Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile
MOLTI PASSEGGERI SENZA BIGLIETTO RIFIUTANO DI PAGARE LA SOVRATASSA E ANCHE DI ESIBIRE I DOCUMENTI
Aggressioni verbali: insulti e minacce, agli interessati e alle loro famiglie. Aggressioni fisiche: sputi, spintonamenti, schiaffi, pugni.
Risultati: contusioni, tagli, assenze per infortunio disposte dai medici, stress. E paura. Quella che vivono quotidianamente i controllori a bordo dei treni regionali, sulla linea Torino-Milano e non solo, alle prese con situazioni difficilmente gestibili: anche dai più esperti.
LINEE CRITICHE
Che questo basti a spiegare la carenza di personale operativo e quindi la sistematica chiusura di tre carrozze sui treni regionali, sulle 10 previste dal contratto di servizio Regione-Trenitalia, è materia di discussione: i sindacati, infatti, non ci stanno.
Nessun dubbio, invece, sull’aumento delle aggressioni verbali e fisiche lungo una serie di linee: in particolare Torino-Milano, Chivasso-Pinerolo, Torino-Savona, Torino-Bardonecchia/Susa, Torino-Fossano-Cuneo.
FENOMENO IN AUMENTO
Fenomeno in crescita, stando ai dati forniti da Trenitalia: 9 aggressioni verbali nel 2015, 15 nel 2016; 17 aggressioni fisiche nel 2015, 22 nel 2016.
Quattro solo questo mese, alcune ancora da formalizzare con denuncia. Molti di più i casi in cui, a fronte di «semplici» insulti o minacce, la denuncia non viene presentata. Ricorrenti le dinamiche: passeggeri senza biglietto, da soli o in gruppo, che rifiutano di pagare la sovrattassa e di esibire i documenti, salvo esplodere quando il controllore chiede l’intervento degli agenti delle forze dell’ordine presenti sul treno o della Polfer alla prima stazione.
«Ma anche squilibrati – spiega Marco Acutis, docente di Agraria e dal 2002 pendolare sulla Torino-Milano, integrando la casistica fornita da Trenitalia – Talora scoppiano diverbi, seguiti dall’intervento della polizia, non è raro che si verifichino situazioni di potenziale pericolo da parte di singoli o assembramenti». Insomma: non si può dire che ci sia una situazione di assoluta tranquillità ».
Ne sa qualcosa il controllore colpito ad un occhio da un cellulare scagliato da una donna inferocita. Quello atteso fuori stazione dal passeggero «verbalizzato». O quelli che devono anche fronteggiare l’intervento di uno o più passeggeri solidali con chi non è in regola.
I DETERRENTI
Da qui il ricorso sempre più spinto alla videosorveglianza sui «Minuetto» e sui «Vivaldo»: sui 14 treni treni «Jjazz» del Piemonte è addirittura «live».
Deterrenti in aggiunta alle attività delle forze dell’ordine e della Polfer. Un problema che i sindacati non negano ma scindono dal discorso delle carrozze chiuse.
«Le aggressioni sono diventate un fenomeno grave che incute paura, specialmente al personale più giovane – spiega Giuseppe Campanella, segretario regionale Orsa -. La situazione è critica non solo sui treni ma anche nei piazzali di Torino smistamento, all’altezza del Lingotto, dove si trova di tutto. Per questo, restando ai treni, chiediamo una sorveglianza più massiccia a bordo».
Qui sta il nodo, secondo l’Orsa: In Piemonte mancano una quarantina di capitreno. Questa, e non le aggressioni, è la ragione che impone la chiusura di alcune carrozze». Trenitalia precisa di avere predisposto un piano di assunzioni e di turn over del personale interno che prevede il rientro dei capitreno ad oggi mancanti: «Soluzioni provvisorie per garantire il maggior numero possibile di servizi con il personale al completo».
Alessandro Mondo
(da “La Stampa”)
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Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile
TECNICI ESPERTI E OPERAI HANNO VISTO PIU’ LONTANO DI TANTI MANAGER
La popolazione aumentò del cinquanta per cento in pochi anni. Il grande petrolchimico era diventato il
cuore pulsante di tutto il Nord Sardegna: fabbriche in funzione a pieno ritmo, migliaia e migliaia di assunzioni e un indotto sempre più largo.
