Destra di Popolo.net

IN ASPROMONTE IL MODELLO DI ACCOGLIENZA CHE COMBATTE LO SPOPOLAMENTO

Maggio 16th, 2017 Riccardo Fucile

A SANT’ALESSIO 50 PROFUGHI PARTE INTEGRANTE DEL PAESE CON RICADUTE OCCUPAZIONALI

Non solo ‘ndrangheta e affari d’oro per la malavita. In Calabria esiste un’accoglienza che diventa un modello da imitare.
Ci troviamo a Sant’Alessio in Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria, un paese che conta circa 300 abitanti e ha partecipato nelle settimane scorse al Forum mondiale della pace che si è tenuto a Madrid dove il sindaco, Stefano Calabrò, ha avuto l’occasione di far conoscere il modello “sostenibile” di accoglienza dei migranti che la sua amministrazione sta portando avanti dal 2013.
“Il progetto Sprar è parte integrante di questo paese — dice Calabrò — per cui i cittadini che arrivano non devono sentirsi diversi dai residenti a Sant’Alessio. Ne abbiamo visti passare più di 50 migranti a Sant’Alessio e, per ogni singola persona c’è un progetto personalizzato di integrazione. Abbiamo avuto anche una ricaduta occupazionale sul territorio. Su 15 dipendenti, sei sono di qui. Si crea una microeconomia all’interno del centro abitato. Non è l’unico strumento di contrasto allo spopolamento dei piccoli centri. Ma è uno degli strumenti”.
“Il segreto è questo — spiega il responsabile del progetto Sprar -, cercare di incrociare le risorse del Comune, le esigenze dei migranti e quelle del territorio.
La mattina i migranti sono impegnati nei tirocini e nel pomeriggio ci sono i corsi di alfabetizzazione, indispensabili per inserirsi nella nostra realtà .
Pensa che un ragazzo egiziano, dopo il tirocinio formativo, è stato assunto da un’azienda come tecnico informatico e oggi fa consulenze pure per il nostro Comune”.
“Non possiamo dimenticarci che siamo un popolo di migranti — conclude il sindaco Calabrò -. Oggi dobbiamo dare aiuto a chi chiede aiuto. Mi vengono i brividi quando sento parlare di ruspe e di muri”

Lucio Musolino
(da “il Fatto Quotidiano”)

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INTERVISTA A MARONI: “LA LEGA NON PUO’ STARE A DESTRA. NON SONO AGLI ORDINI DI SALVINI”

Maggio 16th, 2017 Riccardo Fucile

“NON ERA SALVINI IL CAPO DEI GIOVANI COMUNISTI PADANI?”… “IL REFERENDUM SULL’AUTONOMIA VUOL DIRE PIU’ SOLDI AL NORD E MENO AL SUD, SALVINI LO VADA A SPIEGARE AI MERIDIONALI”… “IL MODELLO LEPENISTA NON E’ IL NOSTRO”

