Marzo 17th, 2017 Riccardo Fucile
OLTRE A CALPESTARE I DIRITTI DEGLI ATTIVISTI, GRILLO SPESSO PRENDE DECISIONI SBAGLIATE CHE TRASCINANO IL MOVIMENTO IN TRIBUNALE DOVE PERDE LE CAUSE… I CASI DI NAPOLI E ROMA
Cosa succede se una persona detiene la proprietà del simbolo di un partito e può decidere se concederlo e ritirarlo?
La risposta è semplice: succede quello che è successo a Genova dove Beppe Grillo ha annullato il risultato delle votazioni online di qualche giorno fa durante le quali gli attivisti genovesi avevano scelto Marika Cassimatis come candidata sindaco alle amministrative.
«Vi chiedo di fidarvi di me», ha scritto Grillo nel post di oggi.
Perchè la nuova votazione su Genova è aperta agli attivisti di tutta Italia?
In un colpo solo Beppe Grillo ha sconfessato il “Metodo Genova” e fatto capire che le primarie online non hanno alcun valore.
Aprendo il voto su Genova anche ad attivisti che non sono residenti nel Comune certifica ancora una volta che il motto dell’uno vale uno tanto caro ai pentastellati è una frase priva di significato.
Non fornendo motivazioni riguardo all’esclusione della Cassimatis ci fa capire che la trasparenza non è un valore quando si tratta di vicende relative ai 5 Stelle.
Lo può fare? Fintanto che è il Capo Politico e Garante non eletto del MoVimento lo potrà fare tutte le volte che vorrà ed anzi l’ha già fatto.
Non è infatti la prima volta che Grillo chiede ai suoi di “fidarsi di lui” e di non contestare una sua decisione presa nell’esclusivo interesse del MoVimento.
Di fatto non esiste nel M5S qualcuno che possa contestare questa decisione perchè rischierebbe di fare la fine di tutti quelli che non hanno accettato di chinare il capo di fronte ai diktat del comico genovese.
L’unica alternativa è fidarsi ciecamente di Grillo ma è una fiducia ben riposta? La risposta è no.
Quando la base si è fidata delle decisioni di Grillo sulle espulsioni di Napoli
Beppe Grillo non è un veggente, e nonostante si diletti nel fare profezie (spesso apocalittiche) non ci azzecca quasi mai.
Perchè allora la base del MoVimento dovrebbe fidarsi di lui?
Sicuramente è stato Grillo a portare il MoVimento in Parlamento e a farlo diventare una delle principali forze politiche nel Paese, ma il suo ruolo si sarebbe dovuto esaurire con l’arrivo della prima pattuglia pentastellata alla Camera e al Senato.
Lui in realtà ci ha provato a fare un passo di lato ma non ci è riuscito perchè ha capito che così avrebbe perso il controllo totale del partito.
E così è tornato sulla breccia: ha fatto espellere gli attivisti “ribelli” di Napoli Libera che guarda caso volevano proporre un altro candidato rispetto a quello individuato da Roberto Fico.
Allo stesso modo a Genova la consigliera regionale Alice Salvatore aveva fortemente sostenuto Pirondini non a caso considerato il favorito della vigilia.
Anche a Napoli la base pentastellata si è fidata di Grillo e le cose sono andate come sappiamo: il MoVimento non ha vinto le elezioni e in seguito a quelle espulsioni è stata intentata una causa che ha costretto Grillo a cambiare lo statuto e il regolamento del suo partito.
Inoltre tutti gli espulsi che avevano fatto ricorso per chiedere di essere reintegrati sono stati riammessi dal Trinunale all’interno del M5S.
È stato lo stesso Roberto Fico, giunto a Napoli nella giornata di ieri, a fare la proposta a quelli che fino a poco tempo prima venivano chiamati senza mezzi termini “traditori” o “feccia” ed erano stati ritenuti colpevoli di aver congiurato contro il M5S.
Oggi come allora non ci fu nessun dibattito pubblico: lo staff di Grillo una volta ricevute informazioni riguardanti un presunto comportamento scorretto da parte degli attivisti fece partire le mail.
Ieri Fico ha incontrato in tribunale i ricorrenti dicendo “siamo pronti a reintegrarvi” (in cambio ovviamente della rinuncia a continuare la causa sulla legittimità del regolamento). Il tutto dopo che ovviamente nei mesi scorsi Fico aveva dichiarato di aver vinto su tutta la linea.
Il reintegro degli espulsi di Roma
Una storia simile è successa a Roma, anzi le storie sono due.
La prima riguarda le espulsioni di Paolo Palleschi, Roberto Motta e Antonio Caracciolo che nel febbraio 2016 avevano presentato ricorso contro le espulsioni e che ad aprile dello scorso anno hanno ottenuto dal Tribunale Civile di Roma di essere reintegrati all’interno del Movimento.
La seconda invece riguarda Mario Canino. L’attivista aveva potuto correre alle Comunarie, ottenendo anche un buon numero di voti ma all’atto della composizione della lista a Cinque Stelle si erano visti chiudere la porta in faccia.