Cinquant’anni dopo, la zona industriale di Porto Torres è un cimitero di ferro: industrie ferme, disoccupazione a livelli record, terreni contaminati, bonifiche mai concluse, progetti di riconversione annunciati e quasi subito bloccati.
Le proteste degli operai hanno alimentato le discussioni nei talk show, ma a parte l’eco mediatico anche l’Isola dei cassintegrati è finita nel solito dimenticatoio.
Tutti sono stati licenziati, i sindacati hanno quasi perso la voglia gridare e ancora si aspetta che parta il grande piano della chimica verde.
Nel frattempo qualcuno ha reagito. Mettendo insieme le poche forze di tanti.
I licenziati sono diventati imprenditori e dalle macerie della vecchia zona industriale parte ora l’attività di due nuove aziende: una offre già lavoro a cinquanta persone. «Questo è il bel risultato della sinergia di molti soggetti che hanno lavorato insieme — ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, arrivato in Sardegna per battezzare una delle due nuove aziende — Queste esperienze sono davvero un bell’esempio: è stata premiata la perseveranza. La volontà è bastata a superare tutte le difficoltà affrontate nel progetto giorno per giorno».
Due anni fa lo stabilimento della Isolex stava abbassando le serrande del capannone, nascosto tra le ciminiere dell’ex petrolchimico Eni. Stop all’attività , lavoratori tutti licenziati.
Ma gli operai non si sono arresi: hanno messo insieme i soldi della liquidazione e i pochi risparmi e così l’azienda è rinata. Addirittura rilanciata.
La produzione è sempre la stessa, ma l’alta qualità sta facendo la differenza e così i materiali di isolamento termico prodotti a Porto Torres sono tra i più apprezzati sul mercato nazionale.
La scommessa l’hanno fatta (e vinta) 19 ex lavoratori, ai quali ora si aggiungono 4 dipendenti, 1 consulente e 24 agenti commerciali che girano l’Italia.
Il bilancio del 2015, primo anno di attività totalmente autogestita, è stato chiuso senza debiti. Anzi, con un piccolo utile che dà molta speranza.
«Non solo siamo riusciti a far ripartire un’azienda destinata alla chiusura, ma stiamo raggiungendo livelli di eccellenza — dice Tonino Tanda, uno degli animatori del progetto — Per giocare una sfida così importante abbiamo scelto di puntare in alto e i risultati si vedono».
La Turris Sleeve inaugura in questi giorni i suoi impianti ma il progetto è nato nel 2012: in dieci, tutti ex lavoratori del Petrolchimico, hanno pensato di avviare uno stabilimento per la produzione di etichette flessibili che servono per il confezionamento di bottiglie, farmaci, cosmetici e tantissimi altri prodotti.
Lastre bio ad altissima tecnologia, per di più particolarmente richieste dalle multinazionali. L’iter per realizzare l’impianto è stato lungo, ma la cooperativa è formata da persone tenaci e la sfida è andata avanti.
Il risultato giustifica l’orgoglio: ecco il primo stabilimento europeo che produce questo tipo di pellicola. Gli altri sono in Cina, Canada, Bielorussia e Giappone.
Tecnici esperti e operai hanno visto più lontano di molti manager: hanno chiesto all’Inps l’anticipo dei sussidi di mobilità , li hanno investiti e hanno formato la cooperativa che ora ambisce a far arrivare in mezzo mondo le produzioni sarde. «Questa esperienza ci dà una doppia lezione — dice Marco Dettori, segretario organizzativo della Uiltec — La prima è che il nostro territorio ha ancora molte potenzialità da sfruttare. La seconda è che non dobbiamo arrenderci, anche di fronte a scelte penalizzanti dei grandi gruppi industriali possiamo trovare la forza di reagire e rilanciare. L’industria nel Nord Sardegna non si deve considerare morta e sepolta».
Nicola Pinna
(da “La Stampa“)
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Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile
POI IL COMPUTER DI BORDO HA DECISO DI SPEGNERLI: “SPERANZA LIMITATA DI RISENTIRE IL LANDER”
Il lander Schiaparelli della missione ExoMars è caduto sul suolo di Marte.
