Maggio 18th, 2017 Riccardo Fucile
GLI 80 SINDACI CHE SI SONO DICHIARATI DISPONIBILI ALL’ACCOGLIENZA DELLA QUOTA SPETTANTE DI PROFUGHI HANNO SOLO FATTO IL LORO DOVERE… I 50 SINDACI CHE NON RISPETTANO LE LEGGI DELLO STATO ITALIANO VANNO COMMISSARIATI: QUESTO VUOL DIRE GOVERNARE, LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI
“Quello firmato a Milano è un protocollo che può rappresentare un modello «per l’Italia e per l’Europa» e «può servire a superare i centri d’accoglienza».
Così il ministro dell’Interno, Marco Minniti, ha definito con enfasi il Protocollo per la distribuzione di migranti nei Comuni milanesi, firmato ieri in Prefettura a Milano.
In corso Monforte hanno sfilato 76 sindaci dell’hinterland e Beppe Sala per la firma ufficiale di quel documento che inaugura un nuovo «modello Milano» da esportazione, prima della marcia antirazzista «Insieme senza muri» che sabato farà sfilare diecimila persone.
«Noi sindaci – ha detto – la possiamo vedere in maniera diversa politicamente ma non si possono svincolare i problemi. Cioè girarci dall’altra parte».
Lamorgese ha comunque chiarito che «sono più di 80 i sindaci che hanno dato disponibilità alla firma» su 134 comuni che fanno parte dell’area metropolitana.
In cosa consiste questo protocollo? I sindaci si impegnano a trovare insieme alle associazioni di settore gli immobili, a dialogare con la cittadinanza e a mobilitare il volontariato per quanto riguarda i percorsi di integrazione.
La prefettura «farà da stazione appaltante e organizzerà un tavolo mensile di monitoraggio», ha spiegato il prefetto ricordando come l’ampliamento dell’accoglienza sia una delle sue priorità , e ringraziando a sua volta i primi cittadini firmatari.
In pratica quello che stanno già facendo in tutta Italia migliaia di Comuni: in base alla percentuale fissata profugo/abitanti del comune, i profughi vengono distribuiti in tutto il territorio nazionale con una piccola quota per comune.
Le prefetture individuano le location e gli enti che devono seguire i profughi nel percorso di domanda di rifugiato e provvedono (senza spese per i Comuni) al loro mantenimento fino alla decisione sulla loro richiesta di asilo.
Il tutto secondo le norme internazionali e le relative convenzioni firmate dal nostro Paese.
Pertanto Minniti, invece di parlare di “modello Milano” come di un’eccezione, dovrebbe preoccuparsi di quei 50 sindaci che hanno rifiutato di applicare una disposizione dello Stato italiano.
Un problema che si risolve in 48 ore: 1) si notifica il numero di profughi spettanti a questi 50 comuni indicando il sito individuato o eventuale altra alternativa 2) in caso di diniego scritto il sindaco viene immediatamente commissario dal governo , come è normale per un amministratore che viola le disposizioni statali.
Qualcuno pensa che ci sarebbero contestazioni in loco? Nessun problema, esiste il codice penale per chi viola la legge e la Guardia di finanza per verificare uno a uno la regolarità delle dichiarazioni dei redditi di ciascun cittadino.
Tranquilli che entro tre giorni tutti offrirebbero volentieri un caffè ai richiedenti asilo che incontrano per strada.
Il nostro Paese ha bisogno di un “modello Italia” non di un “modello Milano”: un modello fondato sulla legalità e sul rispetto della legge vigente.
Vale per i richiedenti asilo (chi sgarra va a casa con il primo aereo) ma vale anche per i sindaci che hanno precisi doveri.
Se a qualcuno non va bene, chiedano asilo politico a Putin: possono sempre provare cosa accade in Russia a chi non ottempera a una legge dello Stato…
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Maggio 18th, 2017 Riccardo Fucile
TUTTO E’ PARTITO DAL SITO FILORUSSO DELLA FONDAZIONE GEFIRA, POI RIPRESA “SCIENTIFICAMENTE” DA SITI RAZZISTI E ISLAMOFOBI … DITE A DI MAIO DI CHIEDERE UNA COMMISSIONE D’INCHIESTA SU QUESTO, INVECE CHE SU CAZZATE
Adesso che la Commissione difesa del Senato ha chiuso l’indagine conoscitiva sul ruolo delle ONG nel Mediterraneo, scagionandole da ogni ipotesi di complotto con i trafficanti, e le acque si sono dunque calmate, è giunto il tempo di fermarsi a riflettere su come si sia formato il vortice mediatico, politico e persino giudiziario sulle operazioni di salvataggio compiute nel Mediterraneo.
