Ottobre 28th, 2016 Riccardo Fucile
IL NUOVO REGOLAMENTO M5S NON HA RAGGIUNTO NEMMENO LA MAGGIORANZA ASSOLUTA DEGLI AVENTI DIRITTO, NON SOLO IL QUORUM
L’avvocato Lorenzo Borrè, legale degli espulsi di Roma e Milano, non perde tempo e commenta a caldo il flop della consultazione on line del M5S sul non statuto.
Il nuovo regolamento del M5S votato dagli attivisti non solo non centra l’obiettivo del 75% dei votanti — che secondo il codice civile andava raggiunte — ma non raggiunge nemmeno la maggioranza assoluta degli aventi diritti al voto.
Il blog del leader 5 Stelle invitava infatti la Rete a scegliere tra due opzioni di Regolamento: uno con espulsioni, l’altro con sospensione ‘a vita’ nei casi più gravi. “Nessuno dei due regolamenti — fa notare all’Adnkronos Borrè — ha ottenuto il voto favorevole della maggioranza degli iscritti: siamo a 61.071 per uno e 21.535 per l’altro, a fronte di 135.023 aventi diritto. Quindi il regolamento più votato ha ottenuto un quorum inferiore al 50% e, di conseguenza, certamente inidoneo a modificare lo Statuto”.
Cosa intende dire l’avvocato?
Beppe Grillo ha annunciato che 87mila sono stati i partecipanti al voto e che il 70% di essi ha votato per una delle due opzioni di modifica. Ovvero circa 61mila persone.
Il voto del 50% +1 degli iscritti ammonta a 67511. Non si arriva quindi al 50% + 1. Borrè racconta poi di essere pronto a rappresentare alcuni iscritti in un’azione collettiva contro il regolamento votato oggi: una sorta di ‘class action’ per la quale “si stanno già raccogliendo fondi“.
Un ricorso, spiega, può essere intentato subito: “Non è necessario aspettare di essere espulsi o sospesi per ricorrere: il nuovo Non Statuto si potrebbe impugnare già domani. Alcuni miei assistiti mi hanno già chiamato e stanno valutando il da farsi: il ricorso giudiziario resta l’extrema ratio per far valere i propri diritti visto che la mediazione di una convocazione assembleare per discutere e varare un nuovo Statuto e Regolamento a norma di legge è stata negata”.
Per l’avvocato, infatti, “al di là del quorum il vizio di procedura resta” e quello più evidente è quello che attiene “al merito della questione: sono state fatte votare, come la società di controllo conferma, due diverse versioni di regolamento e, contemporaneamente, la modifica al Non Statuto che doveva recepire una delle due versioni di regolamento, non sapendo però quale sarebbe stata votata”.
In pratica sul voto al Non Statuto si tratterebbe del classico caso di un voto su un documento con “una norma in bianco”.
In secondo luogo “resta il connubio storico e illegittimo tra le due diverse associazioni M5s: il regolamento approvato, ad esempio, prevede che i componenti del comitato di appello siano determinati da un consiglio direttivo che non è previsto dall’associazione del 2009 (quella che ha come soci gli attivisti iscritti) ma da quella del 2012” composta da tre persone: Grillo, suo nipote e il notaio.
“A mio modo di vedere non è possibile che un’associazione indichi quali debbano essere i componenti di un organismo ad un’altra associazione. Capisco che può sembrare esagerato ma è come se il Pd dicesse a Forza Italia come deve nominare i suoi organismi” spiega il legale.
(da agenzie)
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Ottobre 28th, 2016 Riccardo Fucile
LA MAIL INTERNA DOVE SI INVITAVA AL SILENZIO STAMPA … E IN RETE LE IMMAGINI DELLE FIRME RACCOLTE AL CIRCO MASSIMO A ROMA E UTILIZZATE PER LE REGIONALI IN EMILIA ROMAGNA
Ieri il consigliere comunale di Bologna Massimo Bugani (M5S) intervistato a proposito della questione delle presunte irregolarità durante la raccolta delle firme per la presentazione della lista del Cinque Stelle alle elezioni regionali dell’Emilia Romagna del 2014 ribadiva la sua fiducia nell’operato della magistratura e dichiarava di essere a disposizione degli inquirenti per eventuali chiarimenti sulla vicenda. Bugani inoltre adombrava l’ipotesi di un complotto, a suo dire ordito ai suoi danni da alcuni amici dell’ex consigliere regionale pentastellato Andrea Defranceschi che non era stato ricandidato ed era stato espulso dal partito di Beppe Grillo.
Ma dopo due anni di indagini condotte dalla Pm Michela Guidi e partite in seguito ad un esposto depositato da due attivisti del MoVimento di Monzuno, Stefano Adani e Paolo Pasquino la Procura di Bologna sembra avere in mano sufficienti elementi per procedere — al momento contro ignoti — per il reato di violazione di un articolo della legge elettorale che riguarda chi forma falsamente liste di elettori o di candidati.