I suoi retrorazzi hanno funzionato soltanto per tre secondi, dopodichè il computer di bordo li ha spenti. Lo ha detto Paolo Ferri, direttore delle operazioni di volo delle missioni dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa).
“I dati che abbiamo – ha detto ancora Ferri – dicono che la sequenza di atterraggio ha funzionato fino al distacco dello schermo posteriore del paracadute. l’accensione dei retrorazzi ha funzionato solo per tre secondi, poi il computer di bordo ha deciso di spegnerli”. A quel punto Schiaparelli si è ritrovato con i razzi spenti e “supponiamo che il lander sia semplicemente caduto”.
Battiston, “Missione riuscita per i dati”.
“Per la quantità e qualità di dati che Stiamo ricevendo da Exomars è una missione riuscita. L’Europa ha un suo satellite nell’orbita di Marte”. Lo afferma il presidente dell’Agenzia spaziale italiana Roberto Battiston.
“Il Trace gas orbiter è perfettamente in orbita e operativo, e quindi in grado di monitorare e trasmetterci i dati sulla composizione dell’atmosfera marziana; il lander Schiaparelli, che era un test, a quanto sembra ha eseguito tutte le manovre previste fino a pochi secondi dal contatto con il suolo, come l’apertura del paracadute, lo sganciamento dello scudo termico e l’accensione dei razzi di frenata – prosegue Battiston. Ci mancano i dati sugli ultimi secondi sui quali i tecnici stanno lavorando. Complessivamente siamo incoraggiati a proseguire il lavoro per exomars 2020, uno degli argomenti fondamentali della ministeriale”.
La ricostruzione dell’Esa.
Ma per l’Esa e Thales alenia space, l’azienda che ha costruito le sonde, tuttavia, è tutto ancora da verificare. L’Ente spaziale europeo resta cauto sulla sorte del modulo che, dopo essersi sganciato dalla sonda euro-russa Exomars, sarebbe dovuto “ammartare” nella serata del 19 ottobre 2016. Il segnale con Schiaparelli è stato perso un minuto prima del contatto con il suolo.
È Stato confermato – fa sapere l’Esa – che i propulsori sono stati attivati brevemente, tuttavia sembra probabile che si siano spenti prima del previsto, ad un’altitudine che deve ancora essere determinata.
I dati sono stati parzialmente analizzati e confermano che le fasi di entrata e discesa si sono svolte come previsto, con alcuni eventi divergenti da quanto previsto dopo l’espulsione dello schermo termico posteriore e del paracadute. L’espulsione stessa sembra essere avvenuta prima del previsto, ma l’analisi non è ancora completa.
I dati essenziali che Schiaparelli ha inviato alla sonda madre Tgo durante la discesa sono stati scaricati e attualmente gli esperti li stanno analizzando.
Le prime indicazioni dai segnali catturati dal Giant metrewave radio telescope (Gmrt), uno schieramento sperimentale di telescopi situato a Pune, in India, e dall’orbita, da Mars express dell’Esa, suggeriscono che il modulo abbia completato con successo la maggior parte delle fasi previste nella sua discesa di 6 minuti attraverso l’atmosfera marziana.
Queste includevano, per esempio, la decelerazione attraverso l’atmosfera e l’apertura del paracadute e dello scudo termico.
Ma i segnali registrati dalla stazione di Pune e da Mars express si sono arrestati subito prima che il modulo toccasse la superficie come previsto. Discrepanze tra i due set di dati sono all’analisi degli esperi al Centro operazioni spaziali dell’Esa a Darmstadt, in Germania.
La telemetria dettagliata registrata dal trace gas orbiter era necessaria per meglio comprendere la situazione. Allo stesso tempo in cui Schiaparelli affrontava la discesa, il modulo orbitante effettuava una manovra cruciale di inserimento in orbita – ‘Mars orbit insertion’ – completata con successo.
“Per quanto la speranza sia sempre l’ultima a morire, c’è una speranza limitata di poter risentire il lander Schiaparelli”, dice da Parigi il portavoce dell’Esa, Franco Bonacina. Riguardo la possibilità che il lander Schiaparelli possa essersi schiantato su Marte, Bonacina aggiunge: “Difficile dire al momento che sia stato uno ‘schianto’, gli scienziati della missione stanno studiando una mole enorme di dati e le analisi sono in corso”.