Canino ha fatto ricorso in tribunale e ha ottenuto il reintegro nel M5S dopo che il Tribunale di Roma ha sospeso «l’efficacia del provvedimento di espulsione del signor Mario Canino dall’Associazione MoVimento 5 Stelle irrogato in data 21 marzo 2016». Tra le altre cose Canino ha anche chiesto un risarcimento danni al M5S, quantificandoli in 150 mila euro, ovvero la cifra della famosa penale che i pentastellati avrebbero dovuto pagare qualora avessero trasgredito alle norme di comportamento del M5S una volta eletti.
A riguardo di penali da pagare non si hanno più notizie di quella da 250 mila euro che Grillo avrebbe voluto farsi dare dall’eurodeputato Marco Affronte, passato di recente con i Verdi. A quanto pare i legali di Grillo si sono accorti che una simile richiesta non avrebbe retto in tribunale.
Il punto è che Grillo chiede spesso “la fiducia” dei suoi attivisti, che gliela concedono di buon grado (vista l’alternativa) ma di fatto non è mai stata indetta una votazione per decidere se concedergliela o meno.
Anche quando si è trattato di votare le travagliate modifiche allo statuto e al regolamento Grillo ha spiegato che si trattava di votare per proteggere lui.
Ma al tempo stesso Grillo si è ben guardato dal chiarire i motivi dell’esistenza di due distinte — e omonime — associazioni MoVimento 5 Stelle una delle quali (quella di cui fanno parte solo Grillo, suo nipote Enrico e il commercialista Enrico Maria Nadasi) di fatto controlla tutta l’attività del partito M5S.
Anzi a dirla tutta gli attivisti per molti anni hanno ignorato l’esistenza di questa associazione parallela che è venuta alla luce solo quando alcuni attivisti espulsi hanno fatto causa a Grillo.
Ma intanto la base del M5S continua a fidarsi della capacità di Grillo di decidere, da solo e senza consultarsi online con nessuno, delle sorti e della linea politica del MoVimento.
È già stato detto più volte: per essere un partito che si fonda sui principi della partecipazione e della democrazia diretta il M5S sembra dare troppo peso a decisioni prese “perchè ci si fida” di chi le prende e non perchè sono state discusse e vagliate da un’assemblea.
In questo modo però il partito che voleva includere i cittadini nella vita politica del Paese rischia di perdere il contatto con la base.
Le pulsioni dell’ala movimentista del 5 Stelle saranno qualcosa con cui i pentastellati dovranno fare i conti da qui alle elezioni politiche.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 17th, 2017 Riccardo Fucile
SMENTITI I DEPUTATI GRILLINI NUTI, MANNINO E DI VITA, INDAGINE ARCHIVIATA… PER LE FIRME FALSE SI VA AVANTI, CHIUSA L’INDAGINE
Come volevasi dimostrare. Il giudice per le indagini preliminari Lorenzo Matassa ha archiviato
l’indagine su Ugo Forello, candidato sindaco del Movimento 5 Stelle a Palermo, accusato di “induzione a rendere dichiarazioni mendaci“.
L’indagine era scattata dopo la denuncia dei deputati nazionali grillini travolti dal caso firme false.
Secondo Riccardo Nuti, Claudia Mannino e Giulia Di Vita, che avevano presentato un esposto circa due mesi fa, l’inchiesta della Procura di Palermo sulle firme false sarebbe stata in qualche modo ispirata da Forello, tra i fondatori di Addiopizzo.
Forello — secondo chi ha denunciato — avrebbe imbeccato i “pentiti” dell’indagine, come la parlamentare regionale Claudia La Rocca, vantando anche rapporti con i pm che indagano.
Secondo il giudice, però le mail mandate da Forello a chi era coinvolto nella vicenda della firme false non hanno rilievo illecito.
“La conoscenza riferita da Forello, in questo contesto, ben potrebbe essere quella raccontata da un grande scrittore di giallistica giudiziaria in un suo romanzo”, scrive il giudice.
Per quanto riguarda la parte in cui Forello dice che “è importante presentarsi spontaneamente davanti all’autorità giudiziaria… dimostrando di voler contribuire alle indagini”, per il giudice “questa opinione non è solo vera ma anche giusta”.
L’ultima parte in cui Forello sconsiglia “di proporre querela” nei confronti delle Iene, è stata chiarita dall’indagato durante l’interrogatorio del gip.
“Egli avrebbe sconsigliato la querela — scrive il giudice — per la semplice ragione che i fatti apparivano di tale e inequivocabile chiarezza da non permettere una diversa interpretazione delle cose”.
L’esposto era stato in qualche modo annunciato dalle dichiarazioni dei protagonisti della vicenda. In particolare nelle parole dell’avvocato Domenico Monteleone, difensore degli indagati, al Corriere della Sera.
Monteleone, calabrese trapiantato a Roma con studio a Gianicolense ma spesso presente alle iniziative sul territorio della deputata Daila Nesci, fidanzata di Nuti, difende sia il deputato siciliano del Grillo di Palermo che Claudia Mannino e Giulia Di Vita indagate insieme a Samantha Busalacchi, collaboratrice sospesa all’Assemblea Regionale Siciliana accusata, insieme ad altri, dal professore di educazione fisica e fan delle scie chimiche Vincenzo Pintagro ma anche, e soprattutto, dal ritrovamento di alcuni dei fogli in cui erano state messe le vere firme raccolte dai 5 Stelle per sostenere la candidatura di Nuti a sindaco, poi sostituiti, secondo l’accusa, nella notte tra il 3 e il 4 aprile nell’allora sede del M5S di via Sampolo a Palermo.
