Maggio 8th, 2017 Riccardo Fucile
IN FORZA ITALIA CONTENTI DELLA SCONFITTA DELLA LE PEN: SALVINI E MELONI RIDIMENSIONATI… UNITI ALLE ELEZIONI, POI OGNUNO PER LA SUA STRADA
“Si vince al centro”. Lo ribadiscono Silvio Berlusconi e Renato Brunetta, anche se forse le conclusioni potrebbero essere opposti.
Dopo il voto alle presidenziali francesi che ha visto trionfare Emmanuel Macron su Marine Le Pen, anche il centrodestra italiano si interroga su quali ripercussioni avrà quel voto in casa nostra.
Dentro Forza Italia, ovviamente, sono tutti contenti.
I sovranisti Matteo Salvini e Giorgia Meloni escono fortemente ridimensionati e questa per il Cavaliere è una buona notizia.
Ad Arcore e dintorni sono tutti d’accordo: Matteo Renzi gioca a fare il Macron italiano e solo il centrodestra può essere l’argine all’ascesa del Movimento 5 Stelle, che gioca da solo.
La condizione è una sola: il centrodestra deve essere unito. Lo dice Brunetta, nella speranza di ridurre il ruolo di Lega Nord e Fratelli d’Italia.
Alcuni però attribuiscono a quel “si vince al centro” di Berlusconi un significato diverso e assai più malizioso.
Bisogna abbandonare ogni velleità anti-euro o euro-scettiche, attraendo il voto moderato e “gollista” di casa nostra, e tenendosi aperti a ogni possibilità post-voto. Ovviamente il pragmatismo viene prima di tutto: se servirà arrivare alle urne alleati di Lega e FdI va benissimo, ma il Cav si terrà le mani slegate per poterle stringere a quelle di Matteo Renzi e Angelino Alfano in un grande esecutivo di emergenza nazionale.
(da “Libero”)
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Maggio 8th, 2017 Riccardo Fucile
L’EX PREMIER FA IL GRILLINO: OPERAZIONE ANTI-DEGRADO PER ATTACCARE LA GIUNTA RAGGI
Una promessa è una promessa. E se Matteo Renzi promette che domenica prossima insieme ai volontari con la maglietta gialla pulirà Roma, ci si aspetta che lo faccia.
Se non altro per non dare la cattiva impressione di rimangiarsi tutto quello che promette. Ma anche perchè la mossa, in puro stile grillino, rischia di creare un cortocircuito con l’amministrazione della città . E i suoi referenti politici.
Per questo sarà divertente assistere allo spettacolo di un Partito Democratico in vena di blitz da Retake Roma.
Scrive Il Messaggero che la svolta “romana” del segretario Pd, in realtà , è partita da Corviale un paio di settimane fa, quando da candidato alle primarie, è andato a palleggiare a due passi dal Serpentone con i ragazzi del Calcio sociale, penultima tappa della campagna elettorale per (ri)scalare il partito.
Il debutto a Roma è per domenica prossima. Con tanto di ramazza per ripulire i parchi abbandonati all’incuria, ma anche con le sacche di bitume per colmare le buche delle strade groviera.
Le magliette gialle hanno esordito alla festa della Liberazione del 25 aprile scorso a Milano, garantendo la sicurezza del corteo e la possibilità di sfilare alla Brigata Ebraica.
«L’obiettivo è dimostrare che il partito è una forza a disposizione della città , anche dal punto di vista civico», spiega ancora al Messaggero Luciano Nobili, renziano romano e tra i registi dell’operazione anti-degrado.
Insomma, «non c’è solo la contestazione al M5S». Per quella, verrà programmata il 20 maggio un’iniziativa ad hoc, con Roberto Giachetti che a un anno dallo scontro elettorale con la Raggi illustrerà «cosa non è stato fatto in 12 mesi» di governo pentastellato a Roma.
Insomma l’ex premier diventa grillino. E riprende l’esperienza di associazioni tipo Tappami, già oggi al lavoro per le buche nei municipi con la benedizione dei grillini. Anche se non sembra il frutto del riconoscimento di errori nella gestione del dossier Capitale, che finora è stata disastrosa da parte del Partito Democratico.