“Il team dello strumento Amelia” che si trova a bordo del lander Schiaparelli “crede che la maggioranza dei loro dati sia stata raccolta”, scrive in un tweet su Esa Operation Dan McCoy, project manager della missione ExoMars.
Amelia (Atmospheric Mars Entry and Landing Investigation and Analysis), è un importante strumento a bordo del lander che avrebbe dovuto testare le tecnologie di entrata nell’atmosfera, di discesa del lander e dell’atterraggio di Schiaparelli su Marte. Principal Investigator dello strumento Amelia è la scienziata Francesca Ferri dell’università di Padova.
“Per la quantità e qualità di dati che stiamo ricevendo Exomars è una missione riuscita. L’Europa ha un suo satellite nell’orbita di Marte”, afferma il presidente dell’Agenzia spaziale italiana Roberto Battiston.
“Il Trace gas orbiter è perfettamente in orbita e operativo, e quindi in grado di monitorare e trasmetterci i dati sulla composizione dell’atmosfera marziana; il lander Schiaparelli, che era un test, a quanto sembra ha eseguito tutte le manovre previste fino a pochi secondi dal contatto con il suolo, come l’apertura del paracadute, lo sganciamento dello scudo termico e l’accensione dei razzi di frenata – prosegue Battiston – Ci mancano i dati sugli ultimi secondi sui quali i tecnici stanno lavorando. Complessivamente siamo incoraggiati a proseguire il lavoro per Exomars 2020, uno degli argomenti fondamentali della ministeriale”.
Il lander “è entrato nell’atmosfera marziana. Il suo scudo termico ha funzionato propriamente. Ha aperto il paracadute all’altitudine corretta. Poi, i dati indicano un comportamento non esattamente come ci aspettavamo.
Ma tutto l’hardware del lander si è comportato correttamente”, aveva detto Andrea Accomazzo, capo delle operazioni planetarie dell’Esa, rispondendo alle domande sul ”debutto” del lander Schiaparelli, lanciato ieri su Marte. Sei minuti che hanno tenuto l’Europa con il fiato sospeso, operazioni seguite da una notte ”silenziosa”, che i tecnici di Darmstadt hanno monitorato analizzando i dati a disposizione.
“Dal punto di vista ingegneristico questi dati sono esattamente ciò che volevamo”, aveva aggiunto Accomazzo riferendosi a quanto trasmesso dalla sonda fino a 50 secondi prima dell’impatto sul suolo marziano.
Qualcosa di anomalo è accaduto, avevano detto gli scienziati, dopo il rilascio del paracadute supersonico e durante la discesa della sonda di cui si erano perse le tracce circa un minuto prima del touchdown.
Un giallo che l’Agenzia ora ha parzialmente risolto studiando i dati a disposizione: i 600 megabyte raccolti dalla sonda Tgo.
“Non è stato un problema di comunicazioni”, aveva chiarito l’Esa il giorno dopo, attraverso le parole di Paolo Ferri, responsabile delle operazioni di volo delle missioni dell’Agenzia Spaziale Europea, che ha spiegato come in nessuno degli ulteriori passaggi avvenuti nella notte la sonda Mro (Mars Reconnaissance Orbiter) della Nasa ha potuto intercettare alcun segnale del lander della missione ExoMars.
I dettagli sulla prima notte del lander sono stati illustrati durante la conferenza stampa Esa. “Non sappiamo se il lander è integro”, aveva spiegato Jan Worner, direttore generale dell’Agenzia spaziale europea, rispondendo alle numerose domande dei giornalisti presenti all’Esoc.
In ogni caso, aveva insistito il numero uno dell’Esa, la missione ExoMars 2016 è da considerarsi un successo anche perchè la sonda madre, Tgo (Trace Gas Orbiter) è entrata regolarmente nell’orbita marziana, funziona in maniera nominale e quindi continuerà a raccogliere dati utili per preparare la missione del 2020 in cui è previsto l’atterraggio su Marte di un rover con una trivella, di fabbricazione italiana, che perforerà il terreno marziano fino a 2 metri di profondità alla ricerca di tracce di vita presente o passata.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile
ERA SUL QUESITO “INGANNEVOLE” DEL REFERENDUM, PRESENTATO DA M5S E SIN. ITAL.