Nel colloquio con Felice Cavallaro l’avvocato Monteleone se la prendeva con un gruppo preciso di persone: «I soggetti che oggi accusano erano stati allontanati o avevano motivi di forte rivalsa verso il gruppo guidato da Riccardo Nuti. Protagonisti di un insano regolamento di conti interno al Movimento 5 Stelle», sosteneva, il che è vero solo in parte.
«L’autospensione avrebbe portato a compimento un preciso disegno di lotta pseudopolitica con automatico danno verso i miei clienti nonchè verso lo stesso Movimento. Da legale, non vedo perchè un soggetto innocente debba limitare la propria sfera di azione aiutando, così, chi trama alle sue spalle», spiegava poi, adombrando una vera e propria ipotesi di complotto che coinvolgerebbe evidentemente anche elementi attualmente dei 5 Stelle ai danni di Nuti, Mannino, Di Vita e Busalacchi.
In tutto questo, la corrente “nutiana” del M5S ce l’aveva soprattutto con Claudia La Rocca visto che il suo avvocato difensore era Valerio D’Antoni, cofondatore dello studio Palermolegal insieme a Ugo Forello.
Ma quello che imputano alla La Rocca (e a Ciaccio) erano proprio le “inopinate dichiarazioni“.
Perchè, era questa la tesi, se firme false a Palermo ci sono state (e questo è difficile negarlo), loro sono stati accusati ingiustamente perchè non ne sanno nulla. O meglio: non ne hanno saputo nulla fino all’incursione delle Iene a Italia5Stelle.
Intanto Nuti, Di Vita e Mannino hanno chiesto alla Procura di Palermo, che ha da poco chiuso l’indagine a loro carico sulle firme false depositate dai 5 Stelle a sostegno delle candidature per le Comunali del 2012, di essere interrogati.
In fase di indagini tutti e tre decisero di non rispondere ai pm.
Stessa istanza ha fatto un altro indagato Giuseppe Ippolito. In tutto gli inquisiti sono 14. Secondo la procura, Nuti ed un gruppo ristretto di attivisti come Samanta Busalacchi, Giulia Di Vita e Claudia Mannino, dopo essersi accorti che per un errore di compilazione le firme raccolte erano inutilizzabili ed era quindi a rischio la presentazione delle candidature, avrebbero deciso di ricopiare dalle originali le sottoscrizioni ricevute e corretto il vizio di forma.
A 11 indagati i pm contestano la falsificazione materiale delle firme. A Nuti, per cui al momento non c’è la prova della commissione del falso materiale, si imputa, invece, l’avere fatto uso delle sottoscrizioni ricopiate in quanto candidato sindaco di Palermo: l’ex capogruppo alla Camera è ritenuto l’ispiratore del piano.
Il falso materiale riguarda Samanta Busalacchi, Giulia Di Vita, Claudia Mannino, Alice Pantaleone, Stefano Paradiso, Riccardo Ricciardi, Pietro Salvino, Tony Ferrara, Giuseppe Ippolito e i deputati regionali Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca.
Il 13/o indagato, il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello, è accusato di avere dichiarato il falso affermando che erano state apposte in sua presenza firme che invece gli sarebbero state consegnate dai 5 Stelle. Reato di cui risponde in concorso con Francesco Menallo, avvocato ed esponente dei 5 Stelle che consegno’ materialmente le firme al pubblico ufficiale per l’autenticazione.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 17th, 2017 Riccardo Fucile
PAOLO PACE COMMENTA LE SUE DIMISSIONI: “MI AVEVA PROMESSO MANO LIBERA SUGLI ASSESSORI, POI TRATTAVA CON LORO PER METTERE SOTTO ME”
Paolo Pace ha protocollato ieri le sue dimissioni da presidente dell’VIII Municipio. Avrà 20 giorni, eventualmente, per ritirarle. E in un articolo a firma di Giovanna Vitale, Pace, che aveva continuato a negare nei giorni scorsi addirittura di averle date, se la prende con la sindaca Virginia Raggi:
Il problema è però che il minisindaco dell’VIII municipio, oltre a essere arrabbiatissimo, appare piuttosto determinato.
La sua non è più solo una questione politica: è soprattutto una rottura personale. Sul piano umano. «La Raggi mi ha preso per il culo», si è sfogato con un amico al telefono subito dopo la firma dell’addio.
«Mi aveva promesso mano libera sui nuovi assessori, si era impegnata ad allontanare il presidente del consiglio e il capogruppo che mi hanno sempre reso la vita impossibile. Ma mentre mi giurava lealtà , su un altro tavolo trattava con loro, per mettere sotto controllo me. Il presidente. Quello eletto dai cittadini per governare. Una delusione tremenda. Ma se pensano che farò marcia indietro sbagliano di grosso: stavolta hanno fatto male i conti».