Lo spirito è allegro, la voce serena: «Vuole sapere per chi ho votato? Ma per la Lega, naturalmente… Il nome non lo voglio dire. E comunque non sono affatto preoccupato per le dichiarazioni di Salvini. Con lui non c’è mai stato uno scontro ma una leale collaborazione, una dialettica sana come dovrebbe esserci in ogni partito».
Peccato che la «dialettica» nei partiti talvolta preluda alle epurazioni. «Bobo» Roberto Maroni sorride. Dal 2013 presidente della regione più importante e ricca d’Italia, il giorno dopo le primarie della Lega, Maroni spiega quello che sta succedendo e che potrebbe succedere da qui ai prossimi mesi nel Carroccio e nel grattacielo più alto di Milano.
Salvini, ha già  iniziato a mettere in chiaro le cose: dice che con Alfano e gli alfaniani le alleanze sono finite, Lombardia compresa. Vi mette in crisi?  
«No, penso proprio di no. Premesso che quello che decide, una volta eletto, è il segretario ed è lui che determina la linea politica, ciò che dice Salvini io lo condivido: non ci possono essere alleanze diverse a livello nazionale e regionale . E poi in Lombardia gli ex Ncd, oggi “Lombardia popolare”, hanno già  preso le distanze da Alfano. Comunque, quando sarà  il momento, farò tutte le verifiche: se ci saranno le condizioni per avere una maggioranza di centrodestra coesa, bene. Altrimenti vedremo».
Bene, perchè i toni sembravano un po’ da ultimatum nei suoi confronti. Anche Sel e il Pd dicono che lei sia la prossima vittima sacrificale di Salvini…  
«Anche con Bossi ho avuto scontri forti, anche ai suoi tempi c’era chi mi voleva cacciare dalla Lega, ma abbiamo sempre superato le incomprensioni in nome della Lega. Quando io dico “prima il Nord” è perchè come governatore della Lombardia ho questo compito. Non vuol dire che sia contro la decisione di Salvini di guardare al Sud. Poi però dovrà  essere lui a spiegare che il referendum in Lombardia vuol dire meno soldi al Sud e più denaro al Nord. Io faccio la mia parte».
A proposito di Bossi: il Senatur ha già  detto che è pronto ad andarsene…
«Bossi sbaglierebbe se dovesse uscire dalla Lega. Mi spiace per lui, ma la politica va avanti a prescindere dai buoni sentimenti».
Ritirata tattica?  
«Guardi, io non ho nulla contro Salvini, non sono il suo competitor. L’ho voluto io segretario nel 2013 dimettendomi in anticipo.”
Anche se sembra dividervi tutto: lei, come Berlusconi, ha detto di non condividere il lepenismo di Salvini. Quale spirito crede che prevarrà  nella Lega?
«Credo che questa fase del lepenismo in realtà  sia conclusa. E non tanto perchè Marine Le Pen ha perso ma perchè ha un progetto politico opposto rispetto al nostro. Il Front National vuole uscire dall’Europa e tornare allo stato nazionale francese, noi vogliamo invece l’Europa dei popoli e delle regioni, come insegnava Miglio. E poi la stessa Le Pen ha detto che il lepenismo è morto. E ne prendo atto con soddisfazione. Perchè la Lega non è di destra e un’altra cosa…».
Questa è bella: Salvini negli ultimi anni ha completamente abbracciato la destra!  
«Infatti non sono d’accordo e l’ho detto a Salvini: la Lega non è di destra, noi abbiamo fatto cose in Lombardia che le regioni rosse si sognano, dal bonus bebè al welfare. Cose tipiche delle politiche di sinistra. Per noi ci sono i lombardi, non quelli di destra o di sinistra».
Maroni, lei avrà  anche l’animo di sinistra ma il suo segretario…
«Su questo c’è diversità  di opinioni con Salvini ma sono convinto che anche per lui questo sia un peso. D’altronde ricordo quando nel ’96 era segretario dei giovani comunisti padani…Quelle sono le origini e sono sicuro che alla fine anche lui condividerà  questa posizione».
Tornando al Pirellone, dopo le dichiarazioni di Salvini, lei di fatto in Regione non sembra messo benissimo.  
«Il mio orizzonte adesso è concludere la legislatura e, arrivare al referendum per l’autonomia fiscale del 22 ottobre, il cui obiettivo è poter trattenere qui i nostri soldi, senza mandarli più al Sud, come avviene oggi e su questo la maggioranza è compatta. Quello sarà  il vero spartiacque anche per future alleanze».
Si va a votare in anticipo ad ottobre?
«Dipende dalla politica nazionale».
Non dal suo processo? Se condannato, dovrebbe dimettersi.
«Secondo la legge Severino ci sarebbe una sospensione di 18 mesi. Uso il condizionale perchè poi, come è successo per De Luca e De Magistris, i giudici hanno sospeso la sospensione. Nel merito invece, ritengo che in nessun paese civile si sarebbe proceduto a processare un politico per un viaggio istituzionale che non ha mai fatto. Costo zero per la Regione. Non vedo l’ora che questa storia finisca».
Il suo avvocato però oppone continui rinvii. Si difende anche lei «dal processo»?
«Il mio avvocato fa quello che deve fare nel mio interesse».