Nel frattempo un articolo di Caterina Giusberti pubblicato oggi sull’edizione locale di Repubblica porta alla luce un altro aspetto della vicenda: si tratta dell’indicazione a non commentare sia online che con la stampa la notizia dell’esposto.
L’ordine, diffuso via mail nell’autunno 2014, è riportato in una serie di email circolate ad inizio novembre di quell’anno dopo la diffusione della notizia riguardo l’esposto presentato da Adani e Pasquino.
In una prima mail, inviata l’1 novembre si invita a NON rispondere ad alcun tipo di domanda o commento sull’argomento dell’esposto “per non contribuire a nostra volta a dare visibilità ad un evento che si vuole strumentalizzare, invece che lasciare che trovi soluzione seguendo il naturale percorso istituzionale“.
Insomma, poco più che un invito — in vista delle elezioni — stare allineati e coperti per evitare il fuoco nemico.
Una delle risposte a questa email, che pare sia circolata non tra gli attivisti ma tra le “alte sfere” del MoVimento in Emilia Romagna qualcuno rispose aggiungendo una considerazione circa il trattamento da riservare ai due attivisti di Monzuno: per quanto se lo meriterebbero sarebbe molto più saggio NON espellerli fino alla data delle elezioni, per non trasformarli da vigliacchi ad eroi.
Per inciso i due attivisti, minacciati di querela da Bugani (querela che non è mai stata depositata) non sono mai stati espulsi dal MoVimento.
A proposito della vicenda delle email Stefano Adani ha scritto poco fa un post su Facebook
Oggi leggo su Repubblica di una mail che mi riguarda. Premesso che non mi sentirò mai un vigliacco per aver denunciato quello che secondo me era un reato, poi sarà la magistratura a decidere se in effetti lo era o meno ( anche se indiscrezioni di stampa di questi giorni fanno supporre che avessi visto bene) Premesso che i controlli in occasioni delle raccolte firme eravamo noi del M5S a farli agli altri, primi a puntare il dito e urlare quando verificavamo irregolarità . Premesso che le censure, richieste di silenzio, richieste di oblio mi hanno sempre fatto schifo e ogni volta che mi sono arrivate…ho urlato più forte! Premesso che non è stato necessario espellermi ” dopo le elezioni” ( per non turbare la campagna elettorale) me ne sono andato io prima.
Saluti omertosi a tutti i grillini che leggeranno questo mio post.
Uno degli episodi contestati è la raccolta firme per le regionali dell’Emilia Romagna avvenuta a Roma durante l’evento al Circo Massimo si svolse il 10, 11 e 12 ottobre 2014.
In quell’occasione in alcuni banchetti allestiti dagli attivisti dell’Emilia Romagna vennero raccolte le firme per le candidature; firme irregolari dal momento che sono state raccolte al di fuori del territorio di riferimento.
Una delle prove è l’immagine dove si vede un’attivista del M5S confermare di essere a Roma (presumibilmente all’interno di uno dei gazebo della sezione regionale del MoVimento) a raccogliere le firme.
Un’altra prova invece è uno screenshot di uno scambio avvenuto proprio sulla bacheca di Massimo Bugani in un post che invitava a recarsi a firmare per la presentazione della lista alle regionali.
Sotto al post di Bugani un attivista commenta annunciando con entusiasmo di aver firmato già al Circo Massimo, commento al quale anche lo stesso Bugani ha messo il “mi piace”.
(da “NetxQuotidiano”)
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Ottobre 28th, 2016 Riccardo Fucile
IL PARTITO DATO VINCITORE NEL VOTO DI DOMANI: LOTTA ALLA CORRUZIONE E TRASPARENZA… OLTRE LA DESTRA E LA SINISTRA, IN CINQUE ANNI DAL 5% A OLTRE IL 20%
«L’altra notte ho sognato che stavo tuffandomi in politica e che sarei stata la prima donna eletta premier in Islanda: un vero incubo, voglio dire, se entri fra le poltrone del potere del cosa ti accadrà ». Birgitta Jà³nsdà³ttir, 49 anni, frangetta da battaglia, poetessa e un tempo portavoce di WikiLeaks, attivista laicissima che elenca fra i suoi personaggi favoriti «Papa Francesco, una rockstar», non dovrà aspettare molto per avere una risposta a questa riflessione, pubblicata qualche mese fa sulla sua pagina web.
Fra poche ore, domani sera, il suo Partito pirata si affermerà molto probabilmente nelle elezioni politiche in Islanda.
Lei, che i suoi fedeli chiamano «La capitana», non sarà magari subito premier, perchè «noi pirati non abbiamo leader».
Ma il suo partito, fra i seggi del potere, dovrebbe entrarci, eccome.