Una ferita che neppure la telefonata pomeridiana con la sindaca sia riuscita a ricucire. «Mi potevi pure avvertire prima», lo ha subito rimproverato la Raggi.
«Mi pareva fosse chiaro che facevo sul serio quando venerdì scorso sono venuto da te portandoti le mie dimissioni non protocollate», la risposta brusca di Pace.
«Da allora non è cambiato nulla e io mi sono stufato di questi giochetti sulla pelle dei cittadini».
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 17th, 2017 Riccardo Fucile
I VECCHI SINDACI GRILLINI LASCIANO O SONO STATI CACCIATI… PIACENZA, GALATONE, MONZA, PADOVA, RIETI, PALERMO, TARANTO: E’ LITE INTERNA OVUNQUE
Correnti, liti, scissioni e addii. Pd? Macchè, M5s prima del voto. 
Il caso Genova, dove Beppe Grillo annulla le votazioni delle comunarie perchè la candidata scelta ora non è gradita, ma andava bene per le politiche e le euopee, è soltanto l’ultimo paradosso di una lunga serie di veleni all’interno del MoVimento.
Manca poco più di un mese alle urne per le amministrative 2017: questo banco politico di prova, per il MoVimento, avrà un doppio valore.
Per la prima volta infatti, oltre a misurare l’attuale forza politica dei grillini nei territori, M5s sarà in grado di tracciare un bilancio quinquennale concreto del suo operato. Ma ci sono ombre all’orizzonte.
L’aveva detto allora, cinque anni fa, proprio Beppe Grillo: sosteneva che sarebbe servito almeno un mandato per capire il valore di M5s e che a giudicare sarebbero stati i cittadini, soltanto loro avrebbero potuto scegliere “se ricandidare o meno” i sindaci pentastellati.
Ma il fatto è che, cinque anni dopo, sono i sindaci pentastellati a non ricandidarsì più (con il MoVimento) e i futuri candidati a creare sempre più tensioni alla Casaleggio associati.
Ricordate il maggio 2012? Sarego, comune vicentino, poi Mira, Comacchio e Parma: furono le prime città in italia ad eleggere sindaci grillini.
Un mandato dopo il sindaco fuoriuscito Federico Pizzarotti correrà contro M5s con il suo “Effetto Parma”; il ferrarese Marco Fabbri, espulso da M5s, non porterà più la bandiera grillina a Comacchio; quello di Mira, Alvise Maniero, lascerà il Comune per dedicarsi all’università e infine di Roberto Castiglion, sindaco di Sarego, si attende di conoscere la decisione sul suo futuro
I “vecchi sindaci” dunque lasciano, mentre i nuovi candidati grillini litigano.
Guardiamo Genova ad esempio: nella città di Grillo si è arrivato al paradossale.
Si è votato fra gli iscritti e ha vinto, a sorpresa, Marika Casamattis. Il perdente, Luca Pirondini, dato per favorito nelle comunarie (primarie grilline per il candidato), ha perso per sole 24 preferenze e, inevitabilmente deluso, ha chiesto di rivotare.
Grillo ha accettato la richiesta e chiamando nuovamente gli iscritti a scegliere. Motivo? La docente ligure che ha vinto è considerata una “pizzarottiana” ed è decisamente vicina ai consiglieri fuoriusciti da M5s per creare “Effetto Genova”.
Per Pirondini dunque era “necessario che vengano resi pubblici i nomi e numeri dei votanti… perchè è evidente che chi da mesi sostiene altre liste non avrebbe nemmeno dovuto votare…” scrive riferendosi ai consiglieri ora vicini a Effetto Genova. Desiderio avverato da parton Grillo.
Non che nella Parma “stalingrado grillina”, con Pizzarotti ora in una lista civica anti M5s e dato per favorito, le cose siano diverse.
Qui, il movimento, con tanto di aiuto dalla centrale Bologna di Max Bugani, fatica a ritrovare la sua anima: così contro l’ex sindaco si schierano ben due compagini di altrettanti Meetup, una guidata da Andrea D’Alessandro (Parma Ducato 5 Stelle) e una da Daniele Ghirarduzzi (MoVimento 5 Stelle Parma). Voti, assemblee e inevitabili scontri porteranno – sperano – ad avere una lista unica certificata da Beppe Grillo.
Perchè il problema di molti aspiranti sindaci grillini è proprio questo: avere il bollino di Beppe e della Casaleggio.
Nel salentino, nella piccola Galatone, in vista del voto si sono impuntati e spaccati proprio sul logo. Anche lì, infatti, ci sono due Meetup che litigano per avere il marchio a cinque stelle: hanno fatto partire due differenti richieste di certificazione e così da Milano (vedi Casaleggio Associati) dovranno emettere un verdetto studiato e divisivo alla faccia “della sintesi e dell’unità chiesti da Beppe Grillo” sottolineano li stessi grillini salentini in una nota.
Questa storia che alla fine “deciderà la Casaleggio” è un po’ un ritornello.
Vedi Piacenza, tappa che Grillo toccherà prima delle elezioni ma come “tour teatrale” e non come comizio.