Paolo Colonnello
(da “La Stampa”)

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INVECE CHE CHIEDERE DI INDAGARE SUL RAS DEL CARA, SALVINI GLI STRINGEVA LA MANO: ECCO LA FOTO

Maggio 16th, 2017 Riccardo Fucile

CON I SOLDI RUBATI AI PROFUGHI LEONARDO SACCO HA ACQUISTATO 129 IMMOBILI, 81 AUTO E 5 IMBARCAZIONI… NON SOLO ALFANO E RENZI, MA ANCHE BERLUSCONI E SALVINI GLI RENDEVANO OMAGGIO… L’UOMO DELLA ‘NDRANGHETA MAI NEL MIRINO DEI POLITICI CHE ORA FANNO GLI INDIGNATI

Leonardo Sacco, governatore da oltre 15 anni della Fraternita di Misericordia di Isola Capo Rizzuto, ha comprato con i fondi destinati ai profughi anche ville e barche. Questo racconta l’ordinanza che ieri lo ha portato in carcere insieme al parroco di Isola Capo Rizzuto Don Edoardo Scordio e che oggi viene descritta da Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera:
Per i «pentiti» che hanno collaborato con i magistrati, Sacco era «il gabibbo». Nel novembre 2016 il collaboratore Francesco Oliverio racconta: «Gli Arena potevano contare su un personaggio che si chiama Leonardo Sacco, che io conoscevo anche con il soprannome di “gabibbo”, il quale, a sua volta, era molto legato a un prete che io non ho mai conosciuto ma del quale mi hanno parlato Pasquale Arena e suo fratello Pino. Dicevano che il prete era loro amico… Tutte le imprese che fatturavano per il campo profughi erano scelte dalla società  maggiore del locale degli Arena. Oltre a dovere dare una percentuale agli Arena, facevano fatturazioni per operazioni inesistenti, per gonfiare costi, in modo tale da creare fondi neri che erano amministrati dai Giordano, da Pecora zoppa e da Angelo Muraca, i quali, ribadisco, facevano usura e comunque finanziavano la cosca Arena».
Sacco, raccontava qualche tempo fa l’Espresso, poteva contare su amicizie trasversali, dal centrosinistra al centrodestra.
Nel tempo ha costruito una rete di rapporti diplomatici con le istituzioni che si occupano dell’emergenza immigrazione. Le foto con il ministro Alfano sono state scattate a una convention di anni fa che riuniva gli amministratori del Nuovo Centro Destra, il partito di Alfano.
In particolare, le indagini hanno documentato come le società  di catering riconducibili ai cugini Antonio e Fernando Poerio, nonche’ ad Angelo Muraca, dal 2001 abbiano ricevuto, inizialmente con la procedura dell’affidamento diretto e successivamente in subappalto, la gestione del servizio mensa del centro di accoglienza di Isola la cui conduzione era stata ottenuta dall’associazione di volontariato “Fraternita di Misericordia”. In particolare, racconta il Corriere, si parla di sequestri di ville e barche per un valore complessivo di 70 milioni di euro:
Quale sia stata la destinazione del denaro pubblico appare chiaro leggendo il decreto di sequestro dei beni firmato dai magistrati ed eseguito dagli specialisti del Ros. Sono sotto sigilli «15 società  attive nel settore agricolo, della ristorazione, del turismo, dell’edilizia, della prestazione di servizi, 129 immobili (tra cui 46 abitazioni, 1 residence, 4 ville, 9 garage, 6 depositi, 6 negozi e 38 ettari di terreno), 81 autovetture, 27 ambulanze e 5 imbarcazioni, nonchè 90 rapporti bancari e 3 polizze assicurative, per un valore complessivo di circa 70 milioni di euro», riconducibili alla Confraternita e ai boss.
La Misericordia «gestisce anche il presidio fisso “118” di Isola di Capo Rizzuto e il servizio di protezione civile per l’intera regione Calabria». Ma la società  «Sea Lounge» di Sacco «ha corrisposto negli ultimi anni (dal 2010) gli unici redditi dichiarati al Fisco di ammontare variabile tra i 17 mila e i 50 mila euro l’anno, in netta sproporzione con il tenore di vita seguito».
Secondo gli atti della Dda di Catanzaro Don Edoardo Scordio avrebbe ricevuto 132mila euro nel solo anno 2017 a titolo di prestito/contributo e pagamento di note di debito “per servizi di assistenza spirituale” che avrebbe reso ai profughi ospiti della struttura. Don Scordio, indicato come “gestore occulto” della Confraternita della Misericordia, sarebbe stato organizzatore di un vero e proprio sistema di sfruttamento delle risorse pubbliche destinate all’emergenza profughi, riuscendo ad aggregare le capacita’ criminali della cosca Arena e quelle manageriali di Leonardo Sacco, 38 anni, governatore dell’associazione benefica, da lui fondata.
Sarebbe stato documentato come la cosca , attraverso l’operato di Leonardo Sacco, governatore dell’associazione di volontariato “Fraternita di Misericordia” di Isola di Capo Rizzuto, nonchè presidente della Cofraternita Interregionale della Calabria e Basilicata, si sia aggiudicata gli appalti indetti dalla Prefettura di Crotone per la gestione dei servizi, in particolare quello di catering, relativi al funzionamento dei centri di accoglienza richiedenti asilo “Sant’Anna” di Isola di Capo Rizzuto e di Lampedusa, affidati in sub appalto a favore di imprese costituite ad hoc dagli Arena e da altre famiglie di ‘ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all’accoglienza dei migranti.