Che ha deciso di defenestrare Ignazio Marino dopo lo scandalo degli scontrini dandogli dell’incapace. Lasciando poi la città in mano a un commissario governativo che non poteva nè doveva risolvere i problemi.
E poi facendo surclassare il proprio candidato dalla “nuova” Virginia Raggi, che al ballottaggio è stata eletta con percentuali bulgare contro Roberto Giachetti.
Il nervosismo infatti è palpabile. Pinuccia Montanari non ci sta e attacca a sua volta: “Se Renzi pensa di ripulire in un giorno i 20 anni di malagestione che loro e la destra hanno regalato alla città nessuno ci casca. Noi un piano rifiuti lo abbiamo”.
E ancora: “Il Pd di Renzi ci ha lasciato ad esempio una città senza mezzi per gestire il verde, una situazione che noi stiamo recuperando con gare da 9 milioni di euro” e poi suggerisce al segretario dem: “In città ci sono aree di competenza non nostre ma della Regione, come gli argini del Tevere. Magari Renzi si attivi in quel senso…”.
Finirà tutto in uno spot? Nel caso, sarà difficile eguagliare quello per Roma Pulita.
(da “NextQuotidiano“)
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Maggio 8th, 2017 Riccardo Fucile
IL DOCENTE DI POLITICA EUROPEA ALL’UNIVERSITA’ DI LONDRA: “PRENDE DA SINISTRA I VALORI PROGRESSISTI IN CAMPO SOCIALE E DA DESTRA ALCUNI VALORI ECONOMICI: CERCA DI COGLIERE IL MEGLIO AL DI LA’ DELLE IDEOLOGIE”
Philippe Marlière, professore di politica europea all’University College di Londra, non ha dubbi: Emmanuel Macron è un riformista.
Qualunque sia il significato di questa parola. «Vuole cambiare le cose», spiega al telefono da Londra: «Anche se non è sempre chiaro il come. Ma ciò che è chiaro è che con la sua elezione il sistema tradizionale è crollato. Abbiamo una nuova Repubblica. È successo quello che da voi accadde con l’avvento di Silvio Berlusconi che spazzò via tutto il vecchio. Perchè il vecchio era ormai molto screditato».
Cominciamo dalla politica interna: come cambieranno le cose?
«Macron vuole trasformare un handicap, quello di essere stato il ministro dell’Economia di un presidente detestato come Francois Holland, in un punto di forza. E sostiene che Hollande non ha avuto il coraggio di andare abbastanza lontano con la sua riforma del lavoro. Sostiene che avrebbe dovuto rendere il lavoro ancora più flessibile ma unirlo a dei chiari e automatici meccanismi di solidarietà come avviene in Nord Europa. Mi sembra evidente che voglia mettere fine al sistema complicato di negoziazioni sindacali e trovare invece degli automatismi che tutelino i lavoratori senza intermediari».
Le sembra dunque un vero liberale?
«Mi ricorda molto il Tony Blair prima della guerra in Iraq, quello che funzionava, e mi fa pensare al vostro Matteo Renzi che certamente ha una personalità molto diversa ma che come lui cerca di prendere il meglio a destra e a sinistra senza troppo fare caso alle ideologie tradizionali, prediligendo i tecnocrati. Però un’altra grande differenza è che Renzi ha scelto di appartenere a un partito e invece Macron lo sta creando da zero. E fa bene. Si può andare al potere senza un partito ma non ci si può restare. Anche il movimento 5Stelle è diventato partito».
Cosa vuol dire oggi essere liberale in Francia?
«Innanzitutto vuol dire rompere con la tradizione. Il liberismo non fa parte della tradizione francese. Poi vuol dire prendere dalla sinistra i suoi valori progressisti in campo sociale, rompendo con la tradizione di destra, conservatrice e religiosa, e da destra alcuni valori economici. Mi sembra chiaro che Macron non sia un vero uomo di sinistra ma un ibrido».
Eppure piace a molte minoranze etniche…
«Certo. A differenza dei partiti di destra non vuole insegnare loro come vivere o a riconoscere il giusto dallo sbagliato. Non li vede dall’alto di una tradizione strettamente francese. È molto più aperto al diverso e la nuovo. Così risulta interessante a persone che votano a sinistra».
