Destra di Popolo.net

NIENTE TFR IN BUSTA PAGA, DELRIO SMENTISCE RENZI

Ottobre 14th, 2014 Riccardo Fucile

RINVIATA LA MISURA PATACCA, ANCHE PERCHE’ NON INTERESSAVA A NESSUNO: DUE ITALIANI SU TRE NON LA VOLEVANO

Sì, no, forse.
L’operazione Tfr in busta paga perde il treno della stabilità  e per il momento resta rinviato a un provvedimento successivo.
L’ultima parola è arrivata oggi dal sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio nella sua intervista al Corriere della Sera: “Abbiamo tempo per approfondire il tema, sapendo che in ogni caso si tratta di una scelta volontaria del lavoro e che la misura non dovrà  portare Un deficit di liquidità  alle imprese”, ha spiegato l’ex sindaco di Reggio Emilia.
Parole assai più prudenti da quelle utilizzate ieri dal presidente del Consiglio Renzi che dal palco dell’assemblea di Confindustria aveva annunciato come imminente un’intesa con gli istituti di credito, allo stato attuale maggiore ostacolo del via libera al provvedimento: “Dobbiamo consentire a chi vuole attraverso un’operazione con le banche di sostegno alle pmi, che presenteremo nelle prossime ore, la possibilità  di lasciare il Tfr su base mensile”, aveva spiegato.
Un’accelerazione in contrasto con la “pausa di riflessione” invocata invece dal sottosegretario.
Un conflitto, soltanto apparente, che riflette la doppia direzione di marcia con cui si è mosso il governo su questo fronte nelle ultime settimane.
Con il premier motivato al 100 per cento a far partire l’operazione già  dal prossimo anno e i suoi colleghi, Pier Carlo Padoan in testa, meno convinti da una partenza sprint, soprattutto in coincidenza con la legge di stabilità .
Non è una questione strettamente contabile, perchè l’operazione Tfr ha un impatto molto limitato sui conti pubblici.
Anzi, persino positivo considerato il maggior gettito derivante dall’aumento di imposte versate con l’incasso anticipato del trattamento di fine rapporto.
Il nodo da sciogliere, quello di assicurare la liquidità  alle imprese altrimenti drenata dall’anticipo in busta paga del trattamento di fine rapporto, riguarda esclusivamente gli istituti di credito, che di fatto si troverebbero a prestare soldi ai lavoratori, lasciando alle imprese la possibilità  di incamerare il Tfr così come attualmente fanno.
Per le banche servono alcune assicurazioni importanti, in primis la garanzia sui prestiti erogati.
Che fare, ad esempio, nel caso un’azienda fallisse prima di potere rimborsare i presti alle banche? Serve, appunto, una assicurazione che nel piano originario del governo avrebbe fatto riferimento al Fondo di Garanzia dell’Inps.
Strumento che gli istituti — come rileva il Sole 24 Ore — potrebbe essere giudicato insufficiente, anche perchè il rischio sarebbe quello di uno “svuotamento” anticipato del fondo.
Diversamente, altre garanzie pubbliche più dirette comporterebbero un inevitabile aumento del debito pubblico, altro scenario non particolarmente caldeggiato dal Tesoro
Non aiuta, infine, l’infelice coincidenza del calendario, particolarmente fitto di scadenze.
Non solo quella del 15 ottobre, data di presentazione della legge di stabilità , troppo ravvicinata per perfezionare il provvedimento, ma anche il doppio appuntamento europeo per le banche, che nell’arco di una settimana vedranno pubblicati i dati dell’Assest Quality Review, l’analisi della qualità  degli attivi degli istituti bancari, e gli stress test, di cui l’Eba pubblicherà  i risultati il prossimo 24 ottobre.
Lo stesso numero uno dell’Abi, Antonio Patuelli, pur non chiudendo le porte al provvedimento, la scorsa settimana ha comunque espresso tutte le sue riserve ricordando che “il quadro normativo è quello dell’unione bancaria” e al suo interno “vanno esaminate le varie ipotesi”.