Da dove partono le accuse alle ONG e le teorie del complotto per destabilizzare l’economia europea, cui persino il procuratore di Catania aveva fatto riferimento? Pochi hanno riferito che il primo ad avanzare la tesi è stato un sito euroscettico e filorusso olandese, quello della cosiddetta “fondazione” Gefira.
La prima fonte: un sito euroscettico olandese
Il 9 novembre 2016, ben prima di qualsiasi riferimento a rapporti di FRONTEX – per altro pure recentemente smentiti dall’agenzia stessa, Gefira pubblica sul suo sito un video e, qualche giorno dopo, un articolo dal titolo “Caught in the act: NGOs deal in migrant smuggling”.
I contenuti del primo post e di altri immediatamente successivi richiamano tesi destinate a diffondersi qualche mese dopo a macchia d’olio:
NGOs, smugglers, the mafia in cahoots with the European Union have shipped thousands of illegals into Europe under the pretext of rescuing people, assisted by the Italian coast guard which coordinated their activities… The real intention of the people behind the NGOs is not clear. We would not be surprised if their motive were money. They may also be politically driven… their actions are criminal as most of these migrants are not eligible for being granted asylum and will end up on the streets of Rome or Paris and undermine Europe’s stability raising racially motivated social tensions.
Il sito della Fondazione Gefira esiste dal 29 gennaio 2016 ed è stato registrato da Bart Kruitwagen, olandese candidato al Parlamento europeo per il partito euroscettico e islamofobo Newropeans, che gestisce il relativo sito di disinformazione.
GEFIRA si definisce una pan-European think thank e descrive il proprio mandato come “to provide in-depth and comprehensive analysis of and valuable insight into current events that investors, financial planners and politicians need to know to anticipate the world of tomorrow”.
La diffusione in rete da hoax esteri a siti italiani
Le parole di Gefira sono presto riprese da altri siti di disinformazione, per esempio il bulgaro Zero Hedge, altro sito che si autodefinisce specializzato in finanza, ma che è stato smascherato sia dai media americani, sia dalle istituzioni finanziarie che lo hanno descritto come”conspirational” e filorusso.
Il post di Zero Hedge che riprende Gefira è stato condiviso 4.500 volte su Twitter. Altre riprese di dicembre: Dailystormer, sito neonazista, Southfront, filorusso, Shoebat e Barenakedislam, islamofobi.
La news arriva in Italia tramite un altro sito di disinformazione apertamente filorusso, SitoAurora, che riprende la notizia di Gefira il 7 dicembre.
L’8 dicembre la notizia è su comedonchisciotte.org
Mesi più tardi, il 6 marzo, il blogger Luca Donadel — in quello che diverrà un video virale — riprende esattamente metodologia e informazioni del sito Gefira per avvalorare la tesi della cospirazione delle ONG.
La storia più recente è nota e il vero putiferio giornalistico e televisivo che si scatena dopo l’audizione del procuratore Zuccaro.
Serve un’inchiesta sulla fake news, piuttosto che sulle ONG?
Ciò che è inquietante, però, è che persino la stampa italiana di qualità abbia fatto riferimento ad alcune notizie diffuse dai siti summenzionati, come le presunte collusioni tra le ONG e i sostenitori di Hillary Clinton, incluso George Soros, descritte per esempio da Zero Hedge.
Queste tesi sono finite persino su La Stampa che, in un articolo del 23 aprile, sollevava esattamente gli stessi dubbi del sito sedicente di analisi finanziaria rispetto ai finanziatori delle navi.
Anche i dubbi ripresi dallo stesso articolo del quotidiano italiano sui soci del MOAS — la ONG che è stata presa d’attacco più frequentemente, come Ian Rugger “noto per non essere mai stato tenero con i migranti sbarcati sulla sua isola” (cit.), citano quasi testualmente quelli espressi da Gefira mesi prima.
