vanno dette, che non sono nè di destra nè di sinistra. Che vanno dette perchè sono fatti importanti, non solo per l’Italia, ma nel mondo”.
Siamo a fine luglio 2005, quando invece scoppia l’affaire Enea.
Lo scienziato e premio Nobel della Fisica bolla il cda dell’Ente nazionale per l’efficienza energetica come “il branco” in mano ai partiti, e nonostante un curriculum straordinario e il riconoscimento universale delle sue competenze viene cacciato. S
u di lui piovono pure le lagnanze di un senatore leghista, presunto ingegnere che aveva dichiarato: “Nessuno mette in discussione le competenze di Rubbia sulle particelle, ma quando parla di ingegneria è un sonoro incompetente”.
Rubbia, dal carattere ruvido riportano le cronache, era finito nel mirino per una lettera in cui esprimeva fortissime perplessità  sulla gestione dell’ente da parte dell’esecutivo guidato Berlusconi: “Con la nuova legge si è voluto che il presidente dell’ente (l’Enea, ndr) avesse un profilo di altissimo livello scientifico internazionale. È però accaduto che il consiglio di amministrazione non venisse individuato dal governo con analogo criterio, ossia privilegiando quello di eccellenza delle conoscenze e esperienze acquisite nel campo delle attività  tecnico- scientifiche. Avrei, forse, dovuto cogliere subito questo handicap di partenza e riflettere su quanto era, a quel punto, lecito e possibile attendersi da me. Senonchè è prevalso sulle perplessità  il mio forte desiderio di dare ciò che potevo al mio Paese, sostenendo costruttivamente l’Enea. È stato un errore. Un errore al quale si sarebbe potuto porre rimedio con adeguata sensibilità  politica. Sensibilità  che non c’è stata. La verità  è   – argomentava Rubbia — che presidente e consiglieri di amministrazione parlano due lingue totalmente diverse. La carenza di sapere scientifico dei consiglieri, ha provocato un ulteriore deleterio effetto: il loro testardo compattamento in stile branco (con tutto il rispetto per le persone, ma il termine rende meglio l’idea), espressione di una mediocre difesa. Si è spesso detto dell’esistenza di scontri tra me e il cda: in realtà  non ci può essere ‘scontro’ tra un gruppo compattato di sette consiglieri di esplicita nomina ministeriale da una parte e uno scienziato senza connotazione politica dall’altra. Uno scienziato-presidente messo continuamente e sistematicamente in minoranza. Tale surreale condizione è frustrante, deleteria. I consiglieri hanno addirittura preteso di sostituirsi al presidente nel proporre il direttore generale. Ossia, rivendicando non solo il diritto (sacrosanto) di nominare il direttore generale, ma anche quello di proporlo a se stessi. Si è giunti al punto di chiedermi, avendo io presentato una rosa di cinque nominativi, di proporne invece una rosa di sei, indicandomi ovviamente anche quale dovesse essere il sesto nome: quello che già  avevano deciso dovesse occupare la carica di direttore generale. Essendomi rifiutato di scadere nella burla, il Consiglio si è appropriato della ‘rosa’, con un solo e unico predestinato petalo. Mi sono allora rivolto al Tar e il tribunale mi ha dato ragione: la nomina era irregolare ed è stata annullata. Il paradosso è che la mia istanza al Tar avrebbe assunto connotati di un atto ‘sovversivo’, agli occhi dei consiglieri soccombenti nel giudizio. E ancora più sovversiva è ora ritenuta la mia richiesta che venga rispettata quella sentenza. Mentre infuria questo tipo di ‘altissima gestione’, l’istituto di ricerca è paralizzato”.
Solo nel luglio di due anni l’archistar Renzo Piano (nella foto), non schierato in nessun partito ma considerato portatore di un’idea progressista dell’architettura, aveva bocciato sonoramente il Cavaliere: ”Berlusconi è un esempio terribile per il nostro Paese. L’Italia — aveva detto al Time magazine — non è una nazione egoista ma lui ha dato ossigeno alle parti peggiori della società . Non c’entra la destra o la sinistra, e’ una questione morale. Qualcosa che va oltre le sue donne, la corruzione e l’egoismo”.
Anche la scienziata ha dovuto combattere una grande battaglia contro il governo Berlusconi per l’esclusione delle cellule staminali embrionali dai bandi di ricerca pubblica in Italia. ‘Un abuso di potere” avevano scritto su Nature le tre ricercatrici, tra cui Elisabetta Cattaneo, che nel luglio del 2009 avevano fatto ricorso al Tar del Lazio (poi bocciato) contro la decisione del governo di escludere dal finanziamento pubblico la ricerca sulle cellule staminali embrionali umane. ”Riteniamo infatti — avevano sottolineato le tre scienziate   che l’esclusione di questo tipo di cellule, legalmente utilizzabili e scientificamente importanti, costituisca un abuso di potere e che, pertanto, la nostra azione assuma una valenza sia sul piano politico che culturale di particolare rilievo nella situazione attuale del nostro Paese …. E’   già  molto grave per la comunità  scientifica cronicamente sofferente per la mancanza di finanziamenti, che il governo italiano abbia deciso di affrontare la crisi finanziaria tagliando i fondi per la ricerca, l’innovazione e l’istruzione e che il sistema di distribuzione dei finanziamenti pubblici usi modalità  meno trasparenti di quelle che dovrebbero essere. Questo non solo — concludono le autrici dell’appello — per considerazione del lavoro dei ricercatori, ma anche (o soprattutto) di quello dei contribuenti da cui questi fondi derivano”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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I NUOVI QUATTRO SENATORI A VITA: PERSONALITA’ CHE IL MONDO CI INVIDIA

Agosto 30th, 2013 Riccardo Fucile

I PROFILI DEI QUATTRO NUOVI SENATORI NOMINATI DA NAPOLITANO PER ALTI MERITI NEL CAMPO SCIENTIFICO, ARTISTICO E SOCIALE… LIBERI DA CONDIZIONAMENTI POLITICI