Qui tutto è rimesso nelle mani dei vertici: da una parte Rosarita Mannina, dall’altra Andrea Pugni, che guidano rispettivamente due correnti M5s dopo una scissione avvenuta in dicembre. Non si riesce a decidere chi rappresenterà il MoVimento alle urne.
Allora si potrebbe fare come a Padova, dove il candidato M5s è stato scelto senza passare dalle primarie grilline. Qui, a porte chiuse, è stato eletto Simone Borile (ma dovrà essere convalidata la candidatura) per guidare la lista, fra lo scontento di Leonardo Forner che lamenta irregolarità e assenza di comunarie.
Oppure, si potrebbe arrivare a casi limite come quelli di Monza, dove Doride Falduto, uscita vincitrice dalla consultazione web grazie a 20 voti sui 66 disponibili, si è ritirata dalla corsa per “motivi personali”. Motivi che, a leggere i commenti, in molti inseriscono anche nel clima teso e ricco di polemiche legate a quella manciata di voti con cui ha vinto.
A Rieti invece c’è un caso di “troppi consensi”, dato che Lodovica Rando, candidata vincitrice delle comunarie, ha trionfato con l’83% delle preferenze.
Una percentuale troppo alta su cui ora i coordinatori del M5s locale vogliono vederci chiaro (e già scattano denunce di irregolarità e via dicendo).
Restando a Sud, se il candidato sindaco di Palermo Ugo Forello, indagato per la questione firme false, sembra tirare dritto dopo le accuse di altri grillini e ha ottenuto la “certificazione” dai vertici, a Taranto si sta invece aprendo una faglia fra i due Meetup, “Amici di Beppe Grillo” e “Taranto Pentastellata”, che non vanno per niente d’accordo. Anche qui, la palla passa a Davide Casaleggio (che avrà anche da monitorare i malcontenti a Verona, dove il candidato sindaco Alessandro Gennari è stato scelto con un pugno di voti).
Come se non bastasse, l’altro problema che dovrà cercare di arginare la direzione centrale del MoVimento è la questione dell’Effetto Parma.
Come già raccontato la lista lanciata da Pizzarotti sta trovando sempre più consensi a livello nazionale: in alcune città al voto come Lucca (anche qui c’è una spaccatura fra i grillini), La Spezia o Alessandria (città che hanno già scelto i loro candidati) sono nate o stanno nascendo altri “Effetti”, spesso guidati da ex grillini, fatto che potrebbe far perdere voti o aumentare le frizioni.
Riuscirà il MoVimento a stupire ancora, proprio come fece cinque anni fa nelle amministrative che aprirono la strada al Parlamento?
La partita, in attesa che l’iter delle certificazioni sia completato e si faccia chiarezza sui candidati, e con tante altre realtà sui quasi 1000 comuni al voto dove M5s è riuscita a trovare la quadra (vedi Lecce o Catanzaro), fra poco più di un mese sarà decisa dai cittadini.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 17th, 2017 Riccardo Fucile
AL QUESITO “VOLETE PIRONDINI, VERO?” SI PASSA DA 700 VOTANTI DELLA PRIMA AI 19.959 DELLA SECONDA VOTAZIONE… IL “CITTADINO” DI TRENTO E DI RAGUSA HA COSI’ DECISO CHI DEVE FARE IL CANDIDATO SINDACO DI GENOVA…ALLA FINE 16.000 SI GENUFLETTONO, MA QUASI 4.000 HANNO PRATICAMENTE MANDATO UN VAFFA ALL’ AF-FONDATORE
“Oltre 16 mila iscritti `certificati’ hanno votato on line per presentare la lista con candidato a sindaco di Genova Pirondini”.
Lo si apprende dal blog di Beppe Grillo.
Di contro, in 3.762 hanno chiesto di non presentare alcuna lista.
Al voto on line per le Comunarie, che in prima battuta aveva visto vincere Marika Cassimatis, poi sconfessata da Grillo, hanno partecipato 19.959 iscritti `certificati’.
Manca un dettaglio: come si sia passati dalla prima votazione dove avevano partecipato appena 700 iscritti alla seconda con quasi 20.000 votanti.
Semplice: mentre alla prima avevano diritto al voto solo i genovesi, come logica vuole, la seconda è stata aperta a tutti gli iscritti, anche quelli di Trento o di Ragusa che di candidati genovesi ovviamente se ne intendono molto.
Un trucchetto da avanspettacolo per evitare che la seconda votazione certificasse lo sputo in faccia
della base grillina al suo af-fondatore.
Ve l’immaginate un Pirondini “gratificato” di appena 300 voti su 76.000 elettori del M5S a Genova alle ultime regionali?
Altro che viola, violino e clavicembalo, sarebbero piovute solo pernacchie.
Ma il tappullo è peggior del buco se si pensa che nell’occasione quasi 4.000 iscritti la pernacchia l’hanno recapitata ugualmente votando per la soluzione di non presentare nessuna lista.
Anche con il tarocco, Grillo è riuscito a raccogliere un 20% di vaffa.
L’assist a Toti è servito.