(da “Huffingtonpost”)

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TFR, DUE ITALIANI SU TRE DICONO NO ALLA LIQUIDAZIONE VERSATA IN BUSTA PAGA

Ottobre 14th, 2014 Riccardo Fucile

RENZI NON INTERPRETA IL PENSIERO DEI LAVORATORI, L’IDEA NON PIACE

La proposta di utilizzare la «liquidazione» come integrazione dello stipendio anzichè come risorsa da procrastinare al momento dell’uscita dall’azienda o, in alcuni casi, come strumento per la costruzione di un percorso di previdenza integrativa, non incontra il favore degli italiani.
Cosa sanno e cosa pensano gli italiani in generale e i lavoratori dipendenti in particolare di queste proposta?
Come su molti dei temi che riguardano il mondo del lavoro l’interesse è alto: il 45% dei nostri intervistati ha seguito con attenzione questo aspetto, 42% almeno superficialmente.
Con una netta differenza tra i lavoratori dipendenti privati (al momento sembrerebbero gli unici direttamente coinvolti nella possibile riforma) che per oltre due terzi hanno seguito con attenzione questo tema e i dipendenti pubblici che invece vi hanno prestato un ascolto assai più superficiale.
Consensi limitati
Il Tfr in busta paga riscuote però consensi molto limitati: solo il 26% degli italiani (e il 21% dei lavoratori dipendenti) apprezzerebbe di avere qualche soldo in più mensilmente (o in un’unica tranche annuale) ad integrazione del proprio salario.
Più di due terzi (e quasi tre quarti dei dipendenti) gradirebbe maggiormente avere la classica liquidazione al termine del rapporto lavorativo.
Anche in questo caso ci sono differenze apprezzabili tra privati (il 28% lo vorrebbe in busta paga) e pubblici (19%) ma in entrambi i segmenti di lavoratori la contrarietà  alla proposta è netta.
Sembrerebbe un atteggiamento irrazionale: in un momento di acuta crisi come quello attuale ci si aspetterebbe che ogni aiuto venisse salutato con favore.
La previdenza
In realtà  bisogna tener conto di un atteggiamento largamente diffuso nel Paese: il timore del futuro e l’impellente necessità  di risparmiare proprio per far fronte ad una prospettiva sempre meno tranquillizzante.
È una cosa che molte famiglie stanno già  facendo: contenere i consumi per ricostituire il capitale perso in questi ultimi anni.
Uno dei temi sollevati in termini critici rispetto alla proposta è relativo all’attuale utilizzo di una parte dei lavoratori dipendenti del Tfr per la previdenza complementare, cioè per avere una pensione integrativa rispetto a quella pubblica.
L’inserimento del Tfr in busta paga potrebbe ridurre ulteriormente la quota di chi aderisce alla previdenza complementare.
È un rischio non trascurabile: circa il 30% dei dipendenti pensa che molti lavoratori rinuncerebbero ai versamenti pur di avere qualche soldo in più in busta paga.
I dubbi delle impres
L’altro aspetto critico, in parte ridimensionato negli ultimi giorni, proveniva dalle organizzazioni aziendali: per le piccole e medie aziende sotto i 50 dipendenti la riforma sarebbe un salasso, poichè il Tfr è liquidità  disponibile e la sua assenza costringerebbe gli imprenditori a ricorrere al credito con un aggravio dei costi.
È una tesi condivisa da più di due terzi degli italiani e dei dipendenti (solamente tra i privati una quota apprezzabile, il 32%, ritiene che le pmi potrebbero trovare senza problemi altre fonti di finanziamento).
Anche questo è un dato che non sorprende: da tempo infatti i lavoratori sono solidali con gli imprenditori (in particolare i piccoli, sentiti come più vicini) che ogni giorno combattono la loro battaglia sul mercato.
Tra spese e risparmio
Ma in definitiva, l’eventuale reddito disponibile in più nel salario dei lavoratori, avrebbe un effetto immediato sui consumi? Probabilmente sì, ma sembra che non sarebbe un effetto importante, o almeno tale da cambiare il segno del ciclo economico: certo, un quarto dei dipendenti (ma un terzo dei privati) lo spenderebbe tutto o quasi per consumi, tuttavia prevale chi pensa che lo destinerebbe a risparmio integralmente o per la maggior parte (36% tra i dipendenti privati, 37% tra i pubblici) e una quota che oscilla tra un quarto dei privati e un terzo dei pubblici la userebbe parte per consumi e parte per risparmio.
Insomma anche in questo caso sembra prevalere la necessità  di cautelarsi per il futuro. Gli italiani si stanno abituando, spesso con fatica, alla maggiore austerità  dei consumi e sono storicamente delle formiche.
Anche questa volta lo confermano, sia pure a scapito della necessità  di una ripresa a breve.