(da “NextQuotidiano”)

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EMERGENZA MONNEZZA A ROMA, L’ESILARANTE INTERVISTA ALL’ASSESSORE MONTANARI

Maggio 16th, 2017 Riccardo Fucile

NEGA CHE SIANO STATI SPESI DUE MILIONI PER L’ULTIMA EMERGENZA, MA DIMENTICA PARECCHIE ALTRE COSE

Pinuccia Montanari, che a Roma non ha mai visto un topo (perchè evidentemente abita da qualche altra parte), rilascia oggi un’intervista al Fatto Quotidiano piena di affermazioni interessanti sull’emergenza monnezza a Roma che non c’è ma c’è: andiamo a commentarla cogliendo fior da fiore.
Dicono che abbiate speso 2 milioni di euro.
Non è questa la cifra. E comunque era necessario.

L’assessora, in omaggio alla trasparenzaquannocepare, contesta senza nominarli le cifre fornite da alcuni sindacalisti dell’AMA al Corriere Roma riguardo quanto si è speso in queste settimane per far rientrare Roma dall’emergenza.
Sostiene che era necessario spenderli, MA non dice quanto si è speso.
Luca De Carolis, che firma l’intervista, si dimentica di chiederlo. Cose che capitano.
Ma a breve Roma sarà  di nuovo in emergenza?