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Marzo 17th, 2017 Riccardo Fucile
L’ANNESSIONE ILLEGALE DELLA CRIMEA DA PARTE DI PUTIN E LA PERSECUZIONE DEI CITTADINI UCRAINI PRIGIONIERI AL CENTRO DELLA DENUNCIA… E IN ITALIA C’E’ ANCORA CHI APPOGGIA UN REGIME CRIMINALE
“Il Parlamento europeo sostiene la sovranità , l’indipendenza, l’unità e l’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale e ribadisce con forza la sua condanna per l’annessione illegale della Repubblica Autonoma di Crimea da parte della Federazione Russa.
Invita la Russia a rilasciare senza ulteriori indugi tutti i cittadini ucraini illegalmente e arbitrariamente detenuti, sia in Russia sia nei territori occupati temporaneamente di Ucraina, e a favorirne il rientro”.
Il Parlamento Europeo, in data di ieri (16 marzo 2017 n.d.r), ha nuovamente condannato la Russia per l’annessione illegale del territorio della Crimea, ma soprattutto ha condannato la Russia in merito all’arbitraria ed illegale detenzione di abitanti della Crimea, per i quali Mosca ha gravemente violato ogni diritto umano. L’Unione Europea ha chiesto alla Russia di rilasciare immediatamente i Tatari di Crimea che nelle prigioni della federazione russa sono stati sottoposti a gravi torture fisiche e psicologiche con accuse inesistenti.
La Guerra nel Donbas, fino ad ora costata diecimila morti e quasi due milioni di sfollati, non è finita, nonostante se ne parli sempre meno, vede molti e gravi violazioni da parte di Mosca, non ultima la detenzione illegale di cittadini ucraini.
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha accusato ufficialmente la Russia d’essere un aggressore e ne ha condannato le azioni.
La risoluzione “sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica Autonoma di Crimea e la città di Sebastopoli (Ucraina)” è stata adottata il 19 dicembre scorso e sostenuta da 70 paesi, tra cui tutti i principali Stati democratici.
L’Assemblea ha invitato la Russia a “rilasciare immediatamente i cittadini ucraini che sono stati detenuti illegalmente e giudicati senza riguardo degli standard elementari di giustizia e garantire che coloro che sono ritenuti responsabili degli abusi vengano responsabilizzati dinanzi ad una magistratura indipendente”.
Il 16 gennaio scorso l’Ucraina ha esposto una querela alla Corte Internazionale di Giustizia contro Mosca, la quale viene accusata di violare la convenzione dei diritti umani dei cittadini ucraini e tatari, e di violare altresì la convenzione Internazionale sulla lotta al finanziamento del terrorismo.
La Russia ha posto in essere in territorio ucraino numerose attività terroristiche, come ad esempio il rifornimento di armi e la formazione di gruppi armati illegali, oltre ad aver incoraggiato molteplici attacchi terroristici in cui sono rimasti coinvolti migliaia di innocenti.
Decine di cittadini ucraini sono ancora oggi detenuti illegalmente in Russia.
Sono soprattutto cittadini appartenenti alla comunità dei Tatari di Crimea, ma tra loro ci sono anche storici, artisti, giornalisti, imprenditori, politici, attivisti sociali, o semplici contadini che vengono incarcerati per presunti atti terroristici.
Si tratta di prigionieri politici brutalmente sequestrati, arrestati, torturati e rinchiusi nelle colonie per le loro idee politiche opposte alla Russia.
Tra loro c’è Oleg Sentsov, regista, condannato a 20 anni di carcere per aver “complottato” contro l’annessione della penisola da parte di Mosca.
I procuratori russi l’hanno accusato di “far parte di una comunità terrorista”. Sentsov avrebbe confessato le sue colpe, secondo il giudice, anche se lui sostiene di averlo fatto sotto tortura.
Diversi processi hanno messo in luce le profonde e diffuse carenze del sistema giudiziario della Russia, tra cui l’uso della tortura e altri maltrattamenti nel corso delle indagini e la negazione del diritto a essere rappresentati da un avvocato di propria scelta.
Lo confermano diverse organizzazioni della difesa degli diritti umani, inclusa Amnesty International. A favore del regista ucraino si erano mobilitati diversi esponenti della cultura, anche internazionale. L’Efa, l’European Film Accademy, aveva chiesto per esempio “l’immediato rila scio”.
Sono numerose le organizzazioni internazionali, le associazioni culturali e i volontari provenienti da diversi paesi, che ogni giorno lottano per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni internazionali.
Gli attivisti chiedono all’Unione Europea sanzioni più dure contro la Russia, affinchè cessino le detenzioni illegali e le torture commesse contro i cittadini Ucraini.
Oggi la sensibilizzazione avviene anche tramite i social: si può dare un sostegno morale al popolo ucraino attraverso l’hashtag #LetMyPeopleGo.
Yevhen Perelygin
Ambasciatore di Ucraina in Italia
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Marzo 17th, 2017 Riccardo Fucile
“E’ STATO DATO IL SUO NOME AI PM CHE INDAGAVANO, COSI’ PAGA L’ULTIMA RUOTA DEL CARRO”
La faccenda della paternità di post e cinguettii che comunemente attivisti, giornalisti ed avversari
politici sono soliti attribuire a Beppe Grillo potrebbe avere dei risvolti inaspettati e cambiare le dinamiche della comunicazione pentastellata.