Nando Pagnoncelli
(da “il Corriere della Sera”)

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IL 43% DEI PENSIONATI SOTTO 1.000 EURO AL MESE, DUE MILIONI SOTTO 500 EURO, MA PER RENZI NON ESISTONO

Ottobre 14th, 2014 Riccardo Fucile

IL GOVERNO ESCLUDE INTERVENTI A FAVORE DEGLI INDIGENTI, PREFERISCE INGRAZIARSI CONFINDUSTRIA

Nel 2013 quasi la metà  dei pensionati (il 43,5%, pari a 6,8 milioni di persone), aveva un reddito pensionistico inferiore a 1.000 euro al mese.
Lo si legge nel Bilancio sociale Inps.
Oltre 2,1 milioni di pensionati (il 13,4%) aveva un reddito inferiore ai 500 euro mentre quasi il 70% aveva meno di 1.500 euro al mese.
Il ministro del welfare, Giuliano Poletti, assicura che la Legge di Stabilità  non conterrà  misure sulle pensioni.
“Al momento nella legge di stabilità  non sono previsti specifici interventi sulle pensioni” ha detto il ministro, “domani facciamo la discussione, ma per ora non ci sono nè tagli nè aggiunte”
Crollo dei lavoratori pubblici nel 2013: rispetto al 2012 sono diminuiti di 64.491 unità  (-2,1%).
I dipendenti del settore privato sono diminuiti di 140.195 unità  (-1,1%) mentre i parasubordinati hanno perso oltre 100.000 iscritti (-9,3).
Nel complesso gli iscritti sono diminuiti di 357.000 unità  (-1,6%).
Nel 2013 è salita la spesa per ammortizzatori sociale.
Al netto dei contributi figurativi l’esborso dell’Inps è risultata pari a 14.514 milioni, con un incremento di 1.982 milioni (+15,8%) rispetto ai 12.532 del 2012 a cui si aggiunge la spesa per contributi figurativi di 9.077 milioni, la spesa totale risulta pari a 23.591 milioni di euro, con un incremento di 938 milioni (+4,1%) rispetto ai 22.653 milioni del 2012.
I lavoratori hanno percepito un ammortizzatore sociale sono stati oltre 4 milioni e mezzo: le prestazioni (tenendo conto che uno stesso individuo può aver fruito di prestazioni di tipo diverso) sono state 4.897.868, contro 4.330.905 del 2012, quindi oltre 560 in più.
L’incremento maggiore della spesa è stato rilevato per l’indennità  di mobilità  che ha superato il 17%; la spesa per la Cig nel suo complesso è cresciuta del 9,6% mentre la spesa per indennità  di disoccupazione è calata dell’1%.
La Cig in particolare ha coinvolto più di 1 milione e mezzo di lavoratori (+1,1% rispetto al 2012), la mobilità  ne ha interessati oltre 300 mila e la disoccupazione nel suo complesso quasi 3 milioni e mezzo.
«L’analisi dei dati riguardanti il numero dei beneficiari di ammortizzatori sociali nel 2013 – si legge nel Rapporto – testimonia il perdurare delle difficoltà  affrontate da imprese e lavoratori italiani».
La permanenza media pro capite in Cig è stata pari a 2 mesi e 4 giorni lavorativi.