Speriamo che qualche buon giornalista investigativo vada più a fondo sulla sua diffusione virale. Ne varrebbe la pena.
Costanza Hermanin
Professore a SciencesPo Paris e al College of Europe.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 18th, 2017 Riccardo Fucile
IL NUOVO REGOLAMENTO SULL’ATTIVITA’ DI AMBULANTI E CAMION-BAR RIESCE A SCONTENTARE SIA I CITTADINI CHE I NEGOZIANTI
La Commissione commercio del Comune di Roma ha approvato il nuovo regolamento per il commercio ambulante. Il Presidente della Commissione, Andrea Coia (M5S). ne dà annuncio sulla sua pagina Facebook, spiegando che il nuovo Regolamento del Commercio su Aree Pubbliche è il frutto di un percorso partecipato che al tempo stesso garantirà maggiore decoro e salva i posti di lavoro
Un regolamento che crea nuovi problemi invece che risolvere quelli vecchi
Il nuovo regolamento, che dovrà essere approvato entro 90 giorni dall’Assemblea Capitolina, va a riformare la delibera numero 35 del 2006 che attualmente regolamenta le attività del commercio ambulante.
Il nuovo regolamento annunciato con così tanta enfasi risolve davvero pochi problemi e peggiora le cose.
Un esempio? I titolari delle concessioni potranno vendere merci diverse da quelle previste dall’autorizzazione e inoltre — altra cosa che invece oggi non è consentita — potranno appendere prodotti alle pensiline. Alla faccia del decoro.
Riguardo invece alla questione della pacifica convivenza il regolamento prevede il via libera alla vendita di cibi e bevande tra i banchi dei mercati rionali fino alle 23.30.
In pratica i mercati diventeranno dei luoghi di ritrovo per turisti, con buona pace dei residenti e dei cittadini romani.
Non viene invece risolta la questione dell’anzianità che favorisce i soliti noti (vedi alla voce Tredicine). La scelta è quella di tutelare gli ambulanti dall’applicazione della famigerata direttiva Bolkestein contrastata anche a livello nazionale dal M5S.
Il nuovo regolamento prevede infatti un premio per l’anzianità su piazza.
Anche la questione delle sanzioni per gli abusivi è una delle dolenti note del nuovo regolamento: invece che inasprirle vengono “ridotte”.
È vero, il regolamento pone un limite al numero di licenze (5 alimentari + 5 non alimentari) che una famiglia può detenere. Ma è anche vero che questo limite è facilmente aggirabile — come è stato fino ad ora — grazie al ricorso ai prestanome. Un’inchiesta di Repubblica di qualche anno fa rivelava che nel 2012 dei 68 posti disponibili per i venditori ambulanti nel centro di Roma 42 erano di proprietà dei Tredicine. Il Tempo invece sostiene che delle 70 licenze del centro storico “almeno la metà sono riconducibili direttamente o indirettamente a Tredicine“.
In pratica i Tredicine continueranno a fare il bello e cattivo tempo.
L’aspetto delle tariffe invece non viene affrontato nel testo perchè la definizione del tariffario spetta alla Commissione Bilancio. Il Fatto Quotidiano fa però notare che attualmente il Comune ricava appena 1,5 milioni di euro l’anno dalle concessioni per gli oltre undicimila postazioni.
Coia ha rivendicato con orgoglio il fatto che il nuovo regolamento è frutto del lavoro di ascolto con associazioni di categoria e cittadini. In particolare la Commissione ha valutato “quali di queste potranno essere accolte nella nostra proposta politica tramite emendamenti”.
Peccato però che Apre Confesercenti a Confimpre abbiano dichiarato di aver sì preso parte alle riunioni di Commissione ma che queste non erano “specifiche sull’argomento del nuovo regolamento”.
Il Tempo invece riferisce che Anva Confesercenti ha abbandonato la commissione quando il presidente Coia ha detto che non avrebbe concesso la possibilità di parola alle rappresentanti sindacali.
I romani invece hanno manifestato il loro dissenso al nuovo regolamento direttamente “in Rete” andando a commentare sulla pagina Facebook del consigliere Coia.