CLAUDIO ABBADO
Nato nel 1933, Claudio Abbado si è diplomato al Conservatorio di Milano. Ha acquisito meriti artistici nel campo musicale attraverso l’interpretazione della letteratura musicale sinfonica e operistica alla guida di tutte le più grandi orchestre del mondo.
A tali meriti si è unito l’impegno per la divulgazione e la conoscenza della musica in special modo a favore delle categorie sociali tradizionalmente più emarginate.
Ha avuto la responsabilità  della direzione stabile e musicale delle più prestigiose istituzioni musicali del mondo come il Teatro alla Scala e i Berliner Philharmoniker; ha ideato istituzioni per lo studio e la conoscenza della nuova musica.
Si è in pari tempo caratterizzato per l’opera volta a valorizzare giovani talenti anche attraverso la creazione di nuove orchestre, come la European Union Youth Orchestra, la Chamber Orchestra of Europe, la Mahler Chamber Orchestra, la Orchestra Mozart.
CARLO RUBBIA
Nato nel 1934, si è laureato presso la Scuola Normale di Pisa e ha svolto il suo dottorato alla Columbia University. Ricercatore al Cern di Ginevra dal 1961, ne è stato Direttore Generale dal 1989 al 1993.
Per diciotto anni ha svolto l’attività  di Professore di Fisica presso la Harvard University. Nel 1984 ottiene il Premio Nobel insieme a Simon van der Meer per la scoperta dei particelle W e Z, responsabili delle interazioni deboli.
Membro delle più prestigiose accademie scientifiche, detiene 32 lauree honoris causa. Attualmente svolge le sue attività  di ricerca fondamentale al Cern e ai Laboratori nazionali del Gran Sasso.
RENZO PIANO
Nato nel 1937, Renzo Piano si laurea al Politecnico di Milano nel 1964. Vincitore, tra l’altro del Premio Pritzker (Washington), Praemium Imperiale, (Tokyo), Erasmus (Amsterdam), Leone d’Oro, (Venezia).
Dal 1994 è Godwill Ambassador dell’Unesco per la Città . Ha costruito spazi pubblici per le comunità , musei, università , sale per concerto, ospedali.
Tra i suoi più importanti progetti il Centro Culturale Georges Pompidou a Parigi, l’aeroporto Kansai in Giappone, l’auditorium Parco della Musica a Roma, il museo dell’Art Institute a Chicago, il nuovo Campus della Columbia University a New York. Nel 2004 istituisce la Fondazione Renzo Piano, con sede a Genova, organizzazione no-profit dedicata al supporto dei giovani architetti, che accoglie a «bottega»
ELENA CATTANEO
Nata nel 1962, Elena Cattaneo si laurea in Farmacia all’Università  di Milano dove successivamente consegue il dottorato e dal 2003 insegna come professore ordinario.
Ha operato come ricercatrice per tre anni al Mit di Boston nel laboratorio del professor Ron McKay, dove ha avviato studi su cellule staminali cerebrali. Rientrata in Italia, ha fondato e dirige il Laboratorio di Biologia delle cellule staminali e Farmacologia delle malattie neurodegenerative del Dipartimento di Bioscienze dell’Università  di Milano, dedicandosi allo studio della Corea di Huntington. È stata rappresentante nazionale presso l’Unione europea per la ricerca Genomica e biotecnologica. Ha coordinato il progetto europeo NeuroStemcell e, da ottobre 2013, coordinerà  il progetto NeuroStemcellrepair nell’ambito del 7 Programma quadro della Ricerca europa.

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CHE FARSA! ARRIVA IL “SOCCORSO ROSSO” DI LETTA: “NESSUNA TASSAZIONE SULLE SECONDE CASE” E SILVIO SALVA LA FACCIA

Agosto 30th, 2013 Riccardo Fucile

IL MILIARDO E MEZZO LO FOTTERANNO ALTROVE: POTREBBERO TASSARE I PANINI DISTRIBUITI DALLA CARITAS AI POVERI, COSI’ IMPARANO A ESSERE INDIGENTI

Pace apparente. Mentre la stampa internazionale spara a zero contro la cancellazione dell’Imu sulla prima casa e all’orizzonte del governo si prefigura già  il prossimo scontro tra Pd e Pdl sull’aumento di un punto di Iva a ottobre (e la Cgia di Mestre già  sottolinea i rischi), sul fronte interno alle forze che compongono l’esecutivo Letta le tensioni si sprecano.
Specie nel Popolo della Libertà , dove si parla di un Berlusconi furibondo con i suoi per i contenuti del provvedimento di abolizione dell’Imu.
Al Cavaliere, infatti, non è assolutamente andata giù la questione delle seconde case, per cui i proprietari ora dovranno pagare sia l’Imu che l’Irpef.
Una beffa per l’ex premier, che così vede colpita una buona parte del suo elettorato, ovvero quella media borghesia proprietaria delle case di villeggiatura, spesso sfitte o disabitate d’inverno, per cui al momento si dovrà  versare una doppia tassazione.
Da Arcore, parlano di un Berlusconi imbufalito con Alfano e Brunetta, i quali — secondo la ricostruzione di Libero — hanno detto al presidente del Pdl di non aver mai trattato la questione delle seconde case.
Sempre a sentire il quotidiano di Belpietro, poi, il vicepremier e gli altri ministri in quota Pdl dopo la strigliata del capo si sarebbero rivolti direttamente a Letta, raccogliendo la solidarietà  e l’approvazione del premier sull’iper tassazione delle seconde case.
“Quell’articolo deve saltare” avrebbe detto il capo del governo, avvalorando la tesi del “noi non sapevamo nulla” con la quale Alfano e Brunetta hanno cercato di difendersi dall’ira funesta di Berlusconi, che ora inizia a dubitare dell’affidabilità  dei suoi. Stamattina, tuttavia, a stretto giro di posta è arrivata una nota di Palazzo Chigi, con la presidenza del Consiglio che ha smentito ‘l’ingorgo fiscale’ sulle abitazioni secondarie.
“Palazzo Chigi smentisce le indiscrezioni su nuove ipotesi di tassazione sulle seconde case, per coprire il provvedimento sull’Imu, riportate su alcuni giornali stamane — si legge nel comunicato dell’esecutivo — Tali indiscrezioni evidentemente si riferiscono a bozze circolate nei giorni scorsi e che non faranno parte del provvedimento che sarà  in Gazzetta Ufficiale”.
Erano tanto “bozze” che l’originale era in mano a Berlusconi che se n’e’ accorto, a differenza di chi gli sta intorno…

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TASSAZIONE SECONDE CASE: BERLUSCONI FURIBONDO CON I SUOI, NESSUNO GLIELO AVEVA DETTO