Il quesito referendario è neutrale e il ricorso in questione non rientra nelle competenze della giustizia
amministrativa.
Con queste motivazioni il Tar del Lazio ha respinto il ricorso sul quesito del referendum costituzionale del 4 dicembre presentato da M5s e Sinistra italiana. Secondo il Tribunale amministrativo il ricorso “è inammissibile per difetto di giurisdizione”.
Il Tar in pratica ha ammesso la propria impossibilità a decidere sulla materia che non rientra tra quelle demandata alla giustizia amministrativa.
Secondo i giudici amministrativi, “l’individuazione del quesito contestato è riconducibile alle ordinanze adottate dall’Ufficio Centrale per il Referendum istituito presso la Corte di Cassazione ed è stato successivamente recepito dal Presidente della Repubblica nel decreto impugnato”.
“Sia le ordinanze dell’Ufficio Centrale per il Referendum” che hanno predisposto il quesito referendario “sia il decreto presidenziale nella parte in cui recepisce il quesito – si legge nella sentenza – sono espressione di un ruolo di garanzia, nella prospettiva della tutela generale dell’ordinamento, e si caratterizzano per la loro assoluta neutralità , che li sottrae al sindacato giurisdizionale”.
La decisione è stata assunta dalla sezione 2bis del Tar. Il ricorso era stato presentato dalle opposizioni che avevano giudicato come ingannevole il contenuto del quesito referendario.
(da agenzie)
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Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile
VIAGGIO TRA GLI STUDENTI A LAS VEGAS SU CANDIDATI CHE NON LI CONQUISTANO
Las Vegas, Università del Nevada: oggi qui si è respirato l’orgoglio studentesco di essere i prescelti di questo terzo ed ultimo dibattito, in uno scontro per le presidenziali che si è trascinato dietro un’emozione composta e, onestamente, non eccessiva.
Più di 1000 studenti e volontari si sono impegnati nell’organizzazione di questo evento, la mascotte della UNLV è protagonista di una giornata dove tutto è colorato di rosso bianco e blu: i colori di un’America che ha invece molte sfumature.
Gli studenti sono tanti, diversi, e il melting-pot culturale di questo Paese è quello che fa di questo Paese l’America vera, con le sue contraddizioni e le sue libertà .
Meta di tanti, ma trampolino per pochi fortunati. Qui si studia per diventare qualcuno, prima di diventare qualcosa: studiare è un’opportunità più che un diritto da queste parti, e lo sa bene anche Lydia, studentessa afroamericana della California, che è stata particolarmente attenta ai punti del dibattito in cui i due candidati si sono sfidati su un tema importante come quello dell’educazione.
Si fa fotografare emozionata con il cerchietto in testa e le stelle della sua bandiera. Insieme a lei c’è Dannica, 22 anni, ha origini filippine ma è cresciuta qui, dove la sua famiglia si è trasferita più di 12 anni fa. Studia business management, vuole diventare una “business woman”, ma non nasconde quel lato fortunatamente ancora adolescente e molto “America’s got talent” di poter realizzare anche il sogno di diventare una cantante famosa.
Alla fine del dibattito sorride ma è più indecisa di prima e non sa davvero chi potrebbe essere la persona migliore tra i due candidati di oggi per rappresentare il ruolo più ambito del mondo.
È stata pro Trump fin dall’inizio, oggi è più vicina a Hillary sui punti dedicati alle donne e alle difficili scelte che a volte solo le donne possono comprendere e sostenere. Trump si dichiara in questo dibattito anti-abortista, la senatrice Hillary sostiene fortemente che “non tocca ai governi decidere la scelta più difficile e dura che una donna deve fare. Non dobbiamo diventare come la Cina o la Romania” dice.
Le donne, poi, a quanto pare sono proprio un punto debole per Mister Trump.
Ma chi vince? Se lo chiediamo a Lamont, autore di “The Horoscope of the USA”, è Trump. Trump e ancora Trump. Anche lui afroamericano, cresciuto a Chicago, vede in Trump qualcosa di diverso.
Parla di Chicago come una città a pezzi, specchio di un Governo che non ha fatto nulla per migliorare le condizioni di vita di alcune zone del Paese e di un Presidente, Obama, che si è dimenticato della sua gente. Appassionato di astrologia fa notare che sia Obama che Bill Clinton appartengono al segno zodiacale del leone: Hillary è uno scorpione nell’arena dei leoni, e non cambierebbe nulla se diventasse il nuovo presidente.