No. Noi lavoriamo a varie fasi, e questa è di transizione. Possiamo tenere il sistema in sicurezza.
Come?
Una prima risposta è la recente ordinanza della sindaca Virginia Raggi, dopo la quale i due impianti di trattamento del consorzio Colari a Malagrotta (l’ex discarica, ndr) sono tornati da 600 a 1250 tonnellate di rifiuti lavorati al giorno.
Qui la Montanari sostiene che è stata la Raggi a volere il commissariamento del consorzio Colari.
La vicenda è stata ricostruita in maniera diversa: si fa quindi quello che aveva auspicato Daniele Fortini meno di un anno fa, quando di fronte al “patto della monnezza” stretto tra il Comune e il Colari sotto la benedizione di Paola Muraro l’allora capo di AMA aveva obiettato che l’interdittiva antimafia del 2014 impediva ad AMA di entrare in rapporti con l’azienda e aveva auspicato il commissariamento del consorzio.
Questo è possibile grazie alla Regione, che sancisce l’emergenza e invita il Comune a muoversi sulla base dei riscontri di ARPA che ha svolto i controlli negli impianti e ha trovato rifiuti accumulati vicino agli impianti. Infine:
Il governatore del Pd Nicola Zingaretti rema contro?
Penso che la Regione stia valutando le possibili risposte.
Secondo Zingaretti, “ospitare i rifiuti di Roma in altri Comuni può far scattare una rivolta ”
 Noi non vogliamo affatto portare altrove i nostri rifiuti.
Quindi Roma non vuole portare rifiuti da altre parti. Ma allora perchè Virginia Raggi a Porta a Porta ha detto: “La Regione non ha approvato un piano rifiuti dal 2012. Altri impianti del Lazio sono pieni e ora ci dicono che non possono prendere più i rifiuti di Roma. Così i cubi prodotti dagli impianti di Roma si accumulano. La soluzione immediata è quindi che la Regione sblocchi tutte le richieste di autorizzazioni che ha in piedi”?
E perchè poi ha aggiunto: “Sento molta indignazione per come siamo arrivati qui Abbiamo ereditato un sistema fallato. Non lo dico io o il M5s ma il governo con una lettera, l’11 aprile. Il Governo dice che il sistema della gestione della Regione Lazio è sottodimensionato. E lo dice anche un’azienda, oggi, la Rida di Aprilia, che spiega come la Regione Lazio deve autorizzare lo smaltimento. La Regione deve solo rispondere”?
Infine, tanto vale anche segnalare la lettera di Mauro Buschini, assessore all’ambiente in Regione, al Fatto: evidentemente anche lui ha capito male quello che vogliono Raggi & Montanari:
In queste settimane di polemiche sul ciclo dei rifiuti a Roma si sono lette molte inesattezze, appesantite da alcune falsità . L’intervista dell’assessore Bergamo pubblicata ieri ha, probabilmente, la funzione di sintetizzarle tutte insieme. È bene, dunque, precisare alcune questioni. Quando l’assessore Bergamo si interroga sul perchè gli impianti si rompono,dovrebbe sapere che la prima causa è determinata proprio dallostress acui sonosottoposti dal sovraccarico schizofrenico del loro impiego. In ogni caso, Bergamo può chiedere ai dirigenti di Ama che cosa accade nel sistema fragile e precario della Capitale a partire dal fatto che proprio Ama più volte ha denunciato alla magistratura le ragioni di tali fragilità .
È bene ribadire che l’inefficienza degli impianti è tutta romana, perchè gli impianti di smaltimento delle altre province funzionano regolarmente e non per questo meritano di essere sottoposti a carichi abnormi.
Bergamo afferma inoltre che per costruire una nuova discarica occorrono 2 anni. Falso. L’iter potrebbe concludersi con minor tempo.
In ogni caso una discarica di servizio sarà  sempre necessaria, anche con la differenziata alle massime percentuali perchè ci sarà  sempre rifiuto che dovrà  essere smaltito.
Curiosa infine l’affermazione per la quale si dovrebbero portare ancora più rifiuti fuori dalla capitale perchè Roma non intende fare niente.
La Regione dovrebbe trovare discariche e inceneritori per Roma e convincere le altre province laziali e prendersi tutti i rifiuti che Roma non vuole smaltire in casa.
La Regione ha offerto a Roma Capitale la disponibilità  a richiedere più solidarietà  alle altre regioni italiane ma la risposta dell’assessore Montanari è stata “non serve”.

(da “NextQuotidiano”)

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CASO CONSIP, RENZI AL PADRE INTERCETTATO: “NON DIRE BUGIE, AI MAGISTRATI DEVI DIRE LA VERITA'”