L’avvocato di Grillo fa sapere che il Capo Politico del MoVimento “non è responsabile, quindi non è autore, nè gestore, nè moderatore, nè direttore nè titolare del dominio, del blog nè degli account twitter, nè dei tweet e Facebook, non ha alcun potere di direzione e controllo sul blog nè sugli account twitter e su ciò che viene postato“, Grillo sostiene che i post firmati non sono suoi perchè non sono firmati e Luigi Di Maio invece annuncia con soddisfazione che di post “anonimi” sul blog di Grillo non ci sono più.
La “rivolta” degli scribi
Ed è vero, su beppegrillo.it e sul sito gemello ilblogdellestelle.it di post “non firmati” da qualche mese non ne vengono più pubblicati.
Ma solo perchè sono stati sostituiti da quelli firmati “MoVimento 5 Stelle”.
Chi sono gli autori di quegli articoli che spesso e volentieri riassumono la linea politica o le posizioni del M5S su una data questione? Nessuno lo sa e Grillo, in nome della trasparenza, non lo dice.
Possiamo immaginare che a coordinare il lavoro sul blog ci sia Pietro Dettori, uno dei fedelissimi di Gianroberto Casaleggio recentemente diventato responsabile editoriale dell’Associazione Rousseau.
Ma la struttura della comunicazione a 5 Stelle è molto rigida e prevede che a dirigerla ci siano tre persone: Rocco Casalino per il Senato, Ilaria Loquenzi per la Camera e Cristina Belotti per quanto riguarda gli Europarlamentari.
Sono loro — si dice soprattutto Casalino — a decidere cosa devono dire i portavoce e se uno degli eletti del 5 Stelle possa rispondere ad una domanda su una particolare questione. I tre responsabili della comunicazione controllano quindi la libertà di parola degli eletti e di conseguenza anche gli interventi firmati dei vari Di Battista, Di Maio, Fico che vengono pubblicati sui blog ufficiali del partito.
Ma chi scrive gli altri interventi, quelli non firmati?
Secondo quanto scrive Annalisa Cuzzocrea su Repubblica gli autori sono gli addetti stampa dei parlamentari del MoVimento e sarebbero loro a rischiare quindi di essere chiamati a rispondere in caso di eventuali querele:
La grana del blog senza padri, però, ha creato scompiglio nei gruppi della comunicazione. Perchè se nessuno si assume la responsabilità dei post anonimi e collettivi (la maggior parte sul sito Parlamentari5stelle, affiliato a beppegrillo.it), sono i semplici impiegati dell’ufficio stampa a rischiare le denunce per diffamazione minacciate da Matteo Renzi.
Per la verità il sito parlamentari5stelle non esiste, esiste invece la sezione parlamento sul sito (un altro) del MoVimento 5 Stelle.
La sostanza cambia di poco perchè a quanto pare, rivela la Cuzzocrea, gli impiegati dell’ufficio stampa non avrebbero molto gradito il modo con cui i vertici del partito hanno gestito la questione delle responsabilità sui post e gli articoli “non firmati”. Repubblica riporta anche alcuni virgolettati attribuiti agli addetti stampa e ad un deputato dove si menziona un caso in cui la Casaleggio avrebbe fatto il nome di uno degli impiegati ai PM i quali l’avrebbero poi perseguito:
«D’ora in poi faremo firmare i post agli eletti, che hanno altre tutele», è stato proposto ieri.
Ma non vale per il passato. «C’è già un caso — racconta un deputato — la Casaleggio ha dato il nome di un impiegato dell’ufficio stampa ai pm, che l’hanno perseguito. Con questo sistema paga l’ultimo della catena. Grillo non ci ha pensato?»
Se così fosse il Garante e Capo Politico del MoVimento a quanto pare non sarebbe in grado di tutelare le persone che lavorano per il partito.
Ma soprattutto emergerebbe che a pagare per gli insulti e quelle uscite infelici della comunicazione pentastellata sono i contribuenti italiani.
Certo, in nome della trasparenza forse sarebbe il caso che i 5 Stelle aprissero il loro Parlamento come una scatoletta di tonno per far capire agli italiani come funzionano.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 17th, 2017 Riccardo Fucile
POI RIVELA: “PIRONDINI MI DISSE CHE LA SUA ERA UNA CANDIDATURA PILOTATA DALLA SALVATORE, LO STATUTO VIETA LE CORDATE”… LA CASSIMATIS: “AMAREGGIATA, GRILLO POTEVA ALMENO TELEFONARMI, QUANDO MI HANNO CANDIDATA ALLE POLITICHE E ALLE EUROPEE ANDAVO BENE?”… PIZZAROTTI: “VIENI CON NOI”
Scaricata da Grillo riceve subito un invito da Pizzarotti: “Vieni con noi”. Nella rovente giornata grillina di Genova irrompe anche Federico Pizzarotti da Parma e le sue parole, diffuse tramite facebook, non arrivano certo per caso: sono parole di accoglienza dopo che Marika Cassimatis è stata scaricata – come accadde al sindaco – dai vertici M5s.
Cassimatis ha infatti saputo oggi al’improvviso, dopo essere stata eletta democraticamente come candidata sindaco M5s per le elezioni amministrative di Genova, che Beppe Grillo ha deciso di indire nuove votazioni non tenendo conto del volere degli iscritti.