È diffuso il sentimento di essere stati “traditi” proprio da chi aveva promesso di cambiare le cose e soprattutto dare una svolta alla città .
Si lamentano anche gli esercenti e i commercianti titolari di negozi.
C’è chi parla di un provvedimento “surreale” mentre chi paventa il rischio di trovarsi “mutandari e kebbabari ambulanti” fino alle 11 di sera.
Il problema principale, spiegano i numerosi commentatori infuriati, è l’incompetenza di questa amministrazione comunale che non sembra in grado di risolvere i problemi di Roma ma solo di crearne di nuovi.
Il Municipio I protesta invece contro una “sanatoria” per gli ambulanti anomali che consentirebbe loro di continuare l’attività in centro storico.
Insomma, il nuovo regolamento piace solo al M5S e ad Andrea Coia.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 18th, 2017 Riccardo Fucile
NON SIA MAI CHE QUALCUNO METTA IN DISCUSSIONE LA LEADERSHIP DEL COCCO FUORICORSO
“Ci tengo a ribadire che nel M5S vige una regola chiara e semplice: ogni portavoce eletto porta a termine il suo mandato e durante il suo svolgimento non può candidarsi a svolgere altre cariche”.
Lo scrive, in un post scriptum ad un suo post sul blog, Beppe Grillo.
“Le votazioni per il candidato premier e per i candidati in Parlamento escluderanno, come da regolamento, tutti i portavoce M5S che stanno svolgendo un altro mandato. Chi ha iniziato a fare il sindaco nel 2016 continuerà a farlo fino al 2021”, aggiunge.
Molti hanno colto in questa precisazione non richiesta la volontà di mettere fine alle voci che vorrebbero il sindaco di Torino, Chiara Appendino, come possibile rivale di Luigi di Maio alla guida del Movimento alle prossime elezioni politiche.
Il richiamo al regolamento fa sorridere, visto che in più di una occasione (Genova insegna) il regolamento è stato disatteso e calpestato dai vertici.
Evidentemente nessuno deve fare ombra al triste fuoricorso di Pomigliano.
(da agenzie)
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Maggio 18th, 2017 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DEL MUNICIPIO XII DA DIECI MESI E’ INCOMPATIBILE E INELEGGIBILE PERCHE’ DETENEVA QUOTE DI UNA SOCIETA’ CHE OPERA IN CONVENZIONE CON IL COMUNE, MA IL PARTITO AVEVA SEMPRE NEGATO… ORA PER MANTENERE LA POLTRONA HA CEDUTO LE QUOTE
Il MoVimento 5 Stelle si fonda su due principi: onestà e trasparenza.
A fare da corollario una rigorosa selezione della classe dirigente, fatta dai cittadini stessi che vagliano i curricula dei candidati.
Ma un conto sono i principi un conto è la pratica. Perchè spesso e volentieri il M5S applica un’altra regola: quella della trasparenza e onestà quannocepare.
Prendiamo ad esempio il caso di Massimo Di Camillo, presidente del consiglio del Municipio XII, eletto anche se ineleggibile perchè in palese conflitto d’interessi.
La storia è emblematica del modo di fare dei 5 Stelle.
Di Camillo è stato eletto dieci mesi fa consigliere municipale e successivamente presidente del consiglio del Municipio retto da Silvia Crescimanno.
Ma non avrebbe potuto farlo perchè socio al 50% di una società titolare di un asilo nido in convenzione con il Comune di Roma.
Durante questi dieci mesi curiosamente Di Camillo ha anche espresso parere contrario all’apertura di un altro nido nella zona costato 1,2 milioni di euro e frutto di un accordo tra il Comune e il consorzio Solari.
Il consigliere 5 Stelle spiegava che «Nella zona abbiamo un altro asilo che attualmente non è occupato. Questo fa venire dei dubbi su facoltà o legittimità di aprire un nuovo asilo. Aspettiamo il nuovo bando e vediamo quante richieste ci saranno». L’altro asilo era l’Only Kids di proprietà della società RO.MA.Srl della quale fino al 27 settembre 2016 Di Camillo era anche amministratore.
Quando venne denunciata l’incompatibilità del consigliere il gruppo consiliare del M5S disse che non c’era alcuna irregolarità .