Maggio 16th, 2017 Riccardo Fucile

“QUESTA INTERCETTAZIONE PER ME È UN REGALO”: LO SCOOP FINISCE PER FORNIRE UN ASSIST ALL’EX PREMIER

“Non dire bugie, non ti credo. Hai visto Romeo una o più volte?”.
La telefonata tra Matteo Renzi e il padre Tiziano, indagato nell’ambito dell’inchiesta Consip, è del 2 marzo 2017.
Il giorno successivo Tiziano Renzi sarà  interrogato dai giudici romani. È l’anticipazione del Fatto Quotidiano contenuta nel nuovo libro di Marco Lillo Di padre in figlio. L’ex premier ha subito risposto con un lungo post sulla sua pagina Facebook: “Nel merito queste intercettazioni ribadiscono la mia serietà  visto che quando scoppia lo scandalo Consip chiamo mio padre per dirgli: ‘Babbo, questo non è un gioco, devi dire la verità , solo la verità ‘”.
L’intervista di Mazzei a Repubblica. In quella telefonata, intercettata dai pm, l’ex premier incalza il babbo: dopo aver letto su Repubblica l’intervista ad Alfredo Mazzei (nella quale si parlava della cena a tre tra Tiziano Renzi, Alfredo Romeo e Carlo Russo, la “cena nella bettola”) decide di chiamarlo: “Devi dire tutta la verità  ai magistrati, non puoi dire che non conosci Mazzei perchè è l’unico che conosco anche io”.
L’ex premier appare molto preoccupato dall’interrogatorio al quale il padre sarà  sottoposto e gli intima: “Devi ricordarti tutti i nomi e tutti i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorie”.
“Non dire di mamma”.
Si raccomanda poi di non dire che a un ricevimento con alcuni imprenditori era presente anche sua madre, Laura Bovoli: “Non dire di mamma, se no la interrogano”.
La risposta vaga di Tiziano.
Poi il segretario del Pd arriva al dunque: “È vero che hai fatto una cena con Romeo?”. La risposta del padre non sarebbe stata netta: Tiziano nega una cena al ristorante (la “bettola” dell’intervista di Repubblica), ma non lo è altrettanto su un possibile incontro con l’imprenditore campano in un bar.
Matteo lo incalza e gli manifesta la sua sfiducia: “Non ti credo e devi immaginarti cosa può pensare il magistrato. Non è credibile che non ricordi di avere incontrato uno come Romeo, noto a tutti e legato a Rutelli e Bocchino”. Il padre esita, dice di non ricordare, cita un convegno al Four Season con esponenti del mondo delle imprese ai tempi delle primarie di fine 2012 contro Bersani.
Fosche previsioni.
Il segretario Pd conclude con amarezza: “Andrai a processo, ci vorranno tre anni e io lascerò le primarie”. E, prima di chiudere la telefonata, ribadisce: “Non puoi dire bugie, devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e devi riferire tutto quello che vi siete detti. Devi ricordarti che non è un gioco”.
Renzi denuncia una “gogna mediatica” contro di lui ma sulla telefonata con il padre dice: “Ribadisce la mia serietà , sono stato duro con lui, ma dovevo farlo”
Renzi commenta l’intercettazione della chiamata con il padre Tiziano pubblicata da Marco Lillo nel suo nuovo libro e riportata oggi dal Fatto Quotidiano. “Politicamente parlando le intercettazioni pubblicate mi fanno un regalo. La pubblicazione – continua l’ex premier – è come sempre illegittima ed è l’ennesima dimostrazione di rapporti particolari tra alcune procure e alcune redazioni. Ma non ho alcun titolo per lamentarmi: non sono il primo a passare da questa gogna mediatica”.

(da agenzie)

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TRUMP IN CADUTA LIBERA NEI SONDAGGI: SOLO IL 39% DEGLI AMERICANI APPROVA IL SUO OPERATO

Maggio 16th, 2017 Riccardo Fucile

I SENATORI REPUBBLICANI PREOCCUPATI: “SIAMO VICINI AL CAOS”

Lasciamo il commento all’ultima follia di Donald Trump, che ogni giorno ci regala una nuova pagina della sua inquietante avventura tra l’irresponsabilità  e il ridicolo, non ai cattivi giornali, non ai media ostili, non a quelli che lui chiama i produttori di “fake news” o agli avversari politici, ma a un senatore repubblicano, Bob Corker del Tennessee.
“La Casa Bianca è in una spirale discendente. Deve fare qualche cosa al più presto per uscirne, per rimettere ordine   e riportare le cose sotto controllo. Il caos che stanno creando produce una siuazione preoccupante”.
Bob Corker è il presidente della Commissione Esteri del Senato, non l’ultimo arrivato con la piena elettorale.
Tra i repubblicani comincia a insinuarsi il panico.
Se l’indice di popolarità  di Trump, in caduta libera anche nei sondaggi del pur fedelissimo Rasmussen, dovesse scendere ancora e avvicinarsi al 30% dal 39% di oggi, il malumore e la preoccupazione che si intravvedono per la incompetenza e la irresponsabilità  di Trump si trasfomerebbero in un “si salvi chi può” e in una corsa generale alle uscite di sicurezza.