Primo o secondo, poco importa: importa che Birgitta lo fondò con altri compagni neppure 5 anni fa, che raggranellava nel 2013 appena il 5% dei voti, e che oggi li avrebbe quadruplicati: i sondaggi delle ultime ore lo danno infatti oltre il 20% dei suffragi totali, e a votarlo così sarebbero in maggioranza elettori sotto i 40 anni
Temi principali della sua campagna elettorale: lotta alla corruzione, «trasparenza», disgusto per il «sistema», dopo il crollo delle banche islandesi nel 2008 e lo scandalo dei Panama Papers che nello scorso aprile ha travolto il primo ministro Sigmundur Gunnlaugsson.
Per due volte, in pochi anni, l’Islanda ordinata di un tempo è finita in un pozzo, la piccola casa di vetro è andata in frantumi.
Lo choc è ancora qui: e il voto promesso ai Pirati appare come una richiesta di vaccino.
La «capitana» Birgitta l’ha colta al volo, sfuggendo a etichette di destra o di sinistra.
E ha indovinato la presa. Così domani si ritroverà addosso gli sguardi di mezza Europa.
Perchè quello che si reca alle urne è un piccolo Paese, poco più di 300 mila abitanti, per loro volontà fuori dall’Ue. Ma i partiti che si autodefiniscono «pirati» sono ormai 50-60 in tutta l’Unione.
Molti sventolano il vessillo dell’antieuropeismo, e hanno esultato per la Brexit. I corsari di Birgitta sembrano più pragmatici: intanto, però, prendono il timone di casa propria.
Secondo gli ultimi sondaggi, il 17% degli islandesi non ha più fiducia nel proprio Parlamento; e quello è il Parlamento più antico d’Europa, si riunì per la prima volta quasi 1.100 anni fa.
I Pirati propongono agli elettori una nuova Costituzione, «E-democrazia diretta del web», «libertà di informazione» e così via.
Il nuovo governo, dicono, offrirà asilo e cittadinanza onoraria a Edward Snowden, l’ex talpa della Cia divenuto l’idolo mondiale degli hacker.
E ogni proposta sostenuta sul web da un numero di firme pari almeno al 2% della popolazione verrà discussa in Parlamento.
Sempre dal programma del partito, testuale: «Il sistema di voto on-line è il metodo attraverso cui i Pirati risolvono i contrasti e raggiungono il consenso sulle proposte politiche».
Parentele con i grillini italiani? Niente risposte ufficiali, ma la primogenitura dell’idea spetterebbe in questo caso al Movimento 5 Stelle, fondato tre anni prima dei Pirati islandesi
Ieri sera è stato raggiunto un accordo per il dopo voto di Reykjavik: coalizione fra i Pirati e i tre partiti di minoranza finora rimasti all’opposizione.
E non sarà l’«incubo» sognato qualche mese fa dalla «capitana».
Luigi Offeddu
(da “il Corriere della Sera“)
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Ottobre 28th, 2016 Riccardo Fucile
A HILLARY IL VOTO DEI MILLENNIALS
È una generazione che non ha mai amato Hillary Clinton. Eppure questa volta appare pronta a sostenere in massa il candidato democratico alla Casa Bianca il prossimo 8 novembre.
I Millennials, l’ex generazione Y cresciuta agli albori del nuovo secolo, favoriscono Clinton al 49% contro il 21% di Donald Trump, che tra i giovani viene più che doppiato dalla rivale.
Un vantaggio che neppure Barack Obama, eroe di questa generazione, aveva ottenuto tanto. E che se mantenuto potrebbe rivelarsi determinante per una vittoria con i sondaggi nazionali che mostrano ancora un insolito grado di volatilità .
Il responso sui Millennials arriva da uno studio dell’Institute of Politics dell’università di Harvard tra i probabili elettori di età compresa tra i 18 e i 29 anni.
Un’analisi che trova i candidati minori, abitualmente amati dai giovani, fuori corsa: il libertario Gary Johnson vanta un rispettabile 14% — ma ben il 17% di questo 14% dice che potrebbe cambiare opinione — e la verde Jill Stein deve accontentarsi di un 5 per cento.
E a chi andrebbero le preferenze dei sostenitori dei candidati “altri” è altrettanto chiaro. In uno scontro limitato ai due principali sfidanti il successo di Clinton diventa ancora più netto: vince con il 59% contro il 25% dell’avversario
Chi pensasse che questo elettorato conta poco sbaglia.
I Millennials sono ormai la generazione più numerosa in assoluto, avendo superato i baby boomers, i nati all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, nei calcoli del censimento: i 18-34enni nel 2015, definizione formale di questa generazione, erano 75,4 milioni negli Stati Uniti rispetto ai 74,9 milioni di baby boomers tra i 51 e i 69 anni di età .