L’onesto Di Camillo del MoVimento degli onesti era nel giusto. Ma nel frattempo il presidente del consiglio municipale si sbarazza delle quote di sua proprietà . Questo avviene il 6 aprile 2017.
Che bisogno c’era di farlo se non c’era nessuna incompatibilità ? Di Camillo spiegò di “non voler mettere in difficoltà tanti consiglieri”.
Uno degli altri motivo che hanno spinto Di Camillo a cedere le quote della società che ha un contratto con il Comune fino a fine luglio 2017 è il fatto che intanto era stato richiesto un parere all’Avvocatura capitolina.
Il parere dell’Avvocatura certifica che il consigliere era incompatibile e ineleggibile. Lo è stato dal giorno della sua elezione fino ad aprile.
Dimostrando un tenace attaccamento alla poltrona più che ai principi del M5S Di Camillo ha rimosso la causa dell’incompatibilità appena prima di essere dichiarato incompatibile.
Successivamente Di Camillo dichiarò che il parere dell’Avvocatura non contava più. Il consigliere infatti aveva rimosso le cause di incompatibilità .
Il MoVimento 5 Stelle, Presidente del Municipio in testa, lo ha sempre difeso sostenendo non ci fosse alcuna incompatibilità . Roma Today però rivela che il Segretariato in data 6 aprile aveva protocollato il parere con cui dichiarava l’incompatibilità del consigliere.
Parere che Crescimanno ha sempre detto di non aver mai ricevuto.
Curiosamente proprio la stessa data in cui Di Camillo ha ceduto le quote societarie. Forse è un caso ma anche Silvia Crescimanno è stata protagonista di una divertente storia di onestà e trasparenza à la 5 Stelle.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 18th, 2017 Riccardo Fucile
I DATI INPS: CONSIDERANDO ANCHE QUELLI A TERMINE SI ARRIVA A MALEAPENA A 322.000… TUTTO COME PREVISTO: FINITI GLI SGRAVI FISCALI, FINITE LE ASSUNZIONI
Saldo positivo tra assunzioni e licenziamenti nei primi tre mesi dell’anno, ma con i contratti a termine che si confermano sempre più determinanti a fronte di una inchiodata di quelli stabili, che ormai dalla fine del 2015 non godono più dell’incentivo della piena decontribuzione.
Secondo i dati dell’Inps, vonsiderando le cessazioni di contratti stabili nello stesso periodo,, il saldo dei “nuovi” posti fissi è in attivo per sole 17.537 unità .
E’ un risultato magro se confrontato al saldo positivo di 41.731 dei primi tre mesi 2016 e del boom di 214.765 contratti dei primi tre mesi 2015, quando erano previsti sgravi contributivi totali.
L’aggiornamento dell’Istituto della previdenza permette anche di tracciare un saldo annualizzato, ovvero la differenza tra assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi: nel complesso di tutti i contratti, alla fine del primo trimestre del 2017 risulta positivo per 379.000 unità .
Anche questo numero si può scomporre e conferma la dinamica dei mesi scorsi: da quando è finita la decontribuzione per le nuove assunzioni – valida nel 2015 a pieno regime, poi calata – l’attenzione degli imprenditori è tornata a spostarsi sui contratti a termine.
Sempre nell’ambito del tempo indeterminato, il numero complessivo dei licenziamenti del trimestre è stato di 143.200, in leggero aumento rispetto al dato di gennaio-marzo 2016 (+2,9%); significativa la contrazione delle dimissioni: -3,5% rispetto a gennaio-marzo 2016.
Sulla distribuzione delle cause di cessazione tra licenziamenti e dimissioni, ha significativamente inciso l’obbligo della presentazione on line delle dimissioni, introdotto a marzo 2016, dice l’Inps.
Quanto infine alla composizione dei nuovi rapporti di lavoro in base alla retribuzione mensile, si registra, per le assunzioni a tempo indeterminato intervenute a gennaio-marzo 2017, una riduzione della quota di retribuzioni inferiori a 1.500 euro (32,7% contro 35,4% di gennaio-marzo 2016).
(da agenzie)
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Maggio 18th, 2017 Riccardo Fucile
18 CONTATTI CON LA RUSSIA IN CAMPAGNA ELETTORALE NEL MIRINO DELL’FBI
L’ex-capo dell’Fbi sotto George W. Bush, Robert Mueller, prenderà in mano l’indagine sul Russiagate.