Agosto 30th, 2013 Riccardo Fucile

“COSI’ COLPISCO IL MIO ELETTORATO”… NEL PDL SOTTO ACCUSA ALFANO E BRUNETTA CHE (DICONO) NON SE NE ERANO ACCORTI

Chi gli ha parlato, ha descritto un Silvio Berlusconi a dir poco furibondo e non soltanto per gli strascichi della sentenza Mediaset.
Quando il Cavaliere ha letto il testo del decreto legge sull’Imu, non poteva credere ai suoi occhi.
Nessuno dei suoi gli aveva riferito della norma sulla tassazione delle seconde case sfitte (che, per intendersi, sono per la maggior parte quelle a mare o in montagna a uso vacanze), che, secondo quanto espressamente previsto dal’articolo 6 del decreto, saranno anche assoggettate a Irpef.
In più tale norma sarà  retroattiva e, quindi, valida per il 2013.
Non è difficile capire che la misura avrà  un effetto boomerang per il Cavaliere, in quanto va a colpire quella medio borghesia, che costituisce la maior pars del suo elettorato.
In più i ministri del Pdl avevano assicurato il loro leader che il decreto avrebbe previsto la cancellazione di entrambe le rate Imu del 2013.
Il testo, al contrario, prevede soltanto l’abolizione della prima per le abitazioni principali e della seconda per i fabbricati industriali.
Tenendo in conto che per le prime case si dovrà  aspettare il decreto di accompagnamento della Legge di Stabilità , previsto per metà  ottobre, il Cavaliere non può che sentirsi con le spalle al muro.
Di fatti una crisi di governo prima d’ottobre farebbe saltare la cancellazione della seconda rata Imu sulle prime case; dopo sarebbe anche solo impossibile pensare a elezioni anticipate entro l’anno, senza contare la reazione dei suoi elettori, che si troveranno, in novembre, a pagare più tasse di prima.
Un vero scacco matto, dunque, di cui il Cavaliere non sa capacitarsi e per il quale comincia anche a dubitare dei suoi.
Come riferito da Libero, Berlusconi ieri “ha quasi sventrato Angelino Alfano e Renato Brunetta, perchè nulla di quello che gli avevano raccontato era contenuto nel decreto. Alfano è cascato dalle nuvole, e con lui tutti i ministri del Pdl, che sostengono di non aver mai discusso e visto la norma sulla tassazione delle seconde case”.
Strigliati dal Cavaliere, si sono rivolti a un ignaro Dario Franceschini e, perfino, al premier Enrico Letta, che, secondo il quotidiano di Maurizio Belpietro, avrebbe detto arrabbiato: “Quell’articolo deve saltare”.
Chi ha colpa dunque?
Come riportato ancora da Libero, s’è scaricata la responsabilità  “sul povero Fabrizio Saccomanni, presunto autore dell’attentato. Ma qualcuno ha pensato a un brutto scherzo di Fassina”.
Come che sia, è impresa impari cassare l’articolo ora che il decreto legge è alla firma di Napolitano, tanto più che nessuno sarebbe in grado, in poche ore, di reperire una copertura da 1 miliardo e 374 milioni: perchè tanto vale quella che è già  stata ribatezzata la “stangata sulle seconde case”.

(da “Huffingtonpost“)

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PASTICCIO IMU, STANGATA SU 6,6 MILIONI DI CASE. L’ABOLIZIONE LA PAGANO LE CASE AL MARE

Agosto 30th, 2013 Riccardo Fucile

IL DECRETO RESUSCITA UNA VECCHIA TASSA CHE, SOMMATA ALL’IMPOSTA MUNICIPALE, SARA’ UNA VERA PATRIMONIALE SULLE SECONDE ABITAZIONI… E LA TASSA SARA’ PURE RETROATTVIVA, SI PAGHERA’ DA NOVEMBRE

Il conto dell’abolizione dell’Imu sulla prima casa lo pagheranno soprattutto i possessori di seconde abitazioni non affittate. Le case al mare o in montagna per intendersi.
La novità  è passata quasi sottotraccia, ma il provvedimento a cui lavora il governo è molto chiaro.
E, paradossalmente, riporta le lancette indietro di due anni, reintruducendo una tassa soppressa proprio per fare posto all’Imu.
L’imposta sulla casa varata da Mario Monti inglobava tra le altre cose l’inclusione nell’imponibile Irpef del “reddito fondiario” per immobili non locati.
Cosa significa? Che, prima dell’Imu, il semplice possesso di un immobile – se non utilizzato come abitazione principale – era da considerare comunque come possibile fonte di reddito.
Un reddito presunto, ma pur sempre reddito. Principio, questo, superato dall’introduzione dell’Imu.
E la nuova imposta aveva inglobato quella vecchia.
Tasse più alte per eliminare l’Imu.
Ora però tutto torna come prima e la “casetta al mare” costerà  molto cara. Già  da questo autunno, quando – Imu o non Imu – i possessori dovranno aggiungere alla propria dichiarazione dei redditi anche questa voce.
Nei fatti, niente di più di un aumento di tasse. La platea dei destinatari è in realtà  molto più ampia dei semplici proprietari di abitazioni destinate alle vacanze.
Ad essere colpite sono tecnicamente tutte le case acquistate e non adibite ad abitazione principale.
È il caso di appartamenti in attesa di essere locati, o utilizzati come alloggio temporaneo senza residenza, o occupati da familiari. O, appunto, le cosiddette case-vacanze.
Quanto peserà  questa norma per i contribuenti?
I conti li ha fatti il Corriere della Sera. “Ipotizzando un immobile con rendita catastale da 1000 euro con la nuova norma norma se viene dato in uso a un figlio sarà  imponibile ai fini Irpef per 525 euro; se la casa è a disposizione l’imponibile salirà  a 698 euro”.
Il reddito fondiario è calcolato infatti partendo dalla rendita, la cui metà  viene rivalutata del 5% in caso “se l’abitazione è residenza di un familiare o di un comproprietario”, e ulteriormente maggiorata del 33,3% se tenuto a disposizione (come le case per le vacanze)
Il nuovo balzello (anche se più che di nuova imposta si tratta come detto di una maggiorazione di imposta esistente), diverrebbe così stabile anche negli anni a venire, con l’arrivo della Service Tax.
Raddoppiando di fatto l’imposizione.
Una stangata da 1,3 miliardi di euro.
Per il governo, la nuova norma dovrebbe valere tra il miliardo e il miliardo e mezzo.
Non un importo esiguo se si pensa che la “manovra” Imu vale circa 3 miliardi. Il provvedimento nelle intenzioni del governo serviva a bilanciare la deducibilità  Imu per imprese su Ires e Irpef, ma nei fatti trattandosi di un pacchetto complessivo è arbitrario ricondurre singole coperture a singole misure adottate.
La reintroduzione del reddito a fini Irpef era nelle carte delle nove ipotesi messe a punto da Fabrizio Saccomanni per risolvere il nodo dell’imposta.
Nella numero 4 il Tesoro, utilizzando la semplice rendita catastale, al 100%, e non il reddito fondiario, aveva stimato in 1.964 milioni di euro le risorse così reperibili.
Visto che il nuovo testo parla di reddito, il nuovo salvadanaio varrebbe secondo le stime de Il Sole 24 Ore circa 1,6 miliardi di euro, circa 800 milioni di euro se se ne considera solo il 50% come prevede la norma.
Sommate le addizionali regionali e comunali si arriva “a sfiorare il miliardo di euro”. La platea di abitazioni colpite è di circa 6,55 milioni di immobili
Le contraddizioni del governo.
Cattiva notizia per i proprietari a parte, la norma cozza poi con almeno due annunci solenni sentiti ieri al termine del consiglio dei ministri.
Il primo, quello di Alfano, che la cancellazione dell’imu sia stata raggiunta “senza aumentare le tasse”.
E in questo caso, le tasse aumentano, eccome.
Il secondo, del presidente del consiglio Letta, che ha benedetto la nuova Service Tax come una imposta che non colpisce più il semplice possesso della prima casa, ma “l’utilizzo dei servizi”.
Il ripristino dell’inclusione Irpef del reddito fondiario è in tutto e per tutto un aggravio di natura patrimoniale. E il semplice possesso, costa.