(da “Huffintonpost”)

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MAZZETTE EXPO, ARRESTATO ACERBO, EX RESPONSABILE DEL PADIGLIONE ITALIA

Ottobre 14th, 2014 Riccardo Fucile

MISURE CAUTELARI ANCHE PER GLI IMPRENDITORE MALTAURO E IL MANAGER CASTELLOTTI

Antonio Acerbo, l’ex responsabile del Padiglione Italia di Expo è finito agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta dei pm di Milano Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio, insieme all’imprenditore Domenico Maltauro, il cugino di Enrico, e ad Andrea Castellotti, manager della società  Tagliabue e facility manager Padiglione Italia Expo 2015 Spa.
Acerbo, 65 anni, direttore Construction del Padiglione Italia e commissario delegato di Expo 2015 per il progetto “Vie d’acqua”, era finito nel registro degli indagati per corruzione e turbativa d’asta.
Acerbo si era dimesso dalla carica di commissario delegato di Expo per le Vie d’acqua, restando però responsabile unico per la costruzione di Padiglione Italia fino al 2 ottobre quando si era autosospeso da tutti gli incarichi.
Nel mirino della Procura di Milano c’è appunto l’appalto delle “Vie d’acqua”, del valore di oltre 100 milioni di euro, alla Maltauro spa. Acerbo, all’epoca dei fatti presidente della commissione aggiudicatrice degli appalti sulla realizzazione dei canali, secondo l’accusa avrebbe favorito l’imprenditore.
”Maltauro trova un modo per far arrivare delle utilità  economiche ad Acerbo”, ipotizzano i pm Gittardi e D’Alessio, collocando il reato tra il 2012 e il 10 luglio 2013.
L’aggiudicazione dell’appalto (La società  Tagliabue faceva parte della cordata che aveva la gara) sarebbe avvenuta in base al criterio dell’offerta più conveniente e, secondo l’accusa, in cambio di mazzette.
Viene contestata anche una consulenza per il figlio di Acerbo per un valore di 30mila euro. Agli atti dell’inchiesta ci sarebbe, da quanto si è saputo, anche la confessione dell’ad della società  Tagliabue spa, Giuseppe Asti.
L’ad, indagato e interrogato, avrebbe parlato della promessa di una consulenza da assegnare al figlio di Acerbo.
In un’intercettazione Maltauro si vantava della sua conoscenza trentennale con Acerbo e anche in relazione all’appalto per le architetture di servizi, vinto sempre dalla Maltauro e al centro della prima inchiesta.
L’imprenditore avrebbe cercato in un primo tempo di sfruttare i suoi contatti con Acerbo. Poi, però, si sarebbe rivolto all’ex Dc Gianstefano Frigerio che sarebbe intervenuto su Angelo Paris, ex manager Expo finito in carcere a maggio.
“Non c’è nessuno che è più vecchio amico di me con Acerbo”, si vantava Maltauro lo scorso marzo in una riunione con Gianstefano Frigerio e Sergio Cattozzo. Nell’intercettazione ambientale, agli atti dell’indagine, Maltauro spiegava a Frigerio di avere un appuntamento con l’ex manager di Expo Angelo Paris e Acerbo.
Quando Frigerio gli dice che il commissario delegato “è un mio vecchio amico!” , l’imprenditore replica: “Ma io Acerbo, pensi che Acerbo.., non c’e nessuno che è più vecchio amico di me con Acerbo”.
Frigerio, ex parlamentare Dc, poi fa notare che “è un vecchio democristiano“, mentre Maltauro ricorda:”Sì ma lui lavorava in Montedison, da ragazzo (…) e io l’ho conosciuto… Ho fatto un lavoro per Montedison dove lui era Direttore dei Lavori… e abbiamo avuto un grande successo… lui ha fatto anche un po’ di carriera attraverso ‘sto lavoro nell ’82…”. E riferendosi alla nomina di Acerbo come dg del Comune di Milano datata luglio 2010 durante la giunta Moratti, Frigerio aggiunge: “Il city manager del Comune di Milano … è uno bravo uno serio… eh”.
La Procura di Milano ha chiesto rito immediato per Frigerio, Greganti e Grillo. L’indagine su Acerbo era nata proprio da intercettazioni e accertamenti svolti in seguito ai risultati di un primo filone che a maggio aveva portato in carcere il costruttore vicentino Enrico Maltauro, uscito dall’azionariato della società , per cui il gip di Milano Fabio Antezza ha respinto l’arresto.
Proprio ieri la Procura di Milano ha chiesto il processo con rito immediato per Gianstefano Frigerio e Primo Greganti, e l’ex senatore Pdl Luigi Grillo,   indagati con l’accusa di aver turbato le gare d’appalto dell’Esposizione universale, di Sogin e della sanità  lombarda in cambio di tangenti.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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ARRIVA GRILLO E GLI ANGELI DEL FANGO LO CONTESTANO: “VIENI A SPALARE” E LUI SE NE VA