Una crescita rafforzata da una fascia particolarmente ostile a Trump, i giovani immigrati. Il loro peso nell’elettorato è ormai superiore al 31 per cento
La grande incognita, per l’esito delle elezioni, resta la loro partecipazione al voto, tradizionalmente inferiore a quella degli elettori più anziani.
Il picco lo raggiunsero nel 2008, la prima elezione di Obama, quando ben metà dei Millennials si recò alle urne.
Comunque anche allora meno del 61% dei loro immediati predecessori, la Generazione X dei 36-51 anni di oggi.
Risultato: otto anni or sono erano il 18% dell’elettorato potenziale e furono solo il 14% dei reali votanti. Quattro anni dopo, alla rielezione di Obama, risentirono di un calo di partecipazione, con il 46% che si recò ai seggi
La loro rapida crescita demografica fece tuttavia sì che in quell’occasione, il 2012, rappresentassero il 19% dell’elettorato.
A novembre, se andranno a votare, la loro influenza potrebbe farsi sentire ancora di più: secondo i sondaggi dichiarano una propensione al voto del 49 per cento, vicina a quella effettiva del 2008.
Un loro affollamento delle urne andrebbe a vantaggio di Clinton.
A un esame più approfondito, la portabandiera democratica si dimostra irraggiungibile per Trump in questo elettorato.
Tra le giovani donne e tra i giovani bianchi ha un appoggio nettamente superiore a quello di Obama nel 2012.
Tra le ragazze Clinton fa meglio di 14 punti, tra i bianchi di 2 punti e tra chi è senza una laurea — teoricamente un bacino di voti più sensibile a Trump — di ben 10 punti. Trump, al contempo, fa peggio del suo predecessore Mitt Romney persino in una constituency fedele quale quella dei giovani repubblicani, dove soffre di una voragine di 17 punti, oltre a indurli a una maggior probabilità (salita del 9%) di astensione.
Simili esiti appaiono ormai in una buona parte cementati: solo il 6% dei sostenitori di Hillary e il 5% dei seguaci di Trump afferma che potrebbe cambiare idea entro l’8 novembre.
Per Hillary un ruolo cruciale lo ha svolto il supporto che le ha garantito nelle ultime settimane l’ex rivale alle primarie, il “socialdemocratico” senatore del Vermont Bernie Sanders, che era stato capace di mobilitare le platee giovani e raccogliere la maggioranza dei loro consensi con proposte di college gratuito, aumenti del salario minimo e trasparenza.
«Dopo otto anni di una complicata relazione con i Millennials, negli ultimi giorni della campagna elettorale Hillary Clinton se li sta aggiudicando in modo convincente», ha commentato John Della Volpe, responsabile dei sondaggi dell’Istituto di Harvard.
«Il suo tasso di popolarità nella fascia dei probabili elettori tra i 18 e i 29 anni è aumentato significativamente dall’estate e la combinazione delle sue performance solide nei dibattiti presidenziali e dell’incapacità , sia di Trump che degli altri rivali, di espandere la loro base le da’ un vantaggio di 28 punti».
I Millennials vedono oggi Clinton e non Trump, nonostante il suo populismo ribelle, come il candidato meglio attrezzato per rispondere alle loro inquietudini.
E inquieti lo sono, eccome, davanti a un’economia in lenta ripresa che fatica a creare opportunità per le nuove generazioni.
Un dato esemplare su tutti: la creazione di startup, fucina di innovazione e nuovo lavoro nel Paese, oggi gira ai ritmi più deboli della storia recente.
Le imprese con meno di un anno di età sono scivolate all’8% rispetto al 12% degli anni 80. Nello stesso periodo gli impieghi nelle startup sono diminuiti dal 4% al 2% del totale.
La frenata investe anche l’hi-tech: su oltre mille nuove società tecnologiche che hanno ricevuto fondi nel 2009 e 2010, ha rilevato CB Insight, solo nove, neppure l’1%, hanno raggiunto il miliardo di valore, simbolo di successo consolidato.
Se gli Stati Uniti creassero nuove imprese al ritmo di 40 anni fa, ogni anno comparirebbero altre 200mila aziende e quasi due milioni di posti di lavoro.
Non sorprende così che il 51% della Generazione Y guardi con “apprensione” al futuro nello studio di Harvard e che soltanto il 20% mostri speranza e ottimismo.
Le ragazze bianche hanno espresso la maggior ansia, condivisa dal 60% delle interpellate. In discussione, per tutti, è anzitutto la possibilità di realizzare il “Sogno americano”, con soltanto il 33% delle giovani bianche che crede di poter fare meglio dei genitori sotto il profilo finanziario e un numero di poco superiore, il 36%, di ragazzi convinti di essere in grado di raggiungere un tale traguardo. Un sogno incrinato che i Millennials vorrebbero affidare alle cure del primo presidente donna nella storia del Paese.