(da “Huffintonpost”)

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I TRUCCHI DELL’ADDIO ALL’IMU: SOLDI FINTI E FAVORI AGLI AMICI

Agosto 30th, 2013 Riccardo Fucile

IL GIOCO DELLE TRE CARTE: LE COPERTURE NON CI SONO, LA NUOVA SERVICE TAX SI ANNUNCIA PESANTISSIMA

Forse è il caso, visto il livello della propaganda sul tema, di fissare alcuni punti sulla questione Imu prima casa e i reali contenuti del decreto approvato ieri: i punti oscuri, come vedremo, sono più d’uno.
Abolizione?
Non proprio. Il decreto abolisce solo la rata di giugno e sostiene che esiste un “accordo politico” per cancellare anche la seconda, quella di dicembre, sulla prima casa e su terreni e fabbricati agricoli.
Per questi ultimi, peraltro, si tratta di un’abolizione parziale: questo tipo di patrimonio tornerà  a pesare sull’Irpef fondiaria per il 50 per cento.
L’abolizione, per di più, vale solo per il 2013: l’anno prossimo arriverà  una service tax che dovrebbe all’ingrosso avere il gettito dell’Imu (ve ne parliamo più avanti).
Nel frattempo, però, i Comuni potranno approvare i loro bilanci di previsione solo tra qualche mese.
Le imprese? Promesse
Niente da fare per i capannoni industriali: pagheranno l’Imu. La promessa è che l’imposta dall’anno prossimo sarà  deducibile al 50 per cento dal reddito d’impresa (ma non dall’Irap, che si paga anche se l’azienda chiude il bilancio in perdita).
Coperture farlocche
Per finanziare l’abolizione dell’Imu, i fondi per la cassa integrazione e il “piano casa” sono indicate misure abbastanza aleatorie e per di più una tantum: tagli di spesa intermedia dei ministeri che andranno indicati dal Tesoro e, soprattutto, la partita di giro dei debiti commerciali della Pubblica amministrazione.
In sostanza, quando scattano i pagamenti, una parte di quei soldi torna indietro sotto forma di Iva: questi maggiori introiti servono appunto a eliminare la rata Imu di giugno.
Di più: siccome i soldi non bastavano, il ministeo del Tesoro Fabrizio Saccomanni ha autorizzato la spesa di altri 10 miliardi oltre ai venti già  stanziati.
Ovviamente se, come in parte sta accadendo, ci fossero ritardi e difficoltà  nei pagamenti, questo non potrebbe non avere effetti sui conti pubblici.
Condono ai furbetti delle slot
L’ultima fonte di finanziamento per l’operazione spot è una sanatoria per chi sia stato condannato in primo grado dalla Corte dei conti per fatti iniziati prima del dicembre 2005.
Messa così è incomprensibile, ma si tratta di un favore alle società  concessionarie dei giochi.
Vicenda annosa: la magistratura contabile contestò ad una decina di aziende proprietarie delle slot machine un’evasione miliardaria; dopo una lunga querelle la condanna in primo grado ha quantificato il danno in due miliardi e mezzo circa.
Ora, grazie a Enrico Letta, potranno chiudere il tutto pagando il 25 per cento entro il 15 novembre: all’ingrosso, per loro, si tratta di 620 milioni.
Regalo a banche e costruttori
Il Piano casa voluto dal ministro Maurizio Lupi (Pdl) contiene anche una misura che farà  piacere ai nostri istituti di credito: Cassa depositi e prestiti potrà  acquistare obbligazioni bancarie emesse dalle banche cartolarizzando i crediti da mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali”. Tutta roba il cui valore è in caduta libera.
Ai costruttori, invece, è stato regalata l’esenzione Imu sull’invenduto.
Inquilini a rischio service tax
Si chiamerà  Taser, pare, come le pistole che danno la scossa elettrica, e sarà  una tassa sui servizi comunali.
Sarà  in vigore dal 2014 e ingloberà  tanto l’Imu che la Tares, cioè i pagamenti su rifiuti e servizi comunali (verde pubblico, trasporti, etc): verrà  calcolata in base ai metri quadrati o alle rendite catastali, come l’Imu, e la pagheranno tanto i proprietari che gli inquilini.
Sarà  meno cara? È lecito dubitarne: al momento non ci sono coperture strutturali per diminuire il gettito — che all’ingrosso dovrebbe aggirarsi sui 30 miliardi di euro tutto compreso — e ieri il sottosegretario Pier Paolo Baretta (Pd) ha parlato di uno stanziamento di 2 miliardi per evitare effetti devastanti sugli affittuari (le associazioni già  protestano, ricordando che la stragrande maggioranza degli inquilini ha redditi che non superano i trentamila euro l’anno).
Per di più, ai comuni — che saranno i veri titolari dell’imposta — viene concesso di aumentare le aliquote per coprire interamente i costi dei servizi.
Ad oggi, insomma, Taser, Imu e Tares sono solo i nomi delle tre carte con cui sta giocando il banco.
La Chiesa non paga
Enrico Letta l’ha detto chiaramente, per lo più ignorato dai media: il no profit sarà  esentato dalla nuova Taser.
Questo vuol dire che il regolamento faticosamente varato da Monti per far pagare l’Imu, ad esempio, a scuole e alberghi privati — in gran parte di enti ecclesiastici — evitando pure una multa al-l’Italia per aiuti di stato illegali non sarà  rispettato.
Visto che anche quest’anno il no profit “commerciale” s’è salvato per una serie di ritardi nell’applicazione della legge Monti, si può tranquillamente dire che la Chiesa è eternamente esente dall’imposta.
Il rischio Tares a Natale
Nessuno lo dice, ma i sindaci potranno far entrare in vigore la nuova pesante tariffa su rifiuti e servizi già  a dicembre.
Una nuova, piccola tassa
Nonostante l’enfasi di Alfano sul decreto tax free, una ce n’è: per finanziare la parte sugli esodati viene infatti diminuita la quota scaricabile delle assicurazioni su vita e infortuni. E questo implica una aumento delle tasse da pagare.

Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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“ADESSO VOGLIO GARANZIE DAL PD”: E IL CAVALIERE SI PREPARA ALLA ROTTURA

Agosto 30th, 2013 Riccardo Fucile

INCESSANTI TENTATIVI, A ROMA INCONTRO CON GIANNI LETTA

Un’operazione «studiata a tavolino» con cui i magistrati dell’Alta corte avrebbero inteso condizionare il voto della giunta delle immunità  di palazzo Madama, facendo un falò di eventuali aperture in arrivo dal centrosinistra (sulla scia di Luciano Violante).
Sul sospetto di un “timing” ostile gioca anche la coincidenza con la decisione del Consiglio dei ministri di cancellare l’imposta sugli immobili.
«Hanno voluto sfregiare la mia immagine per sporcare il successo che abbiamo strappato sull’Imu », si è lamentato in privato Berlusconi, inferocito per quelle 208 pagine in cui lo si descrive come un delinquente.
Anche per questo il Cavaliere, benchè stia lasciando alle colombe l’illusione di una via d’uscita morbida, ha in testa ormai un pensiero fisso: le elezioni.
Forte anche dell’ultimo sondaggio di Alessandra Ghisleri che ha quotato il centrodestra avanti di due punti sul centrosinistra.
E prima dell’eliminazione dell’Imu
Dunque crisi di governo o trattativa? Prima di scegliere quale strada imboccare, l’interessato intende verificare personalmente quali margini siano rimasti per ottenere un rinvio del voto in giunta sulla decadenza.
Una partita talmente importante da averlo convinto ad uscire dalla fortezza nella quale si era asserragliato dalla sera del 4 agosto.
Quasi un mese senza mettere il naso fuori dal villone di Arcore, in una sorta di assaggio degli arresti domiciliari.
E invece questa mattina – prestissimo per evitare telecamere e cronisti – Berlusconi farà  per la prima volta ritorno a Roma
Grande mistero sugli incontri in agenda, a parte una riunione a pranzo con Gianni Letta, Angelino Alfano e i dirigenti del Pdl presenti nella Capitale.
Nell’ala trattativista delle colombe si fa cenno a mezza bocca a un possibile, ultimo, tentativo di persuasione de visu con esponenti di vertice del Pd.
Sembra anche che il Cavaliere, nonostante la contrarietà  di Niccolò Ghedini, stia facendo un pensierino sul firmare i sei referendum dei radicali sulla giustizia.
Marco Pannella è riuscito a farsi dare un appuntamento e vorrebbe convincere «Silvio» a trasformarsi in novello Enzo Tortora, lanciando se stesso come corpo contundente contro la magistratura. I due si vedranno oggi
Eppure, nonostante questi scampoli di dialogo e benchè il Cavaliere, come sempre, non rinunci a suonare i tasti bianchi insieme a quelli neri della sua tastiera, tutto in verità  lascia ritenere che una scelta sia già  stata presa.
«Loro hanno già  deciso la mia fine politica – ripete in queste ore – e non mi lasciano altra strada ».
Non è un caso che ieri, proprio nel giorno in cui il governo festeggiava lo scampato pericolo sull’Imu, Berlusconi abbia riunito attorno a se il nucleo duro dei falchi per un vertice durato l’intero pomeriggio: da Verdini a Bondi, da Santanchè a Capezzone. Colombe? Nessuna.
Certo, Gianni Letta — insieme ad Alfano, Lupi e Quagliariello — non sta certo con le mani in mano.
I tentativi di aprire un varco nel Pd sono incessanti, con l’obiettivo di arrivare a un rinvio del voto in giunta sulla decadenza.
E la speranza che la questione venga rimessa alla Corte costituzionale, dando così modo al capo dello Stato (anche tra Napolitano e le colombe il dialogo è fitto) di intervenire con il sospirato «gesto di clemenza».
Grazia o commutazione della pena. Un percorso lastricato di insidie, su cui ieri si è abbattuta la doccia fredda di Epifani: «Per noi la giustizia deve essere uguale per tutti, non c’è nessuno sopra la legge, le sentenze si rispettano e si applicano».
Il sospetto che si sta facendo strada nel Pd è che Berlusconi punti a massimizzare l’effetto Imu, costruendo una campagna elettorale sui temi dell’Imu e della “persecuzione giudiziaria”.
Un dubbio a cui ha dato voce ieri mattina Mario Monti: «Il rischio è che ora i falchi del Pdl tentino di andare alle urne per sventolare il successo dell’Imu davanti agli elettori».
Un pericolo su cui lo stesso Monti aveva provato, inutilmente, a mettere in guardia Enrico Letta fino all’ultimo giorno.
Nell’esecutivo confidano ancora che sia tutto «un bluff». E che il Cavaliere, pensando anche alla prospettiva disastrosa (anzitutto per le sue aziende) di una crisi di governo che impedirebbe la ripresa, alla fine accetti di farsi da parte senza ritorsioni.
Anche perchè eventuali elezioni anticipate metterebbero a rischio l’abolizione dell’Imu per il 2013.
Ma tra i falchi del Pdl si ribatte che «per convertire il decreto bastano due giorni» e comunque le Camere potrebbero riunirsi anche con la crisi sopravvenuta per approvare i provvedimenti in scadenza
Il Cavaliere arriva a Roma con una cartella di appunti di un pesante discorso contro i magistrati preparato in questi giorni (in larga parte presi leggendo un saggio di Fabrizio Cicchitto sull’uso politico della giustizia).
Prima però ci sarà  l’inaugurazione della nuova sede di Forza Italia nel centro di Roma. E qualcuno già  prevede un «discorso da predellino », il primo della campagna elettorale, se in questi giorni la trattativa dovesse fallire.