Ottobre 14th, 2014 Riccardo Fucile

GRILLO NON SPALA E NON DICE NULLA AI GIORNALISTI: “PARLO SOLO PER 2.000 EURO”

Beppe Grillo si è fatto vedere nella tarda mattinata nel centro di Genova
Il leader dei Cinquestelle è stato intercettato dalle telecamere nella zona di via Brigata Liguria.
Non sono mancate contestazioni da parte di un gruppo di giovani impegnati a spalare che lo hanno accusato di non essersi fatto vedere fino ad ora .
“Vieni a spalare con noi”, hanno urlato gli ‘angeli dei fango’ impegnati a liberare i sotterranei del Museo di Storia naturale, gravemente danneggiati; ed è subito partito un battibecco il politico 5stelle. “Vieni qua, ti metti un pò di fango e ti fai fare le foto…”, gli hanno urlato.
Grillo a quel punto, scortato dai suoi accompagnatori, si è allontanato, mentre i suoi chiarivano che i “parlamentari grillini stavano lavorando in più punti”, peraltro indefiniti.
Poi sono arrivati pesanti insulti ai giornalisti: “O mi versate duemila euro su questo conto oppure ve ne andate aff…” ha detto a chi gli chiedeva una dichiarazione. “Se mi arriva la ricevuta sul mio conto personale, a favore degli alluvionati, sono a vostra disposizione, altrimenti con voi non ci parlo”.  

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SPESE PAZZE REGIONE LIGURIA, SI DIMETTE LA NUORA DI MASTELLA: ERA ACCUSATA DI PECULATO

Ottobre 14th, 2014 Riccardo Fucile

AVREBBE OTTENUTO RIMBORSI PER 20.000 EURO PER ATTIVITA’ MAI SVOLTE

Il colpo di scena arriva a dieci giorni dall’avviso di garanzia per l’accusa di peculato: «Ho deciso, in modo sofferto ma convinto, di dimettermi dal mio incarico».
Con queste parole Roberta Gasco, eletta in quota Udeur e nuora di Clemente Mastella, lascia la poltrona di consigliere regionale a seguito del coinvolgimento nell’inchiesta sulle “spese pazze”.
«La mia famiglia viene prima di me stessa – spiega – e rappresenta tutto ciò che voglio tutelare»
Secondo il pm Massimo Terrile Gasco avrebbe ottenuto 20mila euro di rimborsi per attività  che in realtà  non sarebbero mai state svolte: «Sono profondamente convinta della mia innocenza e sarei rimasta al mio posto, ma oggi non posso e non voglio coinvolgere i miei familiari in questa vicenda. Il solo fatto di essere sfiorata dal sospetto di aver sprecato denaro pubblico mi induce a questa dolorosa decisione».
Sono tredici finora gli indagati nel fascicolo sugli sprechi in Regione.
Di questi, quattro i componenti del consiglio che fino ad oggi avevano rinunciato alla carica elettiva, tutti appartenenti all’ex gruppo dell’Italia dei Valori: Stefano Quaini (il primo a lasciare), Marylin Fusco e Maruska Piredda (che si fecero da parte dopo l’arresto) e Nicolò Scialfa, dimissionario dopo un lungo periodo di detenzione.
«È una scelta non dovuta – precisa l’avvocato difensore Mario David Mascia – ma ritenuta doverosa dalla mia assistita».
La Guardia di Finanza in un primo momento aveva attribuito a Gasco il reato di falso in scrittura privata; ma, afferma ancora il legale, «nell’avviso finale non viene contestato alcun addebito di quel tipo».