(da “La Repubblica”)

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“DA TRUMP INFORMAZIONI TOP SECRET AI RUSSI”: LE RIVELAZIONI DEL WASHINGTON POST

Maggio 16th, 2017 Riccardo Fucile

IL QUOTIDIANO CITA COME FONTI “FUNZIONARI ATTUALI E PRECEDENTI”… LA SMENTITA E’ PARZIALE, ORA TRUMP RISCHIA GROSSO

E’ l’ultimo sviluppo del Russia-gate, il più clamoroso e potenzialmente destabilizzante.
Stavolta l’accusato è Donald Trump in persona. Avrebbe “trasmesso informazioni top secret al ministro degli Esteri russo e al suo ambasciatore”. Non in campagna elettorale. Qui si parla di un incontro avvenuto la settimana scorsa, alla Casa Bianca. Quindi l’accusa investe il presidente in carica, non il candidato come molte altre storie relative alla Putin-connection.
La notizia-bomba è l’apertura del sito del Washington Post. Il quotidiano della capitale cita come sue fonti “funzionari attuali e precedenti”, cioè sia dell’Amministrazione Trump che del governo Obama.
Sempre secondo il Washington Post, i segreti in questione — “highly classified”, cioè la categoria più elevata per livello di riservatezza — riguarderebbero lo Stato Islamico o Isis.
Quelle informazioni sarebbero state fornite all’Amministrazione Usa da un partner straniero, un governo alleato, che non ha dato agli americani il permesso di divulgarle a terzi.
Passando le notizie segrete ai russi, Trump avrebbe quindi “messo in pericolo una fonte d’intelligence cruciale”.
L’accusa pesantissima s’inserisce nel clima già  rovente a Washington dopo il licenziamento in tronco dell’ex capo dell’Fbi James Comey, inviso a Trump proprio perchè guidava le indagini sul Russia-gate.
Naturalmente sorge il sospetto che anche quest’accusa faccia parte della guerra intestina all’Amministrazione, dove pezzi interi dell’intelligence e ovviamente dell’Fbi sono in aperto contrasto con questo presidente.
Il lungo articolo sul sito del Washington Post descrive come, nel corso del lungo e amichevole colloquio della scorsa settimana fra Trump, il ministro russo Sergei Lavrov, e l’ambasciatore Sergey Kislyak, il president americano si sia “discostato dalla traccia che doveva seguire” e abbia cominciato a rivelare dettagli su una minaccia di attentati dell’Isis attraverso computer portatili sugli aerei.
La minaccia in questione è quella che ha portato gli Stati Uniti a vietare laptop e tablet in cabina su tutti i voli in provenienza da 10 aeroporti del Medio Oriente. Vantandosi con Lavrov “delle grandi notizie che ricevo dall’intelligence”, Trump avrebbe rivelato dettagli top secret
L’incontro con Lavrov e l’ambasciatore russo peraltro era già  stato al centro di polemiche per la sua tempistica: esattamente il giorno dopo il licenziamento del capo dell’Fbi che indagava sul Russia-gate.
Di fronte all’accusa del Washington Post, la Casa Bianca già  corre ai ripari.
Interviene in persona il generale McMaster, capo del National Security Council e quindi massimo consigliere presidenziale, a spiegare che il presidente ha l’autorità  per “de-secretare” qualsiasi informazione.
E quindi per definizione non può compiere alcun reato se divulga notizie “classified”, perchè dal momento che lo fa lui smettono di essere coperte dal segreto di Stato.