Trump ha i suoi fan. Diversi, alcune volte insospettabili. C’è chi si dichiara sfacciatamente con una t-shirt che dice “Trump 2016- Let’s rebuild America”, chi ne ha un’altra con i volti di Hillary e Bill Clinton insieme nello slogan “Get two for one”, ne prendi due con uno! Durante lo scontro tra i due candidati ci si schiera nella sala del watch-debate party: si applaude se è Hillary a tirare il colpo giusto, si esulta grossolanamente se è Donald a mettere in difficoltà l’avversario
I trumpisti sono forse più rudi, e non nascondono il compiacimento per alcune affermazioni del loro leader. Hillary invece – non c’è dubbio – è rappresentata da un pubblico più soft ed elegante.
La hall del watch-debate era colma di addobbi e di stand. Per gli ospiti il catering ha preparato un buffet molto americano e molto abbondante, e chiedendo agli studenti qualche previsione su chi sarà il vincitore di questa sfida c’è chi azzarda una metafora gustosa: “E’ come scegliere se mangiare uno di questi hot-dog o uno di questi cupcake”, devi solo decidere con cosa vuoi ingrassare”.
Ted G. Jelen, Ph.D, Professore del dipartimento di Scienze politiche della UNLV esamina questo dibattito e queste elezioni: “Le posso paragonare a quelle del 1824, in uno scenario in cui nessuno dei candidati ottenga un numero di voti elettorali sufficiente per vincere le elezioni, la scelta dei presidenti è decisa attraverso un ballottaggio della camera dei Rappresentati. Quello del 1824 fu l’unico caso in cui ciò accadde. Ma sono paragonabili a quelle elezioni anche per le figure che i candidati rappresentano e che sembrano in qualche maniera reinterpretate” dice.
Alla domanda su quale tipo di America avrebbero bisogno oggi gli americani e di quale America ha bisogno invece il mondo il professore risponde: “C’è bisogno per tutti di un Paese più forte ma anche più empatico. Aperto agli altri per diventare, con il mondo davanti, un posto più solido”.
Alcuni studenti discutono intorno a un tavolo su Putin e Gorbaciov: l’impressione è che ci sia una coscienza. E’ sottile da parte di alcuni, ma c’è un approccio più umile e consapevole di essere un’America più debole.
In altri invece domina la forza dell’orgoglio americano: quello di non sentirsi minacciati da nessuno, di essere giovani e forti. Non sono mancate le proteste fuori e dentro. Le forze dell’ordine hanno monitorato l’università tutto il giorno e sono stati obbligatori i metal detector per entrare, e all’ingresso della UNLV c’era anche il banchetto dei selfie: 4 dollari per indossare la maschera di Hillary o Trump e farsi la foto pazza di questo “Big day” universitario. Ma quasi tutti hanno rinunciato alle maschere.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile
NEL CONFRONTO FINALE E’ SCONTRO SU PUTIN, TASSE E DONNE, NESSUNA STRETTA DI MANO… SONDAGGIO CNN: “HA VINTO HILLARY”
L’accusa più pesante, quella delle elezioni “truccate”, ha surriscaldato il clima del terzo e ultimo
confronto tra i candidati alla Casa Bianca, Hillary Clinton e Donald Trump, all’Università del Nevada a Las Vegas. Il tycoon ha puntato il dito contro l’ex first lady, dicendosi pronto a rifiutare l’esito delle elezioni.
“Hillary è colpevole di un crimine molto grave, non dovrebbe essere possibile per lei partecipare a queste elezioni, per questo dico che sono truccate”, ha dichiarato Trump, riferendosi alla vicenda delle mail che ha coinvolto la candidata dei democratici.
Netta la replica di Hillary: “Ogni volta che Trump pensa che le cose non vanno bene pensa che tutti ce lo abbiamo con lui. Abbiamo sempre avuto elezioni libere, accettiamo sempre i risultati anche se non ci piacciono, dobbiamo sempre accettare risultati”.