(da “il Secolo XIX”)

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CENTO AUTO SOTTO IL BISAGNO FANTASMA

Ottobre 14th, 2014 Riccardo Fucile

VICINO A BRIGNOLE, A CORTE LAMBRUSCHINI, UN GARAGE SOTTERRANEO DI OLTRE 1.000 POSTI AUTO   E’ STATO COSTRUITO E AUTORIZZATO SENZA ALCUNA SICUREZZA

Per mesi è solo un fantasma. Un innocuo rigagnolo. Ma quando piove, come capita spesso in questo periodo dell’anno, diventa un gigantesco mostro di fango.
C’è una persona a Genova che ha un osservatorio particolare sull’ultimo tratto del Bisagno, quello nascosto, sepolto nel sottosuolo.
Aldo Gatto è il proprietario della storica rivendita di materassi “Gatti”, in piazza delle Americhe, all’angolo con il tunnel di via Canevari.
E conosce tutti i suoi segreti: la sua rapida trasformazione, la sua potenza distruttrice: «È capace di ingrossarsi e arrivare a lambire i ponti in meno di 30 minuti».
Il motivo è semplice: il negozio di Gatto è come sospeso sul corso d’acqua.
Nel bagno sul retro c’è una piccola finestra che si affaccia direttamente sotto la volta della galleria sotterranea dove scorre il fiume, compresso come un bonsai, fino alla foce.
In quel punto la violenza della piena, giovedì scorso, ha travolto ogni cosa, facendo crollare il pavimento e le pareti di quattro attività  commerciali: «Da noi l’onda ha trovato uno sbocco attraverso quella finestra – dice Aldo Gatto – Ha devastato tutto, ma almeno i muri ci sono ancora. Dai miei vicini invece la pressione ha fatto saltare tutto. Il Bisagno ha sfondato il cemento e ha attraversato letteralmente i fondi riversandosi poi sulla strada. Un disastro».
I negozi di piazza delle Americhe sono stati costruiti una sessantina di anni fa.
Ora sono completamente sventrati. Dalle loro viscere si scorgono le volte del ponte della ferrovia e, in basso, il fiume sotterraneo.
Per capire la dimensione del problema basta entrare in Corte Lambruschini e provare a scendere verso i parcheggi interrati: «Ci sono almeno 4 piani sotto i nostri piedi – dice Gatto – Gli ultimi tre sono completamente sommersi. Il fiume scorre al di sotto: l’acqua di questi pozzi di fango è arrivata dalla strada, attraverso il tunnel di via Canevari, i negozi sventrati di piazza delle Americhe e la galleria di via Archimede. È la stessa massa di fango e detriti che ha devastato tutto il quartiere».
Lo spettacolo è raccapricciante.
I sotterranei di Corte Lambruschini, dove per altro vi sono i locali che ospitano il gruppo elettrogeno di emergenza (gli ascensori di tutto il complesso sono infatti fuori uso), sono sott’acqua. Lì ci sono più di cento macchine su un totale di 1.150 posti auto, secondo le prime stime dei vigili del fuoco.
«Stiamo parlando di un edificio enorme costruito in un punto pericoloso – dice Alessandra G. – Un progetto sbagliato, approvato da tecnici delle amministrazioni locali. Possiamo ringraziare il mancato allarme meteo e l’ora notturna per cui tanta gente non ha lasciato la propria vita nel tentativo di mettere in salvo la propria auto. Forse sarebbe il caso che gli enti responsabili di quelle autorizzazioni, prima che ci scappi il morto, provvedessero alla messa in sicurezza».