Con una mossa a sorpresa che ha spiazzato sia il mondo politico che i media, il Dipartimento di Giustizia nomina Mueller nel ruolo di “special counselor”, una sorta di super-procuratore indipendente, per portare avanti l’indagine sulle connessioni tra l’entourage del presidente e il governo di Vladiimir Putin.
Formalmente la nomina dello “special counselor” può essere un passaggio preliminare alla procedura dell’impeachment.
Nel caso della nomina di Mueller non è sotto inchiesta il presidente, almeno per ora. Si tratta invece di dare un marchio di credibilità e di indipendenza alla gestione di un’inchiesta che è stata destabilizzata e politicizzata dalle ultime polemiche.
Trump non sarebbe stato neppure informato di questa nomina; la paternità è del viceministro della Giustizia poichè il ministro Jeff Sessions è sfiorato anche lui dai sospetti sul Russiagate e si è dovuto ricusare da tutta la vicenda.
Dunque in un certo senso è la “tecno-struttura” del Dipartimento di Giustizia a firmare questo atto molto impegnativo, senza che ci siano direttive dalla Casa Bianca.
Il presidente degli Stati Uniti ha fatto comunque buon viso a cattivo gioco, affermando che la nomina di Mueller non potrà che confermare la correttezza dei rapporti avuti con l’entourage di Putin.
Mueller si guadagnò un ampio rispetto bipartisan quando guidava l’Fbi durante l’attacco dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle. Al punto che alla scadenza del suo mandato decennale, Barack Obama fece la mossa inusuale di chiedergli un prolungamento di altri due anni.
Così Mueller, che oggi ha 72 anni, divenne il capo della Cia più longevo dopo il mitico Edgar Hoover.
Su una cosa non ci si deve illudere, però: i tempi di lavoro di uno “special counselor” sono lunghi, questa vicenda si dipanerà per molti mesi, forse potrebbe arrivare fino alle elezioni di mid-term del 2018.
Ma come se non bastasse il Russiagate, per Trump continuano a piovere tegole.
Il New York Times rivela che Michael Flynn aveva avvertito il team dell’allora candidato presidente che era indagato per il suo lavoro di lobbista per la Turchia durante la campagna elettorale.
E lo ha fatto settimane prima dell’insediamento del tycoon alla Casa Bianca. Nonostante questo il presidente lo nominò consigliere per la sicurezza nazionale, dandogli così accesso alle informazioni più segrete degli 007 americani.
Il quotidiano newyorkese spiega che Flynn parlò della sua situazione a un esponente del transition team, Donald McGahn, oggi consulente legale della Casa Bianca.
In ogni caso Flynn e altri consulenti della squadra elettorale di Trump, di contatti con funzionari russi e Cremlino ne avrebbero avuti 18, tra telefonate e mail, e tutti durante gli ultimi mesi della campagna per le presidenziali del 2016.
Secondo quanto riferiscono a Reuters funzionari Usa ben informati.
Sei dei 18 contatti finora non rivelati di cui Reuters ha appreso sono state telefonate fra l’ambasciatore russo negli Usa, Sergei Kislyak, e consulenti di Trump, compreso Flynn.
Le conversazioni tra Flynn e Kislyak si sono intensificate dopo le elezioni presidenziali dell’8 novembre e i due, secondo quattro fonti ufficiali Usa, hanno discusso dell’istituzione di un canale alternativo per la comunicazione fra Trump e Putin, che potesse bypassare la burocrazia della sicurezza nazionale Usa, considerata da entrambi ostile al miglioramento delle relazioni.
Oltre alle sei chiamate che coinvolgono Kislyak, le comunicazioni descritte a Reuters coinvolgevano altre 12 telefonate ed mail, o sms, fra rappresentanti russi o persone considerate vicine a Putin e consulenti della campagna di Trump.
Uno di questi contatti sarebbe partito da Viktor Medvedchuk, oligarca ucraino e politico: secondo le fonti non è chiaro con chi abbia parlato della campagna di Trump, ma avrebbe parlato di temi fra cui la cooperazione Usa-Russia.
Putin è il padrino della figlia di Medvedchuk, il quale ha negato di avere avuto contatti con membri della campagna di Trump.