Passiamo alla politica estera: quale potrà essere il suo atteggiamento verso l’Europa?
«Viene vissuto come al continuazione di Hollande, che non voleva opporsi alla Merkel, ma io credo che sarà molto più coraggioso nel rilanciare l’Europa e potrebbe presentarsi come il nuovo leader europeo, una casella che la Francia ha lasciata scoperta per troppo tempo. Però non è ancora chiaro in che direzione si muoverà ».
Seguendo le aspirazioni dei francesi…
«I francesi vogliono un’Europa che rechi beneficio alla gente normale, non alle èlites. Chiedono lavoro, protezione, pace e per farlo credo che Macron dovrà obbligare la Germania a scendere a compromessi. La speranza è che sia abbastanza leader per dire “vogliamo un’Europa più solidale”».
(da “L’Espresso”)
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Maggio 8th, 2017 Riccardo Fucile
RAPPRESENTA EN MARCHE! AL PARLAMENTO UE
Europeista, non è stata ministro ma dal 1989 ha lavorato al ministero degli Esteri per occuparsi dei negoziati europei sulla riunificazione tedesca.
Sylvie Goulard è in corsa per diventare un esponente di spicco del prossimo Governo francese, dopo la vittoria alle presidenziali di Emmanuel Macron: si parla del ministero degli Esteri, ma il suo nome è chiacchierato anche nel totopremier.
Dal 2001 al 2004 è stata consigliere politico di Romano Prodi alla Commissione Europea per poi collaborare con Valèry Giscard D’Estaing per la Costituzione europea.
Unico handicap: non è mai stata eletta all’Assemblèe Nationale.
La prima visita all’estero di Macron sarà a Berlino, e a riferirlo è stata proprio l’eurodeputata Goulard.
Ieri sera, subito dopo che sono emersi i risultati che lo davano vincitore alle presidenziali, fonti dell’entourage di Macron avevano riferito di una telefonata “molto calorosa” con la cancelliera tedesca Angela Merkel.
La Goulard, unica rappresentante del Movimento En Marche! di Macron all’europarlamento, è stata anche in prima linea nel rifiutare l’ingresso nel gruppo europeo dell’Alde guidato da Guy Verhofstadt del Movimento 5 Stelle. “Non sono a favore perchè non vedo come si può fare un compromesso tra persone che sono su posizioni così diverse”.
Un concetto espresso ancora più chiaramente in un’intervista a Repubblica di gennaio: “Tutti i movimenti che giocano e che fanno leva sul nazionalismo rappresentano una minaccia. Quanto alle affinità tra Beppe Grillo e Marine Le Pen, per fortuna non passo le mie serate insieme a nessuno dei due ma per quel che vedo mi sembrano molto vicini. Stesso spirito, stessa ispirazione”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 8th, 2017 Riccardo Fucile
OBIETTIVI FLESSIBILITA’ E ASSE CON BERLINO: ECCO I SUOI PROGETTI
Un detto arabo che i francesi amano citare dice: “Non abbassare mai le braccia, rischi di farlo due secondi prima che succeda il miracolo”.
Ora che il miracolo Emmanuel Macron l’ha fatto, lui il capo di Stato più giovane dai tempi di Luigi Napoleone, lui pupillo del sistema che si è mangiato i suoi stessi padri, non può ancora abbassare le braccia rivolte al cielo.
Inizia oggi la sua corsa contro il tempo per dimostrare che faceva sul serio. La lista dei progetti sul tavolo è ai limiti del possibile: formazione di un governo credibile e di rottura al tempo stesso; ricerca di una maggioranza in Parlamento; riforma del lavoro rafforzando il Jobs act alla francese e sfidando i sindacati; debutto a Bruxelles carico di aspettative con, come alleata, la solita Germania; gestione della sicurezza nel Paese tra paure e minacce effettive.
Lui, quasi annoiato, replica che “non vede l’ora che si parli di altro che non sia il duello con Marine Le Pen”. Detto e accontentato. L’ex ministro dell’Economia conosce bene le stanze del potere e sa che tutto si gioca nei primi mesi.