Pablo Calzeroni
(da “il Secolo XIX”)

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CINQUESTELLE CONTRO GRILLO: “NO ALLE PASSERELLE”, LA SEN. DI PIETRO LASCIA IL MOVIMENTO

Ottobre 14th, 2014 Riccardo Fucile

GRILLO RESTA DA SOLO CON LA PALA IN MANO, LA BASE E’ FURIOSA

Genova è una città  di fango indurito. Con le mani affondate nel disastro non gradisce essere ribalta di luci altrui.
E, ruvida come sa essere solo lei, lo ha fatto sapere anche al suo più illustre concittadino, Beppe Grillo.
La venuta in massa nella città  alluvionata dei parlamentari pentastellati era stata una sua idea, nata dall’istinto selvaggio del comico sul palco del Circo Massimo.
«Saremo a Genova, e verranno anche tutti i deputati e senatori a spalare il fango». Ieri, su Twitter, la conferma dell’appuntamento per oggi.
Subito, di riflesso, Andrea Cecconi, il capogruppo dei deputati, ha chiesto addirittura di bloccare i lavori delle camere per permettere ai parlamentari di salire a Genova. Una missione partorita dall’impeto di Grillo che ora è sembrata un tantino avventata. Anche perchè, intanto, da Genova la base faceva sapere di non gradire.
Il sarcasmo del consigliere pentastellato Andrea Boccaccio è acre: «Sarà  la volta buona che vediamo i quattro parlamentari liguri sul territorio….»
Un tweet che però scoraggia subito i roboanti annunci della pattuglia grillina da Roma, che immediatamente riunisce in assemblea i deputati e i senatori presenti, per ponderare con una maggiore riflessione cosa fare.
Vengono contattati i 5 Stelle del meet-up locale e i consiglieri, che persuadono i parlamentari «a evitare l’effetto passerella».
Troppo alto il rischio di relegare la tragedia di Genova a uno sfondo dietro al selfie di Alessandro Di Battista.
L’esito del ripensamento sono due dichiarazioni stringate: «Non ci sono le condizioni», «verremo quando sarà  utile alla popolazione».
La mediazione con i genovesi, spiega Paolo Putti, capogruppo in consiglio comunale, prevede che i parlamentari arrivino «ognuno per conto proprio», individualmente e non in massa, ricevendo una volta qui le regole d’ingaggio, in quale municipio darsi da fare e come rendersi utili.
Possibilmente lontani dalle telecamere.
Per questo motivo, è top secret anche la destinazione di Beppe Grillo che invece, sfidando i mugugni, oggi sarà , come annunciato, con pala in mano, in mezzo alla fango e ai detriti di Genova.
Ma nel giorno delle polemiche cittadine, per una strana coincidenza, il comico perde anche il suo unico senatore genovese.
Il quindicesimo in tutto tra i grillini di Palazzo Madama. Cristina De Pietro, tra l’altro sorella di Stefano, consigliere comunale di Genova, lascia il M5S e passa al Misto.
Una scelta che non avrebbe a che fare con la contestuale querelle che riguarda il suo gruppo e la sua città . Ma una decisione, racconta chi gli è vicina, maturata da tempo, per «motivi personali».
Le dimissioni dal M5S erano pronte già  la settimana scorsa, ma sarebbero rimaste nel cassetto, d’accordo con i colleghi, per non alimentare retroscena prima della kermesse del Circo Massimo.
Troppe grida, troppe urla, lo spirito movimentista e eccitato dei compagni e le scenografie delle ultime risse in aula, non facevano più per lei.

Ilario Lombardo
(da “il Secolo XIX“)

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