Francesco Bei
(da “La Repubblica“)

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“TASSE EVASE CON FATTURE GONFIATE: IL CAVALIERE GUIDAVA LA MAXIFRODE ANCHE SENZA CARICHE IN MEDIASET”

Agosto 30th, 2013 Riccardo Fucile

I GIUDICI: “CERTO IL SUO RUOLO NEL CREARE FONDO OCCULTI”…GIOCO DI SPECCHI SUGLI ILLECITI

Berlusconi «l’ideatore». Berlusconi «il gestore». Berlusconi «il regista», benchè uomo di partito e di governo.
Berlusconi, sempre il medesimo Berlusconi, prima e dopo la sua discesa in campo, il fatidico 1994.
Non ha dubbi la Cassazione nel disegnare definitivamente la storia giudiziaria del Cavaliere.
Potremmo riassumerla, come fanno i Supremi giudici nelle motivazioni del processo Mediaset, con le parole del contabile Schwable che scrive al presidente della distribuzione internazionale della Fox: «L’impero di Berlusconi funziona come un elaborato shell game…e cioè il gioco dei gusci vuoti con la finalità  di evadere le tasse italiane ».
Cifre da conto economico in crisi, 17,5 miliardi di vecchie lire nel 2000, 6,6 milioni di euro nel 2001, 4,9 nel 2002 e ancora 2,9 nel 2003.
Molti reati già  prescritti. Mai il presidente Berlusconi ha evaso le tasse, si ostinano a dire i suoi legali Coppi, Ghedini e Longo.
Ma dal 29 agosto del 2013 – ieri, giornata epocale – affermazioni apodittiche come questa dovranno fare i conti con il “peso” delle 208 pagine della Cassazione.
Il primo agosto la decisione, Berlusconi condannato a 4 anni per frode fiscale, interdizione rinviata in appello; 28 giorni dopo la sentenza scritta.
Un’accelerazione che gioca un brutto scherzo all’ex premier per tre buone ragioni. Adesso, il processo in appello per l’interdizione potrà  correre più in fretta. Cade un argomento forte per chiedere un stop alla procedura di decadenza nella giunta per le immunità  del Senato.
Sarà  più difficile fare ricorso a Strasburgo, perchè la Cassazione declina attentamente il capitolo del giusto processo e della denegata difesa.
BERLUSCONI SAPEVA
Questo è il clou delle motivazioni. Berlusconi sapeva. Cade definitivamente il teorema del «non poteva non sapere», quello del Cavaliere condannato per un teorema e non per delle prove, con cui s’è tentato di crocifiggere il presidente del collegio Antonio Esposito per via dell’intervista al Mattino del 6 agosto.
Invece ecco cosa si può leggere a pagina 186 del testo sottoscritto dai cinque giudici del collegio: «Le risultanze processuali dimostrano la pacifica diretta riferibilità  a Berlusconi dell’ideazione, creazione e sviluppo del sistema che consentiva la disponibilità  di denaro separato da Fininvest e occulto, cioè di quel meccanismo delle società  facenti capo a lui».
IL GIOCO DEI DIRITTI
Dice proprio così la Suprema Corte. Un gioco. Il «gioco dei diritti».
I giudici lo riassumono in quattro, sintetici passaggi che fanno la storia della grande evasione Mediaset. «Mediaset trattava gli acquisti, mediante suoi uomini di fiducia, direttamente con le Major Usa. Linearità  commerciale e fiscale avrebbe dovuto comportare che quegli acquisti le venissero fatturati. Invece le fatture che la società  usava a fini di dichiarazione fiscale le erano rilasciate da altro soggetto (la società  Ims), all’uopo costituita all’estero.
L’importo dei costi in tali fatture indicato non era commisurato al prezzo d’origine, bensì enormemente maggiorato in esito ai passaggi intermedi, privi di ragion d’essere commerciale».
La triangolazione è tutta qui. Mediaset da una parte, il socio americano Frank Agrama dall’altra, i passaggi tra le società  con il prezzo che sale ogni volta. Alla fine della strada c’è la falsa dichiarazione fiscale allo Stato italiano. Raramente, con parole così semplici ma efficaci, è stata riassunta la truffa Mediaset.
LA MANO DEL GENIO
Chi ha inventato, gestito e utilizzato il «giro dei diritti»? Ovviamente il Cavaliere.
Scrive la Cassazione: «I giudici di merito, con una motivazione solida e coerente, hanno individuato le caratteristiche del meccanismo riservato, direttamente promanante in origine da Berlusconi e avente, sin dal principio, valenza strategica per l’intero apparato dell’impresa che a lui fa capo».
I giudici danno atto alla Corte di appello di Milano di aver ragionato e scritto «con assoluta linearità  logica». Soprattutto quando hanno ricostruito la storia economicamente criminale di Berlusconi. Che, a questo punto, la Cassazione fa sua e consegna alla definitività  della sentenza quando mette in evidenza «la continuità  della gestione dei diritti di sfruttamento delle opere televisive nella forma dell’acquisizione attraverso passaggi di intermediazione fittizi, tutti accomunati dall’aumento considerevole di prezzo lungo il percorso».