Un confronto molto accesso, quello tra Clinton e Trump, che hanno risposto alle domande di Chris Wallace, anchorman di Fox News, emittente vicina ai repubblicani. Hillary ha scelto un abito bianco, rispolverando il look usato alla convention di Philadelphia, quando fu incoronata candidata dei democratici, mentre Trump ha indossato un abito blu scuro con cravatta rossa e la spilletta della bandiera americana. Secondo la rilevazione della Cnn, il 52% degli ascoltatoti ha assegnato la vittoria a Hillary. Anche secondo il Washington Post Trump ha perso l’occasione per recuperare terreno
Zero fair play tra i due candidati, che non si sono stretti la mano nè prima di iniziare il confronto nè al termine del dibattito.
Scontro totale su tutti i temi al centro del dibattito, dall’immigrazione all’economia. Trump ha ribadito di voler costruire un muro anti-migranti al confine tra gli Stati Uniti e il Messico; contraria invece la Clinton, che ha accusato il suo rivale di voler mettere in atto una “deportazione forzata, separando i bambini dalle loro famiglie”.
Il clima si è fatto incandescente quando Hillary ha tirato in ballo le accuse, rivolte alla Russia e a Putin, di un’azione di spionaggio nei confronti degli americani.
“Il governo russo ha portato avanti un’azione di spionaggio contro gli americani. Hanno hackerato gli account di cittadini privati e istituzioni e poi hanno passato queste informazioni a Wikileaks per pubblicarle su Internet. Vorrei che Trump ammettesse questo hackeraggio da parte della Russia e lo condannasse”, ha dichiarato. Trump ha replicato affermando di non conoscere e di non aver mai incontrato il presidente russo. “Non è il mio miglior amico”, ha chiosato.
Un botta e risposta che è andato avanti per qualche minuto, con la Clinton che ha alzato il tiro affermando che Putin “vuole un bamboccio come presidente americano”.
Altro terreno di scontro è stato il cosiddetto ‘pussygate’, lo scandalo delle donne che hanno denunciato di essere state molestate da Trump.
“Io non mi sono nemmeno scusato con mia moglie perchè non ho incontrato mai queste donne. Forse queste donne volevano un quarto d’ora di notorietà . Io sono innocente. Sono tutte bugie, sono tutte falsità “, ha dichiarato Trump.
Il tycoon ha rincarato la dose e ha accusato i democratici di pagare queste donne per le dichiarazioni rese. “Nessuno rispetta le donne più di me”, ha aggiunto.
“In numerosi comizi ha detto di non aver fatto quelle cose a quelle donne perchè non erano abbastanza carine per essere molestate. Pensa che denigrare le donne lo renda più forte. Qualsiasi donna sa cos’è essere trattata in questo modo, ecco come Donald tratta le donne, le denigra”, ha replicato Hillary.
Scambio di accuse tra Trump e Clinton sulla politica estera e sulle fondazioni di famiglia. Guardando all’estero, Trump ha attaccato l’ex segretario di Stato sulla lotta “inconsistente” all’Isis e sulla situazione in Siria. “Quella di Aleppo in Siria è una catastrofe per colpa di Hillary Clinton”, ha dichiarato il candidato dei repubblicani, che ha accusato l’amministrazione Obama di voler aiutare ribelli “che non si sa chi siano”.
Trump ha invitato Hillary a “restituire i soldi dati alla Fondazione Clinton da Paesi come l’Arabia Saudita e il Qatar che abusano delle donne e uccidono le donne e gli omosessuali”.
L’ex first lady ha ricordato con orgoglio l’intervento della Clinton Foundation in soccorso di terremotati di Haiti: “Mentre la Fondazione Trump – ha aggiunto – spende i soldi per comprare ritratti di Donald”.
Duello acceso anche sull’economia con Trump che si è detto pronto a mettere in moto una macchina economica capace di generare una crescita del 5-6% all’anno.
Hillary ha accusato il rivale di proporre una ricetta che impatterà in modo pesante sul debito americano, mentre per le sue proposte, ha sottolineato, “ci sono tutte le coperture”.
“Non aggiungerò neppure un centesimo al debito nazionale. Noi stiamo già crescendo, ma per crescere ancora di più dobbiamo investire sulla classe media, sulla famiglia”, ha aggiunto Hillary.
(da “Huffingtonpost”)
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