Marco Valsania
(da “il Sole24Ore”)
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Ottobre 28th, 2016 Riccardo Fucile
DOPO LA SCARSA PARTECIPAZIONE ALLE PROTESTE A MONTECITORIO E AL VOTO SUL NON STATUTO, IL M5S TEME LA DISAFFEZIONE DELLA BASE
La partecipazione grillina non raggiunge quota 100mila, cioè il 75% degli iscritti. E il flop nel voto per il ‘Non statuto M5S’ diventa subito presso i big e i vertici pentastellati una sorta di psicodramma.
Ormai da giorni il traffico telefonico Milano-Roma è intensissimo e molto agitato. Non a caso è stato chiesto a tutti i parlamentari di mettere online video e appelli per invitare al voto.
Lo stesso Davide Casaleggio è sceso in campo in prima persona per provare a portare l’asticella più in alto possibile. Oggi ognuno, nello studio Casaleggio, in quello che un tempo era il Direttorio, nella villa genovese di Beppe Grillo e negli uffici romani di deputati e senatori, ha la sua spiegazione e fa il suo ragionamento.
La morale però è una sola: “In piazza martedì contro il PD che non ha voluto tagliarsi gli stipendi c’erano non più di 150 persone, e adesso anche le votazioni sul blog sono andate al di sotto delle aspettative”, dice chi in questi giorni è stato in stretto contatto con Milano. “Abbiamo litigato troppo tra di noi e i nostri attivisti si sono allontanati?”, si chiedono negli uffici del Movimento a Montecitorio.
Il leader 5Stelle, ufficialmente, prova a infondere entusiasmo per stoppare quello che nei 5Stelle è già un caso, cioè la forte astensione, che si era registrata anche alle comunarie ma che adesso pesa molto più trattandosi del voto sulle regole, quindi sulla struttura stessa, sull’anima del Movimento.
“Record mondiale di partecipanti. Il Movimento 5 Stelle – scrive Grillo – è sempre stato contrario alla logica del quorum. Per noi chi partecipa e si attiva conta e ha il diritto di prendere decisioni”. Lo stesso ragionamento lo fa Roberta Lombardi che ricorda: “Noi 5Stelle abbiamo anche presentato un emendamento per abolire il quorum, conta chi ha voglia di partecipare”.
Non tutti però tra i 5Stelle la pensano così.
La piazza di martedì è stato un campanello d’allarme: “Stiamo perdendo attivisti, quindi la base”, teme un deputato deluso soprattutto dalla piazza vuota di martedì.
La paura è quella di raccogliere solo il voto di protesta, che un giorno c’è è quello dopo può non esserci più.
Vengono citati i casi delle comunarie, cioè le selezioni online per la scelta dei candidati alle amministrative.
Ad esempio Roma: 3.862 votanti su circa 9500 iscritti. “Alle votazioni sul blog ha partecipato molto meno della metà degli iscritti eppure Virginia ha stravinto le elezioni”, fa notare un deputato romano: “In pratica abbiamo una base debole ma molte molte persone che credono in noi. Almeno per ora”.
A Milano quando si è trattato di confermare Gianluca Corrado come candidato sindaco hanno votato 876 iscritti. Napoli è andata peggio delle altre: 574 votanti su oltre 5mila iscritti.
Tuttavia c’è anche un altro problema, che in tanti sottolineano: “Molto iscritti in realtà non hanno mai votato nè mai partecipato. Di sono iscritti molti anni fa ma non possono considerarsi attivisti”.
Ed è per questo che i vertici 5Stelle stanno ragionando da giorni se e come cancellare dal blog chi nei fatti fa salire il numero dei censiti ma è come se non ci fosse.
Un modo per uscire dall’angolo e far partire una nuova campagna di iscrizioni in vista delle politiche.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 28th, 2016 Riccardo Fucile
GRILLO: “CODICILLI NON CI FERMERANNO”…L’AVVOCATO DEGLI ESPULSI: “VOTAZIONE IRREGOLARE, QUESTA E’ DEMOCRAZIA DA AVATAR, E’ FINITO IL TEMPO DEL PRINCIPE SCIOLTO DALLA LEGGE, SIAMO SOLO ALL’INIZIO”
Sul blog di Beppe Grillo sono stati pubblicati i risultati della consultazione tra gli iscritti per apportare le modifiche al Regolamento e al Non Statuto.
Hanno votato 87.213 persone, il 64,4% degli abilitati al voto. L’obiettivo quorum era il 75 per cento e quindi non è stato raggiunto.
“Oltre il 90% di chi ha votato si è espresso a favore dell’aggiornamento del Non Statuto e del Regolamento e più del 70% per il Regolamento nella sua versione con le espulsioni” annuncia il blog di Beppe Grillo.
“Faremo in modo che questa chiara volontà venga rispettata in ossequio alle leggi attuali: i nostri avvocati sono già al lavoro per questo”, scrive Grillo.