Prima, durante e dopo c’è sempre il Cavaliere, checchè ne dicano gli avvocati quando cercano di cavarlo d’impaccio.
L’analisi della Cassazione è opposta: «L’avvio del sistema in anni di diretto coinvolgimento gestorio del dominus delle aziende coinvolte – Silvio Berlusconi – e, poi, l’evoluzione del medesimo sistema secondo schemi adattati alle modifiche societarie e anche alle necessità  d’immagine esterna».
DOMINUS ANCHE DOPO IL ’94
Berlusconi, il padre-padrone dell’impero Berlusconi. Dove non si decide e non si muove foglia senza che lui lo sappia e abbia dato il via libera.
Proprio come nell’affaire Mediaset dove «i personaggi vengono mantenuti sostanzialmente nelle posizioni cruciali anche dopo la dismissione delle cariche sociali da parte di Berlusconi e sono in continuativo contatto diretti con lui, di talchè la mancanza in capo a Berlusconi di poteri gestori e di posizione di garanzia nella società  non è dato ostativo al riconoscimento della sua responsabilità ».
La schiera degli uomini di fiducia è ormai nota, Carlo Bernasconi, a capo del comparto acquisto diritti all’estero, definitivo manager «riservato per non dire inaccessibile» che, come ha messo a verbale l’ex amministratore delegato Franco Tatò, «dava conto della sua attività  direttamente a Berlusconi e non riferiva al consiglio di amministrazione».
Era, come racconta l’ex responsabile dei contratti Silvia Cavanna, «al di là  delle qualifiche, nella tv, il factotum di Berlusconi».
«Era il suo braccio destro » (Sanders). E ancora l’ex manager Finivest Daniele Lorenzano, «legato da strettissimi rapporti» col Cavaliere, condannato come l’a collega Gabriella Galetto. Per chiudere Frank Agrama, definito «un mero agente Fininvest-Mediaset, la cui intermediazione non comportava alcun costo aggiuntivo per le entità  di Berlusconi» e che con lui aveva «stretti rapporti ed era considerato sostanzialmente un intoccabile».
L’IPOTESI TRUFFA
È mai pensabile, in una macchina come questa, che l’ex premier sia stato a sua volta vittima di una truffa?
La Cassazione considera del tutto inverosimile «l’ipotesi alternativa che vorrebbe tratteggiare una sorta di colossale truffa ordita per anni ai danni di Berlusconi da parte dei personaggi da lui scelti e mantenuti nel corso degli anni in posizioni strategiche ».
Tutto si può credere di Berlusconi tranne che egli sia, dal punto di vista imprenditoriale, così ingenuo e distratto da farsi passare sotto il naso costi maggiori, immotivati, per giunta nascosti nelle pieghe dei bilanci aziendali.
Ugualmente destituita di fondamento la tesi di Franco Coppi, quella che vorrebbe vedere non il reato di frode fiscale ma in subordine una semplice sovrafatturazione, soprattutto perchè alla fine proprio Berlusconi resta «il soggetto che in ultima analisi continuava a godere della ricaduta economica del sistema praticato»
TESTI INUTILI E LEGITTIMO IMPEDIMENTO
Stroncato in punto di fatto, Berlusconi e il suo team legale vengono pure bacchettati in punto di diritto. Bocciata la lagnanza, che adesso Ghedini e compagni vogliono far valere a Strasburgo, dei testi negati.
La Corte, sulla base di una consolidata giurisprudenza, ricorda che «il diritto alla prova spettante all’imputato va bilanciato in forma equilibrata con le esigenze della ragionevole durata del processo » e dà  ragione alla Corte di appello che ha spiegato «con argomentazioni prive di vizi di illogicità  come fossero del tutto legittime, a fronte di un lunghissimo e sovrabbondante elenco di testi, la decisione del tribunale del 28 febbraio 2011 di limitarli solo a due, considerato anche l’incombere della prescrizione».
Idem per la pretesa di Berlusconi di evitare le udienze avvalendosi del legittimo impedimento per via della sua carica, all’epoca, di premier.
La Cassazione sottoscrive la Consulta che già  aveva richiamato Silvio a tenere in debito conto «le esigenze del processo rispetto a quelle politico-istituzionali»
PREMIO DI CONSOLAZIONE
Su 208 pagine solo 3 sembrano dar ragione al condannato Berlusconi quando giudica eccessiva la pena accessoria, quell’interdizione dai pubblici uffici che sta per diventare la nuova ossessione del Cavaliere perchè rischia, qualora egli dovesse davvero riuscire a sfangare la legge Severino, di riproporre la sua immediata decadenza dal Senato.
In effetti, ragiona la Corte, la solita giurisprudenza non è monocorde nel valutarne il peso rispetto al reato contestato. Milano ha chiesto 5 anni, il sostituto procuratore generale della Corte ne ipotizza 3, salomonicamente la Corte non decide da sè e rinvia in appello a Milano.