E’ arrivato al potere sull’onda dell’entusiasmo di un mondo che finalmente ha visto qualcosa e qualcuno capace di opporsi al populismo, ora deve farlo durare.
“E’ stata fortuna”, dicono i suoi detrattori a destra e sinistra. Di fortuna ne ha avuta molta e il vero talento è l’averla saputa sfruttare.
Ora Macron ha tutto da perdere e poco da vincere. O si può dire con una frase di Napoleone (questa volta quello vero) che nello staff dell’ex ministro amano riportare: “Vincere non è niente, bisogna saper sfruttare il successo”.
L’impresa: scegliere politici, ma di rottura. E sperare nella maggioranza
Il primo ostacolo si chiama primo ministro. La scelta di chi guiderà il prossimo esecutivo è molto più che simbolica: serve un volto politico, ma di rottura.
Di nomi se ne sono fatti tanti: ad esempio il ministro della difesa uscente Jean-Yves Le Drian, oppure la repubblicana Nathalie Kosciusko-Morizet. L’alleato centrista Franà§ois Bayrou sarebbe a suo modo perfetto, ma incarna l’immagine della vecchia politica.
Tra i papabili anche il segretario generale di En Marche! Richard Ferrand o addirittura il rottamatore socialista in Provenza Christophe Castaner. Qualcuno ha parlato della ex presidente degli industriali Laurence Parisot, ma dal gioco si è tirata fuori lei da sola.
La vera preoccupazione per Macron però si gioca alle legislative del giugno prossimo: nelle urne per scegliere i deputati dell’Assemblea nazionale lui ha bisogno di ottenere una maggioranza stabile per evitare il peggior nemico di ogni presidente, ovvero la coabitazione.
Per evitarla dovrà organizzare le candidature con un occhio attento sulla grande corsa al carro del vincitore.
Stando agli ultimi sondaggi pubblicati da Les Echos, potrebbe arrivare ad ottenere quasi 280 seggi sfiorando la maggioranza assoluta.
A quel punto le strade sono due: o cercare una coalizione con un’altra forza (e l’ex primo ministro Manuel Valls sogna di essere quella forza con un gruppo di deputati indipendenti) o andare avanti creando alleanze di volta in volta sui temi.
Macron ha fatto una scelta, arrogante per molti, strategica per altri: tra il primo e il secondo turno non ha fatto concessioni a nessuno in cambio di voti. E’ una decisione che, almeno a livello teorico, gli dà forza e legittima il programma.
Riforma del Lavoro: “Agire in fretta e prima che se ne accorgano i sindacati”
La vera sfida, quella su cui si gioca tutto Macron, è la riforma del lavoro. Lui è stato uno dei registi del Jobs act in salsa francese, la famosa loi El Khomry tanto contestata, ma anche il firmatario della loi Macron sulle liberalizzazioni quando era ministro dell’Economia sotto il governo Valls.
Ora la sua priorità è intervenire per superare, cioè rafforzare, la legge sul lavoro. La prima decisione che farà discutere è che userà i decreti: “Deve agire prima che i sindacati abbiano tempo di intervenire e prima che se ne accorgano i cittadini”, spiega a ilfattoquotidiano.it Laurence Parisot, ex presidente degli Industriali (Medef) e tra le principali collaboratrici di Macron. “Ci sarà una riduzione dei diritti? No, si ridurranno dei vantaggi compensati con un aumento dell’offerta di lavoro e la riduzione della disoccupazione”.
Le sue parole chiave sono liberalizzazione e semplificazione. Per questo vuole innanzitutto intervenire sulle indennità che vengono date dai tribunali dei lavoratori (prud’hommes) a chi viene licenziato abusivamente: secondo Macron servono dei limiti perchè gli imprenditori evitano di assumere per paura poi, in caso di cessazione del contratto, di dover pagare cifre elevate.
. Tra le idee c’è anche quella di permettere ai dipendenti di chiedere referendum sul posto di lavoro senza passare dai sindacati, che sarebbero così ridimensionati.