“Processi, burocrazie, codici e codicilli – si legge – non possono fermarci perchè siamo uniti e compatti verso lo stesso obiettivo. Il MoVimento 5 Stelle trova difficoltà a essere riconosciuto dalle leggi attuali perchè la sua struttura e organizzazione è molto più innovativa e avanzata di quelle regolamentate dai codici”
Il quorum per l’aggiornamento dello statuto di associazioni non riconosciute è stabilito dal Codice civile e il timore è che gli espulsi possano fare ricorso contro il Movimento.
Se i vertici M5s dicono di essere tranquilli, diversa è la versione dell’avvocato Lorenzo Borrè che ha guidato la battaglia degli espulsi in tribunale nei mesi scorsi. “Non basta dichiarare”, ha detto all’agenzia Adnkronos, “che processi, codici e codicilli non possono fermare il Movimento per impedire un riscontro giudiziario della validità della votazione, nessuno è al di sopra della legge. Sono finiti i tempi del principe ex legibus absolutus”, cioè sciolto dalla legge.
Secondo Borrè Grillo disegna “una democrazia Avatar”: “La questione del quorum è meramente residuale: le criticità o meglio i vizi della votazione, e nello specifico dei quesiti rivolti ai votanti, emergono dal riepilogo fatti dalla società di verifica. Che confermano che il voto ha riguardato contemporaneamente la scelta di due diverse versioni del regolamento e l’inserimento della più votata nel testo del non statuto con conseguente indeterminabilità dell’oggetto della modifica al momento del voto. E questa è solo la punta dell’iceberg”, avverte il legale che, con la sua battaglia, ha indotto il Movimento a dotarsi di nuove regole.
“Altre questioni riguardano i criteri di limitazione del diritto al voto ai soli iscritti dopo il 1 gennaio 2016, nonchè la compressione di alcuni diritti in capo ai soggetti passibili di sanzioni disciplinari previste dalla nuove regole. Rimane poi ancora da capire come sia stato possibile verificare che tutti i 135mila iscritti abbiano ricevuto l’invito al voto. A monte di tutto, oltre al quorum è mancato l’elemento centrale della democrazia assembleare e cioè la discussione. Rendendo il tutto, una democrazia a dimensione di Avatar che non prevede la partecipazione diretta dei cittadini alla formazione dei processi decisionali”.
(da agenzie)
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Ottobre 28th, 2016 Riccardo Fucile
MARRA, QUANDO ERA FEDELISSIMO DI ALEMANNO, HA FIRMATO CONTRATTI MILIONARI A FAVORE DI FABRIZIO AMORE, IMPUTATO PER ASSOCIAZIONE A DELINQUERE… TUTTI GLI AFFARI DEL “VERO SINDACO DI ROMA”
Un’ombra si allunga su Virginia Raggi e rischia di avvolgere il Campidoglio.
L’ombra ha il profilo di Raffaele Marra, l’uomo che negli uffici del Comune tutti definiscono senza alcuna ironia «il vero sindaco di Roma».
Come ha scoperto l’Espresso, infatti, Marra quando era un fedelissimo di Gianni Alemanno ha sottoscritto contratti da milioni di euro a favore di Fabrizio Amore, un imprenditore oggi indagato in una delle inchieste su Mafia Capitale.
Un costruttore (imputato anche per associazione a delinquere e turbativa d’asta in un altro procedimento per i lavori dell’aula Giulio Cesare del Comune) che nel luglio 2009 grazie a una convenzione a trattativa diretta firmata da Marra, allora capo del dipartimento delle Politiche abitative, è riuscito a fare il colpo della vita: affittare al Comune capitolino 96 appartamenti di un residence fuori dal Grande raccordo anulare alla stratosferica cifra di 2,6 milioni l’anno.
Pari a un costo medio per abitazione di 2.256 euro al mese. Il prezzo in pratica di una casa da 150 metri quadri in centro.
Una maxi-richiesta davanti alla quale il braccio destro di Virginia non fa una piega. Anzi: all’ex ufficiale della Guardia di Finanza non dispiace nemmeno che le srl italiane proprietarie degli appartamenti siano controllate al cento per cento da società anonime con sede in Lussemburgo. Holding che poi finiranno nel mirino degli inquirenti per un presunto giro di false fatture da 11 milioni di euro.
Se nei giorni scorsi sui giornali ha campeggiato la presunta “congiura dei frigoriferi” invocata dalla sindaca, mentre deputati di peso sono tornati a chiedere a Grillo di mettere mano al caos in Campidoglio «che rischia di far implodere l’intero progetto politico del M5S», la questione Marra, ascoltato consigliere della sindaca e capo indiscusso del suo cerchio magico, può far saltare di nuovo i traballanti equilibri del movimento.