Oltre a Medvedchuk e Kislyak, le identità degli altri partecipanti ai contatti legati a Putin restano riservate, come pure i nomi dei consulenti di Trump coinvolti a parte Flynn. Le autorità potrebbero richiederne la rivelazione per motivi di intelligence.
A gennaio la Casa Bianca di Trump aveva inizialmente negato ogni contatto con le autorità russe durante la campagna del 2016.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 18th, 2017 Riccardo Fucile
UNA CONVERSAZIONE AVVENUTA IL 15 GIUGNO SCORSO, IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, TRA IL LEADER REPUBBLICANO E ALCUNI PARLAMENTARI… COSTRETTO AD AMMETTERE, ORA DICE: “E’ STATA UNA BATTUTA DI CATTIVO GUSTO”… MA IL TONO NON ERA SCHERZOSO
Un mese prima che Donald Trump vincesse la nomina repubblicana, Kevin McCarthy, leader della maggioranza e uno dei suoi alleati più vicini al Congresso, fece un’asserzione politicamente esplosiva in una conversazione privata a Capitol Hill con alcuni parlamentari repubblicani e di cui esisterebbe una registrazione ascoltata e verificata dal Washington Post: “Penso che Putin paghi Trump”.
McCarthy pronunciò la frase lo scorso 15 giugno, in piena campagna elettorale.
Secondo quanto riporta il quotidiano della capitale, disse più precisamente: “Ci sono due persone che penso Putin paghi: Rohrabacher e Trump”. Dana Rohrabacher è un repubblicano californiano conosciuto nel Congresso come fervente difensore di Putin e della Russia.
Lo speaker della Camera Paul D. Ryan, intervenne immediatamente fermando la conversazione, bloccando ulteriori affermazioni di McCarthy e ordinando ai repubblicani presenti di non farne parola.
Prima della conversazione, McCarthy e Ryan avevano tenuto due colloqui separati con il primo ministro ucraino Vladimir Groysman, che aveva descritto come tattica usuale del Cremlino quella di finanzianziare politici populisti per controllare, danneggiare e indebolire le istituzioni democratiche in Europa, soprattutto nei Paesi dell’Europa dell’est.
Al commento di McCarthy qualcuno dei presenti aveva tuttavia riso, ma lui aveva aggiunto: “Giuro su Dio”.
Ryan aveva poi detto: “Non diciamo niente, è così che si comporta una famiglia”.
Le osservazioni sono rimaste segrete per quasi un anno. E oggi, puntuale, McCarthy ha replicato su Twitter: “È stato un tentativo di umorismo andato male”.
Le rivelazioni del Washington Post sono nuove tegole in una giornata già complessa per il presidente Usa, dopo che il dipartimento di Giustizia ha affidato l’inchiesta sull’interferenza della Russia nelle elezioni presidenziali e sui possibili legami tra la sua campagna elettorale e funzionari russi, a un procuratore speciale, l’ex capo dell’Fbi Robert Mueller.
(da agenzie)
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Maggio 18th, 2017 Riccardo Fucile
EN MARCHE BOOM AL 32% (+6%), CROLLANO I PARTITI DI FILLON E MARINE LE PEN AL 19% (-3%)…. MELENCHON SCENDE AL 15%, I SOCIALISTI AL 6%
En Marche! otterrebbe il 32% dei voti alle elezioni politiche di giugno, staccando nettamente la destra Republicains alleata ai centristi UDI e il Front National, entrambe al 19%.
Lo rivela un sondaggio Harris Interactive per France Televisions.
Dalla sera del ballottaggio delle presidenziali, i candidati della maggioranza presidenziale hanno progredito di 6 punti mentre quelli dei Republicains e del Front National hanno in entrambi i casi arretrato di 3 punti ciascuno.
Il 15% è orientato a votare per La France insoumise e il 6% per il Partito socialista.
Secondo una rilevazione Elabe per BFMTV poi il 61% dei francesi si considera soddisfatto della composizione del primo governo della presidenza di Emmanuel Macron.
Il 65% ritiene che la squadra guidata dal premier Edouard Philippe incarni un rinnovamento, contro il 33% che si dichiara di parere diverso e il 2% che non si pronuncia.
(da agenzie)
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