Infine vuole introdurre il “diritto all’errore”, ovvero la possibilità di non essere sanzionati al primo richiamo dell’amministrazione se ci sono delle irregolarità nelle pratiche di imprenditori, agricoltori o dipendenti.
In agenda ci sono poi anche altri due interventi: la riforma dell’assicurazione per i disoccupati e la riforma dei periodi di formazione per chi perde il lavoro.
In entrambi i casi si tratta di rendere più severe le condizioni di accesso, ma cercando di estendere la platea che può beneficiare degli aiuti.
Europa: la svolta, ma con la solita Germania
Una delle svolte che hanno fatto di Macron il candidato favorito è stata quella di presentarsi ai comizi con la bandiera dell’Europa.
Che sia stato coraggio o strategia, per opporsi al discorso populista gli è bastato dire che per lui il progetto dell’Ue era fondamentale senza bisogno mai di entrare veramente nel dettaglio di quello che farà .
Di sicuro la leadership a due con la Germania di Angela Merkel non verrà toccata. Che significa poco spazio per un cambio di equilibri nella stanza del potere di Bruxelles.
Poco dopo la vittoria alle primarie di Matteo Renzi, Macron in persona gli ha scritto dicendo “cambieremo insieme questa Europa”. Ma come e con che tempi?
Nel concreto lui propone la creazione di una governance della zona euro: ovvero un budget, un ministro dell’Economia e un parlamento di chi ha la moneta comune. Inoltre, come soluzione ai problemi dell’Unione europea, auspica alleanze variabili a seconda delle tematiche trattate.
Dal suo staff ci tengono a specificare che “dire di essere pro Ue non significa che lascerà le cose come stanno. Chiede e vuole riforme”.
Che vanno dall’introduzione dei comitati cittadini per verificare che i trattati commerciali con l’Ue siano rispettati fino all’armonizzazione dei diritti dei cittadini dell’Unione europea stabilendo degli standard a cui non si può derogare.
Macron ha anche detto che vuole un’Europa che “protegge” e quindi più misure anti-dumping. Tanti annunci che avranno come primo ostacolo la lentezza burocratica delle istituzioni europee.
Sicurezza: terrorismo e immigrazione incrociando le dita
Il capitolo più complicato di tutti resta la sicurezza. La Francia travolta dalla lunga serie di attentati terroristici vive in Stato d’emergenza permanente.
I candidati alla presidenza sono stati sul tema tutti più o meno concordi: bisogna aumentare le spese in materia di difesa. Macron ha proposto un più due per cento del Pil, la creazione di 10mila nuovi posti delle forze dell’ordine e almeno 15mila posti in più nelle carceri.
Tra le misure spot, il neopresidente durante la campagna elettorale aveva anche messo l’introduzione del servizio militare obbligatorio di un mese. Il punto più delicato è sicuramente la gestione delle persone segnalate come “S”, ovvero quelle ritenute radicalizzate e vicine alle battaglie dell’Isis.
Il neopresidente nel programma parlava della nascita di piccoli centri “di recupero” per accompagnare il reinserimento nella società . Esperimenti simili però sono già stati provati da Hollande con risultati fallimentari.
L’impresa sarà quella, come si legge tra le sue priorità , di riuscire a migliorare le comunicazioni nei servizi segreti francesi per prevenire gli attacchi sul territorio. §
A suo modo legato alla sicurezza, c’è sicuramente l’approccio sull’immigrazione: se la sua avversaria Le Pen ne voleva lo stop senza condizioni, lui si è detto contrario all’introduzione di una quota di persone che è possibile accogliere, ma ha comunque parlato della necessità di rafforzare le frontiere europee aumentando il personale assegnato ai controlli sul territorio.
In questo settore come non mai a decidere sarà la cronaca. Il consenso per il presidente uscente è stato affossato proprio dai tanti attentati che ha dovuto gestire, pagando anche per colpe che non erano direttamente imputabili a lui.
Macron lo ha ripetuto nei comizi fino allo stordimento: “Sono pronto”.