Liana Milella
(da “La Repubblica“)

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MARCO TRAVAGLIO: SENTENZA PRO VERITATE

Agosto 30th, 2013 Riccardo Fucile

BERLUSCONI “IDEATORE E BENEFICIARIO DELLA FRODE”

Dopo un mese di depistaggi politici e mediatici, le motivazioni della condanna definitiva del senatore Silvio Berlusconi a 4 anni per frode fiscale riportano al centro della scena i fatti.
Fatti non nuovi, almeno per chi in questi anni ha voluto informarsi e poi ricordare.
Ma ormai consacrati da un verdetto irrevocabile che mette la parola fine all’ipocrisia del linguaggio alla vaselina, tutto dubitativi e condizionali.
Se dal 1 º agosto, dopo la lettura del dispositivo, si poteva affermare senza tema di smentita che il senatore Silvio Berlusconi è tecnicamente un delinquente pregiudicato, da ieri si può anche aggiungere il perchè: perchè il sistema truffaldino che gli ha consentito per vent’anni di frodare il fisco gonfiando i prezzi dei film acquistati da Mediaset presso le major americane tramite intermediari occulti e fittizi, intascandone le plusvalenze sui conti esteri di società  offshore create ad hoc dall’avvocato Mills, derubando il fisco e la sua stessa azienda per centinaia di milioni, anche dopo la quotazione in Borsa, anche mentre sedeva in Parlamento e addirittura a Palazzo Chigi, l’aveva “ideato”, “creato”, “organizzato” e “sviluppato” lui a partire dagli anni 80. Nelle 208 pagine firmate da tutti e cinque i membri del collegio della sezione feriale della Cassazione (non solo dal relatore Amedeo Franco e dal presidente Antonio Esposito, come di solito avviene), ci sono le risposte a tutti e 94 i motivi di ricorso presentati dai legali di B. e dei suoi tre coimputati contro la sentenza d’appello (tutti infondati o menzogneri, dunque respinti).
E non sono opinioni o “teoremi” di questo o quel pm più “accanito” o “politicizzato”: sono verità  processuali accertate in nome del Popolo Italiano nell’ultimo grado di giudizio, che nessuno potrà  mai ribaltare nè modificare.
Nessun ricorso suppletivo alla Cassazione, nessun pellegrinaggio al santuario di Strasburgo, nessun altro mezzuccio da azzeccagarbugli per camuffare da provvisoria una sentenza definitiva.
Per quasi un mese, in tv e sui giornali s’è parlato di tutto, fuorchè dei fatti che hanno portato alla condanna.
Se si facesse un sondaggio fra i cittadini, ben pochi saprebbero rispondere che il tre volte presidente del Consiglio e sette volte parlamentare B. è stato condannato per una frode fiscale d 300 milioni di euro (la gran parte falcidiata dalle prescrizioni causate da leggi ad personam fatte da lui medesimo, una piccola porzione di 7,3 milioni scampata alla falcidie).
Che è molto peggio della semplice evasione fiscale, visto che è un reato aggravato dai mezzi fraudolenti (le decine di società  offshore e il sistema di sopravvalutazione dei diritti) creati per truffare lo Stato, cioè tutti i contribuenti onesti.
Ma il movente principale del sistema non era l’evasione: le 64 società  offshore create da Mills per ordine di B. dagli anni 80, in parte sconosciute ai bilanci consolidati del gruppo, servivano a “mantenere e alimentare illecitamente disponibilità  patrimoniali estere, conti correnti intestati ad altre società  che erano a loro volta intestate a fiduciarie di Berlusconi”.
Un fiume ininterrotto di fondi neri da usare per scopi illeciti e dunque inconfessabili nei libri contabili: corrompere politici, giudici, finanzieri; scalare società  in Italia e all’estero in barba alle leggi di Borsa; pagare prestanomi per controllare società  e tv oltre i tetti antitrust in Italia e in Spagna.
Quando, nel ’94, non c’erano più politici e giudici da corrompere per strappare leggi di favore e violare impunemente le altre, ecco la discesa in campo per fare in prima persona ciò che prima facevano gli altri.
Con gran risparmio di denaro, fra l’altro.
È con questi fatti che la politica e l’informazione indipendente, casomai esistessero, dovrebbero fare i conti.
Finora hanno preferito narrare o commentare le gesta del giudice Esposito: come parla, cosa e con chi mangia, quali giornali legge, che ne pensa di lui Franco Nero.
Come se, sputtanando il giudice, si riabilitasse il condannato. E soprattutto come se la sentenza Esposito se la fosse scritta da solo, chiudendo gli altri quattro in un sgabuzzino.
Ora, dalle cinque firme in calce alle motivazioni, si scopre che erano tutti d’accordo. Dunque, a dire che B. è colpevole nel processo Mediaset, sono stati in questi dieci anni i due pm che condussero le indagini (De Pasquale e Robledo), il Gup che lo rinviò a giudizio, i tre giudici del Tribunale che lo condannarono, il Pg che chiese la conferma della condanna in appello, i tre giudici d’Appello che la confermarono, il Pg che chiese la conferma della condanna in Cassazione, i cinque giudici che hanno accolto la sua richiesta. In tutto 16 magistrati di sedi, funzioni, correnti le più diverse fra loro.
Eppure il ministro Cancellieri, il Pg della Cassazione Ciani e il Csm si sono subito mobilitati per punire Esposito, reo di aver detto in un’intervista che B. è stato condannato perchè c’è la prova che è colpevole.
E non in base al teorema del “non poteva non sapere”, ma alla prova che sapeva.
Si è molto dibattuto sull’esempio fatto dal giudice al giornalista del Mattino per spiegare la differenza fra il “non poteva non sapere” e il “sapeva”: quello del capo che viene informato dai sottoposti Tizio, Caio e da Sempronio dei reati che commettono. Un caso di scuola totalmente avulso dal processo Mediaset (anche se poi il giornalista scorretto ha appiccicato la frase a una domanda mai fatta sul caso B.).
Dunque nessuna anticipazione delle motivazioni. Che dicono tutt’altro: B. sapeva non perchè i suoi manager gli riferissero i reati che commettevano, ma — ed è infinitamente peggio — perchè era lui a sceglierli apposta e poi a dare loro gli ordini e a restare “in continuativo contatto” con loro anche dopo le finte dimissioni dalle cariche societarie. Nè avrebbe potuto essere altrimenti, visto che era l’“ideatore” e al contempo il “beneficiario” del sistema dei costi gonfiati e dei fondi neri.
Per questo confermava i suoi complici ai loro posti e li promuoveva “in posizioni cruciali” e “strategiche” o li portava addirittura in Parlamento una volta scoperti e condannati.
La tesi difensiva della truffa dei manager infedeli ai danni dell’ignaro padrone (che però intascava i frutti dei loro reati) è una baggianata “assolutamente inverosimile”, infatti è stata respinta con perdite e molte risate.
Nessuno, nemmeno i noti principi del foro, hanno saputo spiegare perchè mai un’azienda che può comprare un film direttamente a 100, dovrebbe farlo acquistare da prestanomi o società  occulte (riferibili al padrone) che a ogni passaggio ne gonfiano il prezzo con una miriade di subcontratti, col risultato che alla fine il film costa 180.
Se non, appunto, per frodare il fisco. Il succo della sentenza di Cassazione, che spiega il “giro dei diritti” e dei relativi fondi neri come un film horror, fotogramma per fotogramma, da Mills a Craxi, da Berruti a Lorenzano e Agrama, è tutto qui. Punto e fine. Discorso chiuso, nessun quarto grado di giudizio possibile.
Se alla Giunta delle elezioni e immunità  del Senato serviva un parere pro veritate per decidere dal 9 settembre la sorte del delinquente pregiudicato, la sentenza sembra fatta apposta.
Lì sono racchiusi i fatti che spazzano via tutte le scemate sull’“agibilità  politica” del frodatore.
Quanto basterebbe e avanzerebbe al Parlamento di qualunque paese, anche del terzo mondo, per cacciare l’intruso anche senza una legge che lo imponga (come la Severino).
Prima ancora di legalità , è una questione politica. Di decenza, anzi di igiene pubblica. Può il Senato ospitare ancora sui propri scranni il colpevole e il beneficiario dell’“ideazione, creazione, organizzazione e sviluppo” di un “meccanismo del giro dei diritti che a distanza di anni continuava a produrre effetti (illeciti) di riduzione fiscale per le aziende” e per lui personalmente? Possono i 320 senatori sedere accanto a un delinquente matricolato?
Può il Pd, che ha appena fatto dimettere da ministro Josefa Idem per un’evasione di 3 mila euro in una palestra, restare alleato di un colossale frodatore fiscale?
Può il governo Letta, che sta riformando il fisco e manda l’Agenzia delle Entrate a chiudere le gelaterie che evadono 10 euro in tre anni, accettare l’appoggio del partito posseduto da uno così?
E può il capo dello Stato insistere pervicacemente a legittimare un simile campione di illegalità ?
La risposta a tutte le domande è ovvia: no. L’unica agibilità  politica da garantire è quella dei cittadini onesti.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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