Nell’inchiesta in edicola da domenica “L’Espresso”, grazie alla lettura di documenti conservati negli archivi del Comune e a convenzioni a trattativa privata mai pubblicate prima, svelerà la storia dei contratti fatti da Marra a favore di costruttori e imprenditori.
E attraverso certificati di residenza, deliberazioni della giunta e fogli del catasto racconterà la passione di Marra e famiglia per il mattone: se qualche settimana fa spiegammo come nel 2010, sempre da capo delle Politiche abitative e della Casa, Marra sia riuscito a comprare un attico di lusso dall’imprenditore Sergio Scarpellini (in affare con il Comune), ottenendo uno sconto di quasi mezzo milione di euro rispetto ai prezzi di mercato in barba a qualsiasi conflitto di interessi, oggi scopriamo che il dirigente ha poi messo a segno un altro mega affare: sua moglie Chiara Perico (già assunta nel 2008 nello staff dell’assessore al Personale, l’alemanniano Enrico Cavallari), nel maggio del 2013 è riuscita a prendere dalla Fondazione Enasarco, ente sotto controllo pubblico, un appartamento da 152 metri quadri più un box auto per appena 367 mila euro, in un elegante condominio a via dei Prati Fiscali.
I Marra hanno ottenuto uno sconto del 40 per cento sui prezzi di mercato, cadeau destinato a tutti gli inquilini intenzionati a comprare.
Oggi la Perico, che aveva spostato lì la sua residenza nel 2009 per ottenere il diritto di prelazione, non ci vive più: si è trasferita a Malta.
Se si squilla al citofono, risponde Marra in persona.
Emiliano Fittipaldi
(da “L’Espresso”)
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Ottobre 28th, 2016 Riccardo Fucile
UNA VOTAZIONE SENZA CONTROLLO DI AUTORITA’ TERZA CHE VALORE PUO’ AVERE?… SPUNTA L’IDEA DI UN UN CONGRESSO
“Ragazzi, se davvero non raggiungiamo il quorum perdiamo la faccia”. Quando due sere fa Beppe Grillo chiude la missione romana, la preoccupazione è massima.
Il flop nelle votazioni sul nuovo regolamento del Movimento è un’ipotesi concreta. “Siamo indietro, rischiamo di non farcela “.
Il leader fa il punto con lo staff milanese che tutto gestisce, compreso il prezioso scrigno di Rousseau che ospita lo scrutinio. Studiano insieme ogni possibile contromisura, nel caso in cui non si raggiunga quota 75% dei votanti.
E lo staff definisce la linea: “Il quorum non serve”.
I risultati ufficiali sono attesi per oggi. In ballo ci sono le nuove regole, pensate anche per far da “scudo” contro eventuali ricorsi degli espulsi.
Il problema è che per blindare le novità c’è bisogno di portare alle urne (telematiche) circa centomila elettori, il 75% del totale degli iscritti.
Così, almeno, sostengono i legali di alcuni ex grillini, citando un’ordinanza del Tribunale di Napoli.
Un’impresa a forte rischio, che ha spinto la Casaleggio associati a concedersi due giorni tra la chiusura delle urne e la pubblicazione dei risultati.
La ragione? Per consentire a un ente esterno (quale non si sa) – spiegano – di certificare il voto e ridurre il rischio di attacchi informatici.
I più pessimisti, a dire il vero, considerano difficile anche solo superare il 50% dei votanti. Sembra pensarlo anche Grillo, che infatti nell’ultimo giorno di votazioni ha tentato di scuotere l’ambiente: “Vi prego di votare”.
Ma da dove nasce la questione quorum?
L’attuale regolamento prevede una soglia assai più bassa: “Un terzo degli iscritti”, recita. Un gruppo di espulsi napoletani, però, ha portato la questione in tribunale. “Con un’ordinanza cautelare – spiega il loro legale, Lorenzo Borrè – il giudice ha stabilito che il regolamento non è valido. E che in assenza di regole sulle modifiche statutarie vale il codice civile, che richiede il parere del 75% degli iscritti alle associazioni non riconosciute per rendere valida ogni revisione”.
Per adesso nella galassia grillina prevale soprattutto l’imbarazzo: “Non voglio parlare di noi ora”, dribbla la questione Danilo Toninelli.
L’unica che si espone è Roberta Lombardi: “Vedremo cosa succederà in tribunale, se le nuove regole non dovessero passare. Finora i giudici non sono entrati molto nel merito”. Il dubbio, però, si è ormai fatto strada: “Per le modifiche serve il 75% ammette il deputato Vittorio Ferraresi – credo l’abbiano detto i giudici ” .
E se il regolamento dovesse davvero saltare? Tutto diventerebbe possibile, anche l’ipotesi caldeggiata dagli espulsi reintegrati di tutt’Italia – di indire assemblee fisiche degli iscritti per fissare nuove regole.