Ora deve dimostrarlo, con le braccia alzate perchè la buona stella non lo abbandoni proprio adesso.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 8th, 2017 Riccardo Fucile
DOPO LA SCONFITTA AL BALLOTTAGGIO SI APRE LA LOTTA INTERNA
Sconfitta. E in modo netto. Marine Le Pen perde al ballottaggio contro Emmanuel Macron e ora rischia di perdere la leadership del Front National.
Già , perchè probabilmente un’occasione come questa non l’avrà mai più.
E a tal proposito, prima del risultato del ballottaggio, in un’intervista a Il Giorno si era espresso lo scrittore e analista francese Philippe Alexandre: “Non si può sempre arrivare secondi – ha spiegato -. Non serve a niente, soprattutto con un sistema elettorale come il nostro. Bisogna vincere una buona volta”.
E ancora, Alexandre, aggiungeva profetico: “Se Marine avrà uno score modesto, tipo il 35, o giù di lì, il clima diventerà incandescente. Sarebbe un risultato che aprirebbe una profonda spaccatura nell’estrema destra. Alcuni diranno: Marine avrebbe dovuto fare una campagna più aggressiva, più mirata, più centrata sui temi fondamentali, che sono la sicurezza, il terrorismo, il fondamentalismo islamico, l’immigrazione”.
E ancora: “Altri diranno: ha fallito il padre nel 2002, ha fallito la figlia nel 2017, non possiamo continuare a trovarci con un pugno di mosche in mano, sarà meglio che ci troviamo un altro leader”.
Un’analisi lucida, che forse anticipa il destino che attende la Le Pen: potrebbe anche dover abdicare, passare la leadership del suo partito.
Potrebbe, di fatto, dover far calare il sipario sulla sua carriera politica, magari in favore della nuova “stellina” del FN, la nipote Marion Marèchal-Le Pen.
Una circostanza che la Le Pen ha ben chiara, tanto che la sua prima mossa è stata quella di anticipare la fondazione di un nuovo partito, una sorta di evoluzione del Front National: la miglior difesa è l’attacco.
(da “Libero”)
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Maggio 8th, 2017 Riccardo Fucile
LE PROVE? HA PARLATO AL LOUVRE CON QUELLA PIRAMIDE DI VETRO E ACCIAIO SOSPETTA ALLE SPALLE… SOVRANISTI DA MANICOMIO
Quasi tutti i giornali oggi ci spiegano che la vittoria di Emmanuel Macron ha salvato la Francia e l’Unione Europea da Marine Le Pen e dagli anti-euro.
Ma l’elezione di Macron ha anche dei significati occulti che — incredibilmente — sono sotto gli occhi di tutti.
Che Macron abbia lavorato (per soli due anni) per i Rotschild è cosa nota e già di per sè ritenuta “preoccupante” in certi ambienti.
Ieri sera, durante il discorso di Macron alla folla radunata davanti alla piramide del Louvre il neo-Presidente ha gettato la maschera: è massone.
La simbologia è troppo evidente ed infatti è stata notata da persone note per il loro acume e per la loro intelligenza analitica. Ad esempio Claudio Borghi Aquilini, consigliere regionale in Toscana e consulente per le politiche economiche della Lega Nord se ne è accorto subito.
I segnali erano troppo evidenti: cosa ci faceva quella piramide di vetro dietro a Macron? Perchè ha utilizzato l’Inno europeo e non quello della Champions League? Tutte domande la cui risposta è invariabilmente è inequivocabilmente: “è un massone”.
Anche Mario Adinolfi se n’è accorto. Qualche tempo fa Adinolfi aveva coraggiosamente denunciato il fatto che Macron fosse in realtà uno strumento nelle mani della potentissima lobby gay. Ma alla luce di quanto visto ieri si può dire che il leader del Popolo della Famiglia non aveva considerato il triangolo (massone).
La piramide quindi potrebbe non solo dimostrare che Macron è massone ma anche che conduce uno spregiudicato mènage à trois.
Come già evidenziato da Maurizio Blondet — grande esperto di cospirazioni — Macron è allievo di un altro massone.
Dalla padella nella brace, ora i francesi verranno governati da un massone. Ma in fondo che differenza c’è: stando alla vulgata complottista tutti i Poteri Forti sono massonici.