(da “La Repubblica”)

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I FORNI CREMATORI DEL CRIMINALE ASSAD PER NASCONDERE LE ESECUZIONI DI MASSA

Maggio 16th, 2017 Riccardo Fucile

IL MONDO CIVILE ORA SI ACCORGE DEI CRIMINI DEL BOIA SIRIANO CHE PIACE TANTO AI CAZZARI BECERODESTRI NOSTRANI

Nuove accuse di disumana crudeltà  vengono mosse dal Dipartimento di Stato Usa contro il regime siriano di Bashar al-Assad.
Il governo siriano, ha affermato in conferenza stampa Stuart Jones, assistente del segretario di Stato per il medio e vicino Oriente, sta procedendo a esecuzioni di massa di migliaia prigionieri nel carcere militare di Saydnaya, a 30 chilometri da Damasco. Le impiccagioni, accusa l’alto funzionario statunitense, avvengono a un ritmo di una cinquantina al giorno.
Per cancellare le prove dello sterminio, all’interno dell’istituto di pena un edificio è stato modificato per essere adibito a crematorio, come mostrerebbero foto statellitari declassificate diffuse dal Dipartimento di Stato.
Le foto sono state scattate da satelliti commerciali e coprono un periodo che va dal 2013 ad oggi, passando dall’agosto di quattro anni fa al gennaio del 2015, quindi all’aprile del 2016 e 2017.
Non provano in modo assoluto, ha precisato Jones, che l’edificio inquadrato sia un crematorio, ma evidenziano una costruzione “coerente” con quel genere di utilizzo. L’immagine del gennaio 2015, in particolare, mostra il tetto del presunto crematorio ripulito dalla neve, scioltasi presumibilmente per il calore sviluppato da una combustione.
“Dato che le numerose atrocità  perpetrate dal regime siriano sono state abbondantemente documentate, riteniamo che la costruzione di un crematorio sia il tentativo di nascondere le esecuzioni di massa nella prigione di Saydnaya. E fonti credibili hanno riferito che molti dei corpi sono stati sotterrati in fosse comuni” ha spiegato Stuart Jones. Che ha quindi accusato Assad di “sprofondare in un nuovo livello di depravazione. Col sostegno di Russia e Iran”.
Jones si è detto pessimista sui risultati dell’accordo che ha istituito “zone di de-escalation” in Siria nel tentativo di ridurre la violenza e salvare vite umane.
Accordo mediato dalla Russia con il sostegno dell’Iran e della Turchia durante i colloqui nella capitale kazaka di Astana la scorsa settimana. “Alla luce dei fallimenti dei precedenti accordi per il cessate il fuoco, abbiamo ragione di dirci scettici”, ha detto Jones. “Il regime di Assad deve fermare tutti gli attacchi ai civili e alle opposizioni e la Russia deve assumersi la responsabilità  di garantire il rispetto” dei diritti umani “da parte del regime”.
Va ricordato come lo scorso febbraio Amnesty International avesse elaborato la stessa accusa di “sterminio” contro il regime di Damasco, calcolando in 13mila le persone impiccate tra 2011 e 2015 in Siria proprio nella prigione degli “orrori” di Saydnaya. La cifra è contenuta in un rapporto di Amnesty sulla Siria, redatto sulla base delle interviste a 84 testimoni oculari, tra cui guardie carcerarie, ex detenuti, magistrati e avvocati, oltre che a esperti nazionali e internazionali.
Già  tre mesi fa il rapporto Amnesty affermava come “ogni settimana, spesso due volte a settimana, fino a 50 persone sono state tirate fuori dalle celle e impiccate. In cinque anni almeno 13mila persone, tra cui civili che si opponevano al governo”.
Oltre alle vittime di Saydnaya, Amnesty quantificava anche in 17mila i detenuti morti nelle carceri siriane nel corso del conflitto.
Ma a Saydnaya, aggiungeva l’organizzazione nel suo documento, “sono inflitte ai detenuti condizioni inumane, torture, sistematiche privazioni di acqua, cibo, cure mediche e medicine” mentre sono costretti a ubbidire a “regole sadiche”.
I negoziati di Ginevra, affermava Amnesty, “non possono non tenere conto” di questi “crimini contro l’umanità ” e consentire a “osservatori indipendenti di aver accesso ai luoghi di detenzione”.

(da agenzie)

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