“Aspetto che Grillo mi chiami per spiegarmi questa decisione. Siamo choccati da questa improvvisa fermata di una procedura democratica che aveva concluso il suo iter. Sono in attesa di capire i fattori nuovi intervenuti per questa decisione. Aspetto che Grillo mi spieghi. Genova si è espressa in modo democratico” ha spiegato.
“Sono una attivista già candidata alle elezioni europee e regionali e la presentazione della mia candidatura è avvenuta più di un mese fa. Se c’erano obiezioni potevano dirlo prima” – continua Cassimatis – “Grillo contesta la lista di chi mi ha votato, io non li conosco neppure tutti. In nome della trasparenza mi aspetto che mi si dica quali sono gli elementi che hanno portato a questa decisione. Ero già in campagna elettorale, il mio nome era già sul blog come candidata sindaco per Genova. Quanto avvenuto lascia molto perplessi”.
Fra le “colpe” della Cassimatis, secondo alcuni attivisti, quella di essere considerata una “non ortodossa”.
Sono infatti noti i rapporti e la vicinanza fra la candidata e il gruppo di grillini (tra l’altro storici) che hanno lasciato M5s per dar vita a Effetto Genova, movimento che porta lo stesso nome di “Effetto Parma”.
Cassimatis, considerata da alcuni “pizzarottiana”, ha ricevuto oggi un invito chiarissimo proprio dal sindaco ducale: “Cara Cassimatis, vieni con noi, le porte sono aperte. Qui si parla di temi, non di persone”. Accetterà ?
Intanto, in attesa di capire la prossima mossa di Grillo, alcuni attivisti storici del M5s ligure hanno deciso di lasciare.
“Oggi è il mio ultimo giorno di attivismo dopo 12 anni. Ormai questo non è più il M5s, bensì un partito dove per entrare devi farti avanti a raccomandazioni. E se per caso il tuo futuro è legato ad una votazione on-line, occhio che il risultato e le regole possono essere cambiate a piacimento a seconda di chi frequenti” scrive su Fb Cristiano Panzera, storico attivista M5s a Genova e candidato alle scorse regionali.
In un lungo post di addio attacca Luca Pirondini, in lizza con la Cassimatis ma sconfitto: “Ho delle discussione private con lo stesso Luca Pirondini del Gennaio 2016, dove lui stesso ammette che l’idea della sua candidatura viene dalla portavoce in Regione Alice Salvatore… Naturalmente rifiutai due volte l’invito essendo una violazione grave del regolamento del M5s” che vietava la formazione di ‘cordate’.
E precisa: “Non sono mai stato un Pizzarottiano ne un Puttiano”, altro militante storico che ha abbandonato.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 17th, 2017 Riccardo Fucile
SVEGLIA!!! NON AVETE ANCORA CAPITO CHE A GENOVA “DOVETE” PERDERE?
Il caso Genova crea sconquasso nel mondo pentastellato. Non solo nel capoluogo ligure ma
direttamente anche a Roma.
Il voto delle comunarie annullato da Beppe Grillo con un post in cui ha annunciato che la vincitrice Marika Cassimatis non sarà la candidata sindaco coglie tutti di sorpresa: “È una mossa suicida”.
È venerdì e i deputati grillini in giro a Montecitorio sono pochi.
C’è però il genovese Sergio Battelli, si dirige verso gli uffici del gruppo e non vuol parlare. Come avviene spesso in questo casi, l’imbarazzo fa da padrone a maggior ragione se a prendere una decisione così forte e in controtendenza è stato il leader.
Da questo momento i parlamentari pentastellati sanno che tutto può cambiare.
“Così perdiamo di credibilità “, è il pensiero di molti, anche dei big.
Qualcuno descrive Alessandro Di Battista molto perplesso. Nessuno mette in discussione la scelta del capo, “che sicuramente avrà avuto i suoi buoni motivi, ma non si può indire una votazione per poi annullarla quando si conosce il nome del vincitore. Non si può, qualcosa non quadra”, dice un parlamentare a taccuini chiusi.
Sempre alla Camera a scrivere gli emendamenti sul biotestamento c’è Matteo Mantero, deputato ligure anche lui. “Non mi occupo delle questioni locali, ma da esterno posso dire che mi dispiace che ci sia stato questo problema”, dice Mantero: “C’è un problema di divisioni interne e che queste divisioni abbiano portato a dover sconfessare una votazione è senza dubbio spiacevole per un Movimento che ha sempre usato questo strumento per la scelta dei propri candidati”.
Ciò che è più grave però – secondo molti parlamentari M5S – è il fatto che si sia arrivati a questo punto proprio nella città di Grillo. “Non so quando e come si sia espressa Cassimatis – aggiunge Mantero – e ho gli elementi per giudicare la decisione di Grillo, so però che dispiace”. Tanti aspettano di capirne di più.
I più severi sono preoccupati per l’impressione che viene data all’esterno. Cioè l’impressione di un capo che decide su tutto nonostante il Movimento 5 Stelle sia nato per portare avanti la democrazia diretta.
(da “Huffingtonpost”)
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