Ma dietro alla scelta della piramide del Louvre potrebbero esserci significati reconditi ancora inesplorati. Ad esempio Macron potrebbe essere un appassionato lettore di Umberto Eco e del Pendolo di Foucault:
Lo sapevate che la piramide di Cheope si trova proprio sul trentesimo parallelo che è quello che attraversa il maggior numero di terre emerse? Che i rapporti geometrici che si trovano nella piramide di Cheope sono gli stessi che si trovano a Pedra Pintada in Amazzonia? Che l’Egitto possedeva due serpenti piumati, uno sul trono di Tutankhamon e l’altro sulla piramide di Sakkara, e questo rinvia a Quetzalcoatl?
Se così fosse la relazione pericolosa di Macron con le piramidi potrebbe essere ancora più inquietante. E se fosse un messaggio mandato a Baravk Obama? Tutti sanno che l’ex Presidente USA è il clone di un antico faraone egiziano.
Ma andiamo oltre con le ipotesi: il simbolo della nazionale di calcio francese è il galletto. Il verso del galletto è “cocorico”. Curiosamente in Italia esiste un locale che si chiama proprio Cocorico e che è caratterizzato da una piramide in vetro e acciaio simile a quella del Louvre.
Forse Macron è un avventore della famosa discoteca di Riccione. E se sì con chi ci va? Con la moglie? Con la figliastra o con qualche esponente della lobby gay?
Dulcis in fundo per rendere ancora più torbida la situazione c’è la diagnosi, effettuata via Web, dal Prof. Adriano Segatori, Psichiatra-psicoterapeuta, membro della sezione scientifica “Psicologia Giuridica e Psichiatria Forense” dell’Accademia Italiana di Scienze Forensi.
L’esimio Prof. Segatori ci spiega che Macron è stato vittima di abusi sessuali (da parte della sua attuale moglie) e che quindi è un pericoloso psicopatico che crede che tutto gli sia concesso.
Curioso che l’informatissimo professore ci spieghi che il fatto che gli abusi siano avvenuti a Parigi ha contribuito a minimizzarne la portata.
In realtà — come chiunque abbia perso cinque minuti a leggere la pagina Wikipedia su Macron — Brigitte Auzière è stata insegnante di filosofia ad Amiens (città natale di Macron). Il giovane Macron è stato trasferito a Parigi solo per l’ultimo anno di liceo. Questo per dare la misura della profondità dell’analisi del Prof. Segatori.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 8th, 2017 Riccardo Fucile
POCO PRIMA DELLA SCONFITTA L’INTERVISTA AL SUNDAY TIMES IN CUI DEMOLIVA LA FIGLIA… GIUDIZIO SOSPESO SULLA NIPOTE MARION
«Marine non ha le qualità per fare il presidente»: già prima della sconfitta, in un’intervista domenica al Sunday Times, Jean-Marie ha consumato la sua vendetta su Marine. Padre e figlia. Se preferite, cane e gatta.
È un episodio del 2014, all’apparenza marginale per quanto feroce, che deve avere un senso profondo in questa relazione perchè il patriarca lo cita, en passant, di nuovo, col giornale inglese: nel giardino della tenuta di Montretout, uno dei doberman del padre azzannò e uccise la micia bengalese della figlia, lei fece le valigie e lasciò definitivamente la magione.
Lo stesso modo caustico in cui il vecchio Jean-Marie adesso ne riparla lascia pensare: «Quando i cani leccano la mano delle persone sono di Marine, quando mordono sono i miei…»
Non deve essere stato facile averlo come padre, e certamente non lo è stato in quest’ultima campagna elettorale, non lo sarà nei giorni a venire.
Estromesso dal suo Front National nel 2015 dopo l’ennesima battuta negazionista (le camere a gas «dettaglio» della Seconda guerra mondiale), l’anziano parà con la nostalgia di Pètain a 88 anni non si è rassegnato ad assistere alla «dèdiabolisation» del partito, come dicono in Francia. ».
«Giornale di bordo numero 470», l’altro ieri, in dolce vita blu Jean-Marie risponde alle domande di una signora bionda che lo chiama ostinatamente «presidente», e diffonde il video online: «Non è stata una campagna presidenziale – sentenzia – non sono stati affrontati temi fondamentali come la demografia: ricordiamoci che il nostro continente è minacciato dall’esplosione demografica del Terzo Mondo!».