“Può essere – ammette Lombardi – ma studiamo varie soluzioni e per ora non ne parlo”. Che tutto non finisca con un infuocato congresso in perfetto stile Prima Repubblica?
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 28th, 2016 Riccardo Fucile
CON LA SUA FONDAZIONE E’ MOLTO IMPEGNATO NEL SOCIALE: “DEVE CAMBIARE LA LISTA DELLE PRIORITA’ DEI CITTADINI DEL MONDO”
Migranti, povertà , politica. Sono molti i temi che Bill Gates, in questi giorni a Londra per firmare degli accordi in cooperazione per conto della Fondazione Gates, tocca nell’intervista di Repubblica, con una certezza: voler fare la propria parte per migliorare il mondo.
“Nè io nè mia moglie diventeremo mai dei politici. Operiamo a stretto contatto con numerosi governi. È lavorando nella Fondazione che riusciamo a incidere di più”, e non è un modo di dire
Grazie all’attività della sua fondazione, infatti, sono stati fatti molti passi avanti sulla salute dei bambini del terzo mondo e sulla promozione dell’eguaglianza di genere, temi molto importanti per la “Bill and Melinda Gates Foundation”.
“Per la Fondazione, il nostro successo più grande probabilmente è la vaccinazione – si legge nell’intervista – Mettere a disposizione di tutti i bambini del mondo, che correvano il rischio di morire di polmonite o di diarrea, i vaccini disponibili nei Paesi avanzati è stato un grande passo avanti. Ci siamo arrivati lavorando con i produttori, facendo abbassare i prezzi, raccogliendo fondi, cooperando con i Paesi per garantire una copertura più ampia per i bambini. Tutto questo ha consentito di salvare più di 8 milioni di vite. La seconda cosa è il lavoro del Fondo mondiale per estirpare la polio. Non ci siamo ancora riusciti, ma non siamo lontani. E speriamo anche di riuscire a sconfiggere definitivamente la malaria”
Un’altra urgenza da debellare, nella lista di obbiettivi di Bill Gates, è la lotta contro l’Aids..
“Continua a non esserci un vaccino. Si spera sempre che ci si possa arrivare entro dieci anni, ma ogni volta la scadenza si sposta in avanti. Anche oggi dieci anni sono l’arco temporale più probabile. Ci sono quattro o cinque approcci scientifici in gara, è incoraggiante. Ma non disporre di un vaccino oggi è una tragedia: la popolazione giovanile sta aumentando e rischiamo di assistere a una recrudescenza dei tassi di infezione in Africa”.
Intanto, il contributo del digitale alla ricerca medica continua a crescere, svolgendo un “ruolo modesto ma cruciale”
“Microsoft ha aiutato nella creazione di database del Dna e delle informazioni che se ne possono trarre. Hanno degli strumenti interessanti per dare una mano. Il progresso nella ricerca sul cancro è impressionante. Forse non sconfiggeremo il cancro in dieci anni, ma nel medio termine probabilmente sì. In generale, comunque, la ricerca medica sta vivendo un’età dell’oro. I miglioramenti sono fenomenali”
Bill Gates non è l’unico genio informatico a prodigarsi sul sociale: anche Mark Zuckenberg ha promesso tre miliardi di dollari per sradicare la malattia e la povertà . “Quello che ha fatto è straordinario. Alla sua età , io alla filantropia non pensavo proprio” commenta.
Ciò che deve cambiare, e presto, è la lista delle priorità dei cittadini del mondo. Sviluppo e progresso sono messi a rischio dalla chiusura promossa da alcuni partititi politici in tutto l’Occidente, che invece di promuovere collaborazione e apertura, portano alla chiusura.
“È triste dirlo, ma è la crisi dei profughi siriani a spingere la gente ad accorgersi delle difficili condizioni di vita nei Paesi poveri, e lo zika o l’ebola ci ricordano che malattie infettive come la malaria, l’aids e la tubercolosi sono sempre là – dice – I cambiamenti sociali in atto in Occidente, la percezione dell’immigrazione e delle conseguenze economiche della globalizzazione, spingono una parte delle persone a vedere il libero scambio come qualcosa che le danneggia. Queste tendenze contribuiscono ad alimentare una chiusura in se stessi. Sta ai leader politici dare una risposta”
Tra i leader politici in corsa per la presidenza degli Stati Uniti però, Bill Gates non si sbilancia.
“Non dichiariamo esplicitamente per chi voteremo perchè siamo legati alla Fondazione, che è apolitica. Abbiamo avuto modo di lavorare in perfetta intesa con le varie amministrazioni, da Clinton a Bush e ora con Obama. Dunque, ci sforzeremo di lavorare meglio che possiamo insieme al vincitore, chiunque sia. Storicamente i due partiti, Democratici e Repubblicani, sono stati dei buoni partner. La nostra speranza è di non dover constatare una tendenza alla chiusura da parte di uno dei due”.
(da “Huffingtonpost”)
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