Il confronto televisivo di mercoledì con lo sfidante Emmanuel Macron? «Marine si è battuta come un boxeur un po’ aggressivo». Commento a caldo, appena ieri sera, alla radioRtl« : «Ha sbagliato campagna parlando dell’euro».
«Ha carattere – le concede col Sunday Times –. Ma servono anche altre qualità » per l’Eliseo. Ce le avrebbe più degli altri la nipote Marion Marèchal-Le Pen, giovane deputata, allineata sulla linea tradizionalista del nonno: «Ma deve crescere ancora un po’».
Ce le avrà la generazione successiva, la figlia di Marion, Olympe, nata appena nel 2015: «Sarà lei presidente tra trent’anni», profetizza.
Non ci riuscirà mai quell’«ingrata» di Marine. Al passaggio al primo turno, tre milioni di voti in più di quanti ne prese lui nel 2002, il padre confessa di averle mandato una email: «Brava! La parte più dura arriva adesso». Nessuna risposta: «Avrebbero potuto chiedermi consigli ma non mi hanno chiesto niente…»
Un «dramma edipico», lo dice lui stesso, che si consuma però ben al di fuori delle mura di casa.
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 8th, 2017 Riccardo Fucile
INCHIESTA DI REPORT: LUCA MORISI, IL LEGHISTA CHE CURA LA COMUNICAZIONE DI SALVINI, OTTIENE STRANAMENTE DECINE DI INCARICHI SENZA GARA, TUTTI SOTTO I 40.000 EURO PER SFUGGIRE ALLE REGOLE DEGLI APPALTI
Luca Morisi è lo spin doctor di Matteo Salvini: è lui a gestire da tempo i social network del leader leghista per la ragguardevole cifra di 300mila euro (cura la comunicazione del capo).
Lo fa proprio mentre la Lega di Salvini ha mandato a casa 72 dipendenti e ha chiuso radio, tv, quotidiano e sede di via Bellerio, a dispetto degli 1,8 milioni incassati dal 2 per mille delle dichiarazioni dei redditi.
Ma non c’è solo questo.
Giulio Velsini, con Greta Orsi e Alessia Pelaggi firmano oggi un servizio su Report in cui racconta gli affari di Morisi con la Lega in Lombardia.
La sua società , la Sistema Intranet, lavora anche con la sanità lombarda e dal 2009 al 2016 ha ottenuto appalti per circa un milione di euro dalle ASL.
Lavori senza gara visto che gli importi sono al di sotto dei 40mila euro.
E, racconta il servizio di Report, grazie a manager vicini alla Lega.
Il racconto del Fatto:
“Morisi e Andrea Paganella (il socio nella Sistema Intranet, ndr) sono stati giovani promesse della politica: negli anni 90 furono consiglieri provinciali a Mantova con la Lega. Morisi è stato anche il segretario provinciale di Mantova. Ed è proprio nella citta lombarda che la Sistema Intranet fa il pieno con gli appalti nella sanità . Soprattutto dal 2011 quando a capo della Asl viene nominato Mauro Borelli”, Afferma Valesini, il giornalista di Report.
“Nell’aprile del 2016 l’Asl della Franciacorta, vicino Brescia, guidata da Borelli, gli ha affidato senza gara la realizzazione del sito internet: un contratto da 35 mila euro iva esclusa”.
“Per Sistema Intranet è un vero e proprio bingo. Si passa da 17 mila euro del 2009 a 54 nel 2011. E poi è una crescita costante: abbiamo 67 nel 2012; 110 nel 2013. Fino a 136 mila nel 2015”, racconta il giornalista Michele Sasso.
“E solo pochi giorni prima di lasciare l’incarico alla Asl di Mantova il manager leghista Borelli, firma altri due affidamenti diretti sotto soglia al guru dei social di Salvini”, riprende Report ch eha chiesto conto a Salvini: “Se le persone si fidano di questi ragazzi…”
(da “NextQuotidiano”)
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